Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza n. 9807 del 28 febbraio 2014
Svolgimento del processo
La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Bari, con ordinanza del 16 aprile 2013, dichiarava inammissibili le istanze di detenzione domiciliare e semilibertà e rigettava, nel contempo, quelle di affidamento al servizio sociale ovvero terapeutico proposte da PF in relazione alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione inflittagli dalla Corte di appello di Bari con sentenza del giorno 8 giugno 20ll. A sostegno della decisione il giudice territoriale evidenziava la ostatività della recidiva applicata all’istante ai sensi del1`art. 99 co. 4 c.p. in riferimento alle domande relative alla detenzione domiciliare ed alla semilibertà ed in generale, in relazione pertanto anche agli invocati affidamenti, la sua persistente pericolosità sociale, desunta valorizzando: i precedenti penali per condotte delittuose consumate dal detenuto tra il 1998 ed il 2002; la revoca a suo danno della misura dell’affidamento in prova s.s. disposta il 18.4.2005 per fatto colpevole; la nota dei CC. di Altamura dalla quale si apprende che il P nel 2008, è stato arrestato e condannato per traffico internazionale di stupefacenti; la mancanza di attività lavorativa; la relazione in atti del SERT di Altamura descrittiva di una particolare difficoltà per il condannato ad avviare un lavoro introspettivo profondo; la subvalenza dei profili positivi rintracciabili in detta relazione con la attualità della pericolosità sociale del soggetto; la difficoltà, in base alle esposte premesse, di esprimere un giudizio prognostico positivo sulla idoneità della misura richiesta al raggiungimento degli obbiettivi di legge; la relazione dell’UEPE del 9.4.2013 assertiva, in favore del detenuto, della idoneità della misura della detenzione domiciliare, inammissibile nel caso in esame per la ostatività già innanzi richiamata della contestata e ritenuta recidiva.
2. Avverso detta ordinanza ricorre il P , personalmente, denunciando violazione dell’art. 94 dpr 309/1990, in particolare lamentando: i precedenti penali tanto enfatizzati dal tribunale sono tutti risalenti nel tempo, tutti collegati allo stato di tossicodipendenza eppertanto estranei,tutti, all`attuale stato dell”istante, in cura da due anni ed inserito nel suo nucleo familiare; la revoca della misura alternativa, anch’essa tanto enfatizzata dal tribunale, risale ad otto anni or sono; su queste basi ha il tribunale fondato la sua prognosi sul futuro comportamento dell’istante e la severa valutazione circa una attuale sua pericolosità sociale; per converso ha il Tribunale ignorato: gli arresti domiciliari protrattisi per due anni con la positiva frequentazione del programma terapeutico riabilitativo, l”informativa, positiva per l’istante, dei CC di Altamura, la relazione ampiamente positiva del SERT in data 26.3.2013, la relazione, anch’”essa ampiamente positiva dell’”UEPE del 9.4.2013.
3. Con ampia, diffusa ed argomentata requisitoria scritta ha il P.G. in sede concluso per l”annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, dappoichè condivise le censure difensive, soprattutto in riferimento alla omessa valutazione delle acquisizioni procedimentali, tutte di segno significativamente positivo per il detenuto.
4. Il ricorso è fondato.
Va preliminarmente evidenziato che l’impugnazione fa riferimento al solo rigetto deciso dal tribunale in relazione alla istanza del ricorrente relativa all’aff1damento in prova per casi particolari, mentre nulla si opina, difensivamente, quanto alle inammissibilità ed al rigetto della altre istanze proposte in prime cure. Venendo pertanto a quanto devoluto, non può non convenirsi con le conclusioni e con le argomentazioni ampiamente sviluppate dal P.G. in sede e rimarcare la particolare severità, peraltro del tutto immotivata e comunque apparentemente motivata, della decisione in scrutinio. Ed invero, il fondamento del rigetto impugnato risulta individuato dal giudice territoriale dalla condanna inflitta e da eseguire, dalla particolare e grave recidiva contestata e ritenuta con essa, dai precedenti penali, dalla revoca di precedente misura. Sul piano della tenuta logica colpiscono due circostanze: per un verso, la risalenza nel tempo dei precedenti (i più recenti risalgono al 2002) al pari della revoca (che si colloca nel 2005) e, dall’altra, la totale pretermissione del robustissimo quadro di circostanze e risultanze ampiamente positive per l’istante, circostanze e risultanze poi di particolare importanza penitenziaria, giacchè dimostrative di una certissima fase di recupero che l’arcigno rigetto impugnato, venendo meno alla funzione stessa della giurisdizione di sorveglianza, vanto dell’ordinamento nazionale, rischia di porre nel nulla. Orbene, il Tribunale ha del tutto ignorato la circostanza, di palese, evidente ed ineludibile significatività, che il P è agli arresti domiciliari per i fatti di cui alla condanna da espiare e che in questo tempo è stato autorizzato a frequentare un programma terapeutico riabilitativo di tipo ambulatoriale il quale sta dando frutti ampiamente positivi.
Siffatta concreta ed oggettiva realtà non può essere ignorata dal giudice della sorveglianza se non contraddicendo e violando i compiti di istituto. I CC. hanno informato che il P non appartiene alla criminalità organizzata e che in questo periodo non ha “mai dato adito a rimorchi di sorta”; l`UEPE, in data 9.4.2013, poco più di un mese prima della decisione impugnata, dava atto del comportamento corretto serbato dal P e del percorso critico positivamente intrapreso circa le sue precedenti esperienze in piena collaborazione con il servizio. Di più, il SERT di Altamura, nella relazione del 26 marzo 2013 (l`ordinanza di rigetto è del 23 maggio successivo) annota 1’ “evidente… motivazione… nel soggetto… al proseguimento del lavoro terapeutico che ha come obiettivo un profondo cambiamento della condizione esistenziale personale e familiare pertanto si ritiene che l ‘interruzione di tale processo potrebbe compromettere la buona riuscita del processo riabilitativo … alla luce di quanto sopra il servizio scrivente ritiene opportuno e necessario che il paziente in oggetto proseguo il percorso riabilitativo intrapreso…” Per il SERT pertanto, l’interruzione del percorso terapeutico “potrebbe compromettere la buona riuscita del processo riabilitativo”, circostanza questa ignorata dal tribunale sull’altare di una enfatizzata pericolosità sociale, di per sé negata ed in contraddizione logica palese con gli esiti del SERT, dell’UEPE e con le informazioni di polizia innanzi sintetizzate. Ma la diagnosi del SERT induce a rammentare la funzione dell`istituto invocato dal P e negato dal Tribunale. L’affidamento in prova in casi particolari è misura altermativa al carcere introdotta nell`ordinamento penitenziario in sede di conversione del d.l. 22.4.1985, n. 144, dalla 1. 21.6.1985, n. 297, che introdusse nel sistema Fan. 47-bis; il legislatore, con tale intervento, perseguiva due precise esigenze con nettezza indicate nei lavori preparatori: da una parte, fronteggiare il fenomeno del progressivo aumento, nella popolazione carceraria, di soggetti tossicodipendenti con conseguenti problemi di governabilità degli istituti penitenziari (attualmente i tossicodipendenti detenuti, come certamente a conoscenza dei giudici a quibus, superano le 15.000 unità), dall’altra, dare una risposta positiva al sempre più frequente fenomeno della interruzione, nella prassi applicativa, dei trattamenti terapeutici in corso a favore di tossicodipendenti raggiunti da sentenza di condanna al fine di dare esecuzione alle pene; di qui anche la scelta di configurare il nuovo istituto sullo schema dell’affidamento in prova al servizio sociale eppertanto dell”art. 47 O.P., dappoichè essa sola permetteva l’esecuzione della pena fuori dal carcere. L`istituto conobbe poi l”attuale collocazione normativa in adempimento della delega al governo disposta con lart. 37 1. 26/90 per la formulazione del T.U. 309/1990 in materia di stupefacenti. In siffatto razionale contesto deve altresì inserirsi l’insegnamento della C. Cost.; ha infatti rimarcato il giudice delle leggi che, nel caso dell’affidamento “terapeutico” di persona tossicodipendente o alcool dipendente, la “ratio” legislativa è nel senso di una preminenza data dalla nonna all’intento di cura dello stato di dipendenza (C. Cost. 5.12.1997 n. 377).
Di qui la decisività delle conclusioni relazionate dal SERT ai fini della decisione impugnata e del vizio difensivamente denunciato. Ciò posto, rileva ulteriormente il Collegio che si appalesa una evidente contraddizione logica tra gli elementi e le circostanze, tutte caratterizzate dalla inattualità, evocate dal tribunale, il quale ha fatto di essi una considerazione assoluta oltre che del tutto irragionevole, ponendoli, di per sé soli, a sostegno della motivazione impugnata, con le evidenze positive più volte innanzi richiamate e la comprovata, positiva evoluzione della personalità del ricorrente e del suo stato di salute, successiva alla consumazione della condotta sanzionata. Delle une e delle altre manca comunque nella motivazione impugnata, che si appalesa per questo illogica e contraddittoria, un sia pur minimo accenno di necessario bilanciamento, al fine di valutare compiutamente a quale dare motivata prevalenza, per consentire la conclusiva indicazione di una delle due opzioni poste dalla domanda esaminata e decidere in tal guisa quale sia quella di giustizia perché conforme alle norme di riferimento ed alle loro finalità. L’ordinanza va pertanto cassata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Bari per nuovo esame che dia opportuna rilevanza alla ratio della norma di riferimento, alla positiva evoluzione della personalità del ricorrente e del trattamento terapeutico in atto.
P. T. M.
La Corte, annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’affidamento in prova di cui all’art. 94, dpr 309/ 1990 e rinvia per nuovo esame al riguardo al Tribunale di sorveglianza di Bari.
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