Nel caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni della parte, la volontà della persona offesa deve essere esplicita, ancorché non ritualizzata in forme sacramentali, ovvero desumibile da espressioni interpretabili quali manifestazioni di volontà di perseguire l’autore del fatto. In tal senso, ad esempio, è stato affermato che la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile, deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela; analogamente la sollecitazione rivolta all’Autorità Giudiziaria di “voler prendere provvedimenti al più presto”, contenuta nella integrazione ad una precedente denuncia, costituisce manifestazione di volontà diretta a richiedere la punizione dell’autore del reato e conferisce all’atto valore di querela.
Anche manifestazioni non esplicite, in situazioni di incertezza, devono comunque essere interpretate alla luce del favor querelae; occorre, tuttavia, che ci si trovi in presenza di una manifestazione lessicale proveniente inequivocabilmente dalla parte. In ogni caso, la manifestazione della volontà di querelarsi può essere ritenuta esistente dal giudice del merito, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità se rispondente alle regole della logica e del diritto, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla polizia giudiziaria che la ha ricevuta, sempre che l’intenzione di voler perseguire l’autore dei fatti ivi denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione stessa ovvero da altri fatti dimostrativi del medesimo intento.

Sentenza 17 novembre 2017, n. 52538
Data udienza 9 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

Dott. MICCICHE’ Loredana – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/11/2016 della CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EUGENIA SERRAO;
udito il Sostituto Procuratore generale Dott.ssa FODARONI MARIA GIUSEPPINA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS) del foro di Rossano, che ha concluso per il rigetto del ricorso, depositando conclusioni e nota spese; udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di Roma in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Rossano nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai reati di lesioni colpose ed omissione di soccorso commessi ai danni della coniuge in (OMISSIS).
2. Sergio (OMISSIS) ricorre per cassazione deducendo erronea applicazione dell’articolo 590 c.p. e vizio di motivazione in relazione agli articoli 337, 136, 357, 373 e 347 c.p.p. perche’, contrariamente a quanto indicato nella sentenza, non e’ stato acquisito alcun atto dal quale emerga la volonta’ della persona offesa di querelare il proprio coniuge, dandosi atto dell’asserita volonta’ punitiva esclusivamente nella comunicazione della notizia di reato. Secondo il ricorrente, la natura di atto negoziale propria della querela impedisce che ad essa sia equiparabile la comunicazione della notizia di reato.
3. La parte civile ha depositato, nel corso dell’udienza di discussione, conclusioni e nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.

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