Non sono utilizzabili nel giudizio abbreviato le dichiarazioni auto accusatorie rese dall’indagato in assenza del difensore nei locali della Questura in cui era stato trattenuto invece di essere trasferito a casa agli arresti domiciliari
Suprema Corte di Cassazione
sezione IV penale
sentenza 12 giugno 2017, n. 29061
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente
Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere
Dott. MICCICHE’ Loredana – Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/10/2016 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Zacco Franca, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha integralmente confermato la sentenza 8.02.2016 con la quale il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Benevento, ad esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile:
a) del reato p. e p. dalla L. n. 497 del 1974, articoli 10 – 14 perche’ illecitamente aveva detenuto una pistola semiautomatica, con matricola abrasa, munita di caricatore bifilare con all’interno cinque cartucce;
b) del reato p. e p. dalla L. n. 110 del 1975, articolo 23, comma 3 perche’ aveva detenuto una pistola semiautomatica, arma clandestina in quanto avente matricola abrasa;
c) del reato p. e p. dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 perche’ aveva illecitamente detenuto sostanza stupefacente (precisamente gr. 223,45 netti di eroina), fuori dalle ipotesi di cui agli articoli 75 e 76;
d) del reato p. e p. dall’articolo 648 c.p., perche’, al fine di procurare a se’ o ad altri profitto, aveva acquistato o comunque ricevuto una pistola semiautomatica provento di delitto in quanto avente matricola abrasa;
e) del reato p. e p. dall’articolo 697 c.p., perche’ aveva detenuto n. 51 cartucce senza averne fatto denuncia all’Autorita’.
Fatti tutti accertati in (OMISSIS).
2. Avverso la suddetta sentenza, tramite difensore di fiducia, propone ricorso il (OMISSIS), articolando quattro motivi di doglianza.
2.1. Nel primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta spontaneita’ ed utilizzabilita’ delle dichiarazioni da lui rese presso i locali della squadra mobile di Benevento.
Al riguardo, il ricorrente sottolinea la mancanza di spontaneita’ di dette dichiarazioni alla luce dei seguenti presupposti fattuali: a) il giorno 10/7/2015, alle ore 13.45, gli accertatori avevano effettuato le attivita’ di perquisizione presso la sua abitazione, redigendone verbale; b) dopo circa mezz’ora (e precisamente alle ore 14.15 del medesimo 10/7/2015), al termine della perquisizione, lui era stato tratto in arresto; c) dell’arresto era stato notiziato, alle ore 15.55, la Procura della Repubblica di Benevento, che aveva disposto il suo accompagnamento presso la propria abitazione, in stato di arresti domiciliari; d) il personale operante di P.G., anziche’ procedere alla sua immediata traduzione, cosi’ come ordinato dal PM, lo aveva trattenuto negli uffici della Questura per poi condurlo agli arresti domiciliari solo alle ore 18.45; e) nel lasso di tempo in cui lui era rimasto nella disponibilita’ del personale di PG, peraltro in vinculis e senza assistenza difensiva, lui aveva reso “spontanee” dichiarazioni (con le quali aveva fornito agli accertatori una versione dei fatti circostanziata e di carattere confessorio).
Il ricorrente rileva che la sentenza impugnata sarebbe censurabile nella parte in cui ha ritenuto la congruita’ del lasso temporale intercorso tra gli accertamenti effettuati presso la sua abitazione e l’orario in cui lui aveva reso le suddette dichiarazioni spontanee. Al contrario – alla luce dei suddetti presupposti fattuali, sulla base del principio di diritto in base al quale la qualificazione da parte della Polizia Giudiziaria delle dichiarazioni rese dall’indagato come spontanee non rende le stesse utilizzabili, dovendo il giudice accertare di ufficio, sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, anche di natura logica, l’effettiva natura libera e volontaria delle stesse, dando atto di tale valutazione con motivazione congrua e adeguata – avrebbe dovuto essere esclusa la natura spontanea di tali dichiarazioni, con conseguente assoluta inutilizzabilita’ patologica delle stesse.
Sotto altro aspetto il ricorrente fa presente che l’inutilizzabilita’ delle predette sue dichiarazioni era stata eccepita anche per violazione dell’articolo 63 c.p.p., in quanto lui era stato reso edotto della sua posizione e dei suoi diritti solo alle ore 18, ovvero in un momento di gran lunga successivo alla sua escussione. Osserva che – poiche’ ai fini dell’applicabilita’ dell’articolo 350 c.p.p., comma 7, e’ necessario che il dichiarante sia stato reso previamente edotto della sua qualita’ di indagato – nel caso di specie, difettando detto presupposto, risulterebbe ex actis l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni da lui rese.
2.2. Nel secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua penale responsabilita’ per i reati in contestazione ai capi A, B e D.
Quanto al fatto di cui al capo A, il ricorrente fa presente che, come dedotto nell’atto di appello, non era stato il alcun modo provato che la pistola semiautomatica oggetto di contestazione fosse idonea all’impiego (ovvero meccanicamente funzionate), con la conseguenza che veniva a mancare quella situazione di pericolo per l’ordine pubblico e per la incolumita’ pubblica che costituisce la ratio della disciplina vigente in tema di detenzione di armi.
Quanto poi ai fatti di cui ai capi B) e D), il ricorrente fa presente che di aver dedotto nell’atto di appello che non era stata provata la funzionalita’ (e, quindi, la offensivita’ dell’arma) con conseguente perdita di ogni illecita connotazione nella detenzione della stessa), ma la Corte di appello, in risposta alle doglianze del suo difensore, si era limitata ad un rinvio per relationem al contenuto del provvedimento di primo grado, senza nulla aggiungere con riferimento alle questioni sollevate con l’atto di appello. Si lamenta che, essendosi i giudici di appello limitati a riprodurre la decisione del primo giudice dichiarando di aderirvi in termini apodittici e stereotipati (senza dar conto degli specifici motivi di impugnazione censuranti in maniera puntuale le affermazioni del Tribunale di Benevento e senza nemmeno argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza di tali motivi), la sentenza impugnata sarebbe viziata perche’ priva di effettiva motivazione.
2.3. Nel terzo motivo denuncia violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in punto di mancato accoglimento delle doglianze difensive inerenti la insussistenza del reato di detenzione di sostanza stupefacente e, in via subordinata, la configurabilita’ della ipotesi attenuata di cui all’articolo 73, comma 5.
Il ricorrente ribadisce di essere stato condannato in virtu’ di una contestazione monosoggettiva, nonostante il fatto che, nella specie, risultava inconfutabilmente dimostrato che la sostanza stupefacente rinvenuta non gli appartenesse (avendone lui la mera disponibilita’). Evidenzia che il suo difensore, nell’atto di gravame, aveva eccepito l’insussistenza dell’elemento psicologico, non essendovi, in atti, elementi in virtu’ dei quali affermare che lui avesse avuto consapevolezza delle finalita’ – di consumo personale e/o di spaccio – del (OMISSIS): lui era stato a conoscenza solo della presenza della sostanza stupefacente nella busta rinvenuta nel sottoscala del palazzo e non della qualita’ e della quantita’ delle predetta sostanza e delle modalita’ di conservazione; era in buona fede, e, in sede di perquisizione nella sua abitazione, aveva spontaneamente indicato la presenza dello stupefacente ed il luogo di custodia.
Sotto altro profilo, secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe indicato le ragioni per cui aveva ritenuto di non poter derubricare la fattispecie contestata in quella autonoma di cui al comma 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73: la Corte – avuto riguardo alla modesta quantita’ di stupefacente in contestazione, alla rudimentalita’ dei mezzi di custodia dello stesso, alla circostanza che trattavasi di una unica tipologia di sostanza, nonche’ al limitato suo contributo concorsuale avrebbe dovuto riconoscere la fattispecie di lieve entita’, con conseguente riduzione della pena irrogata, in coerenza con i principi giurisprudenziali.
2.4. Nel quarto motivo denuncia difetto assoluto di motivazione in relazione alla circostanza attenuante di cui all’articolo 648 c.p., comma 2, ed in relazione al trattamento sanzionatorio.
Il ricorrente – dopo aver premesso che nei motivi di appello aveva richiesto: sia il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 648 c.p., comma 2, in considerazione del fatto che il capo di imputazione gli contestava genericamente una pistola semiautomatica, senza nessuna ulteriore specificazione in relazione al modello dell’arma e senza alcun accertamento della concreta idoneita’ offensiva della pistola stessa; sia l’eccessiva entita’ della pena irrogata a titolo di continuazione, in considerazione del ruolo da lui effettivamente svolto e del fatto che si trattava di reati commessi in un unico contesto spazio-temporale – si lamenta che, su detti punti, la motivazione della Corte sarebbe assolutamente inconferente, in quanto la stessa si sarebbe limitata a riproporre mere formule di stile ed ad effettuare operazioni di copia-incolla da altri provvedimenti, omettendo qualsiasi effettiva valutazione circa le ragioni addotte dal suo difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso – che concerne la natura spontanea delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) il giorno dell’arresto presso i locali della Squadra Mobile di Benevento ai sensi dell’articolo 350 c.p.p., comma 7 – e’ fondato ed ha portata assorbente rispetto a tutti gli altri profili di doglianza.
2. In punto di diritto, va preliminarmente ricordato che la norma generale di cui all’articolo 63 cod. proc. pen. – che pone un principio, per l’appunto generale, alla stregua del quale devono essere interpretate anche le altre norme speciali del codice – stabilisce (comma 2) che se la persona doveva essere sentita fin dall’inizio in qualita’ di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate. Il comma 1 prescrive poi che, se davanti alla polizia giudiziaria la persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reita’ a suo carico, l’autorita’ procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore, mentre le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
L’articolo 350 c.p.p. (intitolato appunto Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini), nel dare attuazione al suddetto inderogabile principio generale, ribadisce (comma 1) che gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalita’ previste dall’articolo 64, sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo; che prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell’articolo 97, comma 3 (comma 2); che le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la polizia giudiziaria da’ tempestivo avviso (comma 3); che in assenza del difensore la polizia giudiziaria richiede al PM di provvedere a norma dell’articolo 97, comma 4 (comma 4). Il medesimo articolo dispone anche che sul luogo o nell’immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini (comma 5); che di tali notizie e indicazioni assunte senza l’assistenza del difensore sul luogo o nell’immediatezza del fatto e’ pero’ vietata ogni documentazione e utilizzazione (comma 6); che la polizia giudiziaria puo’ altresi’ ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non e’ consentita l’utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’articolo 503, comma 3 (comma 7).
Orbene, come piu’ volte affermato da questa Corte (cfr., ad es., Sez. 3, sent. n. 2627 del 19/11/2013, 2014, PM in proc. Cuberi, Rv. 258368; sent. n. 36596 del 21/9/2012, Franco, Rv. 253575), la norma, posta dall’articolo 350 c.p.p., comma 7, facendo eccezione alle disposizioni poste dai commi precedenti (oltre che al generale principio del nemo tenetur se detegere, di cui sono espressione gli articoli 63 e 64 c.p.p.), non e’ suscettibile di applicazione analogica, con la conseguenza che puo’ applicarsi soltanto quando si tratti effettivamente, nel caso concreto, di dichiarazioni “spontanee”, ossia rese dalla persona indagata spontaneamente (e non gia’ a seguito di sollecitazioni o domande della polizia giudiziaria).
Occorre qui ribadire che le dichiarazioni rese dall’indagato non possono essere ritenute spontanee soltanto perche’ tali sono state qualificate dalla Polizia giudiziaria: spetta al giudice di merito il compito di accertare, anche d’ufficio, sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione (anche di ordine logico), se le dichiarazioni rese dall’indagato avevano effettivamente natura libera e volontaria (e, quindi, siano autonomamente promanate dall’indagato, senza alcuna sollecitazione o domanda della PG); ed e’ onere del giudice dare atto di tale valutazione con motivazione congrua ed adeguata.
Con la conseguenza che – nel caso in cui le dichiarazioni siano realmente spontanee – all’indagato e’ consentito renderle anche in assenza del proprio difensore (di fiducia o di ufficio) ed anche se e’ in vinculis. E le dichiarazioni cosi’ rese sono pienamente utilizzabili nella fase procedimentale (ad es. per l’emissione di misure cautelari, ovvero per il convincimento del giudice nell’udienza preliminare e nei riti alternativi), mentre sono utilizzabili nella fase dibattimentale soltanto per le contestazioni.
Al contrario, le dichiarazioni auto o etero accusatorie dell’indagato, nel caso in cui non siano spontanee (con conseguente inapplicabilita’ della norma dell’articolo 350 c.p.p., comma 7) e siano state assunte in assenza del difensore e degli avvisi di legge, sono inutilizzabili (cfr. tra le tante, Sez. 3, sent. n. 36596 del 7/6/2012, Osmanovic Daigor). E la loro inutilizzabilita’ va rilevata, anche d’ufficio, dal giudice in ogni stato e grado del giudizio. Spetta infatti proprio al giudice il compito primario di garantire la genuinita’ e la legalita’ delle prove poste a fondamento della sua decisione.
3. Di tali principi non ha fatto buon uso la Corte di appello di Napoli nel caso di specie.
3.1. Puo’ essere utile ricordare i presupposti fattuali sottesi alla questione di diritto al vaglio di questa Corte:
– il giorno 10/07/2015, alle ore 13,45, il personale di PG operante ha effettuato attivita’ di perquisizione presso l’abitazione dell’odierno ricorrente, redigendone verbale;
– alle ore 14,15 del medesimo giorno (“al termine della perquisizione”), il (OMISSIS) e’ stato tratto in arresto (come risulta dalla comunicazione notizia di reato);
– dell’arresto e’ stato notiziato, alle successive ore 15,55, il PM di turno presso la Procura della Repubblica di Benevento, che ha disposto l’accompagnamento del (OMISSIS) presso la propria abitazione di via (OMISSIS) agli arresti domiciliari (come risulta dal verbale di arresto);
– il personale di P.G. operante – anziche’ procedere all’immediata traduzione del (OMISSIS) presso la propria abitazione, cosi’ come ordinato dal P.M. ha trattenuto il (OMISSIS) negli Uffici della Questura, per poi renderlo edotto della propria posizione ad ore 18 e condurlo agli arresti domiciliari presso la propria abitazione ad ore 18,45;
– ad ore 16,30 (e, quindi nel lasso di tempo in cui, gia’ dichiarato in stato di arresto, e’ rimasto nella disponibilita’ del personale di P.G. in arresto), il (OMISSIS) ha reso, senza assistenza difensiva, dichiarazioni, che il personale di PG qualificava “spontanee”, fornendo una versione dei fatti di carattere confessorio (cfr. verbale di c.d. spontanee dichiarazioni, recante per l’appunto il suddetto orario).
3.2. Occorre aggiungere che il difensore, in sede di atto di appello, si e’ espressamente lamentato del fatto che il Giudice di primo grado aveva omesso di verificare la natura effettivamente libera e volontaria delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS), limitandosi a fare affidamento alla qualificazione, che delle stesse era stata fornita dalla Polizia Giudiziaria; come pure si e’ espressamente lamentato che del fatto che dette dichiarazioni erano state erroneamente dichiarate utilizzabili: sia perche’ il (OMISSIS) aveva reso dette dichiarazioni negli uffici della Questura, dopo oltre due ore dalla subita perquisizione, e, quindi, in un contesto spazio temporale nel quale non sussisteva piu’ la necessita’ di pronte investigazioni; sia perche’ il (OMISSIS) era stato edotto della sua posizione e dei suoi diritti di difesa soltanto ad ore 18 (come risulta da comunicazione scritta ex articolo 293 redatta dal personale di PG), cioe’ 2 ore e mezza dopo le sue dichiarazioni.
3.3. A fronte delle suddette doglianze difensive, la Corte territoriale, nella impugnata sentenza, si e’ limitata ad affermare, da un lato, la “congruita’” del lasso temporale intercorso tra l’orario (ore 13.45) in cui erano iniziate le operazioni e l’orario (ore 16.30) in cui erano intervenute le dichiarazioni; e, dall’altro, l’utilizzabilita’ a fini di prova, nel giudizio abbreviato (che, come e’ noto, costituisce un procedimento a prova contratta), delle dichiarazioni spontanee rese dalla persona indagata alla polizia giudiziaria.
3.4.. Senonche’, la Corte territoriale, cosi’ motivando e’ incorsa nel denunciato vizio motivazionale laddove, nel ritenere spontanee le dichiarazioni del (OMISSIS), ha omesso di considerare gli ulteriori elementi di fatto, caratterizzanti le dichiarazioni in esame, che pure erano stati posti in evidenza nell’atto di appello, laddove era stato sottolineato, si ribadisce, che le dichiarazioni del (OMISSIS) erano state rese (ad ore 16.30) dopo che lo stesso era gia’ stato posto in stato di arresto (ad ore 14.15) e, soprattutto, dopo che il PM aveva emesso (ad ore 15.55) l’ordine della sua traduzione agli arresti domiciliari presso la sua abitazione (dove poi era stato finalmente condotto ad ore 18,45, cioe’ dopo quasi 3 ore dall’ordine del PM).
D’altra parte, la Corte territoriale ha anche ignorato il principio di diritto, gia’ da tempo affermato da questa Corte (Sez. 4, sent. 10364 del 19/11/1996, Menconi, Rv. 207147), in base al quale, nel giudizio abbreviato, che va celebrato con il materiale probatorio acquisito allo stato degli atti, sono utilizzabili dal giudice tutti gli atti confluiti nel fascicolo del pubblico ministero, ivi comprese le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla Polizia Giudiziaria in assenza del difensore, “purche’ ricevute sul luogo o nell’immediatezza del fatto”.
4.Per le ragioni che precedono, la sentenza va annullata e va disposto il rinvio alla Corte di appello di Napoli, che procedera’ a nuovo esame della spontaneita’ delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS), tenendo presente quanto sopra precisato e addivenendo alle conseguenti determinazioni in punto di utilizzabilita’ a fini decisori.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Napoli.
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