Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 31 maggio 2017, n. 13802

Ai sensi del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 63 e dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come modificato dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro e’ ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali e’ previsto il particolare regime di pubblicita’ di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 47, comma 8, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione e’ riservata al giudice di merito, ed e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’articolo 360 c.p.c., n. 5 nel testo applicabile ratione temporis

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 31 maggio 2017, n. 13802

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3488-2014 proposto da:

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

avverso la sentenza n. 793/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/06/2013 r.g.n. 8760/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/01/2017 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Roma ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) e da numerosi altri litisconsorti avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato la domanda volta a ottenere l’accertamento del diritto alla ripartizione in quote eguali della indennita’ di trasferta fra tutti gli ufficiali giudiziari inquadrati nelle posizioni C1 e B3, e la conseguente condanna del Ministero della Giustizia al pagamento delle somme dovute a detto titolo, quantificate per il (OMISSIS) in Euro 15.270,06.

2. La Corte territoriale, richiamato il quadro normativo e contrattuale di riferimento, ha evidenziato che gli appellanti avevano fondato la domanda su un presupposto erroneo, ossia sulla assoluta interfungibilita’ delle funzioni intervenuta a seguito della sottoscrizione del CCNI del 5 aprile 2000. Ha osservato al riguardo che, in realta’, la parificazione era stata prospettata dalle parti collettive non come automatica bensi’ come meramente eventuale, in quanto la declaratoria della posizione economica C1 aveva previsto che i dipendenti dovessero svolgere “tutti gli atti demandati dalle norme all’ufficiale giudiziario, compresi eventualmente quelli di pertinenza della professionalita’ appartenente alla posizione economica piu’ elevata dell’area inferiore…”.

3. Secondo il nuovo sistema di classificazione, pertanto, le notifiche, riservate in precedenza agli assistenti UNEP, transitati nella posizione economica B3, non necessariamente devono essere curate anche dagli ufficiali C1, sicche’ destituita di fondamento doveva ritenersi la pretesa volta a ottenere la ripartizione della indennita’ di trasferta anche in relazione ad attivita’ che, seppure astrattamente espletabili, non erano state in concreto effettuate, in quanto presso la Corte di Appello di Roma la cosiddetta interfungibilita’ non era mai stata attuata.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il solo (OMISSIS) sulla base di quattro motivi, articolati in piu’ punti. Il Ministero della Giustizia e’ rimasto intimato mentre hanno resistito gli ufficiali giudiziari B3, i quali hanno eccepito la inammissibilita’ del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo Antonio (OMISSIS) denuncia, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’articolo 25 del C.C.N.I. del 5 aprile 2000 per il personale del Ministero della Giustizia. Richiamata la declaratoria delle posizioni economiche C1 e B3, rileva il ricorrente che le uniche attivita’ precluse all’ufficiale giudiziario B3 sono quelle relative alla attivita’ amministrativo-contabile e alla direzione della unita’ organica, mentre per quanto riguarda esecuzioni, notifiche e protesti il nuovo sistema di inquadramento e’ fondato sul principio della massima flessibilita’. La Corte territoriale ha, quindi, violato la disposizione contrattuale richiamata in rubrica nel ritenere che la attivita’ di notifica debba rientrare nelle competenze del personale B3 e che solo “eventualmente” possa essere curata anche dagli ufficiali C1.

2. Il secondo motivo lamenta, sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’articolo 2 del C.C.N.I 5 aprile 2000. Precisa il ricorrente che le parti collettive nel prevedere che ” gli effetti giuridici ed economici decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diversa prescrizione del presente contratto” hanno voluto far decorrere dal 5 aprile 2000 gli effetti del nuovo sistema di classificazione, sicche’ nessun rilievo potevano avere le scelte attuate dai singoli uffici UNEP.

3. Con la terza censura il (OMISSIS) si duole della violazione dell’articolo 1372 c.c. ed evidenzia che la forza cogente del contratto collettivo non puo’ essere messa in discussione dal dirigente del singolo ufficio, il quale non ha il potere di decidere l’efficacia delle nuove disposizioni contrattuali.

4. Il ricorrente denuncia, con la quarta critica, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, articolo 133 come modificato dalla L. 18 febbraio 1999, n. 28, articolo 7, comma 1. Quest’ultima disposizione aveva previsto che il dirigente dell’ufficio dovesse ripartire le somme complessivamente percepite a titolo di indennita’ di trasferta “in parti uguali rispettivamente tra tutti gli appartenenti al profilo professionale di collaboratore UNEP e tra gli appartenenti al profilo di assistente UNEP”. L’incasso, quindi, e’ destinato non gia’ al soggetto che materialmente effettua l’attivita’ ma all’ufficio nel suo complesso e l’unica condizione e’ la assegnazione all’ufficio medesimo, senza che abbia rilievo alcuno la effettiva partecipazione al servizio che ha dato luogo al versamento della indennita’. Da cio’ il ricorrente fa discendere la impossibilita’ di ripartire “rispettivamente” il fondo fra figure professionali superate dal nuovo sistema di classificazione, posto che “eventuali” sono non solo le notifiche ma anche le esecuzioni e i protesti. In altri termini la figura unica di ufficiale giudiziario comporta la ripartizione della indennita’ fra tutti i dipendenti in parti eguali, a prescindere dall’inquadramento in B3 o C1.

5. Il ricorso e’ inammissibile in tutte le sue articolazioni.

La giurisprudenza di questa Corte, infatti, e’ consolidata nell’affermare che, ai sensi del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 63 e dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come modificato dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro e’ ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali e’ previsto il particolare regime di pubblicita’ di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 47, comma 8, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione e’ riservata al giudice di merito, ed e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’articolo 360 c.p.c., n. 5 nel testo applicabile ratione temporis (Cass. 19.3.2004 n. 5565; Cass. 22.9.2006 n. 20599;Cass. 5.12.2008 n. 28859; Cass. 19.3.2010 n. 6748; Cass. 25.6.2013 n. 15934; Cass. 14.3.2016 n. 4921).

Nel caso di specie il ricorso si sostanzia nella inammissibile denuncia di violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3 delle disposizioni della contrattazione collettiva integrativa, che, a detta del ricorrente, avrebbero realizzato la totale interfungibilita’ fra gli ufficiali giudiziari inquadrati rispettivamente nelle categorie B3 e C1, e contrappone una diversa interpretazione del contratto a quella fatta propria dalla Corte territoriale, la quale ha ritenuto la fungibilita’ solo eventuale, ma non indica i canoni di ermeneutica violati dalla sentenza impugnata e, quindi, finisce per sollecitare questa Corte a fornire una inammissibile interpretazione diretta del contratto.

Anche il terzo e il quarto motivo, con i quali si denuncia rispettivamente la violazione dell’articolo 1372 c.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1229 del 1959, articolo 133 muovono dalla ritenuta erroneita’ della esegesi data alle disposizioni del CCNI, sicche’ risultano egualmente inammissibili per le medesime ragioni sopra indicate.

6. Alla dichiarazione di inammissibilita’ segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in favore dei controricorrenti nella misura indicata in dispositivo.

Non occorre provvedere sulle spese quanto al Ministero della Giustizia, rimasto intimato.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato dovuto dal ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore dei controricorrenti liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. articolo 13, comma 1-bis.

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