Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 4 luglio 2014, n. 15348
Svolgimento del processo
A.B. chiese la modifica delle condizioni di separazione consensuale omologata dal Tribunale di Treviso il 14 ottobre 2008 e, in particolare, l’affidamento condiviso del figlio S.L.A.; la moglie D.M. chiese la conferma dell’affidamento esclusivo a sé, con diritto di visita del padre in sua presenza o in presenza di altra persona di sua fiducia e con divieto di visita dei nonni paterni.
Il Tribunale espletò una consulenza tecnica d’ufficio le cui operazioni furono eseguite in Londra, luogo di residenza delle parti; con decreto 27 ottobre 2010 dispose l’affidamento condiviso del figlio ad entrambi i genitori e disciplinò tempi e modalità degli incontri con il padre. La M. propose reclamo alla Corte di appello di Venezia che rinnovò la c.t.u. in persona del medesimo esperto che la espletò in Londra. All’udienza del 27 febbraio 2012 la M. eccepì la nullità della consulenza perché eseguita senza fare applicazione del reg. CE n. 1206/2001 e, in subordine, dell’art. 204 c.p.c. sulle rogatorie alle autorità straniere e al console italiano per l’esecuzione dei provvedimenti istruttori. La corte, con provvedimento in data 18 maggio 2012, rigettò il reclamo e, a norma dell’art. 709 ter c.p.c., ammonì la M. a rispettare il provvedimento di affidamento nella parte riguardante la regolamentazione dei contatti tra il padre e il figlio. La corte ha ritenuto la c.tu. valida, dal momento che il consulente aveva comunicato con ampio anticipo le date, gli orari e il luogo delle operazioni in Inghilterra, sicché aveva dato alle parti la possibilità di partecipare con l’assistenza dei consulenti di parte e con l’ausilio di un interprete; la madre si era opposta al colloquio con gli assistenti sociali e condivisibili erano le conclusioni del c.t.u. quanto all’insussistenza di ragioni impeditive degli incontri tra il padre e il figlio senza la presenza della madre.
Avverso detto provvedimento la M. ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste il B.
Motivi della decisione
La ricorrente ha eccepito l’invalidità della procura alle liti rilasciata dal B. per atto notarile, con effetti invalidanti dell’atto processuale (controricorso) in calce al quale essa è stata apposta, sulla base del presupposto che il notaio non aveva attestato che la sottoscrizione, di cui aveva certificato l’autografia, era avvenuta in sua presenza. L’eccezione è infondata: la sussistenza della predetta condizione si desume implicitamente dal contenuto della certificazione resa dal notaio nella procura (“Signed as a deed in accordance with English law and whose identity I attest”), considerando che oggetto della certificazione dell’autografia della sottoscrizione è la riferibilità della firma a una persona determinata (v. Cass. n. 1983/2004); inoltre va ribadito che, ai fini della prova dell’autenticità della procura alle liti, è sufficiente che il difensore certifichi l’autografia della sottoscrizione della parte, non essendo necessaria l’attestazione che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza, come è invece richiesto dall’art. 2703 c.c. per l’autentica della scrittura privata da parte del pubblico ufficiale (v. Cass. n. 144/1985).
Venendo ai motivi del ricorso della M., nel primo è dedotta la violazione e falsa applicazione dei regolamenti CE n. 1206/2001 e n. 2201/2003 e art. 204 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., poiché la c.t.u., che costituiva comunque un mezzo istruttorio pur non essendo una prova in senso stretto, era stata eseguita senza fare applicazione della procedura dei citati regolamenti CE e senza rogatoria alle autorità estere e al console italiano; nel secondo motivo è dedotta la violazione del principio del contraddittorio per mancata applicazione dei medesimi regolamenti e, in alternativa, dell’art. 204, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. (si assume che il c.t.u. non avrebbe permesso alla parte e ai suoi rappresentanti di assistere all’espletamento del mezzo istruttorio, non essendo stata comunicata la data di inizio e il luogo di espletamento della consulenza a Londra; l’audizione del minore sarebbe avvenuta senza la presenza del consulente di parte, dei servizi sociali inglesi e di un difensore abilitato davanti alla giurisdizione inglese); nel terzo motivo è dedotta la insufficienza e contraddittorietà della motivazione della decisione di permettere al padre di frequentare il minore senza la presenza di una persona di fiducia della madre.
Dalla documentazione allegata al controricorso risulta che è pendente, dinanzi al Tribunale di Treviso, il giudizio per lo scioglimento del matrimonio e che, con ordinanza del presidente in data 16 novembre 2011, sono state confermate le condizioni che regolano la separazione consensuale, già modificate nel corso del giudizio (con successivo provvedimento del 27 giugno 2012 il giudice istruttore ha rigettato le istanze di modifica dei provvedimenti presidenziali). Il ricorso è quindi inammissibile, alla luce del principio secondo cui una decisione assunta nel giudizio di revisione delle condizioni di separazione, nella specie con riguardo all’affidamento del figlio, in alcun modo potrebbe incidere (modificandoli) sui provvedimenti adottati nel giudizio di divorzio (v. Cass. n. 17825/2013), con l’effetto che viene meno l’interesse posto a sostegno del ricorso in esame, che ha ad oggetto un provvedimento che decide sull’istanza di revisione di quelle medesime condizioni di separazione. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente alle spese del giudizio, che liquida in € 4200,00, di cui € 4000,00 per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.
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