Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 12 gennaio 2018, n. 1229. Le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità (tra cui vi rientra il c.d aquaplaning) non sono solo quelle che innescano un percorso causale completamente autonomo da quello determinato dall’agente

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6. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, censurando la sentenza impugnata per vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e) in quanto la Corte si sarebbe limitata ad una sintesi acritica delle motivazioni sviluppate dal primo giudice in relazione ai principi che regolano il concorso di cause. Si rileva nel ricorso che deve ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente alla produzione dell’evento, solo quella del tutto indipendente dal fatto dell’imputato, avulsa dalla sua condotta, operante con assoluta autonomia in modo da sfuggire al suo controllo ed alla sua prevedibilita’. Nel caso in esame, a prescindere dalla prima fase del sinistro che aveva coinvolto i veicoli del (OMISSIS) e del (OMISSIS), era certo che vi era un forte temporale e, secondo quanto emerso dalle deposizioni testimoniali, l’imputato percorreva abitualmente quel tratto di strada che, anche a causa del cattivo stato di manutenzione, era frequentemente caratterizzato dalla presenza di pozzanghere e allagamenti. L’ (OMISSIS) conosceva, pertanto, le insidiosita’ di quel tratto stradale in caso di pioggia e, nonostante cio’, aveva omesso di ridurre la velocita’ ed era invece sopraggiunto ad una velocita’ talmente elevata da impegnare l’allagamento privo di ogni controllo sull’auto che, in maniera violenta, colpiva entrambi i pedoni che si trovavano sulla corsia di emergenza ed indossavano i giubbotti fluorescenti. La sentenza impugnata sarebbe, pertanto, incongrua ed immotivata relativamente all’esclusione di ogni responsabilita’ nella condotta di guida dell’imputato, considerata del tutto erroneamente quale mera occasione dell’evento, non potendo considerarsi fattori del tutto eccezionali ed atipici la presenza di persone ferme sulla corsia di emergenza e la formazione di allagamenti in quel tratto di strada. Ulteriore doglianza riguarda, poi, la formula assolutoria adottata in quanto la Corte, avendo ritenuto che la condotta di guida del conducente era esente da censure di carattere soggettivo, avrebbe dovuto pronunciare assoluzione con la formula “perche’ il fatto non costituisce reato”, in modo tale da poter consentire al ricorrente il riconoscimento in sede civile del diritto al risarcimento del danno altrimenti pregiudicato dall’impugnata sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato sulla base delle argomentazioni di seguito esposte.
2. Relativamente al primo motivo di ricorso, in considerazione della tipologia di doglianza dedotta, volta a sostenere un vizio di motivazione della sentenza, si presenta utile preliminarmente ricordare i limiti del controllo di legittimita’ sulla sentenza di merito. Ai sensi di quanto disposto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo di legittimita’ sulla motivazione non concerne la ricostruzione dei fatti ne’ l’apprezzamento del giudice di merito, ma e’ circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicita’ evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. L’illogicita’ della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere manifesta, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita’ al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche’ siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volonta’ del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilita’ di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). Con l’ulteriore precisazione che il vizio della “manifesta illogicita’” della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a se’ stessa”, cioe’ rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica. Inoltre, ai fini del controllo di legittimita’ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).
3. In questa prospettiva, occorre considerare che nel caso in esame le conformi pronunce di merito seguono la medesima linea argomentativa e si integrano tra loro. La Corte territoriale ha, infatti, sottolineato la correttezza della valutazione del materiale probatorio effettuata dal Tribunale avendo riguardo, in particolare, alle consulenze tecniche espletate nel corso del giudizio alla luce delle quali non era stato possibile affermare con certezza che l’ (OMISSIS), ma anche lo stesso (OMISSIS), a sua volta imputato in relazione alla contestazione di omicidio colposo ai danni del (OMISSIS), avessero viaggiato ad una velocita’ superiore a quella consentita o avessero tenuto una condotta di guida non conforme alle norme sulla circolazione stradale. Sotto questo profilo, peraltro, le argomentazioni portate dal ricorso, e volte a sostenere la responsabilita’ dell’imputato, si presentano del tutto aspecifiche omettendo del tutto di confrontarsi con tale parte della sentenza impugnata e limitandosi a valorizzare gli esiti della prova testimoniale, gia’ ritenuti dai giudici del merito non rilevanti in quanto riguardanti non la ricostruzione della dinamica del sinistro stradale ma solo il comportamento successivamente tenuto dallo stesso (OMISSIS) e l’abituale percorrenza di quella strada da parte dell’ (OMISSIS). La Corte ha dunque confermato che, sulla base delle emergenze istruttorie del caso concreto, il giudice non poteva trarre il convincimento che l’evento verificatosi fosse causalmente riconducibile ad una condotta colposa dell’imputato, trovando conseguentemente spazio anche la configurabilita’ di un fattore imprevedibile quale quello dell’allagamento della sede stradale. La Corte ha conseguentemente ritenuto la assoluta logicita’ della conclusione raggiunta dal primo giudice in ordine alla attribuibilita’ degli eventi a tale fattore eccezionale ed imprevedibile che aveva determinato il fenomeno del c.d. “acqua planning” idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la condotta dell’ (OMISSIS) e gli eventi. Il tessuto argomentativo posto a fondamento della sentenza impugnata si presenta pertanto del tutto congruo e scevro da vizi logici, conforme al consolidato principio per cui le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalita’ non sono solo quelle che innescano un percorso causale completamente autonomo da quello determinato dall’agente, bensi’ anche quei fatti sopravvenuti che realizzano una linea di sviluppo del tutto anomala e imprevedibile della condotta antecedente (tra le altre Sez. 4, Sentenza n. 42502 del 25/09/2009, Begnardi, Rv. 245460; Sez. 4, n. 43168 del 21/06/2013, Frediani, Rv. 258085).

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