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Contratti bancari in conto corrente e la presunzione di veridicità delle scritturazioni del conto
In tema di contratti bancari in conto corrente, la presunzione di veridicità delle scritturazioni del conto, quando il cliente, ricevuto l’estratto o documento equipollente, non sollevi specifiche contestazioni, trova applicazione anche qualora l’estratto non sia stato trasmesso con raccomandata o secondo le altre modalità indicate nel contratto, ma venga portato comunque a conoscenza del correntista, a sostegno della pretesa di pagamento del saldo passivo, con la conseguenza che tale pretesa non può essere respinta in presenza di un generico diniego della posizione debitoria da parte del cliente, non accompagnato da specifiche contestazioni.
Ordinanza|| n. 18352. Contratti bancari in conto corrente e la presunzione di veridicità delle scritturazioni del conto
Data udienza 12 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Rapporti bancari di conto corrente – Estratto conto che inizia con il saldo negativo di un rapporto precedente – Completezza – Obbligo della banca di provare la correttezza della posta negativa solo a fronte di una specifica contestazione del correntista – Rigetto del ricorso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9037 R.G. anno 2019 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), e (OMISSIS), domiciliato presso l’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), domiciliata presso lo (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2073/2018 depositata il 17 settembre 2018 della Corte di appello di Firenze;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 aprile 2023 dal consigliere relatore Dott. Massimo Falabella.
Contratti bancari in conto corrente e la presunzione di veridicità delle scritturazioni del conto
FATTI DI CAUSA
1. – Il Tribunale di Livorno ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da (OMISSIS). Su ricorso di (OMISSIS) s.p.a. al medesimo era stato intimato il pagamento della somma di Euro 605.419,20, oltre interessi. Il credito azionato era riconducibile a rapporti di conto corrente, conto anticipi e mutuo facenti capo ad (OMISSIS) s.p.a., per i quali (OMISSIS) aveva prestato fideiussione. Il Tribunale ha osservato: che la prova del credito era stata fornita attraverso i contratti di conto corrente e di fideiussione, oltre che attraverso gli estratti conto; che nell’intero periodo non vi era stato superamento dei tassi soglia; che la capitalizzazione era stata applicata secondo il criterio della reciprocita’; che le clausole vessatorie del contratto di fideiussione erano state approvate specificamente; che non poteva farsi applicazione della disciplina consumeristica di cui al Decreto Legislativo n. 206 del 2005.
2. – La Corte di appello di Firenze ha rigettato, con sentenza del 17 settembre 2018, il gravame proposto da (OMISSIS) avverso la pronuncia di primo grado.
3. – Lo stesso (OMISSIS) ricorre ora per cassazione. L’impugnazione della sentenza di appello consta di cinque motivi che sono illustrati da memoria. Resiste con controricorso (OMISSIS).
Contratti bancari in conto corrente e la presunzione di veridicità delle scritturazioni del conto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo di ricorso denuncia la nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul motivo di gravame concernente la violazione o falsa applicazione degli articoli 1832 e 2697 c.c.. Il ricorrente ricorda di aver rilevato, nel proprio atto di appello, che l’approvazione degli estratti conto non precludeva l’impugnazione della validita’ ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui derivavano gli addebiti e di aver inoltre dedotto che gli estratti conto prodotti non costituivano prova del credito vantato dalla banca, visto che con la proposta opposizione si era contestata la validita’ ed efficacia dei rapporti intercorsi. Lamenta che la Corte di Firenze abbia mancato di pronunciarsi su tale censura.
Col secondo mezzo si prospetta la violazione o falsa applicazione degli articoli 1421 e 2697 c.c. e degli articoli 633, 638 e 645 c.p.c.. Assume l’istante che la Corte di appello avrebbe proceduto a una inversione dell’onere probatorio, posto che la banca, attrice in giudizio, era tenuta a dare dimostrazione dei fatti da essa allegati.
Il terzo motivo oppone l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale non avrebbe tenuto in considerazione la circostanza, evidenziata nell’atto di appello, relativa al saldo iniziale, a debito della correntista, che era stato documentato dalla banca: da due documenti prodotti in sede monitoria risultavano, infatti, saldi passivi, alla data del (OMISSIS), per gli importi di Euro 269.021,22, quanto al conto corrente n. (OMISSIS), e di Euro 359.022,81, quanto al conto corrente n. (OMISSIS). Si osserva, in proposito, che la pretesa azionata risulta essere comprensiva dei saldi teste’ indicati e che la banca, rivolgendo la propria pretesa anche a quanto maturato nel periodo anteriore al (OMISSIS), avrebbe dovuto provare la fondatezza della domanda producendo gli estratti conti relativi alle movimentazioni occorse prima di tale data.
Col quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1362 c.c. e ss., articoli 2558 e 2697 c.c., nonche’ degli articoli 163, 167, 183, 184, 190, 345, 638 e 645 c.p.c.. Deduce il ricorrente che la Corte di appello avrebbe mancato di conferire rilievo al fatto che (OMISSIS) era subentrata, quale cessionaria di ramo di azienda, in tutti i rapporti giuridici gia’ facenti capo a (OMISSIS): istituto, questo, con cui (OMISSIS) s.r.l. aveva intrattenuto i rapporti di mutuo e di conto corrente prima che l’odierna controricorrente fosse subentrata, in forza della richiamata vicenda traslativa, nella posizione creditoria della propria dante causa.
Col quinto mezzo il ricorrente si duole della nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c.. Deduce che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla mancata produzione, da parte della banca, che ne era onerata, dell’originario contratto di fideiussione. Rileva che il documento acquisito al giudizio, comprovante la garanzia prestata, era costituito da una scrittura privata attestante, ad litteram, la “conferma della fideiussione rilasciata in data (OMISSIS) per l’importo di Euro 900.000,00 e della quale non costituisce novazione (…) essendone semplicemente un’integrazione e conferma senza soluzione di continuita’”.
2. – I primi quattro motivi possono esaminarsi congiuntamente, in quanto connessi.
Contrariamente a quanto eccepito dalla banca essi sono ammissibili, possedendo i richiesti caratteri della specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata (per cui cfr., ad es.: Cass. 24 febbraio 2020, n. 4905).
I mezzi di censura in esame non possono tuttavia trovare accoglimento.
La Corte di appello ha rilevato che l’assunto dell’appellante – secondo cui l’esame contabile risultava viziato dall’erronea mancata considerazione, da parte del Tribunale, nel periodo ricompreso tra il (OMISSIS) – era priva di fondamento, visto che l’onere di allegazione, “in punto anatocismo, usura, valute fittizie, CMS ecc.” era “mancato per tutto il giudizio di primo grado”; che, a fronte dell’eccezione circa la produzione solo parziale degli estratti conto, andava considerato che il ricorso monitorio faceva riferimento espresso ai soli contratti di conto corrente e di conto anticipi conclusi il (OMISSIS); che la circostanza per cui (OMISSIS) risultava essere subentrata alla (OMISSIS) non aveva formato oggetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo; che ai fini del rilievo d’ufficio di clausole anatocistiche o usurarie nel periodo anteriore al subentro dell’odierna controricorrente “era necessaria pur sempre la tempestiva allegazione degli elementi di fatto da cui la nullita’ sarebbe derivata”, non potendo il giudice procedere autonomamente alla ricerca delle ragioni che fondino la domanda o l’eccezione rilevabile d’ufficio; che la deduzione relativa all’addebito di interessi anatocistici risultava smentita dalla consulenza tecnica d’ufficio e che il contratto di conto corrente conteneva la clausola con cui era programmata la periodicita’ trimestrale della capitalizzazione degli interessi creditori e debitori, in conformita’ dell’allora vigente articolo 120 t.u.b. (Decreto Legislativo n. 385 del 1993); che risultava essere tardiva l’allegazione dell’appellante circa il c.d. saldo zero; che l’eccezione circa l’usurarieta’ degli interessi risultava essere articolata in modo generico ed era comunque smentita dalla consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado; che era parimenti da disattendere quanto dedotto con riferimento all’illegittimita’ della commissione di massimo scoperto.
Occorre muovere dal principio, affermato da questa Corte, per cui in tema di rapporti bancari di conto corrente, l’estratto conto che inizi con il saldo negativo di un rapporto precedente non puo’ dirsi incompleto e solo a fronte di una specifica contestazione del correntista, in ordine alla veridicita’ ed effettiva debenza di quanto dovuto in forza del conto secondario o precedente, scatta l’obbligo della banca di fornire la prova della correttezza della posta negativa di cui trattasi: prova che consiste, di regola, nella produzione degli estratti conto da cui risulti quel saldo iniziale (Cass. 16 maggio 2022, n. 15601). Puo’ ritenersi che l’onere della banca di fornire riscontri atti a giustificare il saldo debitore iniziale si delinei, pur in mancanza di una specifica contestazione del saldo stesso, allorquando il sistema difensivo della controparte risulti logicamente incompatibile col riconoscimento della spettanza della somma che ne costituisce espressione: il che accade allorquando il correntista denunci che nel periodo non documentato da estratti conto siano stati operati addebiti illegittimi. Infatti, se si fa questione di clausole nulle (come quelle che programmino interessi ultralegali, anatocistici o usurari), la banca e’ tenuta a dar completo riscontro delle movimentazioni del conto in quanto il saldo deve essere depurato dagli addebiti illegittimi: cio’ che e’ possibile solo avendo precisa conoscenza delle appostazioni che non dovevano aver luogo. Come questa Corte ha avuto modo di rilevare con riguardo all’ipotesi di addebito di interessi anatocistici non dovuti, il saldo non solo non consente di conoscere quali addebiti, nell’ultimo periodo di contabilizzazione, siano dovuti ad operazioni passive per il cliente e quali alla capitalizzazione degli interessi, ma esso, a sua volta, discende da una base di computo che e’ il risultato di precedenti capitalizzazioni degli interessi (cfr. Cass. 10 maggio 2007, n. 10692, in motivazione).
Ora, il ricorrente non da’ conto di aver contestato, in primo grado, il saldo debitorio iniziale dei due conti (nn. (OMISSIS) e (OMISSIS)), risultante dagli estratti recanti la data del (OMISSIS), ne’ assume che, nell’impugnare il provvedimento monitorio, abbia dedotto che nel corso dei rapporti in precedenza intrattenuti da (OMISSIS) con la dante causa della banca opposta fosse stato operato l’addebito di interessi, commissioni e spese non dovute. Nel ricorso per cassazione (pagg. 9 s.) viene solo ricordato che con la citazione ex articolo 645 c.p.c. si era genericamente denunciata l’incompletezza della documentazione prodotta in sede monitoria, l’inesattezza degli importi ingiunti e la non spettanza delle somme pretese, lamentandosi, altresi’, la capitalizzazione trimestrale degli interessi e l’addebito di interessi ultralegali, oltre che l’applicazione della commissione di massimo scoperto. Come e’ agevole constatare, tali difese non investono puntualmente il tema degli addebiti iniziali operati sui due conti accessi nel (OMISSIS): e infatti, la consulenza tecnica disposta in primo grado non ha avuto ad oggetto la ricognizione dei precedenti rapporti tra la debitrice principale e (OMISSIS); solo in appello l’odierno istante lamento’ che “l’esame contabile (era) risultato viziato in limine dall’erronea mancata considerazione dal parte del primo Giudice del periodo tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS)”.
Tale deduzione e’ pero’ da ritenere tardiva.
Nel ricorso per ingiunzione era stato esposto che (OMISSIS) era subentrata nei rapporti contrattuali tra (OMISSIS) e (OMISSIS); correlativamente, gli estratti conto prodotti relativi ai due contratti conclusi dall’odierna ricorrente con l’obbligata principale recavano saldi negativi, rispettivamente per Euro 269.021,22 e per Euro 359.022,81 (cfr. ricorso, pagg. 1 s.). Ora, in tema di contratti bancari in conto corrente, la presunzione di veridicita’ delle scritturazioni del conto, quando il cliente, ricevuto l’estratto o documento equipollente, non sollevi specifiche contestazioni, trova applicazione anche qualora l’estratto non sia stato trasmesso con raccomandata o secondo le altre modalita’ indicate nel contratto, ma venga portato comunque a conoscenza del correntista, a sostegno della pretesa di pagamento del saldo passivo, con la conseguenza che tale pretesa non puo’ essere respinta in presenza di un generico diniego della posizione debitoria da parte del cliente, non accompagnato da specifiche contestazioni (Cass. 23 dicembre 2020, n. 29415; Cass. 6 luglio 2000, n. 9008). Poiche’ l’onere di contestazione degli estratti conto opera anche nei confronti del fideiussore (Cass. 25 settembre 2003, n. 14234; Cass. 2 maggio 2002, n. 6258), (OMISSIS) era tenuto a prendere posizione in ordine all’effettiva debenza delle somme che costituivano il saldo passivo iniziale dei due conti del (OMISSIS), e a farlo tempestivamente, nel termine di cui all’articolo 119, comma 3 t.u.b.: cio’ che non e’ accaduto.
Ne’ potrebbe ritenersi che l’odierno ricorrente avesse contestato gli addebiti iniziali sotto il profilo dell’illegittima appostazione, sui conti accesi in precedenza e oramai estinti, di interessi e commissioni non dovuti.
Come e’ noto, l’approvazione anche tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’articolo 1832 c.c., comma 1, preclude qualsiasi contestazione in ordine alla conformita’ delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti iscritti nell’estratto conto, ma non impedisce di sollevare contestazioni in ordine alla validita’ ed all’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano i suddetti addebiti ed accrediti (Cass. 20 novembre 2018, n. 30000; Cass. 17 novembre 2016, n. 23421). Nondimeno, nel ricorso per cassazione non si fa parola di deduzioni, svolte nel giudizio di merito, vertenti sulla nullita’ parziale dei precedenti contratti e sulla correlata illegittimita’ di addebiti attuati in forza delle clausole ivi contenute (tali da dare consistenza al vizio di omessa pronuncia di cui al primo motivo di ricorso e alle altre censure svolte negli altri motivi). Il tema dell’invalidita’ delle suddette disposizioni negoziali non puo’ del resto trovare ingresso in questa sede, in quanto necessiterebbe di accertamenti di fatto. Per vero, avanti alla Corte di legittimita’ non e’ consentita la proposizione di nuove questioni di diritto, ancorche’ rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto (Cass. 8 febbraio 2016, n. 2443; Cass. 5 maggio 2006, n. 10319).
3. – Il quinto motivo e’ infondato.
Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia mancato di pronunciarsi sulla propria censura relativa alla mancata produzione della fideiussione originaria.
Va rilevato che la Corte di appello ha preso posizione sul contratto di garanzia concluso ritenendo che esso doveva qualificarsi come fideiussione: e non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima (Cass. 6 novembre 2020, n. 24953; Cass. 29 luglio 2004, n. 14486). Non si comprende, del resto, perche’ il documento prodotto non valesse a fondare la pretesa azionata contro l’odierno istante. Dallo stesso stralcio del contenuto del documento, riprodotto a pag. 24 del ricorso per cassazione, risulta che il negozio concluso era una vera e propria “fideiussione”, anche se la stessa non aveva contenuto novativo rispetto al contratto precedente. La trascrizione solo parziale del documento non consente di negare che attraverso l’atto in questione l’odierno ricorrente avesse prestato garanzia per i crediti fatti valere con la domanda di ingiunzione: in cio’ il mezzo si mostra mancante di autosufficienza. Peraltro, ove pure l’atto in questione avesse avuto valore meramente ricognitivo, esso sarebbe stato, proprio per tale ragione, idoneo a comprovare il precedente accordo, onde sotto tale profilo il mezzo e’ pure privo di decisivita’.
4. – Il ricorso va dunque respinto.
5. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
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