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Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza n. 8443 del 5 aprile 2013

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 7 marzo 2008 la Corte d’Appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato Rete Ferroviaria Italiana al pagamento in favore di I.M. di Euro 8250,00 a titolo di risarcimento danni per perdita di chances. Lo I., ingegnere dipendente Ferrovie dello Stato con qualifica di ispettore capo aggiunto, lamentava di aver subito l’illegittimo arresto, ormai pluridecennale, del suo avanzamento nella carriera dirigenziale per effetto dell’ingiustificata esclusione dalla promozione a dirigente e da ogni valutazione in ordine alla sua professionalità benchè avesse i prescritti requisiti soggettivi ed oggettivi e ciò in violazione dell’accordo sindacale del 1986 con il quale erano stati concordati i criteri di accesso alla dirigenza. Il ricorrente chiedeva pertanto la condanna della società al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1223 c.c. da perdita di chances pari alla retribuzione tra la qualifica posseduta e quella di dirigente a far data dal 1 gennaio 1987 o in via subordinata al pagamento di una somma per danni anche morali.

La Corte territoriale, con riferimento all’eccezione di prescrizione sollevata dalla società convenuta, ha precisato che si trattava di illecito permanente; che il diritto al risarcimento sorgeva in modo continuo via via che il danno si produceva ed in modo continuo si prescriveva se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si era verificato e che nella fattispecie in esame la responsabilità del datore di lavoro era riconducibile a quella precontrattuale con la conseguenza che era applicabile la prescrizione breve (e che, valutato l’unico atto interruttivo costituito da una diffida ricevuta in data 21 giugno 1996 da Rete Ferroviaria, non tutte le pretese del ricorrente erano prescritte).
Secondo la Corte i principi di correttezza e buona fede imponevano che, anche in caso di scelta effettuata sulla base della valutazione di particolari elementi di capacità e di merito, il provvedimento del datore di lavoro doveva essere motivato onde consentire al lavoratore di contestare specificatamente l’atto e che, in caso di mancanza di motivazione, l’atto del datore di lavoro diventava del tutto arbitrario non permettendo alcun controllo sui criteri applicati.
La Corte ha, quindi, rilevato che nel caso in esame non risultava in alcun modo motivato il risultato valutativo e comparativo delle scelte, nè erano state successivamente manifestate le ragioni delle diverse determinazioni così che l’illegittimo svolgimento delle procedure non poteva non aver determinato a carico del ricorrente il danno rappresentato dalla perdita di favorevoli chances per la nomina a dirigente del quale la società era chiamata a rispondere.
Circa l’entità del danno la Corte ha escluso il diritto a percepire il trattamento retributivo del dirigente non essendovi certezza ma soltanto una ragionevole probabilità che il corretto e trasparente svolgimento della procedura avrebbe sicuramente permesso di ottenere la nomina dirigenziale. La Corte pertanto è pervenuta a una liquidazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c. fissando la somma di Euro 1500,00 per ogni anno a decorrere dal giugno 1996.
Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione I.M. formulando due motivi.
Si costituisce Rete Ferroviaria Italiana depositando controricorso con ricorso incidentale. Il ricorrente ha poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza e omessa, insufficiente motivazione circa un punto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5). Censura la sentenza nella parte in cui in modo apodittico ha inquadrato la fattispecie nell’ambito della responsabilità precontrattuale senza tenere conto che il rapporto esisteva da tempo e che invece la fattispecie era riconducibile all’ipotesi di inadempimento contrattuale. Formula il seguente quesito: “il datore di lavoro che in assenza di atto motivato così come prescritto dagli accordi sindacali, proceda alla scelta o alla selezione di dipendenti da destinare ad incarichi dirigenziali, pone in essere un comportamento che per la sua natura è contrario agli obblighi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. e come tale generatore di una responsabilità contrattuale o extracontrattuale?.
Il motivo è inammissibile.
E’ noto che “In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità”.

E’ richiesta, cioè, una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.
Nella fattispecie il momento di sintesi esposto dal ricorrente non risponde a detti requisiti in quanto non viene specificato il fatto controverso, non contiene tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza ed a permettere alla Corte di Cassazione la valutazione della fondatezza di tali ragioni limitandosi il ricorrente a domandare alla Corte di Cassazione se il comportamento posto in essere dalla società determini responsabilità contrattuale o extracontrattuale senza esporre le motivazioni contenute nella sentenza impugnata e la chiara enunciazione delle ragioni della loro insufficienza o contraddittorietà. Si consideri, altresì, che il ricorrente ha denunciato nullità della sentenza senza poi sviluppare tale censura che, comunque, non è configurabile quale conseguenza del denunciato vizio di motivazione ed, inoltre, lo I. formula il quesito di diritto prescritto,ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in presenza dei motivi previsti dai nn. 1, 2, 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, sebbene abbia eccepito il vizio di cui al n 5.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2946 e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).
Censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c. sull’erroneo presupposto che il comportamento datoriale fosse fonte di responsabilità extracontrattuale e conseguentemente la Corte territoriale ha liquidato il danno solo con riferimento all’ultimo quinquennio. Osserva che la pretesa risarcitoria formulata dal ricorrente in conseguenza della perdita di chances per il mancato accesso alla qualifica superiore traeva origine dall’inadempimento della società agli obblighi contrattuali ed integrava gli estremi di un illecito permanente con conseguente applicazione del termine di prescrizione decennale. Deve in primo luogo rilevarsi che non sussiste violazione del principio di autosufficienza del ricorso in cassazione denunciato da Rete Ferroviaria secondo la quale nel ricorso non sono stati riportati in modo analitico i passaggi della sentenza nei quali si sarebbe realizzata l’asserita violazione degli artt. 2946 e 2947 c.c.. Dall’esposizione del ricorso risultano, invece, sia pure in modo conciso, individuati i punti della sentenza censurati.
Il motivo è, inoltre, fondato.
La Corte d’Appello ha ritenuto che lo I., ingegnere con qualifica di ispettore capo aggiunto, aveva subito un danno da perdita di chances per non avere Rete Ferroviaria proceduto ad una valutazione del possesso da parte del lavoratore dei requisiti richiesti dall’accordo sindacale del 21/10/1986, con il quale erano stati concordati i criteri di accesso alla dirigenza, con conseguente arresto dello I. nell’avanzamento nella carriera dirigenziale per effetto dell’ingiustificata esclusione dalla promozione a dirigente e da ogni valutazione di professionalità. La Corte territoriale ha affermato, pertanto,che Rete Ferroviaria era chiamata a rispondere del danno subito dal dipendente.
Con riferimento all’eccezione di prescrizione la Corte territoriale, pur correttamente qualificando il danno da fatto illecito, quale quello in esame, di natura permanente con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere “ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta colposa” (cfr. Cass. n. 23763/2011 sulla prescrizione del diritto al risarcimento derivante da fatto illecito permanente), ha ritenuto, erroneamente, che la responsabilità di Rete Ferroviaria fosse riconducibile alla responsabilità precontrattuale con conseguente applicazione della prescrizione quinquennale. Viceversa la responsabilità della società datrice di lavoro non può essere ricondotta che alla responsabilità contrattuale stante la sussistenza del rapporto di lavoro e gli obblighi da questo derivanti a carico del datore di lavoro la cui inosservanza è stata denunciata dallo I..
Il diritto azionato dal lavoratore, avente la sua fonte nella legge e nella contrattazione collettiva, ha subito un danno a causa dell’inosservanza da parte della società datrice di lavoro delle regole dettata da tale normativa. Ne consegue che la prescrizione applicabile è quella ordinaria decennale così come richiesto dal ricorrente.
Con ricorso incidentale Rete Ferroviaria Italiana denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Vizio di ultra ed extrapetizione. Rileva che il ricorrente sia in Tribunale sia in appello non si era mai lamentato dell’omessa motivazione dei provvedimenti di conferimento di incarichi dirigenziali ad altri soggetti. La Corte ha superato i limiti fissati dalle domande proposte.
Il ricorso incidentale è inammissibile.
La Corte territoriale ha accertato che “dagli atti di causa non risulta in alcun modo motivato il risultato valutativo e comparativo delle scelte, nè sono stati successivamente (e congruamente) manifestate le ragioni delle diverse determinazioni”. Nel ricorso incidentale non è stato neppure allegato che,contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, Rete Ferroviaria aveva dato adeguata motivazione delle scelte e dell’applicazione dei criteri. Il ricorso, sotto tale profilo, difetta di autosufficienza non rispondendo al dettato di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6 che impone un onere di specificità e compiutezza espositiva dei fatti rilevanti e di indicazione dei documenti o atti processuali sui quali il ricorso si fonda.
In conclusione, in accoglimento del solo secondo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2013.

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