La circostanza che il pedone si trovasse a gettare la spazzatura in orario vietato di conferimento dei rifiuti non rileva perché, quand’anche sussista una disciplina sulla raccolta dei rifiuti urbani, si tratta comunque di un insieme di regole non certo volte a prevenire eventi del tipo di quello che si è verificato e in ogni caso non idonea a scriminare colui che, attraversando ad alta velocità un centro abitato, perda il controllo del veicolo e vada a collidere con mezzi e cose

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV penale

sentenza 1 giugno 2016, n. 23172

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – rel. Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 355/2012 CORTE APPELLO di MESSINA, del 17/04/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/02/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. DANIELE CENCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aldo Policastro, che ha concluso per la inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 17 aprile 2015 la Corte di appello di Messina ha integralmente confermato la decisione del G.i.p. del Tribunale di Messina del 25 maggio 2011 di condanna di (OMISSIS), con rito abbreviato, alla pena stimata di giustizia, oltre al risarcimento dei danni alla parte civile, per il reato di omicidio colposo di (OMISSIS), fatto commesso in (OMISSIS).
2. Dalla lettura delle sentenze di merito risulta che l’incidente si e’ verificato per avere l’imputato, alla guida di un’autovettura Mini Cooper, attraversando a velocita’ eccessiva un centro abitato in ore notturne, perso il controllo del veicolo, cosi’ andando ad urtare contro una Fiat Grande Punto che era parcheggiata irregolarmente su di un marciapiede a destra rispetto alla direzione di marcia percorsa da (OMISSIS), quindi rimbalzando la Mini Cooper sul lato sinistro della carreggiata ed andando a cozzare contro un cassonetto dell’immondizia che, spostatosi per effetto dell’urto, travolgeva il pedone (OMISSIS), che riportava lesioni personali che ne determinavano la morte.
3. Avverso la decisione della Corte di appello l’imputato ha presentato personalmente ricorso, affidato sostanzialmente a due gruppi di motivi.
3.1. Con il primo si mira a porre in dubbio la sussistenza del nesso di causalita’ tra la condotta dell’imputato e l’evento sia in ragione della dinamica dei fatti, essendo l’incidente, a dire del ricorrente, da ricondurre ad una sfortunata serie di tragiche circostanze e coincidenze, tra le quali anche quella che il pedone si era trovato al momento sbagliato nel luogo sbagliato a buttare la spazzatura in orario diverso da quello prescritto sia per la – ritenuta – esclusiva colpa dei sanitari dell’ospedale, essendo l’imputato deceduto per un’infezione conseguente ai traumi che costituirebbe causa autonoma, unica e sufficiente dell’evento letale, rispetto al quale l’incidente automobilistico rappresenterebbe mero antefatto storico.
3.2. Si censura poi la eccessiva severita’ della sanzione e la mancata concessione delle attenuanti generiche, che sarebbero state negate dai giudici di merito, secondo il ricorrente, esclusivamente per la presenza nel casellario dell’imputato di un lontano precedente a pena patteggiata: poiche’ pero’ il reato per il quale fu emessa sentenza ex articolo 444 c.p.p., nell’anno 2000 sarebbe estinto, malgrado l’assenza di formale declaratoria in tal senso, di tale precedente non si dovrebbe tenere alcun conto.
Si chiede alla Corte di cassazione di accertare la sussistenza delle condizioni per la concessione delle attenuanti ex articolo 62 bis c.p., per la rideterminazione della sanzione e per la concessione della sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile sia nella parte in cui irritualmente invoca dal giudice di legittimita’ interventi (riconoscimento di attenuanti e di benefici, verifiche di eventuale competenza del giudice dell’esecuzione) preclusi dall’ordinamento sia in quella in cui fa riferimento a pretese violazioni di legge.
1.1. Quanto alle lamentele circa l’an della responsabilita’, e’ di tutta evidenza che le generiche doglianze non si confrontano puntualmente con il testo della sentenza di appello, la cui parte motiva, peraltro saldandosi con quella di primo grado in una doppia valutazione conforme, ha gia’ offerto risposta che si stima adeguata, congrua e logica alle questioni – vagamente – riproposte.
Cosi’ e’ per il tema della immaginata serie sfortunata di tragiche coincidenze, che non ha alcun appiglio negli atti cui la Corte ha accesso, avendo, per contro, la Corte di appello ed il Tribunale ricostruito in maniera solida e coerente la condotta dell’imputato in violazione di plurimi precetti del codice della strada come causa esclusiva della morte di (OMISSIS); il riferimento apodittico all’orario di conferimento dei rifiuti e’ destituito di qualsiasi fondamento, se non altro perche’, anche ove mai fosse dimostrata (cio’ che non e’) la sussistenza di una disciplina sulla raccolta dei rifiuti urbani nel senso vagamente evocato dal ricorrente, si tratterebbe comunque di un insieme di regole non certo volte a prevenire eventi del tipo di quello che si e’ verificato e in ogni caso non idonea a scriminare colui che, attraversando ad alta velocita’ un centro abitato, perda il controllo del veicolo e vada a collidere con mezzi e cose. Fonte del convincimento giudiziale sono, essenzialmente, i rilievi della Polizia Municipale e l’esito della consulenza tecnica del Pubblico Ministero, le cui conclusioni peraltro non sono state nemmeno confutate dall’imputato nel dibattimento di primo grado (cosi’ risulta dalla sentenza del Tribunale, p. 4).
Cosi’ e’ anche per il tema dell’ipotizzata interruzione del nesso causale, gia’ adeguatamente affrontato ed escluso nella sentenza di appello (p. 2), nemmeno scalfitta nel suo incedere logico dalle confuse deduzioni del ricorrente, che si limitano a riproporre tout-court un motivo di appello gia’ preso in considerazione.
1.2. La censura avente ad oggetto le circostanze attenuanti generiche e’ mal posta. Essa presuppone, infatti, che i giudici di merito si siano determinati al diniego del riconoscimento esclusivamente sulla base del precedente cui fa riferimento il ricorrente: cio’ che pero’ non e’, per avere la Corte di appello espressamente fatto riferimento (p. 2, quartultima e terzultima riga della motivazione), cosi’ confermando la valutazione espressamente operata dal Tribunale (p. 6), all’assenza di qualsiasi fattore positivo che possa giustificare le attenuanti generiche o una diminuzione, comunque, della pena, affermazione rispetto alla quale il riferimento alla sussistenza del precedente specifico e’ evidentemente fatto dalla Corte ad abundantiam (p. 2, penultima e ultima riga).
Del resto, e’ affermazione costante della giurisprudenza di legittimita’ quella secondo cui, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (cfr. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013, Banic e altri, Rv. 256172; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244), rientrando la concessione o meno delle attenuanti generiche nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalita’ del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravita’ effettiva del reato ed alla personalita’ del reo (v. Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2011, Strafate, Rv. 248737).
1.3. Vistosamente inammissibile il motivo di ricorso fondato sulla eccessivita’ della pena, definita dal ricorrente “abnorme” senza alcun’altra indicazione.
1.4.Quanto, infine, alla possibilita’, peraltro genericamente evocata, che la Corte di cassazione ritenga concedibile un beneficio che presuppone una penetrante valutazione di merito, la pretesa e’ evidentemente incompatibile con l’assetto ordinamentale vigente.
2. Discende la statuizione in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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