Le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio a loro carico invocando, per l’accertamento dei propri diritti, una consulenza tecnica d’ufficio, non essendo la stessa un mezzo di prova in senso stretto. Se è consentito al giudice fare ricorso ad una c.t.u. per acquisire dati la cui valutazione sia poi rimessa allo stesso ausiliario (c.d. consulenza percipiente) ciò è consentito purché la parte, entro i termini di decadenza propri dell’istruzione probatoria, abbia allegato i corrispondenti fatti, ponendoli a fondamento della sua domanda, ed il loro accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche
Suprema Corte di Cassazione
sezione III civile
sentenza 26 settembre 2016, n. 18770
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17513-2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente-
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 144/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 16/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r..
I FATTI
(OMISSIS) nel 2002 evocava in causa (OMISSIS) e la compagnia assicuratrice per la r.c.a. di questa, (OMISSIS) s.p.a., chiedendo di essere risarcita del danno provocato alla sua persona e al ciclomotore da lei condotto allorche’ veniva urtata dalla vettura della (OMISSIS) all’uscita da un’area di parcheggio.
Il Tribunale di Sarzana nel 2009 rigettava la domanda della (OMISSIS), ritenendo che il quadro probatorio emergente dall’istruttoria fosse decisamente contraddittorio.
La corte d’appello riteneva provata la ricostruzione della dinamica del sinistro offerta dall’attrice – appellante, ma non l’esistenza del nesso causale tra le lesioni effettivamente riportate dalla (OMISSIS) (una frattura alla gamba descritta solo in un certificato dell’ospedale successivo ai fatti di 40 giorni) e il sinistro stesso.
(OMISSIS) propone ricorso articolato in tre motivi e illustrato da memoria per la cassazione della sentenza n. 144/2013, depositata dalla Corte d’Appello di Genova in data 1.2.2013, notificata il 13 maggio 2013, regolarmente prodotta in copia notificata, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a..
Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensive.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed il secondo motivo, la ricorrente deduce la omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonche’ la violazione dell’articolo 194 c.p.c.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi.
Il giudice di appello, in ordine al verificarsi dell’incidente, ha dato una diversa lettura del quadro probatorio rispetto al giudice di primo grado, ritenendo che tra la versione fornita dalla danneggiata e quella fornita dalla danneggiante non vi fosse sostanziale incompatibilita’. Pur non nascondendo qualche perplessita’ in ordine al fatto che il fratello dell’attrice si fosse trovato “provvidenzialmente” ad assistere al sinistro dalla propria auto, ha ritenuto che dalle risultanze istruttorie uscisse confermata la dinamica dei fatti come riferita dall’attrice in citazione e che quindi tra i due mezzi si fosse effettivamente verificato l’incidente stradale allegato dalla (OMISSIS).
Invece, stante la scarna produzione documentale sul punto, la mancanza in atti della consulenza di parte fatta redigere dall’attrice e l’essersi avvalso il c.t.u. per la formazione del suo parere medico legale di documenti non prodotti in causa, la corte d’appello non ha ritenuto provato il nesso causale tra le lesioni che in effetti la (OMISSIS) presentava alla gamba e l’incidente stradale verificatosi tra le parti, confermando di conseguenza l’esito del giudizio di primo grado, ovvero il rigetto della domanda risarcitoria.
La ricorrente richiama il passo della motivazione in cui la corte d’appello si e’ discostata dalle conclusioni cui era pervenuto lo stesso consulente tecnico d’ufficio in quanto queste si fondavano su documenti acquisiti dal consulente unilateralmente, senza esservi stato autorizzato e al di fuori del contraddittorio. Sostiene che la corte d’appello sia incorsa in errore laddove non ha considerato che quei fatti in ordine ai quali era venuta meno la prova erano in realta’ descritti analiticamente nella consulenza di parte alla quale erano anche stati allegati i documenti dei quali il c.t.u. aveva tenuto conto. Aggiunge che si era trattato di una consulenza percipiente, perche’ era stato dato incarico al c.t.u. anche di ricostruire i trattamenti praticati alla (OMISSIS) dopo ed a causa del sinistro. Entrambi i motivi sono infondati.
La corte d’appello ha rigettato la domanda risarcitoria della (OMISSIS) avendo ritenuto che l’infortunata non avesse validamente prodotto in giudizio i documenti necessari a provare le conseguenze dell’infortunio subito, avendo essa appellante prodotto esclusivamente, sotto la voce “certificazione medica e perizie medico legali” solo il foglio di viaggio redatto dal personale della P.A. (OMISSIS) che ebbe a soccorrerla dopo l’incidente in data (OMISSIS) (in cui, precisa la corte, non sono descritte le conseguenze dell’incidente), due certificati di dimissione del (OMISSIS) e poi dell'(OMISSIS) e una prenotazione per esami ed intervento chirurgico redatta nel (OMISSIS).
Non risulta inserita nel fascicolo di parte in appello altra documentazione: in particolare, manca la documentazione del pronto soccorso, nonche’ la documentazione relativa ai trattamenti medici ed eventualmente chirurgici successivi, ne’ risulta essere stata prodotta in appello la consulenza di parte redatta ante causarti e depositata nel corso del giudizio di primo grado alla quale l’attrice vorrebbe si facesse riferimento, anche ai fini di integrare la produzione documentale.
Va premesso che i motivi di ricorso appaiono in primo luogo formulati con eccessiva genericita’, in quanto neppure nel corso del giudizio di cassazione la ricorrente precisa, esattamente, quali documenti avesse di preciso non solo richiamato il proprio consulente all’interno dell’elaborato per descrivere le condizioni della infortunata e gli accertamenti e i trattamenti subiti, ma anche avesse depositato congiuntamente ed a corredo di questa.
A cio’ si aggiunga che la produzione documentale puo’ avvenire, all’interno del giudizio di primo grado, entro tempi e con modalita’ precise: i documenti devono essere di regola indicati nell’atto di citazione e depositati all’atto dell’iscrizione a ruolo; possono prodursi successivamente ma, quanto ai tempi, comunque entro il secondo termine di cui all’articolo 183 c.p.c., e quanto alle modalita’, depositandoli in udienza (e curando che ne venga fatta menzione nel verbale d’udienza), oppure depositandoli in cancelleria, e in questo caso l’elenco deve essere comunicato alle altre parti nelle forme di cui all’articolo 170 c.p.c., u.c.. In ogni caso, la produzione documentale e’ accuratamente documentata al fine di curare il rispetto del principio del contraddittorio ovvero di garantire che un documento introdotto nel processo sia adeguatamente segnalato all’attenzione della controparte che ha l’onere di prendere posizione rispetto ad esso.
Per questi motivi, legittimamente la corte d’appello ha ritenuto di non avvalersi di documentazione cui faceva riferimento il c.t.u. perche’ acquisita da questi al di fuori del contraddittorio e non validamente introdotta nel processo dalle parti. Deve ricordarsi che le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio a loro carico invocando, per l’accertamento dei propri diritti, una consulenza tecnica di ufficio, non essendo la stessa un mezzo di prova in senso stretto, e che se e’ consentito al giudice fare ricorso a quest’ultima per acquisire dati la cui valutazione sia poi rimessa allo stesso ausiliario (c.d. consulenza percipiente) cio’ e’ consentito purche’ la parte, entro i termini di decadenza propri dell’istruzione probatoria, abbia allegato i corrispondenti fatti, ponendoli a fondamento della sua domanda, ed il loro accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Cass. n. 20695 del 2013; Cass. n. 1190 del 2015).Legittimamente quindi il giudice avrebbe potuto chiedere al consulente di valutare le conseguenze di determinati fatti (ovvero delle lesioni riportate dalla (OMISSIS) a seguito dell’incidente), e del pari legittimamente ha ritenuto inutilizzabile l’elaborato proprio laddove il c.t.u., sostituendosi al mancato espletamento dell’onere probatorio di parte, ha fatto riferimento, fondando su di essi le proprie conclusioni a fatti (la documentazione medica) non introdotti nel processo.
Ne’ tanto meno sarebbero stati aggirabili le sopra menzionate modalita’ alternative di introduzione nel processo della prova documentale limitandosi a richiamare il contenuto di taluni documenti in una consulenza di parte e neppure depositandoli a corredo di essa senza segnalarne alla controparte la presenza.
Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli articoli 434, 437 421 ed il vizio di motivazione sul fatto che la corte d’appello non ha reperito, nel fascicolo di parte di secondo grado, la perizia di parte e non ha quindi preso in considerazione le indicazioni da essa emergenti in ordine alla frattura riportata dalla (OMISSIS) a seguito dell’incidente stradale, al suo decorso ospedaliero e agli eventuali postumi permanenti.
Sostiene la ricorrente che, poiche’ la consulenza di parte era indubitabilmente stata depositata in primo grado e risultava inserita nel fascicolo di parte attrice di primo grado (tanto che dell’esistenza di essa dava atto implicitamente la convenuta Sasa che nella comparsa conclusionale la richiamava sebbene criticamente), al momento del deposito del fascicolo di parte in appello la cancelleria avrebbe dovuto effettuare il controllo sulla presenza di tutti i documenti gia’ prodotti in primo grado e, ove mancante, avrebbe dovuto segnalarne la mancanza rispetto alle risultanze dell’indice. In mancanza di rilievi in tal senso da parte della cancelleria della corte d’appello, si doveva ritenere la consulenza di parte regolarmente contenuta nel fascicolo di parte attrice ridepositato in appello Per questo la ricorrente ritiene che sia incorsa in violazione di legge la corte d’appello laddove ha fatto ricadere le conseguenze pregiudizievoli della mancanza di essa sulla parte appellante.
Le considerazioni svolte nel terzo motivo sono ininfluenti, atteso che, come si e’ detto in relazione ai primi due motivi, la consulenza di parte non e’ in se’ fonte di prova ne’ tanto meno la parte puo’ ovviare alla mancanza di una regolare produzione documentale perche’ il contenuto di determinati documenti viene riprodotto o richiamato all’interno di una consulenza di parte. Come gia’ affermato da questa Corte, infatti, la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di atto difensivo (Cass., sez. un., 3 giugno 2013, n. 13902; Cass. n. 16552 del 2015). Essa non costituisce documento in senso tecnico, ovvero un elemento documentale su cui espletare una c.t.u., ne’ puo’ essere un veicolo per introdurre nel processo documenti che non siano stati gia’ regolarmente prodotti.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla sulle spese, non avendo le intimate svolto attivita’ processuale.
Atteso che il ricorso per cassazione e’ stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
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