Conversione negozio nullo: basta soddisfazione scopo parti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 gennaio 2025| n. 19.

Conversione negozio nullo e la soddisfazione scopo parti

Massima: Ai fini della conversione del negozio nullo ai sensi dell’art. 1424 c.c., non occorre l’accertamento della volontà concreta delle parti di accettare il diverso contratto frutto della conversione – poiché ciò comporterebbe la coscienza della nullità dell’atto compiuto, ostativa alla stessa conversione – ma è sufficiente che l’intento pratico originariamente perseguito dalle parti sia soddisfatto, anche solo in parte, dagli effetti del nuovo negozio frutto della conversione.

 

Ordinanza|2 gennaio 2025| n. 19. Conversione negozio nullo e la soddisfazione scopo parti

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti in genere – Invalidita’ – Nullita’ del contratto – Conversione del contratto nullo accertamento della volontà concreta di concludere il contratto diverso – Esclusione – Soddisfacimento dell’intento pratico originariamente perseguito – Sufficienza.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ABETE Luigi – Presidente

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Relatore

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 694/2022 R.G. proposto da:

IN.SA. Spa (già Ca.Di. Spa), rappresentata da IN.IT. Spa, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AL.II., presso lo studio dell’avvocato MA.AN. ((Omissis)) rappresentato e difeso dall’avvocato MO.PI. Sas DI Ga.Lu. E C. e di Ga.Lu., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MO.21., presso lo studio dell’avvocato DE.CO. ((Omissis)) rappresentato e difeso dall’avvocato AL.PA. ((Omissis))

– controricorrente –

avverso il DECRETO del TRIBUNALE di PADOVA n. 8791/2021 depositato il 06/12/2021;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere PAOLA VELLA.

Conversione negozio nullo e la soddisfazione scopo parti

FATTI DI CAUSA

1. – Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale di Padova, accogliendo parzialmente l’opposizione ex art. 98 L. Fall. proposta da IN.SA. Spa, ha ammesso quest’ultima allo stato passivo del Fallimento CA. Sas di Ga.Lu. E C. e del socio accomandatario Ga.Lu. per la somma di Euro 596.100,00 in chirografo, a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., dopo aver confermato la declaratoria di nullità del mutuo ipotecario fondiario del 9.6.2009 per mancanza di prova del rispetto del limite di finanziabilità previsto dall’art. 38, comma 2, t.u.b. e stabilito dalla Banca d’Italia in conformità alle deliberazioni del CICR (80% del valore dei beni ipotecati secondo la delibera del 22.4.1995) e rigettato la domanda di conversione del mutuo fondiario in mutuo ipotecario, per difetto di prova dei presupposti ex art. 1424 c.c.

2. – Avverso detta decisione IN.SA. ha proposto ricorso per cassazione in un unico mezzo, illustrato da memoria, cui il Fallimento intimato ha resistito con controricorso.

Conversione negozio nullo e la soddisfazione scopo parti

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. – Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1424 e 2697 c.c., nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non provati i presupposti per la conversione del negozio nullo, sull’assunto, ritenuto erroneo, che per assolvere il relativo onere probatorio si sarebbe dovuto dimostrare “che nel caso concreto, in cui la parte mutuataria era un soggetto potenzialmente fallibile, sarebbe stato irrilevante per la banca concedere un mutuo ipotecario in luogo di un mutuo fondiario”, mentre ciò che richiede l’art. 1424 c.c. ai fini della conversione è la dimostrazione che, una volta accertata la non consapevolezza della nullità, “le parti avrebbero voluto un mutuo ipotecario se avessero saputo che il mutuo fondiario era nullo”.

3.1. – Il motivo è fondato e va accolto.

4. – Va dato atto, preliminarmente, che il ricorrente non ha impugnato il capo di decisione sulla nullità del contratto di mutuo fondiario per mancata dimostrazione del rispetto del limite di finanziabilità stabilito dall’art. 38, comma 2, D.Lgs. n. 385 del 1993, in base all’orientamento di legittimità evocato dal Tribunale (Cass. 17352/2017, 11201/2018), con conseguente formazione, sul punto, del giudicato interno (cfr. Cass. Sez. U., 26242/2014).

4.1. – Non può quindi spiegare rilievo, nel caso in esame, il fatto che quell’orientamento sia stato successivamente superato, stante il radicale mutamento di indirizzo nomofilattico consacrato nella sentenza n. 33719 del 16/11/2022, ove le Sezioni Unite hanno stabilito, al contrario, che il suddetto limite di finanziabilità non costituisce un elemento essenziale del contratto di mutuo fondiario, poiché l’art. 38, comma 2, t.u.b. – non essendo una disposizione determinativa del contenuto, né posta presidio della validità del negozio, bensì un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto contrattuale, fissato dall’Autorità di vigilanza sul sistema bancario nell’ambito della c.d. “vigilanza prudenziale” – non rappresenta una norma di natura imperativa, la cui violazione sia suscettibile di determinare la nullità del contratto (sanzione che, anzi, condurrebbe al pregiudizio dell’interesse alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito che la disposizione mira a proteggere, in una sorta di eterogenesi dei fini).

4.2. – Ciò non toglie che il motivo possa essere accolto, in quanto la nullità del contratto costituisce proprio il presupposto dell’invocata conversione ai sensi dell’art. 1424 c.c.

Conversione negozio nullo e la soddisfazione scopo parti

5. – La fondatezza del motivo si apprezza come vizio di sussunzione nell’art. 1424 c.c., il quale stabilisce che “il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità”.

La norma è attuazione del principio generale di conservazione del negozio giuridico che informa il nostro ordinamento.

In sostanza, con l’istituto della conversione del negozio nullo viene offerta la possibilità ad un contratto nullo di produrre effetti come contratto di diverso tipo, di cui abbia i requisiti di forma e sostanza, a condizione che le parti lo avrebbero verosimilmente voluto, se avessero saputo che quello posto in essere era affetto da nullità.

5.1. – Per valutare se ricorra o meno la possibilità di questa conversione, una volta escluse le ipotesi di un’eventuale illiceità o non meritevolezza della fattispecie concreta (Cass. 11201/2018), il giudice che ne sia richiesto deve svolgere una duplice indagine, accertando, in primo luogo, che sussista un rapporto di continenza tra il negozio nullo e quello in cui dovrebbe essere convertito, e, in secondo luogo, che, avuto riguardo agli interessi pratici perseguiti dai contraenti, la volontà che li indusse a stipulare il contratto nullo possa ritenersi orientata anche verso gli effetti di quel diverso contratto (Cass. 536/1967, 5451/1980, 6561/1997, 6004/2008).

Il primo aspetto nel caso in esame è pacifico.

Il secondo, che invece è in questione, viene declinato come “volizione ipotetica”, da ricostruire anche in chiave obiettiva, vale a dire come congruenza tra gli effetti giuridici del nuovo tipo negoziale e lo scopo perseguito dalle parti (cfr. Cass. 11201/2018, 6586/2018, 2912/2002).

5.2. – La conversione del negozio nullo ex art. 1424 c.c. poggia altresì sul presupposto implicito che le parti, al momento della conclusione del contratto, non fossero a conoscenza della causa di nullità; a tale presupposto è infatti correlata l’esplicita previsione che, ove invece, in quel momento, ne avessero avuto contezza, avrebbero perseguito la regolamentazione dei loro interessi attraverso il diverso negozio valido.

La conversione del negozio nullo non è quindi possibile, qualora le parti lo abbiano voluto pur essendo consapevoli della sua nullità.

5.3. – Secondo il tradizionale insegnamento di questa Corte, cui si intende dare continuità, questo presupposto ostativo alla conversione resta integrato proprio dalla conoscenza della nullità del negozio concluso (Cass. 536/1967, 923/1972, 8263/1990).

Pertanto, nel caso in esame il Tribunale avrebbe dovuto accertare la consapevolezza non tanto del superamento, in sé, del limite di finanziabilità del mutuo fondiario al momento della sua stipula (2009), quanto e proprio della conseguente nullità del contratto.

La quale, per vero, solo diversi anni dopo è stata declinata come nullità “virtuale” – e non testuale, ex art. 117, comma 8 t.u.b. – da un orientamento giurisprudenziale (inaugurato da Cass. 17352/2017) poi disatteso dal contrario indirizzo delle Sezioni Unite (Cass. Sez. U, 33719/2022; conf. ex plurimis, Cass. 6907/2023, 7949/2023, 27938/2024), che però, come detto, non è applicabile al caso in esame, per il maturarsi di un giudicato interno.

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5.5. – Il Tribunale ha invece incentrato la propria disamina sulla consapevolezza della banca non già di detta “nullità virtuale”, bensì del superamento del limite di finanziabilità – peraltro dopo aver ritenuto priva di data certa ex art. 2704 c.c. la relazione del tecnico incaricato dalla banca ai fini della stipula del mutuo, attestante un valore che rientrava in quel limite (euro 800.000,00) a fronte della successiva perizia svolta in sede esecutiva (euro 374.958,25) e della ulteriore stima in sede fallimentare a valore di mercato (euro 526.000,00) – e ha ritenuto “seriamente dubitabile” che quella consapevolezza non vi fosse, “considerato che la banca, in quanto operatore qualificato, non poteva non avere contezza del fatto che la stima del bene si attestava su di un valore di mercato, mentre per la valutazione di cespiti immobiliari posti a garanzia del credito si sarebbe dovuto far riferimento al valore cauzionale”.

6. – Inoltre, procedendo ad accertare “se il conseguimento dei “vantaggi fondiari” sia stata o meno l’unica ragione determinante della stipulazione del mutuo fondiario”, il Tribunale ha affermato che “non convince” “l’assunto dell’opponente, formulato in termini peraltro generici, secondo cui l’unico scopo della banca era, in buona sostanza, quello di avere una garanzia reale”, essendo “ragionevole ritenere che, a fronte della operazione di finanziamento, la banca abbia considerato tutti i privilegi derivanti dal “credito fondiario”, a partire dal c.d. consolidamento breve dell’ipoteca, per finire con le agevolazioni in caso di eventuale procedura esecutiva individuale, anche qualora sopravvenga il fallimento della parte mutuataria, e con la speciale disciplina in tema di revocatoria fallimentare”.

Su queste basi ha però finito per coartare l’onere probatorio della banca sul thema probandum della assoluta “irrilevanza” della scelta

di “concedere un mutuo ipotecario in luogo di un mutuo fondiario” a favore di “un soggetto potenzialmente fallibile”, il quale in realtà, per quanto emerge dagli atti, risulta dichiarato fallito molti anni dopo la stipula del mutuo.

6.1. – L’assunto non è condivisibile, allo stesso modo in cui non lo è trarre la imprescindibilità dell’opzione per il mutuo fondiario dal semplice fatto di averne osservato gli adempimenti formali o aver fruito dei relativi vantaggi (come si sostiene a pag. 16 del controricorso), poiché una simile ricostruzione della volontà delle parti appare, al fondo, tautologica.

6.2. – È evidente, infatti, che nella ricostruzione del cd. intento pratico oggettivo non ci si possa fossilizzare sullo specifico intento originario; che, altrimenti, la conversione non potrebbe, di fatto, mai realizzarsi.

E dunque, affinché risulti la manifestazione di volontà delle parti propria del negozio diverso, non occorre l’accertamento della volontà concreta delle parti di accettare il diverso contratto frutto della conversione – poiché ciò comporterebbe, anzi, la coscienza della nullità dell’atto compiuto, esclusa per definizione dall’art. 1424 c.c. – mentre occorre considerare l’intento pratico da esse sostanzialmente perseguito, verificando che gli effetti del diverso contratto, in cui quello originariamente voluto può convertirsi, siano idonei a realizzare “in tutto o in parte quell’intento” (Cass. 2912/2002).

Conversione negozio nullo e la soddisfazione scopo parti

6.3. – Questo aspetto della non necessariamente totale realizzazione dell’intento originario in seno al diverso assetto negoziale scaturito dalla conversione è degno di particolare rilievo nella fattispecie in esame, considerando la solidità della garanzia reale che il mutuo ipotecario è comunque in grado di fornire, anche senza gli indubbi vantaggi additivi propri del mutuo fondiario.

6.4. – Resta fermo che i vantaggi di natura sostanziale e processuale vanno comunque apprezzati in concreto, tenendo conto, nella fattispecie data, anche del profilo cronologico della posizione del mutuatario nella prospettiva concorsuale.

Vanno dunque affermati i seguenti principi di diritto:

“In tema di mutuo fondiario, in caso di inapplicabilità dell’indirizzo delle Sezioni Unite di cui alla sentenza n. 33719 del 2022, risulta ostativa alla conversione del negozio dichiarato nullo per superamento del limite di finanziabilità previsto dall’art. 38, comma 2, t.u.b., stabilito dalla Banca d’Italia in conformità alle deliberazioni del CICR (attualmente l’ottanta per cento del valore dei beni ipotecati, secondo la delibera del 22 aprile 1995), ai sensi dell’art. 1424 c.c., la conoscenza che le parti abbiano della nullità virtuale del negozio, piuttosto che del mero superamento del predetto limite di finanziabilità.”

“Ai fini della conversione del negozio nullo ai sensi dell’art. 1424 c.c., non occorre l’accertamento della volontà concreta delle parti di accettare il diverso contratto frutto della conversione – poiché ciò comporterebbe la coscienza della nullità dell’atto compiuto, ostativa alla stessa conversione – ma è sufficiente che l’intento pratico originariamente perseguito dalle parti sia soddisfatto anche solo in parte dagli effetti del nuovo negozio frutto della conversione.”

7. – Segue la cassazione del decreto impugnato con rinvio, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio.

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P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Padova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 2 gennaio 2025.

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