Ai sensi degli artt. 25 e 27 d.lgs. n. 285 del 1992, le attività di attraversamento ed uso della sede stradale e relative pertinenze oggetto di autorizzazione o concessione amministrativa, impedendo gli intralci alla circolazione dei veicoli, devono essere a carattere oneroso quale corrispettivo per l’uso particolare del bene pubblico, commisurato al vantaggio che l’utente ne ricava, e legittimano pertanto l’imposizione, da parte dell’ente locale, del canone concessorio non ricognitorio solamente a fronte di un utilizzo singolare che ne impedisca in tutto o in parte la pubblica fruizione, tanto da essere strettamente connesse alla sottrazione in tutto o in parte all’uso pubblico della res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo, viste anche le correlative disposizioni di sostanziale attuazione contenute dagli artt. 20, 21 e 22 del Codice della strada
Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 22 settembre 2016, n. 3921
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4318 del 2016, proposto dal:
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Ra., Se. Ce. Ce., con domicilio eletto presso Fe. Ma. De Ma. in Roma, via (…);
contro
2i Re. Ga. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ce. Ca., Gi. De Ve., con domicilio eletto presso Gi. De Ve. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV n. 2333/2015, resa tra le parti, concernente applicazione del canone concessorio patrimoniale non ricognitorio – avviso di pagamento – parziale difetto di giurisdizione;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di 2i Re. Ga. Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Se. Ce. Ce., Ma. Pe. su delega dell’avvocato Gi. De Ve.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Vista la sentenza n. 2333 del 5 novembre 2015 con la quale il Tribunale amministrativo della Lombardia rilevava dapprima d’ufficio il parziale difetto di giurisdizione amministrativa con riferimento all’impugnazione della nota prot. n. 6072 del 21 agosto 2015, perché tale documento concretizzava un atto paritetico quantificativo del debito verso il Comune sulla base di criteri predeterminati vincolanti e in quanto tale compreso nella giurisdizione del giudice ordinario, mentre andava riconosciuta la giurisdizione amministrativa in relazione alla contestazione del regolamento, emanato in base all’art. 27 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), con natura formalmente amministrativa, ma sostanzialmente normativa, costituente una fonte secondaria del diritto diretta a disciplinare l’uso e l’occupazione dei beni pubblici, in relazione allo svolgimento su di essi di attività di rilevanza economica, compresa l’erogazione di servizi pubblici, e dunque correlata ad un interesse legittimo;
Vista la stessa sentenza con la quale è stato ritenuto fondato il ricorso della 2i Re. Ga. Spa, in particolar modo per quanto diretto a contestare la violazione dell’art. 27 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 da parte del regolamento in questione, nella parte in cui questo andava a sottoporre a canone le attività di attraversamento ed uso della sede stradale e relative pertinenze con condutture idriche, linee elettriche e di telecomunicazione, aeree o sotterraneo, sottopassi e soprappassi, teleferiche di qualsiasi specie, gasdotti, serbatoi di combustibili liquidi, o con altri impianti ed opere oggetto di autorizzazione o concessione amministrativa, impedendo gli intralci alla circolazione dei veicoli e ciò poiché tale canone era in stretta correlazione con il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), disciplinato dall’art. 63 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in correlazione della quale si doveva desumere lo stretto rapporto tra il canone non ricognitorio e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche e la loro alternatività, basandosi fondamentalmente sullo stesso presupposto di fatto, quindi l’esclusione di un cumulo dei due debiti, visto anche che la misura del COSAP definiva il limite massimo di prelievo realizzabile in dipendenza della medesima occupazione di suolo stradale, oltre alla mancata indicazione dei parametri da utilizzare;
Visto l’appello in Consiglio di Stato proposto dal Comune di (omissis) con il quale si rammenta in sintesi l’ininfluenza della sussistenza di una convenzione, la cumulatività con la COSAP, la falsa applicazione dell’art. 27, commi 7 e 8 del Codice della strada, l’invasione del campo della discrezionalità tecnica riservata alla P.A.;
Considerato che questa Sezione ha avuto modo di pronunciarsi in tempi recentissimi sulla questione, rilevando che ai sensi degli artt. 25 e 27 d.lgs. n. 285 del 1992, le attività di attraversamento ed uso della sede stradale e relative pertinenze oggetto di autorizzazione o concessione amministrativa, impedendo gli intralci alla circolazione dei veicoli, devono essere a carattere oneroso quale corrispettivo per l’uso particolare del bene pubblico, commisurato al vantaggio che l’utente ne ricava, e legittimano pertanto l’imposizione, da parte dell’ente locale, del canone concessorio non ricognitorio solamente a fronte di un utilizzo singolare che ne impedisca in tutto o in parte la pubblica fruizione, tanto da essere strettamente connesse alla sottrazione in tutto o in parte all’uso pubblico della res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo, viste anche le correlative disposizioni di sostanziale attuazione contenute dagli artt. 20, 21 e 22 del Codice della strada;
Ritenuto, dunque, che non vi è tanto un divieto di cumulo con la COSAP, ma una diversità di titolo giuridico, avendo la prima un fondamento di carattere tributario connesso con l’occupazione permanente di uno spazio pubblico in analogia con l’indennizzo dovuto per le servitù prediali senza un nesso di collegamento con impedimenti all’uso generale, mentre il canone ricognitorio potrà essere legittimo solo se conseguente ad una limitazione o modulazione della possibilità dell’utilizzo pubblico tipico del bene che ne precluda l’ordinaria generale fruizione (Cons. Stato, V, 7 giugno 2016 n. 2427; id., 30 maggio 2016 n. 2294; id., 12 maggio 2016 n. 1926);
Visto perciò che l’appello deve essere respinto, mentre le spese di giudizio rimangono a carico del Comune;
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4318 del 2016, proposto dal:
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Ra., Se. Ce. Ce., con domicilio eletto presso Fe. Ma. De Ma. in Roma, via (…);
contro
2i Re. Ga. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ce. Ca., Gi. De Ve., con domicilio eletto presso Gi. De Ve. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV n. 2333/2015, resa tra le parti, concernente applicazione del canone concessorio patrimoniale non ricognitorio – avviso di pagamento – parziale difetto di giurisdizione;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di 2i Re. Ga. Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Se. Ce. Ce., Ma. Pe. su delega dell’avvocato Gi. De Ve.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Vista la sentenza n. 2333 del 5 novembre 2015 con la quale il Tribunale amministrativo della Lombardia rilevava dapprima d’ufficio il parziale difetto di giurisdizione amministrativa con riferimento all’impugnazione della nota prot. n. 6072 del 21 agosto 2015, perché tale documento concretizzava un atto paritetico quantificativo del debito verso il Comune sulla base di criteri predeterminati vincolanti e in quanto tale compreso nella giurisdizione del giudice ordinario, mentre andava riconosciuta la giurisdizione amministrativa in relazione alla contestazione del regolamento, emanato in base all’art. 27 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), con natura formalmente amministrativa, ma sostanzialmente normativa, costituente una fonte secondaria del diritto diretta a disciplinare l’uso e l’occupazione dei beni pubblici, in relazione allo svolgimento su di essi di attività di rilevanza economica, compresa l’erogazione di servizi pubblici, e dunque correlata ad un interesse legittimo;
Vista la stessa sentenza con la quale è stato ritenuto fondato il ricorso della 2i Re. Ga. Spa, in particolar modo per quanto diretto a contestare la violazione dell’art. 27 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 da parte del regolamento in questione, nella parte in cui questo andava a sottoporre a canone le attività di attraversamento ed uso della sede stradale e relative pertinenze con condutture idriche, linee elettriche e di telecomunicazione, aeree o sotterraneo, sottopassi e soprappassi, teleferiche di qualsiasi specie, gasdotti, serbatoi di combustibili liquidi, o con altri impianti ed opere oggetto di autorizzazione o concessione amministrativa, impedendo gli intralci alla circolazione dei veicoli e ciò poiché tale canone era in stretta correlazione con il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), disciplinato dall’art. 63 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in correlazione della quale si doveva desumere lo stretto rapporto tra il canone non ricognitorio e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche e la loro alternatività, basandosi fondamentalmente sullo stesso presupposto di fatto, quindi l’esclusione di un cumulo dei due debiti, visto anche che la misura del COSAP definiva il limite massimo di prelievo realizzabile in dipendenza della medesima occupazione di suolo stradale, oltre alla mancata indicazione dei parametri da utilizzare;
Visto l’appello in Consiglio di Stato proposto dal Comune di (omissis) con il quale si rammenta in sintesi l’ininfluenza della sussistenza di una convenzione, la cumulatività con la COSAP, la falsa applicazione dell’art. 27, commi 7 e 8 del Codice della strada, l’invasione del campo della discrezionalità tecnica riservata alla P.A.;
Considerato che questa Sezione ha avuto modo di pronunciarsi in tempi recentissimi sulla questione, rilevando che ai sensi degli artt. 25 e 27 d.lgs. n. 285 del 1992, le attività di attraversamento ed uso della sede stradale e relative pertinenze oggetto di autorizzazione o concessione amministrativa, impedendo gli intralci alla circolazione dei veicoli, devono essere a carattere oneroso quale corrispettivo per l’uso particolare del bene pubblico, commisurato al vantaggio che l’utente ne ricava, e legittimano pertanto l’imposizione, da parte dell’ente locale, del canone concessorio non ricognitorio solamente a fronte di un utilizzo singolare che ne impedisca in tutto o in parte la pubblica fruizione, tanto da essere strettamente connesse alla sottrazione in tutto o in parte all’uso pubblico della res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo, viste anche le correlative disposizioni di sostanziale attuazione contenute dagli artt. 20, 21 e 22 del Codice della strada;
Ritenuto, dunque, che non vi è tanto un divieto di cumulo con la COSAP, ma una diversità di titolo giuridico, avendo la prima un fondamento di carattere tributario connesso con l’occupazione permanente di uno spazio pubblico in analogia con l’indennizzo dovuto per le servitù prediali senza un nesso di collegamento con impedimenti all’uso generale, mentre il canone ricognitorio potrà essere legittimo solo se conseguente ad una limitazione o modulazione della possibilità dell’utilizzo pubblico tipico del bene che ne precluda l’ordinaria generale fruizione (Cons. Stato, V, 7 giugno 2016 n. 2427; id., 30 maggio 2016 n. 2294; id., 12 maggio 2016 n. 1926);
Visto perciò che l’appello deve essere respinto, mentre le spese di giudizio rimangono a carico del Comune;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta) respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di (omissis) al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi €. 2.500,00 (duemilacinquecento/00) oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
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