Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 12 gennaio 2018, n. 1229. Le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità (tra cui vi rientra il c.d aquaplaning) non sono solo quelle che innescano un percorso causale completamente autonomo da quello determinato dall’agente

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4. Anche il secondo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato.
5. Come sopra rilevato, i giudici del merito hanno escluso che fossero ravvisabili profili di colpa nella condotta dell’imputato ma hanno altresi’ escluso la sussistenza del nesso di causalita’ pronunciando sentenza di assoluzione con la formula “il fatto non sussiste” che, appunto, esclude la esistenza stessa del fatto, prima ancora della sua riferibilita’ psicologica al preteso autore.
6. Quanto alla scelta della formula assolutoria, occorre rammentare che alla luce degli insegnamenti offerti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 1971, esiste una gerarchia delle formule di proscioglimento, da determinare in considerazione dell’interesse dell’imputato a venire assolto con l’impiego di quella fra esse che risulti produttiva degli effetti per lui meno pregiudizievoli. Per quanto di interesse, la giurisprudenza costituzionale ha anche specificato la sostanziale diversita’ esistente tra le formule “perche’ il fatto non sussiste” e “perche’ l’imputato non l’ha commesso” (che indicano, rispettivamente, l’insussistenza materiale del fatto storico e la totale estraneita’ dell’imputato) e la formula “perche’ il fatto non costituisce reato”, la quale invece si caratterizza perche’ riconosce la sussistenza della materialita’ del fatto storico e la sua riferibilita’ all’imputato, ma nega la punibilita’ per la mancanza dell’elemento soggettivo oppure per la presenza di una causa di esclusione dell’antigiuridicita’ o anche (secondo la norma all’epoca vigente) di una causa di esclusione della punibilita’. La Corte, quindi, ha riconosciuto che soltanto le prime due formule hanno un contenuto ampiamente liberatorio ed escludono ogni pregiudizio (attuale o potenziale) per il prosciolto, mentre nel caso di formula “perche’ il fatto non costituisce reato” non puo’ negarsi il diritto dell’imputato di impugnare per ottenere una formula piu’ favorevole, che escluda la sussistenza materiale del fatto storico o la sua riferibilita’ all’imputato stesso (nello stesso senso Sez. u. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815). Alla luce di quanto esposto deve ritenersi del tutto, corretta la formula di proscioglimento adottata dai giudici del merito in quanto maggiormente favorevole per l’imputato.
7. Nel caso di specie poi, essendosi accertato nel giudizio il difetto del nesso di causalita’, deve anche ritenersi l’insussistenza dell’interesse ad impugnare della parte civile posto che l’articolo 652 cod. proc. pen. stabilisce che la sentenza di assoluzione e’ idonea a produrre gli effetti di giudicato ivi indicati non in relazione alla formula utilizzata bensi’ solo in quanto contenga, in termini categorici, un effettivo e positivo accertamento dell’insussistenza del fatto, dell’impossibilita’ di attribuirlo all’imputato o della sussistenza delle cause di giustificazione dell’adempimento di un dovere o dell’esercizio di una facolta’ legittima (circostanze, queste ultime, che escludono l’illiceita’, non solo penale, del fatto, e conseguentemente l’ingiustizia del danno). Come precisato, pertanto, nella richiamata pronuncia delle sezioni unite “Guerra”, la formula utilizzata e’ di per se’ non decisiva perche’, al di la’ di essa, l’effetto di giudicato e’ collegato al concreto effettivo accertamento dell’esistenza di una di queste ipotesi, costituendo ius receptum nella giurisprudenza delle sezioni civili della Corte di cassazione che, al fine di stabilire l’incidenza del giudicato penale nel giudizio di danno, il giudice civile non puo’ limitarsi alla rilevazione della formula utilizzata, ma deve tenere conto anche della motivazione della sentenza penale per individuare la effettiva ragione dell’assoluzione dell’imputato, eventualmente anche prescindendo dalla formula contenuta nel dispositivo, ove tecnicamente non corretta (Sez. L., n. 4775 del 09/03/2004, Rv. 570909; Sez. 3, n. 4622 del 20 maggio 1987, Rv. 453292; Sez. 1, n. 5523 del 12/11/1985, Rv. 442726; Sez. 3, n. 47 del 11/01/1969, Rv. 337873).
8. Ne discende che, nel caso di specie il ricorrente, del tutto incongruamente ha invocato gli effetti della sentenza impugnata in un eventuale giudizio civile di danno, non potendo avere rilievo, ai fini dell’esercizio dell’azione civile, la circostanza che l’imputato non sia stato assolto con la formula “perche’ il fatto non costituisce reato” in quanto la sentenza, contenendo l’accertamento della insussistenza del fatto, produrrebbe comunque l’effetto di giudicato nel giudizio civile.
9. Per quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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