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Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articoli 3 e 5, per avere sopravvalutato alcune piccole imprecisioni nel suo racconto, che era invece plausibile e coerente, su aspetti di rilievo secondario, senza considerare le sue difficolta’ e ritrosie nella narrazione di atti di prostituzione che era stato costretto a compiere per sfuggire alla fame e senza tenere conto che l’omossessualita’ era considerata come reato e non era accettata socialmente; inoltre, ha lamentato la mancata applicazione del principio del cosiddetto onere probatorio attenuato, ai fini della valutazione della credibilita’ del suo racconto.
Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14, lettera c) e Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3, per non avere acquisito informazioni aggiornate sulla situazione socio-politica della Nigeria e per avere ritenuto insussistente una minaccia grave alla propria vita e incolumita’, derivante da situazione di violenza indiscriminata e generalizzata nell’intero territorio, da parte di privati costituiti in bande criminali, le cui azioni non erano arginate dalle forze dell’ordine, esse stesse responsabili di atti di violenza.
Con il terzo motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 2007, articolo 5, comma 6, Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 3 e Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3, per non avere valutato l’esistenza di motivi di salute, personale vulnerabilita’, carestia e insufficiente rispetto dei diritti umani nel Paese di origine che giustificavano la concessione del permesso per motivi umanitari, tenuto conto del suo timore di essere giustiziato dai parenti del giovane cliente con il quale aveva intrattenuto un rapporto omosessuale a pagamento.
Con il quarto motivo e’ denunciata la violazione dell’articolo 10 Cost., per avere rifiutato il riconoscimento dello status di rifugiato ad un soggetto al quale, nel Paese di origine, non erano garantite le liberta’ democratiche previste dalla Costituzione italiana, tra le quali quella di esprimere liberamente la propria sessualita’.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
La valutazione di credibilita’ o affidabilita’ del richiedente la protezione non e’ frutto di soggettivistiche opinioni del giudice di merito, ma il risultato di un procedimentalizzazione legale della decisione, la quale dev’essere svolta non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri stabiliti nel Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 3, comma 5: verifica dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi; non contraddittorieta’ delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; presentazione tempestiva della domanda; attendibilita’ intrinseca. Inoltre, il giudice deve tenere conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente”, con riguardo alla sua condizione sociale e all’eta’ (Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 5, comma 3, lettera c), e acquisire le informazioni sul contesto socio-politico del paese di rientro, in correlazione con i motivi di persecuzione o i pericoli dedotti, sulla base delle fonti di informazione indicate nel Decreto Legislativo n. 25 del 2008, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione di altri canali informativi (Cass. n. 16202/2012). La credibilita’ delle dichiarazioni del richiedente la protezione non puo’ essere esclusa sulla base di mere discordanze o contraddizioni nell’esposizione dei fatti su aspetti secondari o isolati, quando sia mancato un preliminare scrutinio dei menzionati criteri legali previsti per la valutazione dell’attendibilita’ delle dichiarazioni, specie quando il giudice di merito non abbia concluso per l’insussistenza dell’accadimento (Cass. n. 8282/2013).
A queste indicazioni la sentenza impugnata si e’ sottratta.
La sentenza impugnata ha acceso i riflettori su talune imprecisioni riguardanti aspetti secondari del racconto del richiedente la protezione, senza tuttavia valutare le difficili condizioni personali in cui egli si trovava al momento della narrazione e senza escludere la sostanziale verita’ del fatto consistente nella reazione violenta dei familiari di un cliente di (OMISSIS), che aveva portato all’uccisione dei propri familiari e a minacce nei suoi confronti.
In tal modo i giudici di merito non hanno valutato la sostanziale “coerenza” e “plausibilita’” del racconto; ne’ hanno valutato che l’omosessualita’ era considerata come reato in Nigeria, cio’ costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro liberta’ personale e li pone in una situazione oggettiva di pericolo, tale da giustificare la concessione della protezione internazionale (Cass. n. 4522/2015).
Questa Corte ha piu’ volte osservato che e’ compito dell’autorita’ amministrativa e del giudice svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilita’ di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria, in modo che le domande di protezione siano esaminate sulla base di informazioni aggiornate sul paese di origine dei richiedenti asilo (Cass., s.u., n. 27310/2008; n. 10202/2011).
La Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, al quale la causa e’ rinviata, dovra’ riesaminare il caso e provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese.

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