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1. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 2946 c.c. e articolo 2697 c.c., commi 1 e 2, sostenendo che, nel rigettare l’eccezione di prescrizione, in virtu’ della mancata allegazione dell’avvenuta effettuazione da parte della correntista di versamenti a carattere solutorio, la sentenza impugnata non ha considerato che nella citazione l’attrice non aveva identificato le rimesse che costituivano oggetto della propria pretesa. Premesso infatti che, in tema di accertamento di un rapporto di credito e debito connesso ad una domanda di ripetizione dell’indebito, l’onere d’individuare gli addebiti ingiustificati incombe all’attore, afferma che l’eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere valutata alla luce di tale carente allegazione, che dispensava esso convenuto dall’onere di una specifica contestazione.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 2935 e 2946 cod. civ. e dell’articolo 100 cod. proc. civ., osservando che, nel subordinare la decorrenza della prescrizione all’effettuazione di versamenti a carattere solutorio, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della natura della domanda, non avente ad oggetto un mero accertamento, ma un accertamento finalizzato alla ripetizione, e quindi soggetta a prescrizione con decorrenza dalla data di annotazione in conto delle partite inficiate da nullita’.
3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2935 cod. civ., osservando che un’interpretazione costituzionalmente orientata di tale disposizione avrebbe imposto di far decorrere la prescrizione dalla data di ciascuna annotazione contabile di cui l’attrice aveva chiesto la rettifica. In subordine, eccepisce l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 2935 cit., in riferimento all’articolo 117 Cost., comma 1, sostenendo che, ove interpretato nel senso dell’imprescrittibilita’, in costanza di rapporto, del diritto del correntista all’accertamento del saldo del conto, esso si pone in contrasto la garanzia dell’equo processo e della certezza giuridica, prevista dall’articolo 6 della CEDU e dall’articolo 1 del Primo Protocollo addizionale alla stessa, impedendo alla banca di confidare nei propri assets, nonostante il tempo trascorso.
4. Le predette censure vanno trattate congiuntamente in quanto aventi ad oggetto la medesima questione, riguardante la prescrizione del credito azionato.
E’ inammissibile, al riguardo, l’eccezione sollevata dalla difesa della controricorrente, secondo cui l’eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie doveva considerarsi tardiva, in quanto sollevata specificamente soltanto in appello, mentre in primo grado il ricorrente si era limitato a far valere genericamente l’intervenuta prescrizione decennale di qualsiasi credito eventualmente vantato dalla correntista: la questione di novita’ dell’eccezione di prescrizione, sollevata in appello, risulta infatti esaminata nella sentenza impugnata, e risolta in senso sfavorevole all’appellata, la quale, per ottenerne il riesame, non poteva limitarsi a riproporla con il controricorso, ma aveva l’onere, in qualita’ di parte vittoriosa nel giudizio di merito, di proporre ricorso incidentale, in quanto nel giudizio di legittimita’ non trova applicazione l’articolo 346 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. 6, 14/04/2015, n. 7523; Cass., Sez. 1, 28/03/2006, n. 6992; Cass., Sez. lav., 8/01/2003, n. 100).
4.1. I motivi sono peraltro infondati.
A fini del rigetto dell’eccezione di prescrizione, la sentenza impugnata ha correttamente richiamato il principio, enunciato da questa Corte a Sezioni Unite e ribadito anche in seguito, secondo cui l’azione di ripetizione dello indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullita’ della clausola di capitalizzazione trimestrale degl’interessi maturati nell’ambito di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, e’ soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, decorrente, nell’ipotesi in cui i versamenti effettuati abbiano avuto una funzione meramente ripristinatoria della provvista, non gia’ dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta d’interessi illegittimamente addebitati, ma da quella di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gl’interessi non dovuti sono stati registrati: in tal caso, infatti, ciascun versamento non e’ configurabile come un pagamento dal quale far decorrere il termine di prescrizione del diritto alla ripetizione, giacche’ il pagamento che puo’ dar vita ad una pretesa restitutoria e’ esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens, con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens (cfr. Cass., Sez. Un., 2/12/2010, n. 24418; Cass., Sez. 1, 24/05/2016, n. 10713; 24/03/2014, n. 6857). Pur dando atto della peculiarita’ della fattispecie in esame, caratterizzata dal fatto che la domanda non era stata proposta dopo la chiusura del conto corrente, ma in pendenza del rapporto, la Corte di merito ha ritenuto che tale circostanza non impedisse di procedere alla rideterminazione del saldo ed alla restituzione delle somme indebitamente addebitate per interessi e commissione di massimo scoperto, ma incidesse soltanto sulla prescrizione del diritto azionato, escludendone la decorrenza, in quanto non era stata neppure dedotta l’avvenuta effettuazione di versamenti a carattere solutorio.
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