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L’appello è infondato e va pertanto respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.
Per quanto riguarda il parere della soprintendenza, la tardività del ricorso è evidente, avendo il ricorrente acquisito – tramite tecnico di fiducia – il parere in questione un anno prima rispetto alla data di proposizione del gravame.
L’atto in questione, pur costituendo il presupposto per il successivo rilascio del permesso, ha in realtà una autonoma valenza lesiva, nella misura in cui autorizza appunto il comune a dar corso al relativo procedimento e impartisce prescrizioni specifiche di carattere costruttivo: ne consegue che l’atto stesso avrebbe dovuto essere impugnato nei termini di decadenza.
In ogni caso, tale profilo della controversia non merita particolare approfondimento in quanto, come ben posto in luce dal TAR, anche l’impugnazione del provvedimento costitutivo è sicuramente tardiva.
In proposito deve ricordarsi che, per costante giurisprudenza, la tempestività del ricorso proposto avverso un titolo edilizio va valutata, di norma, avendo riguardo alla data di ultimazione dei lavori.
In tal senso la Sezione ha infatti da tempo chiarito che ” Ai fini della decorrenza dei termini per l’impugnazione di una concessione edilizia (oggi permesso di costruire), occorre che le opere rivelino, in modo certo ed univoco, le loro caratteristiche e, quindi, l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivante dal provvedimento; di conseguenza, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, il termine decorre con il completamento dei lavori, a meno che, tuttavia, non venga provata una conoscenza anticipata oppure si deducano censure di assoluta inedificabilità dell’area o analoghe censure, nel qual caso risulta sufficiente la conoscenza dell’iniziativa in corso.” (ex multis IV Sez. n. 5125 del 2016).
Nel caso all’esame, come riferito in precedenza, i contestati lavori furono ultimati in data 5.1.2014.
Rispetto a quella data il ricorrente (pur essendo da tempo in possesso del parere positivo della sovrintendenza) ha atteso circa 3 mesi per proporre la seconda istanza di accesso e 5 mesi per impugnare.
Al riguardo occorre evidenziare che il ricorrente era il precedente titolare del bene e il richiedente dell’originaria concessione per restauro, ed è tuttora proprietario di una porzione dell’immobile vincolato: di talché non poteva non avvedersi con immediatezza della avvenuta realizzazione di un immobile di caratteristiche diverse da quelle originarie.
Era pertanto suo preciso onere quello di attivarsi tempestivamente presso il comune per acquisire copia del permesso e di impugnarlo nel termine decadenziale dalla acquisita conoscenza.
Il ricorso, in quanto proposto avverso il permesso di costruire a circa un anno dal rilascio del medesimo e a 5 mesi dalla data di ultimazione dei lavori, è dunque palesemente tardivo, come correttamente statuito dal TAR.
L’appello va quindi respinto. Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore della Regione autonoma Valle d’Aosta di euro 5000,00 (cinquemila) oltre spese generali IVA e CPA ed in favore del comune di (omissis) di euro 5000,00 (cinquemila) oltre spese generali IVA e CPA per spese e onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Carlo Schilardi – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
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