In tanto è possibile computare la detenzione all’estero, in quanto essa sia relativa ad un fatto per cui si è proceduto in Italia, conseguendone che, nel caso in cui abbiano proceduto sia l’autorità giudiziaria nazionale, sia quella straniera, deve trattarsi allora di una condotta naturalisticamente unica, parte di un iter criminis iniziato in uno Stato e proseguito nell’altro
Suprema Corte di Cassazione
sezione I penale
sentenza 30 agosto 2016, n. 35808
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere
Dott. MAZZEI Antonella P. – Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 102/2015 TRIBUNALE di TRENTO, del 22/05/2015;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MINCHELLA ANTONIO;
lette conclusioni del P.G. Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 22.05.2015 il Tribunale di Trento, quale giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da (OMISSIS) di fungibilita’ della carcerazione patita in (OMISSIS) dal 28.02.2013 al 27.08.2013. Nel dettaglio, l’istanza aveva evidenziato che il (OMISSIS) era stato condannato con sentenza del GUP del Tribunale di Trento in data 18.11.2013 per riciclaggio di autoveicolo e partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti: in (OMISSIS), invece, il (OMISSIS) era stato condannato per tentato furto con la circostanza aggravante di essersi associato ad una banda intesa a commettere furti.
Il provvedimento di rigetto fondava la decisione sulla diversita’ dei fatti puniti e quindi sulla mancanza del presupposto per l’applicazione delle norme sulla fungibilita’.
Avverso detta ordinanza propone ricorso l’interessato a mezzo del suo Difensore, deducendo mancanza di motivazione e sostenendo che, a prescindere dalla diversita’ formale della rubrica, la condanna elvetica riguardava un fatto medesimo, giacche’ in quell’ordinamento l’associarsi ad una banda equivaleva alla serie indeterminata di reati che connota l’associazione per delinquere del sistema penale italiano; inoltre la condanna (OMISSIS) era stata inflitta con la sospensione condizionale della pena, per cui la carcerazione patita dopo l’emissione del mandato di arresto europeo andava computata nella pena in atto.
Il P.G. chiede il rigetto rilevando che la fungibilita’ e’ possibile quando la detenzione patita all’estero sia relativa ad un fatto-reato per cui si e’ proceduto in Italia o la cui esecuzione e’ stata portata a compimento almeno parzialmente in Italia, mentre nella fattispecie i fatti erano storicamente diversi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato poiche’ e’ infondato.
Per come gia’ detto prima, il ricorrente ha riportato condanna sia in Italia che in (OMISSIS): nella sua richiesta di riconoscimento della fungibilita’ della pena espiata in (OMISSIS), egli ha sostenuto che i fatti storici delittuosi fossero gli stessi. Il giudice dell’esecuzione ha, invece, rilevato che si trattava di fatti differenti e di reati dal diverso nomen juris, cosi’ rigettando la richiesta.
Il ricorso articola le sue doglianze sia sostenendo che la diversita’ della rubrica dovrebbe intendersi come una mera formalita’ sia affermando che nell’ordinamento elvetico il fatto di associarsi ad una banda (reato commesso in (OMISSIS)) corrisponde sostanzialmente all’accordo per commettere una serie indeterminata di reati, e cioe’ alla connotazione propria dell’associazione per delinquere (reato commesso in Italia).
Le ragioni del ricorso non possono essere accolte.
In primo luogo, occorre prendere atto che il ricorrente e’ stato condannato in Italia, tra l’altro, per la ricettazione di un autoveicolo mentre ha riportato in (OMISSIS) la condanna per un tentato furto: la diversita’ tra le due condotte si appalesa evidente, al di la’ del formale nome dato in rubrica all’illecito.
In secondo luogo, la giurisprudenza ha evidenziato che in tanto e’ possibile computare la detenzione all’estero, in quanto essa sia relativa ad un fatto per cui si e’ proceduto in Italia: nel caso in cui abbiano proceduto sia l’autorita’ giudiziaria nazionale, sia quella straniera, deve trattarsi allora di una condotta naturalisticamente unica, parte di un iter criminis iniziato in uno Stato e proseguito nell’altro (ad es., acquisto di droga all’estero e sua importazione in Italia: Sez. 5, 27.11.2002/6.2.2003, Kotan), situazione non ravvisabile nel caso di specie fra il tentato furto commesso in (OMISSIS) ed il riciclaggio di un veicolo commesso nel territorio nazionale (Sez. 1, n 31422 del 11.05.2006, Rv 234791).
In terzo luogo, sebbene entrambi i Paesi interessati facciano parte del piu’ ampio accordo di Schengen, va osservato che e’ vero che, ai sensi dell’articolo 54 dell’Accordo di Schengen se nel territorio di uno degli Stati aderenti viene instaurato un nuovo procedimento penale nei confronti di una persona che sia gia’ stata giudicata, con sentenza definitiva, per i medesimi fatti da parte delle autorita’ giudiziarie di un altro Paese contraente, il periodo di privazione della liberta’ personale scontato per questi fatti in quest’ultimo territorio deve essere detratto dalla pena eventualmente inflitta all’esito del nuovo procedimento. Deve essere, altresi’, tenuto conto, nella misura consentita dalla legge nazionale, delle pene diverse da quelle privative della liberta’ personale che siano state eseguite.
Tuttavia, il citato articolo 54 dell’Accordo di Schengen fa riferimento al medesimo “fatto” e non gia’ al medesimo reato o imputazione. Ne’, d’altra parte, la detenzione in carcere sofferta all’estero per uno specifico fatto delittuoso puo’ essere computata, al fine di determinare la porzione di pena gia’ espiata, anche nella pena concernente altri “fatti”, nemmeno se ritenuti in continuazione: l’istituto previsto dall’articolo 81 c.p. e’, infatti, volto a mitigare l’entita’ della pena complessivamente inflitta in relazione a reati costituenti espressione di un medesimo disegno criminoso, ciascuno dei quali, pero’; conserva la sua autonomia fenomenologia (Sez. 1, n 31943 del 04.07.2008, Rv 240682).
Ed allora, va rilevato che nemmeno il ricorso afferma che i reati commessi dal ricorrente in Italia ed in (OMISSIS) siano consistiti nei medesimi “fatti” naturalisticamente intesi: il ricorso sofferma ogni attenzione sulla asserita medesimezza della imputazione, ma questo e’ un dato estraneo al tema introdotto.
Cosi’ la diversita’ dei fatti-reato commessi costituiva mancanza di un presupposto indispensabile per l’accoglimento della istanza dell’interessato: ed il provvedimento impugnato ha fatto corretto uso dei principi sopra rammentati.
Ogni altra doglianza va ritenuta assorbita.
Ne consegue che il ricorso va rigettato e che il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
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