Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 11 ottobre 2017, n. 23902. In tema di notifica della cartella esattoriale

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Con il secondo motivo si denunzia “violazione dell’articolo 2719 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
E’ logicamente preliminare, ed assorbente, l’esame del secondo motivo di ricorso, relativo alla prova della notificazione delle cartelle di pagamento che hanno preceduto l’iscrizione dei provvedimenti di fermo amministrativo in contestazione, dal momento che il primo motivo si fonda sul presupposto che tale notificazione sia regolarmente avvenuta.
Il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente fondato, con le precisazioni che seguono.
La decisione impugnata richiama e dichiara di volersi conformare ai principi di diritto enunciati da questa Corte (cui va data continuita’, ad avviso del collegio) in ordine ai presupposti ed agli effetti del disconoscimento della conformita’ agli originali delle copie fotografiche o fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’articolo 2719 c.c..
In base a detti principi: a) “in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformita’ tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinita’ della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive” (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28096 del 30/12/2009, Rv. 610586 – 01; conf.: Sez. 1, Sentenza n. 14416 del 07/06/2013, Rv. 626517 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 7775 del 03/04/2014, Rv. 629905 – 01, la quale specifica altresi’ che la suddetta contestazione “va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale”; Sez. 3, Sentenza n. 7105 del 12/04/2016, Rv. 639509 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12730 del 21/06/2016, Rv. 640278 – 01, quest’ultima con specifico riferimento alla copia fotostatica delle relate di notificazione di cartelle di pagamento prodotte dall’agente della riscossione); b) “il disconoscimento della conformita’ di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, ai sensi dell’articolo 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’articolo 215 c.p.c., comma 1, n. 2), giacche’ mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilita’ della scrittura, la contestazione di cui all’articolo 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformita’ all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni; ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento e’ prodotto a prendere posizione sulla conformita’ della copia all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9439 del 21/04/2010, Rv. 612545 – 01; conf.: Sez. 1, Sentenza n. 11269 del 15/06/2004, Rv. 573642 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 2419 del 03/02/2006, Rv. 588190 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 24456 del 21/11/2011, Rv. 620331 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 16998 del 20/08/2015, Rv. 636377 – 01, la quale espressamente afferma che il giudice “non resta vincolato alla contestazione della conformita’ all’originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all’originale ai fini della idoneita’ come mezzo di prova ex articolo 2719 c.c.”).
In concreto, pero’, i suddetti principi non sono stati correttamente applicati dalla corte di merito.
Va premesso che la fattispecie procedimentale prevista dalla disposizione di cui all’articolo 2719 c.c. (che si articola a partire da uno specifico disconoscimento della conformita’ tra l’originale di un determinato documento e la copia fotostatica prodotta in giudizio dello stesso, e richiede la successiva produzione dell’originale, ovvero, in mancanza, una valutazione in concreto da parte del giudice in ordine alla conformita’ contestata, sulla base degli elementi istruttori disponibili, anche presuntivi) e’ espressamente destinata ad operare nelle sole ipotesi in cui la conformita’ della copia del documento all’originale non sia certificata da un pubblico ufficiale.
La valutazione della conformita’ delle copie fotostatiche agli originali dei documenti riprodotti – in mancanza di certificazione di conformita’ proveniente da pubblico ufficiale – va compiuta in concreto dal giudice, prendendo in considerazione gli specifici elementi di difformita’ oggetto della contestazione, eventualmente sulla base degli elementi istruttori disponibili, ed utilizzando anche elementi presuntivi.
Nella specie, la corte di appello ha escluso che potesse ritenersi sussistente una vera e propria certificazione proveniente da pubblico ufficiale di conformita’ delle copie prodotte agli originali.
Va precisato che i giudici di merito non hanno negato in radice il potere dell’agente della riscossione – quale pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio – di attestare la conformita’ delle copie degli atti originali in suo possesso, ma si sono limitati al rilievo per cui le attestazioni nella specie prodotte non facevano riferimento direttamente agli originali ma “a non meglio specificate risultanze informatiche”: si tratta cioe’ di un giudizio di fatto attinente alla idoneita’ certificatoria della specifica attestazione prodotta in giudizio, giudizio non censurabile nella presente sede, e comunque non specificamente censurato.
La ricorrente sul punto si e’ infatti limitata ad invocare una disposizione (Decreto Legge 31 dicembre 1996, n. 669, articolo 5, comma 5) che a suo dire consentirebbe all’agente della riscossione di certificare, ai fini della procedura, la conformita’ di atti e documenti presenti nei propri archivi e riprodotti tramite strumenti informatici. Ma la suddetta disposizione non era vigente al momento dei fatti (essa aveva infatti introdotto l’articolo 91-bis nel Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo abrogato con il Decreto Legislativo 26 febbraio 1999 n. 46, che ha sostituito l’intero titolo 2 del Decreto del Presidente della Repubblica in questione), e comunque non sarebbe potuta venire in rilievo nella fattispecie, dal momento che – come appena precisato – nella sentenza impugnata si nega in realta’ che la certificazione apposta a margine delle copie fotografiche delle relazioni di notificazione e degli avvisi di ricevimento prodotti in giudizio possa ritenersi riferibile agli originali (cartacei) dei relativi documenti, come sarebbe stato necessario, anche ai sensi della norma in questione.
La corte di appello ha peraltro confermato la decisione del giudice di primo grado che – di fronte al disconoscimento operato da parte opponente ai sensi dell’articolo 2719 c.c., e senza neanche dar conto dello specifico oggetto di tale disconoscimento – si era limitato ad osservare che dette copie “non recano una certificazione di conformita’ ai loro originali compiuto da un pubblico ufficiale, in quanto vi e’ apposta in calce soltanto una dichiarazione di conformita’ a non meglio specificate risultanze informatiche”, aggiungendo che l’agente della riscossione avrebbe dovuto documentare altresi’ che le copie in questione si riferivano effettivamente alle cartelle in contestazione.

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