Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 26 giugno 2014, n. 3203
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUINTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1854 del 2013, proposto da:
Ed.G. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Sa.Ra., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fr.Ma., in Roma;
contro
Società Vi.C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Ca.Mi. e Fr.Mi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lu.Na. in Roma;
nei confronti di
Comune di Domicella, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Campania – Sezione Staccata di Salerno, Sezione II, n. 416/2013, resa tra le parti, concernente l’affidamento, da parte del Comune di Domicella, di lavori relativi ad interventi di recupero, di ristrutturazione e di risanamento conservativo di un rifugio e di un sentiero in località …;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Vi.C. s.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista la propria ordinanza 17 maggio 2013 n. 1795;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del 10.12.2013, il Consigliere Antonio Amicuzzi e uditi, per la società appellante, l’avv. Sa.Ra., nonché, per la società appellata, l’avv. Fr.Mi.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso al T.A.R. Campania, Salerno, la Vi.C. s.r.l. ha impugnato il provvedimento prot. n. 1464 dell’8.10.2012 del Comune di Domicella, di comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione alla Ed.G. s.n.c. dell’appalto degli interventi di recupero, di ristrutturazione e di risanamento conservativo di un rifugio e di un sentiero annesso in località …, nonché gli atti preordinati, in particolare il bando di gara nella parte in cui ha indicato la formula – (Pm/Pum)/P – per la attribuzione dei punteggi all’offerta economica.
Detto T.A.R., con la sentenza in epigrafe indicata, ha ritenuto in primo luogo di dover disattendere l’eccezione di tardività sollevata dalla aggiudicataria Ed.G. s.n.c., non sussistendo alcun onere di impugnativa immediata nei confronti della predetta clausola del bando, e, in secondo luogo, ha valutato infondato il ricorso incidentale proposto da detta società controinteressata, (da esaminare “prioritariamemte rispetto al ricorso principale anche nel caso in cui quest’ultimo alleghi l’interesse strumentale al rinnovo della intera procedura”) e fondato il ricorso principale, annullando il bando di gara nella parte concernente la formula matematica per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica e tutti gli atti ad esso consequenziali, ivi inclusa l’aggiudicazione definitiva dell’appalto, salvi i successivi provvedimenti dell’amministrazione.
Con il ricorso in appello in esame la Ed.G. s.n.c. ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:
1.- “Error in iudicando”, omessa pronuncia su punti decisivi della controversia, carenza di motivazione in relazione alla eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo per tardività:
Erroneamente il Giudice di primo grado ha respinto la accezione di inammissibilità del ricorso per tardiva impugnazione della chiara clausola del bando ritenuta lesiva.
In subordine è stata chiesta la remissione alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato della questione della immediata impugnabilità di qualsiasi clausola del bando di gara.
2.- “Error in iudicando”, omessa pronuncia su punti decisivi della controversia, carenza di motivazione in relazione all’eccezione di inammissibilità del ricorso per inammissibilità dell’impugnazione avverso il silenzio serbato sull’informativa ex art. 243 bis del D.Lgs. n. 163/2006.
Il Giudice di primo grado non ha scrutinato l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per inammissibilità dell’impugnazione avverso il silenzio serbato sulla informativa ex art. 243 bis del D.Lgs. n. 163/2006.
3.- “Error in iudicando”, omessa pronuncia su punti decisivi della controversia, carenza di motivazione in relazione all’eccezione di infondatezza dell’unico motivo di ricorso.
Il T.A.R. ha ritenuto che la formula elaborata dalla stazione appaltante fosse inidonea a garantire una congrua pesatura comparata dell’elemento dell’offerta economica, senza vagliare le argomentazioni dedotte in ricorso circa la ampia discrezionalità che assiste la P.A. nell’individuare i criteri di valutazione delle offerte economiche, censurabile solo per manifesta illogicità, non ravvisabile nel caso di specie.
4.- “Error in iudicando”, omessa pronuncia su punti decisivi della controversia, carenza di motivazione in relazione all’eccezione di infondatezza ed inammissibilità delle domande processuali di rinnovo parziale ed integrale della procedura di gara.
La statuizione del T.A.R., laddove ha annullato solo parzialmente il bando nella parte concernente la formula matematica per l’attribuzione del punteggio alla offerta economica, è incondivisibile ed ha precluso alle imprese partecipanti alla gara di calibrare le proprie offerte economiche al nuovo metodo di attribuzione del punteggio.
5.- “Error in iudicando”, omessa pronuncia su punti decisivi della controversia, carenza di motivazione in relazione alle censure contenute nei motivi sub 1) e 2) del ricorso incidentale, cioè di: Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, degli artt. 40, comma 3, lettera a), comma 7, 43, 46, comma 1 bis, e 75, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006 e s. m. i.; violazione e falsa applicazione degli artt. 63, comma 3, 66, comma 1, e 75 e ss. del d.P.R. n. 207/2010; violazione e falsa applicazione del bando di gara (punti G ed N della sez. XI.2.2), documentazione amministrativa (busta 1). Eccesso di potere, violazione del principio di parità di trattamento tra i concorrenti, violazione del principio di imparzialità e buon andamento della P.A., difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta, irrazionalità.
Il Giudice di primo grado ha respinto il ricorso incidentale nell’erroneo assunto che la certificazione di qualità UNI ISO 9001 dell’ausiliaria fosse stata rinnovata fino al 29.3.2014.
Sono state quindi riproposte le censure formulate con i primi due motivi di ricorso incidentale di primo grado con riguardo alla mancata dimostrazione da parte della ricorrente principale del possesso, al momento della pubblicazione del bando, di un sistema di qualità aziendale UNI EN ISO 9000 riferito alle classifiche di qualificazione per le categorie di lavori oggetto dell’appalto
6.- “Error in iudicando”, omessa pronuncia su punti decisivi della controversia, carenza di motivazione in relazione alle censure contenute nei motivi sub 3) del ricorso incidentale, cioè di: Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell’art. 76 del D.Lgs. n. 163/2006 e s. m. i.; violazione e falsa applicazione del bando di gara (punti 2 e 6 della sez. XI.4), offerta economica (busta 1). Eccesso di potere, violazione del principio di parità di trattamento tra i concorrenti, violazione del principio di imparzialità e buon andamento della P.A., difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta, irrazionalità.
Il Giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto infondato il ricorso incidentale, con riguardo alla censura che le proposte tecniche migliorative presentate non erano a titolo gratuito.
Con memoria depositata il 18.4.2013 la Vi.C. s.r.l. ha sostenuto l’infondatezza della richiesta di rimessione della causa alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha chiesto che in caso di accoglimento del primo motivo di appello venga rimessa in termini per errore scusabile, ha dedotto l’inesistenza dell’onere di impugnare il silenzio della stazione appaltante sull’informativa in ordine alla intenzione di proporre ricorso ex art. 243 bis del D.Lgs. n. 163/2006 ed ha dedotto l’infondatezza di tutti i motivi di appello, concludendo per la reiezione.
Con note depositate il 13.5.2013 la Vi.C. s.r.l. ha ribadito tesi e richieste, in particolare affermando la doverosità del rinnovo parziale delle operazioni di gara.
Con note depositate il 15.5.2013 la società Ed.G. s.n.c. ha eccepito l’inammissibilità dell’istanza di rimessione in termini formulata dall’appellata (in quanto avrebbe dovuto essere presentata nel giudizio di primo grado) ed ha ribadito tesi e richieste, in particolare evidenziando che non era stata riproposta dalla Vi.C. s.r.l. in sede di appello la domanda di rinnovo integrale della gara assorbita con la sentenza de qua.
Con ordinanza 17 maggio 2013, n. 1795, la Sezione ha respinto l’appello cautelare, fermo restando che, nelle more della trattazione della causa nel merito, era inibito alla Amministrazione di adottare ogni determinazione conseguente alla sentenza impugnata, nella specie non rinnovando la gara, nonché di stipulare il contratto sia con la società originariamente aggiudicataria che con la società ricorrente in primo grado.
Con memoria depositata il 23.11.2013 la parte appellante ha evidenziato, con riguardo all’esaminabilità in via prioritaria del ricorso incidentale c.d. paralizzante rispetto al ricorso principale, che solo nell’ipotesi che i solo due partecipanti ad una gara propongano ricorsi reciprocamente escludenti l’esame prioritario, secondo la sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7/2011, del ricorso incidentale escludente potrebbe condurre alla lesione del principio di parità delle parti; con riguardo precipuo a tale fattispecie è scaturita e sarebbe applicabile la sentenza del 4.7.2013 (causa C-100/12) della Corte di Giustizia U.E.. Ha aggiunto che solo se a fronte di un ricorso incidentale paralizzante il ricorso principale non contenga a sua volta censure escludenti non sarebbe ravvisabile violazione del principio di parità delle parti nell’ipotesi in cui venga esaminato prioritariamente il ricorso incidentale escludente.
Ha quindi evidenziato la parte deducente che nel caso di specie alla procedura di gara erano state ammesse sei imprese e che con il ricorso introduttivo del giudizio la ricorrente principale aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione sulla base di censure rivolte solo avverso la clausola del bando di gara recante la formula di attribuzione del punteggio, senza nulla eccepire con riguardo alla ammissione alla gara e all’aggiudicazione della stessa alla Ed.G. s.n.c., mentre con il ricorso questa aveva formulato censure esclusivamente rivolte alla ammissione alla gara della ricorrente principale. Ha quindi affermato che la fattispecie di cui al presente giudizio non sarebbe assimilabile a quella esaminata con la citata sentenza della Corte di Giustizia U.E. e che a tanto conseguirebbe che i motivi di appello riproduttivi della censure formulate in primo grado con il ricorso incidentale dovrebbero essere esaminati in via prioritaria ed assorbente rispetto alle argomentazioni difensive dell’odierna appellata riproduttive delle censure sollevate in primo grado con il ricorso principale avverso le clausole del bando; né varrebbe a smentire detto ordine di trattazione la sussistenza di interesse strumentale della appellata società alla rinnovazione integrale della procedura di gara, avendo essa abbandonato tale domanda. Ha infine sostanzialmente ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 29.11.2013 la parte resistente ha replicato alle avverse argomentazioni, in particolare evidenziando che la richiesta di rimessione in termini sarebbe stata tempestiva, essendo conseguente all’istanza di deferimento alla Adunanza Plenaria formulata da controparte, che non aveva rinunciato al rinnovo integrale della gara e che il futuro esercizio del potere a seguito della pronuncia giurisdizionale da parte della stazione appaltante non dipende dalla formulazione di richieste di parte.
Alla pubblica udienza del 10.12.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
DIRITTO
1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla Ed.G. s.n.c., di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata, con la quale, previa reiezione del ricorso incidentale proposto da detta società, è stato accolto il ricorso principale proposto dalla Vi.C. s.r.l per l’annullamento del provvedimento del Comune di Domicella di aggiudicazione alla Ed.G. s.n.c. dell’appalto degli interventi di recupero, di ristrutturazione e di risanamento conservativo di un rifugio e di un sentiero annesso in località …, nonché del bando di gara nella parte in cui ha indicato la formula per la attribuzione dei punteggi all’offerta economica.
2.- Innanzi tutto osserva la Sezione, con riguardo alle richieste di priorità di esame delle censure di cui alla memoria depositata in data 25.11.2013 dalla Ed.G. s.n.c., che la infondatezza delle censure formulate in primo grado con il ricorso incidentale e riproposte in appello esime dalla verifica della applicabilità alla fattispecie in esame dei principi di cui alla sentenza della Corte di Giustizia della U.E. del 4 luglio 2013 resa nella causa C-100/12 e dalla esaminabilità in via prioritaria delle censure stesse.
3.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado, sarebbe fondata la eccezione di inammissibilità del ricorso per tardiva impugnazione della clausola del bando ritenuta lesiva, in quanto la circostanza che essa non consentiva lo sfruttamento dell’intero potenziale differenziale previsto sarebbe stata evidente sin dal momento della lettura del bando, sicché il concreto svolgimento delle operazioni di gara non avrebbe attualizzato, ma solo definitivamente cristallizzato, la sua lesività. Quindi la società appellata, in quanto particolarmente qualificata a riconoscere gli effetti lesivi di ciascuna clausola, avrebbe avuto l’onere di impugnare il bando entro 30 giorni dalla sua pubblicazione, anche per tutelare i superiori interessi pubblici alla conservazione della gara, atteso che, in attesa della definizione della impugnazione, sussisteva il pericolo della revoca del finanziamento della opera pubblica oggetto dell’appalto e di esposizione del Comune a richieste di risarcimento danni.
L’errore commesso dal T.A.R. sarebbe reso ancora più evidente dalla circostanza che, con ordinanza n. 634 dell’1.2.2013, la Sezione VI del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione della immediata impugnabilità di qualsiasi clausola del bando, con indirizzo evolutivo rispetto a quanto affermato con l’Adunanza Plenaria n. 1 del 2003.
In subordine è stata chiesta la rimessione alla Adunanza Plenaria della questione alla luce delle ulteriori considerazioni contenute nell’atto di appello.
3.1.- Osserva la Sezione che con il ricorso introduttivo del giudizio il bando è stato impugnato nella parte in cui recava la formula per la attribuzione di punteggi economici espressa nella formula “(Pm/Pum)/P” – laddove “Pm” indica il prezzo minore offerto, “Pum” indica il punteggio assegnato a tale prezzo minore e “P” indica il prezzo di ciascuna offerta – perché illegittima e comunque incompatibile con il metodo aggregativo compensatore di cui all’allegato “G” del d.P.R. n. 207/2010.
Ritiene la Sezione che le censure in esame non siano condivisibili perché condivide il tradizionale e prevalente insegnamento giurisprudenziale, secondo cui l’onere di immediata impugnazione del bando di concorso è circoscritto al caso della contestazione di clausole escludenti, riguardanti requisiti di partecipazione, che siano “ex se” ostative all’ammissione dell’interessato, o, al più, impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135), dovendo le altre clausole essere ritenute lesive ed impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva; invero, a fronte di una clausola illegittima della “lex specialis” di gara, ma non impeditiva della partecipazione, il concorrente non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, poiché non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare (Consiglio di Stato, sez. III, 10 dicembre 2013, n. 5909).
Nel caso di specie le clausole del bando censurate non rientravano fra quelle che avrebbero imposto una immediata impugnazione, essendo afferenti alle modalità di calcolo dei punteggi, ed è irrilevante la circostanza che la formula in contestazione non consentisse lo sfruttamento dell’intero potenziale differenziale previsto perché i pretesi effetti distorsivi della stessa non erano sicuramente prevedibili prima della concreta effettuazione delle operazioni di gara e della attribuzione dei punteggi, a nulla valendo che le imprese partecipanti alla gara fossero soggetti particolarmente qualificati ed in quanto tali tenuti ad uno scrupoloso esame del bando, atteso che nel caso che occupa solo la effettuazione di una serie di simulazioni in base ad ipotetiche attribuzioni di punteggi avrebbe potuto evidenziare “ex ante” la sussistenza dei vizi poi dedotti all’esito della gara.
Va inoltre considerato che l’aggravio di spese per l’Amministrazione ed i ritardi nella realizzazione dell’opera che possono conseguire alla non immediata impugnabilità delle clausole, cui è fatto cenno nell’ordinanza n. 634 dell’1 febbraio 2013 della Sezione VI di questo Consiglio, di rimessione della questione all’Adunanza Plenaria (che peraltro si è pronunciata in proposito con sentenza n. 8 del 22 aprile 2013 senza decidere al riguardo, stante la rilevata legittimità della clausola del bando), non possono assumere rilievo nel caso che occupa, atteso che, per le considerazioni in precedenza espresse, la ricorrente di primo grado non era assolutamente in grado, secondo normali criteri di valutazione delle clausole del bando e sulla base delle pur qualificate conoscenze in materia, di apprezzare immediatamente la lesività della clausola in questione.
Le considerazioni in precedenza espresse escludono anche la possibilità di accogliere la richiesta di nuova rimessione della questione alla Adunanza Plenaria di questo Consiglio e portano all’assorbimento della richiesta di riconoscimento della sussistenza dell’errore scusabile in subordine invocata dalla attuale resistente.
4.- Con il secondo motivo di gravame è stato censurato il mancato scrutinio da parte del Giudice di primo grado della eccezione che l’impugnazione del silenzio serbato sulla informativa ex art. 243 bis del D.Lgs. n. 163/2006 senza la formulazione di specifiche censure al riguardo avrebbe reso inammissibile l’intero ricorso introduttivo del giudizio.
4.1.- La Sezione condivide al riguardo al giurisprudenza secondo la quale, in materia di appalti pubblici, il silenzio serbato dalla stazione appaltante a seguito di informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale ex art. 243 bis del D.Lgs. n. 163/2006 non corrisponde alla figura del silenzio-rigetto, perché il testo della norma lascia intendere che il legislatore non abbia voluto dar vita a un procedimento contenzioso o para-contenzioso a tutela di una posizione giuridica soggettiva, ma solo offrire all’Ente pubblico l’opportunità di un riesame in via di autotutela; l’inerzia al riguardo nulla aggiunge all’assetto di interessi previsto nel provvedimento principale e da punto di vista sostanziale ha contenuto meramente confermativo, che, non essendo foriero di autonomi effetti lesivi, non è suscettibile di doverosa impugnazione (Consiglio di Stato, sez. III, 29 dicembre 2012, n. 6712).
L’impresa partecipante alla gara per l’affidamento di un pubblico appalto non ha quindi l’onere di impugnare il diniego espresso (o il silenzio) della stazione appaltante sull’istanza di ritiro perché la disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 243 bis del D.Lgs. n. 163/2006, in virtù della quale “il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce, ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti”, è da considerare norma meramente processuale, volta ad assicurare che la necessaria impugnazione del provvedimento lesivo e quella (soltanto eventuale) del diniego di autotutela, siano trattate nell’ambito di un “simultaneus processus”.
La non obbligatorietà dell’impugnazione di detto silenzio rende inidonea la mancata formulazione di specifiche censure al riguardo con il ricorso introduttivo del giudizio a comportarne l’inammissibilità nella parte in cui è volto all’annullamento degli ulteriori provvedimenti concretamente lesivi.
5.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R., nel ritenere che la formula elaborata dalla stazione appaltante fosse inidonea a garantire una congrua pesatura comparata dell’elemento dell’offerta economica, perché determinava l’attribuzione di punteggi sostanzialmente non dissimili pur a fronte di percentuali di ribasso notevolmente diverse, “appiattendo” in un “range” di appena 4 punti (da 21 a 25) il punteggio spettante per tale elemento, si è uniformato alla decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, 31 marzo 2012 n. 1899, senza vagliare le argomentazioni giuridiche dedotte in ricorso circa la ampia discrezionalità che assiste la P.A. nell’individuare i criteri di valutazione delle offerte economiche, che è censurabile solo per manifesta illogicità, non ravvisabile nel caso di specie.
Il primo Giudice non avrebbe adeguatamente considerato che il Comune, nel formulare il bando, si era autovincolato all’applicazione delle prescrizioni in esso contenute, che non potevano essere mutate in corso di gara, anche perché i partecipanti ad essa avevano fatto affidamento sulle regole stabilite ed avevano calibrato le loro offerte economiche sulla scorta della formula matematica prescelta per l’attribuzione dei relativi punteggi.
5.1.- Osserva in proposito la Sezione che al riguardo non possono che condividersi le argomentazioni riguardo all’inidoneità della formula in questione a garantire un idoneo apprezzamento della offerta economica mediante attribuzione di punteggi simili a fronte di offerte recanti percentuali di ribasso notevolmente diverse, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, per il quale è da considerare illegittimo il criterio di valutazione dell’offerta prezzo che, mediante una formula aritmetica, conduca ad esiti opposti a quelli prefissati dal bando, dal momento che, anche se i criteri di attribuzione dei punteggi all’offerta economica possono essere molteplici, ciò che conta è che, nell’assegnazione degli stessi, venga utilizzata tutta la potenziale gamma differenziale prevista; ciò in particolare con riguardo alla voce prezzo, al fine di evitare uno svuotamento della sostanziale efficacia della componente economica dell’offerta (Consiglio di Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3802 e 31 marzo 2012, n. 1899).
Se è vero che la Commissione di gara per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nell’attribuzione del punteggio agli elementi costituenti l’offerta tecnica, gode di ampia discrezionalità, tuttavia questa può essere oggetto di sindacato giurisdizionale quando, come nel caso che occupa, presenti macroscopiche irrazionalità e incongruenze, tenuto conto che la gamma di attribuzione di punteggi per l’offerta economica con la formula in questione oscillava in pochi punti e che il bando aveva stabilito che l’individuazione della offerta economicamente più vantaggiosa sarebbe stata effettuata con il metodo aggregativo compensatore di cui all’allegato “G” al d.P.R. n. 207/2010, che invece attribuisce rilevanza al ribasso percentuale offerto.
Ciò posto, nessun rilievo può assumere, con riguardo alla legittimità della clausola in questione, la circostanza che con il bando la stazione appaltante si fosse auto vincolata al suo rispetto e che i partecipanti avessero fatto affidamento su di essa.
6.- Con il quarto motivo di gravame è stato dedotto che la statuizione del T.A.R., laddove ha annullato solo parzialmente il bando nella parte concernente la formula matematica per l’attribuzione del punteggio alla offerta economica, sarebbe incondivisibile perché le fasi in cui si suddividono le procedure ad evidenza pubblica devono seguire un ordine cronologico che, in quanto rispondente a criteri di logicità, non sarebbe derogabile, pena l’illegittimità dell’intero iter procedurale, in particolare con riguardo alle fasi di predisposizione della “lex specialis” e di redazione e presentazione delle domande di partecipazione, atteso che l’individuazione del metodo di calcolo i fini dell’attribuzione del punteggio deve precedere e non seguire la offerta.
Il rinnovo della sola fase di valutazione delle offerte avrebbe precluso alle imprese partecipanti alla gara di calibrare le proprie offerte economiche al nuovo metodo di attribuzione del punteggio, perché, se avessero saputo che il metodo di valutazione premiava i ribassi più alti, avrebbero offerto un maggior ribasso rispetto a quello effettivamente formulato in base alla legge di gara.
Comunque non sarebbe possibile applicare il metodo aggregativo compensatore all’offerta tenendo fermi i punteggi ed i sub punteggi attribuiti ai criteri ed ai sub criteri di valutazione qualitativi e quantitativi in quanto, se la stazione appaltante avesse voluto conseguire il medesimo obiettivo perseguito con il bando di gara (valorizzare l’offerta tecnica rispetto all’elemento prezzo) valutando l’offerta economica con il metodo aggregativo compensatore, avrebbe dovuto mutare i punteggi sopra citati, ad esempio diminuendo il punteggio da attribuire alla offerta economica.
Neppure avrebbe potuto essere disposto il rinnovo integrale della gara perché il criterio matematico individuato dalla “lex specialis” era legittimo.
6.1.- Osserva la Sezione innanzi tutto che, pur avendo evidenziato la ricorrente di primo grado l’opportunità del rinnovo parziale delle operazioni di gara dalla valutazione delle offerte economiche secondo una formula coerente con il metodo aggregativo compensatore prescelto di cui all’allegato “G” al d.P.R. n. 207/2010, non ha impugnato con appello incidentale la statuizione del T.A.R. laddove ha annullato il bando di cui trattasi nella parte concernente la formula matematica per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica e tutti gli atti consequenziali, “salvi i successivi provvedimenti dell’Amministrazione”, anzi, con memoria depositata il 29.11.2013, ha affermato che si era limitata con la memoria di costituzione ad auspicare una pronuncia capace di orientare la futura condotta dell’Amministrazione, insistendo per la soluzione per essa più vantaggiosa, ma senza rinunciare alla all’interesse al rinnovo integrale delle operazioni di causa, né decadendo dalla possibilità che la gara venga rinnovata integralmente.
Ciò posto va considerato che, avendo la stazione prescelto il suddetto metodo di valutazione delle offerte, una volta annullata la formula applicativa dei criteri prefissati, è libera di individuare una formula con esso coerente, secondo i criteri stabiliti dal T.A.R. con la sentenza di annullamento, ovvero di adottare ogni altro provvedimento ritenuto idoneo.
Ciò esclude la possibilità di accoglimento delle censure in esame, non contenendo la sentenza l’espressa prescrizione per l’Amministrazione di limitarsi a proseguire la gara con una formula coerente con la dedotta statuizione giurisdizionale censurata con il motivo di appello in esame.
7.- Con il quinto motivo di appello è stato dedotto che il Giudice di primo grado ha respinto il ricorso incidentale nell’erroneo assunto che la certificazione di qualità UNI ISO 9001 dell’ausiliaria fosse stata rinnovata fino al 29.3.2014; detta data di rinnovo non sarebbe stata riferita alla certificazione di qualità suddetta, ma alla attestazione SOA dell’ausiliaria Nuova Edilmonte s.r.l., come risultante dal contratto di verifica triennale della attestazione SOA stipulata il 2.2.2012 ed allegata alla memoria della appellata depositata il 12.12.2012.
Sono state quindi riproposte le censure formulate con i primi due motivi di ricorso incidentale di primo grado.
In primo luogo è stato dedotto che il punto G della Sez. XI.2.2 – Documentazione amministrativa- del bando di gara richiedeva che i concorrenti dimostrassero il possesso vigente al momento della pubblicazione del bando di un sistema di qualità aziendale UNI EN ISO 9000 riferito alle classifiche di qualificazione per le categorie di lavori oggetto dell’appalto, che era presupposto legittimante del dimezzamento della cauzione provvisoria ex artt. 40, comma 7, e 75, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006 e che doveva essere dimostrato in sede di gara esclusivamente tramite attestazione SOA ex art. 40, comma 3, del citato D.Lgs.
Nel caso di specie era stata prodotta in sede di offerta l’attestazione SOA della ausiliaria Nuova Edilmonte s.r.l. in cui è menzionata una certificazione di qualità scaduta il 28.9.2009, che non sarebbe stata surrogabile con la prodotta certificazione di qualità scadente il 28.9.2012, seppure rilasciata da un organismo di certificazione accreditato, ai sensi delle norme europee della seria UNI CEI EN ISO /IEC 17000, che non sarebbe stata tuttavia in grado di surrogare l’attività di attestazione della SOA.
Ininfluente sarebbe la produzione solo in sede processuale del contratto di verifica triennale dell’attestazione SOA stipulato il 2.2.2012, con cui detta società ausiliaria chiedeva all’Organismo di attestazione il rinnovo del certificato di qualità aziendale, in quanto avrebbe dovuto essere provato che era stata tempestivamente esibita alla stazione appaltante.
Anche se né l’art. 49, comma 7, né l’art. 75, comma 7 del D.Lgs. n. 163/2006 prevedono una espressa comminatoria di esclusione in caso di presentazione di cauzione ridotta del 50% in assenza di dimostrazione del possesso della certificazione di qualità, il disposto dell’art. 46, comma 1 bis, prima parte del D.Lgs. suddetto permetterebbe di concludere nel senso della esclusione.
7.1.- Le censure sono, secondo il Collegio, da valutare infondate, tenuto conto delle argomentazioni formulate dalla società resistente che ha evidenziato come, ai sensi dell’art. 63, comma 3, del d.P.R. n. 207/2010, la certificazione di qualità aziendale è riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso con riferimento alla globalità delle categorie e classifiche, che il bando di gara richiedeva ai fini della partecipazione solo il possesso di un sistema di qualità aziendale UNIEN ISO 9000 senza riferimento all’oggetto dell’appalto e che comunque aveva allegato alla offerta la certificazione di un impresa ausiliaria con riguardo alla quale, facendosi riferimento nella attestazione SOA della stessa (scadente il 29.3.2014) all’originaria certificazione di qualità scadente il 28.9.2009, la Vi.C. s.r.l. aveva allegato alla propria offerta, unitamente alla certificazione SOA della ausiliaria, la certificazione di qualità aziendale di questa, rinnovata il 29.9.2009 e con scadenza 28.9.2012.
Le censure in esame, considerato anche che, ai sensi dell’art. 2, lettere i) ed l), nonché dell’art. 4 del d.P.R. n. 34 del 2000, il sistema di qualità aziendale è attestato dagli organismi di certificazione accreditati, non possono essere favorevolmente valutate, a nulla valendo che nella sentenza impugnata sia stato affermato che la certificazione di qualità UNI ISO 9001 della ausiliaria era stata rinnovata fino al 29.3.2014, mentre detto termine riguardava l’attestato SOA della stessa, in quanto comunque la scadenza della rinnovata certificazione di qualità della ausiliaria era fissata al 28.9.2012, successivamente al termine di presentazione delle offerte nella gara di cui trattasi.
Tanto esclude anche la rilevanza della circostanza che il contratto stipulato il 2.2.2012 dall’impresa ausiliaria con l’Organismo di attestazione SOA sia stato esibito solo in sede di giudizio, tenuto conto che era stato prodotto con la offerta la certificazione di qualità aziendale della ausiliaria in questione.
8.- Con il sesto mezzo di gravame è stato lamentato che il Giudice di primo grado ha ritenuto infondato il ricorso incidentale, con riguardo alla censura che le proposte tecniche migliorative presentate non erano a titolo gratuito, nell’assunto che quando, nel procedimento di aggiudicazione per offerta economicamente più vantaggiosa, il bando autorizza i concorrenti a presentare variazioni migliorative (punto XI.4, n. 6), è evidente che ad ogni variante potranno corrispondere costi autonomi, che l’amministrazione è tenuta a verificare nell’ambito del complessivo importo dell’offerta.
Poiché le varianti progettuali migliorative offerte dalla società appellata non sarebbero state né riduttive, né integrative, ma accrescitive delle quantità di lavori individuati dal Comune, sarebbero state aggiuntive di categorie di lavori del tutto nuove rispetto a quelli previsti ed in assenza di esse la funzionalità dell’opera oggetto dell’appalto non sarebbe stata pregiudicata; non avrebbe dovuto quindi la stazione appaltante gravarsi di costi per lavori in assenza dei quali l’opera sarebbe stata comunque funzionale.
8.1.- Le censure non sono ad avviso del Collegio condivisibili perché il bando, al punto XI.4, aveva previsto che l’importo complessivo della offerta dovesse essere comunque fisso ed invariabile, anche se determinato attraverso l’applicazione dei prezzi unitari offerti alle quantità delle varie lavorazioni, sicché, come affermato con la impugnata sentenza, i costi autonomi delle varianti migliorative dovevano essere verificati dalla Amministrazione nell’ambito del complessivo importo della offerta, che doveva comunque rimanere fisso ed invariabile.
9.- L’appello deve essere conclusivamente respinto nelle parti in cui è volto a contestare l’accoglimento del ricorso principale e la reiezione del ricorso incidentale di primo grado e deve essere confermata la prima decisione.
10.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno – Presidente
Carlo Saltelli – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti – Consigliere
Antonio Amicuzzi – Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Depositata in Segreteria il 25 giugno 2014.
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