La massima
Risponde di lesioni personali colpose il pediatra che, per colpa generica e per l’inosservanza di regole e prescrizioni dell’arte medica, cagiona ad un dodicenne la perdita anatomica del testicolo sinistro da cui deriva l’indebolimento permanente dell’organo della riproduzione, avendo omesso sia una diretta valutazione, attraverso una semplice palpazione, dello scroto e dei testicoli del paziente dodicenne sia l’esecuzione di approfondimenti diagnostici mirati quali l’eco – color – doppler testicolare nonché di trattenere il paziente in osservazione clinica ospedaliera al fine di una corretta diagnosi.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
SENTENZA 10 luglio 2012, n.27043
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 30 novembre 2009, la Corte d’appello di Milano parzialmente riformava la sentenza emessa in data 21 luglio 2008 dal Tribunale di Como limitatamente alla conversione della pena detentiva in quella pecuniaria (dichiarata contestualmente estinta in applicazione dell’indulto) confermando l’affermazione della penale responsabilità di G.R. in ordine al delitto di cui agli artt. 590, commi 1 e 2 in relazione all’art. 583, comma 1 n. 2 cod. pen. per aver cagionato, in qualità di medico pediatra accettante del Pronto Soccorso dell’Ospedale (omissis) ,in data (omissis) , per colpa generica e per l’inosservanza di regole e prescrizioni dell’arte medica, a D.M.V. un prolungamento della malattia di gg.15 oltre alla perdita anatomica del testicolo sinistro da cui derivava l’indebolimento permanente dell’organo della riproduzione, avendo omesso in particolare sia una diretta valutazione, attraverso una semplice palpazione, dello scroto e dei testicoli del paziente dodicenne (nonostante la intensità e la localizzazione del dolore) sia l’esecuzione di approfondimenti diagnostici mirati quali l’eco – color – doppler testicolare nonché di trattenere il paziente in osservazione clinica ospedaliera, come indicato dalla dr.ssa M..B. , medico chirurgo; ciò al fine sciogliere il dubbio diagnostico.
In esito all’istruttoria, era emerso che il giovane, al rientro a casa dopo una passeggiata in bicicletta, ad ore 19 del (omissis) , iniziò ad avvertire dolori al fianco ed al testicolo sinistro; dolori rapidamente incrementatisi. Alle ore 0,45 del (omissis), dietro consiglio del sanitario addetto alla guardia medica, dopo la visita a domicilio, il paziente fu condotto al pronto soccorso ove, all’esame obiettivo del pediatra (la dr.ssa G. ) venne giudicato abbastanza sofferente, pallido, sudato, torace nella norma P.A. 127 / 90, addome trattabile poco dolente in corrispondenza dell’ipocondrio e della fossa iliaca sinistra, Blumberg e Giordano negativi, peristalsi torpida. Per lenire il dolore da spasmo, il medico somministrò Buscopan e, 15 minuti dopo, una supposta di analgesico Lonarid per adulti, essendo il ragazzo ancora sofferente. Alle ore 1,10 V..D.M. fu sottoposto alla consulenza del chirurgo di turno dr.ssa B. che riscontrò obiettivamente l’addome piano, ben trattabile con dolorabilità alla palpazione ai quadranti di sinistra, confermando, tra gli elementi salienti, la pervietà delle porte erniarie. L’ecografia addominale eseguita risultò nei limiti, quanto all’esclusione di alterazioni a carico della milza e di dilatazioni colico – pieliche renali. Il chirurgo prospettò pertanto, in forma dubitativa, due ipotesi di diagnosi in riferimento ad una colica renale da disidratazione ovvero a coprostasi. Pur escludendo urgenze di tipo chirurgico in atto, attesa l’avvenuta somministrazione di analgesici, lo stesso medico suggerì, quale approccio più prudente a fini diagnostici, di sottoporre il paziente ad un breve periodo di osservazione clinica, previa somministrazione di farmaci atti a favorire l’evacuazione. Rientrato in pediatria, il D.M. fu dimesso dalla dr.ssa G. ad ore 2.07 con la diagnosi di ‘colica addominale’, con la prescrizione di ritornare in ospedale se fosse persistito dolore intenso.
Il giorno (omissis) – ovvero quattro giorni dopo – il paziente fu nuovamente condotto all’Ospedale (omissis) ove il pediatra dr. C. , all’esame obiettivo, accertò: buone condizioni generali, addome trattabile, importante tumefazione scrotale più a sinistra con cute iperemica, formulando la diagnosi di ‘probabile torsione al testicolo sinistro”. All’esito di una consulenza urologica eseguita ad ore 12, la dr.ssa L. nella diagnosi annotò che il paziente era stato visitato il giorno 13 precedente al pronto soccorso per ‘colica addominale con algia testicolare con comparsa da due giorni di tumefazione dolorosa all’emiscroto sinistro’. Si riscontrò tumefazione scrotale soprattutto a carico dell’emiscroto sinistro. Mentre il testicolo destro era risultato nella norma, quello sinistro non era valutabile per la tumefazione, stante anche il vivo dolore alla digitopressione. Effettuato ecodoppler scrotale, si decise quindi l’esplorazione chirurgica. Ad ore 14,30 il ragazzo fu operato dalla stessa dr.ssa L. per orchiectomia sinistra. Il successivo esame istologico del testicolo asportato consentì di accertare la presenza di infarto emorragico massivo del didimo e dell’epididimo, morfologicamente normali per l’età dei paziente nonché di edema e di congestione ematica a carico del funicolo spermatico.
Attese dette risultanze di fatto, la Corte d’appello ha condiviso – facendole proprie – le argomentazioni con le quali il Tribunale, sulla base delle valutazioni compiute dal perito d’ufficio, attesa la patologia dalla quale il giovane paziente era risultato affetto fin dall’ingresso al pronto soccorso essendosi il dolore irradiato dal testicolo sinistro, aveva affermato la sussistenza della responsabilità colposa della imputata, venendo ad incidere causalmente nella determinazione dell’evento, l’omissione ascrittale (per non aver disposto un’immediata prosecuzione dell’osservazione clinica del paziente, come suggerito dal chirurgo) in dipendenza dalla mancata formulazione di una diagnosi definitiva e dall’obiettiva necessità di non disattendere la regola cautelare, esigibile nella concreta fattispecie.
Ricorre personalmente per cassazione l’imputata articolando censure per violazione di legge e per vizio di motivazione, così sintetizzate. Impugnando in primo luogo l’ordinanza 30 novembre 2009 con cui la Corte d’appello di Milano aveva respinto la richiesta di estromissione della parte civile, per avere i medesimi soggetti provveduto ad instaurare causa civile dinanzi al Tribunale di Como nei confronti della stessa imputata, avente identici petitum e causa petendi dell’azione esercitata in sede penale, deduce la ricorrente l’inosservanza dell’art. 82 comma 2 codice di rito, attesoché la costituzione di parte civile si intende revocata in caso di successiva proposizione di causa civile in sede propria per i medesimi fatti.
Con la seconda censura. in punto responsabilità, lamenta la ricorrente l’illegittima valutazione delle prove cui era pervenuta la Corte d’appello di Milano, che, sulla scorta di una ipotetica diagnosi indicata solamente come probabile dal perito, aveva ritenuto che, già la sera del 12 agosto 2004, si fosse manifestata una torsione, benché parziale, dei funicolo spermatico, quando invece, attesa la condizione non statica di tale patologia (che può comparire all’improvviso come retrocedere spontaneamente ovvero manifestarsi successivamente,anche a distanza di tempo) solamente nel caso in cui detta torsione sia in atto, risulta certamente visibile e quindi diagnosticabile.
Il successivo ricovero del paziente il 18 agosto 2004 aveva effettivamente confermato la coprostasi; donde la probabilità, alla stregua di una valutazione ex ante, che i dolori accusati all’addome nella notte tra il (omissis) fossero riconducibili ad una colica addominale, come diagnosticato dalla dr.ssa B. (in forma dubitativa) e dalla ricorrente. Sicché, avrebbe dovuto escludersi la certa ricorrenza non solo del nesso eziologico tra l’omissione ascrittale e l’evento, ma anche quella della colpa. Conclude la ricorrente per l’annullamento della impugnata sentenza.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e va respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico dell’imputata, ex art. 616 codice di rito oltreché della rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili, liquidate in dispositivo. Il primo motivo di ricorso è infondato. La ricorrente ha invero disatteso il principio di autosufficienza del ricorso, non facendo luogo alla produzione dell’atto di citazione con cui le attuali parti civili avrebbero radicato dinanzi al Tribunale di Como, successivamente alla condanna penale in primo grado, causa civile asseritamente avente ad ‘oggetto i medesimi fatti e le medesime richieste avanzate nel giudizio penale’ nel quale le predette parti si costituirono parte civile con apposita dichiarazione in atti ex art. 76 cod. proc. pen. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez.5 n. 28753 del 2005; Sez.4 n.21588 del 2007; Sez. 2 n. 62 del 2009) la verifica della coincidenza delle due domande risarcitorie, quanto a petitum ed a causa petendi è elemento imprescindibile ai fini dell’eventuale declaratoria di revoca della costituzione di parte civile ex art. 82 cod. proc. pen., come peraltro specificamente ‘attestato’ dalla sentenza di questa stessa Sezione n. 31320 del 2004, citata dalla ricorrente,con cui fu accolta identica tesi. Quanto al secondo ordine di censure dedotte, osserva la Corte che i Giudici di seconda istanza, nel riaffermare la penale responsabilità dell’imputata in ordine al reato ascrittole previa conferma della sentenza del Tribunale, hanno proceduto in corretta applicazione delle disposizioni di legge in materia di colpa professionale medica e di nesso eziologico relativo ai reati omissivi impropri (come interpretate, in termini ormai consolidati, dalla giurisprudenza di legittimità), dandone poi adeguatamente conto con motivazione, esaustiva, congrua e – soprattutto – coerente con le emergenze di fatto oggetto delle condivisibili valutazioni del perito d’ufficio.
Come osservato dal Procuratore Generale, va preliminarmente rilevato che la ricorrente sostanzialmente ripropone in sede di legittimità, le doglianze già portate all’attenzione della Corte distrettuale, con l’atto d’appello, per ciò che concerne sia la esistenza – quantomeno dubbia – della patologia (torsione del testicolo sinistro) all’atto della visita cui il giovane paziente fu sottoposto dalla imputata, al pronto soccorso sia la certa efficacia della condotta omessa ai fini di impedire l’evento (in base al giudizio c.d. controfattuale) nonché, infine, in relazione alla insussistenza della colpa alla stregua del corretto apprezzamento dei presupposti della prevedibilità e della prevenibilità dell’evento.
Orbene, non v’è dubbio che, come emerge dall’apparato argomentativo della sentenza impugnatala Corte distrettuale ha già reso congrua e legittima ‘risposta’ alle stesse censure (fgl. 13 e segg.).
In sintesi, deve quindi sottolinearsi che, quanto all’incertezza della patologia, il perito d’ufficio, con valutazioni ritenute convincenti dai Giudici di merito, a confutazione delle diverse opinioni espresse dai consulenti della difesa, aveva in effetti chiarito che, nella vicenda clinica esami nata, nel la notte tra il (omissis) , il giovane paziente aveva subito una parziale torsione del testicolo sinistro, seguita da una detorsione spontanea, ma transitoria, con successiva ripresa della patologia, fino al suo successivo completamento il giorno 16 agosto. Ed ha altresì rimarcato la rilevanza, da un punto di vista anamnestico, agli effetti della ricorrenza della stessa patologia (poi divenuta conclamata) dell’età del paziente (statisticamente rilevante) e dello sforzo precedente all’insorgenza del dolore che, come riportato nei dati anamnestici della cartella clinica redatta dalla G. , si era irradiato dall’emiscroto sinistro, giusta quanto riferitole dai genitori, premesso il sopravvenire, in concomitanza con l’incremento del dolore, di un episodio di vomito: altro dato sintomatico tipico della patologia testicolare. Altro dato significativamente rilevante era costituito, secondo l’opinione tratta dalla cultura professionale del perito, dalla particolare situazione anatomica della mobilità del testicolo, da cui il giovane era affetto tanto da esser poi sottoposto, l’(omissis) , ad orchidopessi del testicolo destro previo ricovero programmato all’Ospedale (omissis) . Le evidenze cliniche, valutate dal perito d’ufficio, non avrebbero quindi potuto condurre ad escludere, come sostenuto dall’imputata, la sussistenza della patologia. Né una siffatta conclusione sarebbe stata legittimamente sostenibile, come evidenziato da entrambi i Giudici di merito, sol perché, nei referti delle visite eseguite sul paziente dalla imputata G. e dal medico chirurgo B.M. (interpellata dalla prima) non si faceva alcun cenno all’avvenuta esecuzione di un esame specifico dei testicoli del ragazzo, non potendosi implicitamente da tanto dedurre l’inesistenza di anomalie riscontrate a dette ghiandole, posto che nella cartella clinica erano stati riportati, anche se negativi, gli esiti degli altri accertamenti clinici eseguiti sul paziente.
Atteso siffatto quadro clinico e la formulazione di un dubbio diagnostico dopo la consulenza del medico chirurgo (che, pur avendo escluso emergenze di tipo chirurgico, aveva tuttavia indicato,quali ipotetiche diagnosi alternative: colica renale da disidratazione? coprostasi ?) hanno rilevato i Giudici di seconda istanza, a dimostrazione dei contestati profili di colpa generica, che sarebbe stata doverosa la protrazione dell’osservazione clinica (come invero suggerito dalla dr.ssa B. , poi assolta dal Tribunale da ogni addebito) per consentire:
– l’esaurimento dell’efficacia dei farmaci analgesici somministrati al paziente all’ingresso del pronto soccorso, ‘per poter apprezzare compiutamente anche il livello e la consistenza della sintomatologia dolorosa’, in termini reali;
– di avvalersi, cessato l’effetto dei farmaci, della consulenza dello specialista urologo;
– sciogliere i dubbi diagnostici “alternativamente ‘posti dal medico chirurgo, favorendo nel frattempo la risoluzione della coprostasi e seguendo l’eventuale progredire della colica renale da disidratazione pur prospettata in via d’ipotesi;
– ovviamente (e precipuamente) di seguire e verificare o l’evoluzione peggiorativa della torsione del funicolo spermatico sinistro (con tutta probabilità prevenendo, previo tempestivo intervento chirurgico, la successiva necrosi del testicolo) ovvero la sussistenza di un’eccessiva mobilità dello stesso testicolo sinistro (c.d. testicolo ascensore), quale indizio favorente e causa di probabile aggravamento della torsione di guisa da consentire di intervenire tempestivamente con l’orchidopessi (poi eseguita con esito favorevole al testicolo destro) scongiurando in tal modo, l’orchiectomia necessitata dalla successiva ed ormai irreversibile necrosi della ghiandola.
Deve quindi ritenersi fuori di dubbio, come evidenziato dalla motivazione della sentenza impugnata, pacificamente esigibile dalla imputata la condotta omessa, rientrando nelle capacità, nelle competenze e nelle conoscenze professionali di un medico del pronto soccorso, determinarsi doverosamente nel senso testé indicato, in ottemperanza alla regola cautelare che impediva le dimissioni del paziente pochi minuti dopo il completamento della consulenza chirurgica, sussistendo, quindi, alla stregua delle riferite ed accertate emergenze di fatto,apprezzate ex ante, i requisiti della prevedibilità e della prevedibilità dell’evento, connotanti la colpa contestata.
Circa la sussistenza del nesso di causa, posta la posizione di garanzia rivestita dall’imputato quale medico del pronto soccorso dell’ospedale ove, in via d’urgenza, il giovane paziente era stato trasportato in autoambulanza per ricevere te cure del caso, in applicazione dei criteri interpretativi in tema di causalità omissiva indicati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità,appare altresì difficilmente contestabile, come rimarcato dalla Corte distrettuale che, alla stregua del giudizio c.d. controfattuale, la condotta positiva omessa (ed in particolare la violazione della regola cautelare della osservazione clinica cui l’imputata avrebbe dovuto attenersi secondo le leges artis e delle comuni regole di prudenza e diligenza) avrebbe impedito l’evento o comunque ne avrebbe scongiurato le conseguenze più pregiudizievoli per il paziente, alla stregua del successivo evolversi della vicenda clinica. Una eventuale, ulteriore torsione del funicolo spermatico (non più spontaneamente regredita) ove sopravvenuta nelle ore successive all’ingresso al pronto soccorso, in pendenza dell’osservazione ospedaliera avrebbe potuto esser tempestivamente affrontata e risolta in sede chirurgica senza dover procedere ad orchiectomia del testicolo sinistro, una volta sopravvenuta la necrosi della gonade per il protrarsi oltre 6 / 8 ore dello stato di torsione del funicolo spermatico, come precisato dal perito. E comunque, in caso di mancata sopravvenienza di un fatto acuto, lo stesso pericolo di recidiva della torsione avrebbe potuto esser evitato ponendo in atto un intervento d’elezione di orchidopessi, onde bloccare, come accaduto con l’altro testicolo, la anomala mobilità del testicolo stesso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.
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