Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 17 novembre 2017, n. 52538. Nel caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni della parte, la volontà della persona offesa deve essere esplicita, ancorché non ritualizzata in forme sacramentali

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1.1. In linea di principio, nel caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni della parte, la volonta’ della persona offesa deve essere esplicita, ancorche’ non ritualizzata in forme sacramentali, ovvero desumibile da espressioni interpretabili quali manifestazioni di volonta’ di perseguire l’autore del fatto (Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201). In tal senso, ad esempio, e’ stato affermato che la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile, deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela (Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep.2014, Anzalone, Rv. 26055701); analogamente la sollecitazione rivolta all’Autorita’ Giudiziaria di “voler prendere provvedimenti al piu’ presto”, contenuta nella integrazione ad una precedente denuncia, costituisce manifestazione di volonta’ diretta a richiedere la punizione dell’autore del reato e conferisce all’atto valore di querela (Sez. 5, n.6333 del 18/10/2013, C., Rv. 25887601). Anche manifestazioni non esplicite, in situazioni di incertezza, devono comunque essere interpretate alla luce del favor querelae; occorre, tuttavia, che ci si trovi in presenza di una manifestazione lessicale proveniente inequivocabilmente dalla parte (Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201). In ogni caso, la manifestazione della volonta’ di querelarsi puo’ essere ritenuta esistente dal giudice del merito, con accertamento sottratto al sindacato di legittimita’ se rispondente alle regole della logica e del diritto, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla polizia giudiziaria che la ha ricevuta, sempre che l’intenzione di voler perseguire l’autore dei fatti ivi denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione stessa ovvero da altri fatti dimostrativi del medesimo intento (Sez. 3, n. 10254 del 12/02/2014, Q, Rv. 25838401).
1.2. Tanto premesso in linea di principio, dall’esame degli atti, consentito in ragione della natura della censura, emerge che la persona offesa (OMISSIS) ha rappresentato alla Polizia Giudiziaria la volonta’ di querelare il coniuge, manifestando la richiesta di punizione del colpevole. La Corte territoriale ha affermato, con motivazione ineccepibile, che la richiesta di punizione fosse stata chiaramente espressa dalla persona offesa ai carabinieri, che l’avevano riportata nel verbale di denuncia e sommarie informazioni del 30 agosto 2010. Il Tribunale aveva espresso conforme valutazione richiamando la richiesta della persona offesa che il colpevole fosse punito riportata nella comunicazione di notizia di reato redatta dai Carabinieri della Compagnia di (OMISSIS). I giudici di merito hanno motivato il loro giudizio valutando il contesto in cui tale manifestazione di volonta’ era stata raccolta: presso l’ospedale di (OMISSIS) prima che la persona offesa fosse trasferita in altro nosocomio per essere sottoposta ad intervento chirurgico. Date le circostanze del caso, hanno ritenuto che essa fosse valida manifestazione della volonta’ di querelare l’imputato, ancorche’ non formalizzata in un vero e proprio atto di querela, qualificandola come querela proposta oralmente.
2. Tanto e’ sufficiente per affermare, alla luce dei principi sopra esposti, che il ricorso sia infondato; al rigetto dell’impugnazione segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Con riguardo alla condanna del ricorrente alla refusione delle spese in favore della parte civile, occorre rilevare che la richiesta di liquidazione dei compensi presentata dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato elenca i compensi tabellari ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 12, comma 3, non in conformita’ ai limiti quantitativi previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 106 bis. Deve, pertanto, essere applicato il seguente principio interpretativo, gia’ affermato nella giurisprudenza di legittimita’: “In tema di patrocinio dei non abbienti, affinche’ la Corte di cassazione possa procede alla liquidazione delle spese che l’imputato ricorrente e’ condannato a rifondere alla parte civile ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ex cit. Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 110, e’ indispensabile che il difensore abbia presentato una nota spese conforme, nella indicazione delle voci e nei limiti quantitativi, alle prescrizioni dettate dall’articolo 82 del su citato D.P.R.” (Sez. 4, n.20044 del 17/03/2015, S., Rv. 26386601; Sez.6, n.3885 del 18/01/2012, Iovine, Rv.25213501). Conseguentemente, potra’ essere disposta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di parte civile in favore dello Stato, ferma restando la competenza della Corte di Appello di Catanzaro, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 83, comma 2, a disporne la liquidazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese della costituita parte civile in favore dello Stato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 110, comma 3″ nella misura in cui saranno liquidate dalla Corte di Appello di Catanzaro.

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