Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 7 novembre 2017, n. 50679. L’assoggettabilita? alle misure di prevenzione patrimoniali di beni riferibili a soggetti impegnati in attivita? terroristiche anche internazionali

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Senza dire che tutte le deduzioni difensive trovano in realta’ implicita ma inequivocabile smentita nel complessivo costrutto argomentativo dell’ordinanza impugnata, che sottolinea la notevole entita’ dei valori economici in gioco e il controllo costantemente esercitato dal (OMISSIS) sulle risorse impiegate nelle varie operazioni economiche; dovendosi per il resto osservare:
a. che l’ipotesi dell’uso personale, da parte dell’indagato, di quelle risorse, non sarebbe comunque in contraddizione con l’ipotesi dell’intestazione fittizia dei beni da cui quelle risorse vennero attinte, affermata dai giudici territoriali sulla base di circostanze di prova assolutamente significative;
b. che con riferimento al reato di cui all’articolo 648 ter c.p., il tribunale ricorda che l’imputato aveva affermato di avere in realta’ perseguito uno scopo di lucro con le varie operazioni immobiliari (pag. 4 del provvedimento impugnato); il sequestro per equivalente, peraltro, sarebbe giustificato gia’ con riferimento al reato di cui alla L. n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, talche’ le diverse deduzioni della parte tecnica, appaiono depotenziate sotto il profilo dell’interesse, rispetto alla misura reale);
c) e che a fronte delle precedenti considerazioni non apparirebbe comunque decisivo che il ricorrente abbia potuto trattenere per se’ una parte delle somme gestite per conto del (OMISSIS).
6. Manifestamente infondate e/o generiche e, quindi, inidonee ad insidiare la tenuta del provvedimento impugnato, sono poi le deduzioni difensive sulla legittima provenienza di questa o quella somma sottoposta a sequestro; le “esportazioni” di somme attraverso varchi doganali nulla possono provare sulla provenienza del denaro; quanto ai “piccoli prestiti” che sarebbero stati ottenuti dall’imputato non ci sono prove documentali ma si tratta di deduzioni manifestamente infondate e intrinsecamente contraddittorie, perche’ ben prima delle date dei presunti prestiti, il ricorrente aveva avuto enormi disponibilita’ liquide, come risulta dalle non contestate indicazioni dell’imputazione provvisoria e dalle puntualizzazioni del tribunale (che accenna, ad es., a pag. 4 in fine, all’accreditamento, sul conto del conto corrente del (OMISSIS), della somma di Euro 5.500.000).
7.Ma si deve anche rilevare, come non manca di notare il PG deducente, che nel ricorso (come in qualche misura nella motivazione del provvedimento impugnato), e’ poco avvertita la natura della misura reale in contestazione, trattandosi di un sequestro probatorio, rispetto al quale l’onere di motivazione del giudice (della cautela o del riesame) si atteggia in modo molto meno incisivo, a paragone degli altri modelli di sequestro penale, trattandosi di uno strumento di cautela che concorre spesso a definire esso stesso i termini concreti della notitia criminis, oltre a salvaguardare l’esigenza di assicurazione delle prove anche nelle fasi “embrionali” del procedimento penale.
7.1. In altre parole, in tema di sequestro probatorio l’onere di motivazione in ordine al reato da accertare, deve essere modulato in ragione della progressione processuale, tanto che e’ stato ritenuto legittimo, nella fase iniziale delle indagini il decreto di convalida apposto in calce al verbale della polizia giudiziaria che si limitava ad indicare gli articoli di legge per cui si intendeva procedere, richiamandone “per relationem” il contenuto (sempre che i fatti per cui si procede risultino compiutamente decritti nel verbale di sequestro; cfr. Cass. sez. 2, Sentenza n. 2787 del 03/12/2015 Cc. Rv. 265776; N. 41360 del 2015 Rv. 265273).
7.1. Sotto il profilo qui considerato, non c’e’ dubbio che il Tribunale colga in modo addirittura sovrabbondante il requisito del fumus commissi delicti, cosi’ come anche la effettiva finalita’ probatoria del sequestro e il connesso periculum in mora, quest’ultimo nemmeno particolarmente contestato dalla difesa.
7.1.1. Senza dire infine, che le censure difensive dovrebbero fare i conti con la previsione di cui all’articolo 324 c.p.p., comma 7, che statuisce il divieto di restituzione delle cose sottoposte a confisca obbligatoria e che si riferisce non solo ai casi indicati nell’articolo 240 c.p., comma 2 ma anche alle ipotesi particolari di confisca obbligatoria e, pertanto, anche alla confisca obbligatoria ex L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 16523 del 07/03/2017 Cc. (dep. 31/03/2017) Rv. 269701), applicabile nella specie in relazione ai titoli dei reati in contestazione.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1500 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilita’.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1500 alla Cassa delle Ammende.

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