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1.2. Quindi con sentenza n14/2015 il TAR Campania, annullato il primo decreto impugnato per violazione del principio della proporzione tra la misura interdittiva adottata e la effettiva “entità della condotta censurata”, ha respinto l’atto di motivi aggiunti, spese compensate.
1.3. Avverso tale sentenza l’interessata ha proposto l’appello in epigrafe, chiedendone l’annullamento in parte qua con unico articolato motivo sia per violazione dell’art. 6, comma 1, legge n401/1989 sia, tra l’altro, per difetto di motivazione e per carenza dei presupposti.
Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Questura di Caserta, che hanno chiesto il rigetto dell’appello, rilevando, in punto di fatto, che, da un lato, l’episodio si sarebbe verificato nell’area antistante gli spogliatoi arbitrali e che lo stadio, circa 1 ora dopo il termine della partita, non sarebbe stato vuoto e che, dall’altro, le intemperanze dell’appellante avrebbero potuto suscitare reazioni emulative da parte dei tifosi scontenti dell’esito della partita; per tali ragioni (a differenza di quanto asseriva l’appellante) la Questura riteneva sussistenti i presupposti per l’adozione della misura preventiva di cui all’art 6, comma1, della legge n. 410/1989, tenuto conto del fatto che i connotati violenti della condotta dell’appellante verso l’arbitro avrebbero comportato rischi per la sicurezza pubblica in presenza di un certa tensione nel clima di fine partita.
1.4. Con memoria difensiva l’appellante contesta alcune circostanze di fatto rappresentate dalla Questura come, tra l’altro, la presenza di tifosi ancora nello stadio con la conseguente sussistenza del pericolo per la sicurezza pubblica, insistendo per l’accoglimento dell’appello.
Alla pubblica udienza del 30 marzo 2017, uditi i difensori presenti per le parti, la causa è andata in decisione.
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto con l’appello in epigrafe l’interessata chiede la riforma in parte qua della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto le censure dedotte avverso il decreto del Questore di Caserta 5 agosto 2015 n. 968331, che ha disposto il divieto nei confronti dell’appellante di frequentare per anni 1 i luoghi dove si svolgono partite di calcio dell’Aversa Normanna e delle altre squadre che militano nei campionati nazionali di Lega Pro, Serie D ed Eccellenza, nonché i luoghi di transito e concentramento dei tifosi delle squadre di calcio che partecipano agli indicati campionati.
2.1.L’appello è fondato.
La sentenza impugnata, a sostegno della legittimità della misura interdittiva, rileva che “detta condotta si è svolta nell’ambito di uno stadio, al termine di una competizione sportiva ed ha visto il coinvolgimento di uno dei componenti della terna arbitrale”, ma l’appellante contesta l’esattezza della rappresentazione di tale situazione di fatto e censura, quindi, la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti per l’applicazione della misura interdittiva di cui alla legge n. 401/1989, art 6.
Il rilievo va condiviso.
Infatti, come si desume dal correlato verbale di P.S. del 30 maggio 2015, al momento del fatto in controversia erano le ore 18 e, essendo la partita terminata da oltre un’ora, “i tifosi di entrambe le squadre, i giocatori ed i rispettivi dirigenti avevano già lasciato lo stadio debitamente scortati a cura di personale delle forze dell’ordine”; per tale ragione, quindi, l’eventualità che “potessero essere emulati gesti simili”(vedi decreto d5 agosto 2015) va esclusa come situazione impossibile a causa della mancanza dei soggetti, che potessero essere indotti a comportamenti imitativi.
2.2. Né la mancata reazione dell’arbitro può verosimilmente essere ricondotta “all’immediato intervento delle forze dell’ordine e al tempestivo allontanamento della ricorrente”(vedi sentenza impugnata).
Infatti, premesso che lo stadio (ed anche il campo di gioco) era vuoto (essendo terminata la partita da oltre 60 minuti), va osservato che, come si rileva dallo stesso verbale di PS del 30 maggio 2015, la moglie del Presidente dell’Aversa, rovesciava addosso ad uno degli arbitri acqua da una bottiglia di plastica, “dopodiché si allontanava velocemente in direzione della sala stampa”.
Pertanto dagli atti emerge che la mancata reazione dell’arbitro non può essere ricollegata (come, invece, afferma la sentenza) “all’immediato intervento delle forze dell’ordine ed al tempestivo allontanamento della ricorrente”, ma alla autonoma decisione della appellante, che, evidentemente soddisfatta dal gesto dimostrativo, si è autodeterminata a dirigersi alla sala stampa, a lei accessibile quale consorte del presidente dell’Aversa Normanna, assidua frequentatrice dello stadio.
2.5. Quindi, se in punto di fatto in tali sensi va corretta la ricostruzione della condotta dell’appellante e del suo contesto spazio temporale (rispetto a quello esposto nella sentenza), in punto di diritto ne consegue che, specularmente, debba essere esclusa, nel caso di specie, la sussistenza dei presupposti richiesti dal legislatore per l’adozione della misura interdittiva in argomento, ove si consideri che la normativa in materia persegue, in via preventiva e con specifiche modalità, la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico negli stadi ed in genere nei luoghi di manifestazioni sportive.
Infatti, da un lato, la circostanza che i tifosi, i giocatori ed i dirigenti delle squadre medesime avessero già lasciato lo stadio, alle ore 18 (la partita era iniziata alle h.15) impedisce di configurare il gesto in questione come verosimilmente pericoloso per la sicurezza pubblica, mentre, dall’altro, la situazione di tensione creata dalla condotta dell’appellante, lungi da implicazioni di rischio di violenza diffusa, è rimasta circoscritta ad un ambito personale tra l’arbitro e l’interessata ed, infatti, si è chiaramente risolta a seguito della autonoma decisione della medesima di allontanarsi verso la sala stampa, dando in tal guisa conto dell’evidente volontà di porre termine ai comportamenti molesti ed irriguardosi nei confronti dell’arbitro.
2.4. Ritiene il Collegio, in definitiva, che, verosimilmente, secondo i dati della comune esperienza, nella censurata condotta dell’appellante mancava in toto l’idoneità a porre in pericolo la sicurezza pubblica, che, invece, rappresenta uno dei presupposti per l’applicazione del divieto di accesso alla manifestazioni sportive, trattandosi (come si è detto) di una misura di natura preventiva a tutela della sicurezza pubblica, e non sanzionatoria del disvalore della specifica condotta del singolo, ove la stessa risulti avulsa da un contesto di minaccia all’ordine pubblico.
3. In conclusione per le esposte considerazioni l’appello va accolto e, per l’effetto, la sentenza impugnata va riformata in parte qua, per quanto di interesse, con il conseguente annullamento del decreto del Questore di Caserta 5 agosto 2015, n. 968331.
Considerate le peculiari caratteristiche della vicenda in punto di fatto, sussistono le ragioni per compensare tra le parti le pese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza)
accoglie l’appello e, per l’effetto, riforma in parte qua, per quanto di interesse, la sentenza impugnata con il conseguente annullamento del decreto del Questore di Caserta 5 agosto 2015, n. 968331.
Spese compensate tra le parti per entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Francesco Bellomo – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere, Estensore
Giulio Veltri – Consigliere
Sergio Fina – Consigliere
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