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La Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava (OMISSIS) spa al pagamento della minor somma di 544.161,79 Euro in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), subentrati iure hereditatis all’ing. (OMISSIS).
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5146 del 24.1.2012, dichiarava la nullita’ della sentenza impugnata, per difetto di integrita’ del contraddittorio, e rimetteva la causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, poiche’ il giudizio di appello, instaurato su impugnazione proposta da (OMISSIS) spa, si era svolto senza la necessaria partecipazione del Ministero.
(OMISSIS), in proprio e quale procuratore speciale di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), riassumeva il giudizio ai sensi dell’articolo 392 c.p.c., chiedendo il rigetto dell’appello proposto da (OMISSIS) spa e la conferma della sentenza di primo grado.
(OMISSIS) resisteva, chiedendo il rigetto della domanda o, in subordine, la rideterminazione del compenso, previo espletamento di nuova ctu.
Il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni restava contumace.
Con la sentenza n. 3781/2013 la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, che confermava integralmente.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS), con tre motivi.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso, illustrato da memorie ex articolo 378 c.p.c..
Il Ministero dello Sviluppo Economico non ha svolto, nel presente giudizio, attivita’ difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4), lamentando la insufficiente e contraddittoria motivazione sulla statuizione che ha affermato la legittimita’ della condotta dell’Amministrazione.
In particolare, secondo l’assunto della ricorrente nessuna arbitrarieta’ era riscontrabile nel comportamento della committente, la quale aveva risolto nel febbraio del 1990 il contratto con l’ing. (OMISSIS) in considerazione del lasso di tempo trascorso dal conferimento dell’incarico, senza il raggiungimento di risultati concreti.
Il motivo e’ inammissibile poiche’ esso, nei termini in cui e’ formulato, non denuncia l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non piu’ censurabile alla luce del nuovo disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (Cass. Ss.Uu. n. 8053/2014), lamentando, in buona sostanza, che la Corte territoriale non abbia adeguatamente argomentato la propria statuizione, secondo cui era maturato il diritto del professionista al compenso per l’attivita’ professionale espletata.
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha peraltro evidenziato che, in assenza di specifica doglianza al riguardo, dovevano ritenersi definitivamente accertati i fatti posti a fondamento della domanda di condanna al pagamento del compenso professionale: vale a dire l’esistenza di una convenzione tra le parti, l’espletamento dell’incarico affidato ed il rilascio della concessione per la realizzazione del complesso edilizio.
Tale accertamento della Corte territoriale costituisce adeguata ratio decidendi, idonea a fondare la statuizione di rigetto dell’impugnazione proposta dalla committente, e non risulta specificamente contestata.
Deve dunque escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste che circoscrivono l’ambito in cui e’ consentito il sindacato di legittimita’ sulla motivazione dopo la riforma dell’articolo 360 c.p.c., operata dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori – ai sensi del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831).
Il secondo motivo denuncia nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4), in relazione alla insufficiente motivazione sul rigetto dell’eccezione, sollevata dalla ricorrente, di incompletezza e contraddittorieta’ della perizia; la ricorrente censura sia la pronuncia di tardivita’ dell’eccezione, sia, nel merito, il fatto che la Ctu non abbia tenuto conto degli accordi espressi nella convenzione.
Pure tale motivo non ha pregio.
Quanto alla statuizione di tardivita’ dell’eccezione, formulata peraltro solo incidenter tantum dalla Corte territoriale, la stessa e’ conforme a diritto.
Si osserva infatti che il successore a titolo particolare ex articolo 111 c.p.c., puo’ svolgere le (sole) attivita’ processuali consentite al suo dante causa (Cass. 6220 del 3.6.1993) e con le preclusioni che gia’ gravano su quest’ultimo. Se, dunque,il successore a titolo particolare puo’ proporre appello anche al di fuori dei limiti nei quali ex articolo 344 c.p.c., e’ ammesso l’intervento di un terzo, il divieto di proporre nuove domande e nuove eccezioni, di cui all’articolo 345 c.p.c., in quanto concerne una preclusione maturata a carico della parte originaria, si estende anche al suo successore.
La seconda censura e’ inammissibile in quanto, nei termini in cui e’ formulata, non censura l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione non piu’ censurabile alla luce del nuovo disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (Cass. Ss.Uu. n. 8053/2014), lamentando, in buona sostanza, che la Corte territoriale non abbia valutato in modo adeguato talune carenze dell’espletata ctu.
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