Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 3 novembre 2017, n. 5088. Ai fini del temperamento dell’automatismo ostativo al rilascio del permesso di soggiorno, costituito dall’ipotesi in cui lo straniero abbia legami familiari in Italia

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– che per consolidato orientamento della giurisprudenza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 T.U. 25 luglio 1998 nr. 286/98, la condanna (anche non definitiva) del cittadino extracomunitario per reati in materia di stupefacenti costituisce per l’Autorità competente un atto vincolato (cfr. da ultimo, Cons. Stato, III, n. 4395/2016; n. 3841/2016; n. 2251/2016; n. 797/2016), e tale automatismo è stato ritenuto indenne da rilievi di costituzionalità, come recentemente sottolineato (cfr. Cons. Stato, III, n. 1709/2016, che richiama Corte Cost., n. 172/2012 e n. 227/2014, Cons. Stato, Sez. III, 7 marzo 2017, n. 1079 e da ultimo anche CdS III 2592/2017).

3. Nell’atto di appello, lo straniero insiste in punto di fatto:

– sulla circostanza di essere giunto in Italia da minorenne unitamente alla sorella e alla madre e di aver frequentato in Italia le scuole elementari medi e superiori (fino alla classe terza);

– nonché sulla relativa risalenza temporale delle condanne, legate a un periodo di “smarrimento”, che sarebbe ora superato grazie all’aiuto della famiglia e alla attività lavorativa intrapresa.

In diritto, si deducono le seguenti censure:

a) travisamento dei fatti: la sentenza 10.11.2015 del Tribunale di Parma sarebbe di assoluzione per non aver commesso il fatto e la sentenza 10.7.2012 avrebbe concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione; la pena comminata con la sentenza 19.11.2015 sarebbe di 1 anno e 6 mesi e non 1 anno e otto mesi, sempre con pena sospesa e non menzione e per l’ipotesi lieve di cui al comma 5 DPR 309/1990, per il quale è escluso l’arresto in flagranza ex art. 380, comma 2 c.p.p.; inoltre, la Questura avrebbe omesso di considerare che l’appellante sarebbe entrato in Italia nel 2003, a seguito di nulla osta al ricongiungimento familiare richiesto dal padre;

b) la Questura avrebbe in precedenza proceduto al rinnovo del permesso di soggiorno, “pur in presenza delle stesse segnalazioni”;

c) si contesta, l’ applicato dal Tar Parma in relazione alla sentenza di condanna per stupefacenti, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea e a talune pronunce di questo Consiglio, in cui si affermerebbe la necessità – anche nel caso di una condanna per reati in materia di stupefacenti – di un accertamento della pericolosità sociale in concreto dello straniero, che nella specie sarebbe da escludere per le ragioni (familiari e lavorative) già evidenziate;

d) infine, il Tar Parma avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione sollevata in primo grado circa la forma del provvedimento notificato (per di più presso la Questura di Bergamo): cioè semplice fotocopia priva di attestazione di conformità all’originale.

4. In data 16 ottobre 2017 si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, producendo la documentazione depositata in primo grado.

5. Ciò premesso, il Collegio osserva quanto segue in relazione alle censure dedotte nel presente atto di appello:

5.1. sono irrilevanti le precisazioni fornite dall’appellante in ordine ai precedenti penali indicati nel diniego controverso (sentenza di assoluzione in un caso; pena sospesa e non menzione in altro caso; condanna a 1 anno e 6 mesi, anziché 8 mesi, in materia di stupefacenti, sempre con pena sospesa e non menzione).

Invero, ciò che risulta determinante nella fattispecie è, per l’appunto, quest’ultima condanna per un reato inerente gli stupefacenti e pertanto rientrante nel “catalogo” in relazione al quale l’art. 4 comma 3 D. lgs. 286/1998 ha espressamente previsto la non ammissione in Italia dello straniero;

5.2. al riguardo, l’appellante sostiene – con richiamo anche a precedenti di questa Sezione – il carattere non automatico di tale previsione.

Il Collegio deve in contrario rimarcare come l’orientamento pressoché univoco della Sezione (salvo limitate e particolari eccezioni) affermi all’opposto che le condanne per i “reati inerenti agli stupefacenti” risultano automaticamente preclusive del rilascio e del rinnovo del titolo di soggiorno, secondo quanto testualmente stabilito dagli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998: si veda, da ultimo, il capo 6 della sentenza 27/07/2017, n. 3720, che qualifica “costante” l’orientamento nel senso suesposto e in cui si compie una approfondita disamina della giurisprudenza della Corte Costituzionale intervenuta in materia, con riferimento – tra le altre – alla pronuncia n. 277/2014 con cui è stata dichiarata inammissibile una questione di costituzionalità dei medesimi artt. 4, comma 3 e 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, laddove non prevedono una differenziazione, in materia di reati inerenti gli stupefacenti, fra condanne pronunciate in forza dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990 e quelle inflitte “per fatti di lieve entità” ai sensi del successivo comma 5, come quella riportata dall’appellante, profilo quest’ultimo su cui la sua difesa fa leva in questa sede e che deve, pertanto, essere disatteso;

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