Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 18 aprile 2018, n. 2358
La revoca del contributo pubblico erroneamente erogato costituisce un atto dovuto per l’Amministrazione concedente, che è tenuta a porre rimedio alle conseguenze sfavorevoli derivanti all’Erario per effetto di un’indebita erogazione di contributi pubblici sia quando è emerso che il beneficio era stato accordato in assenza dei presupposti di legge, sia quando è stato accertato un successivo inadempimento da parte del beneficiario; e in ambo i casi è anche da escludere la sussistenza per l’Amministrazione di uno specifico obbligo di motivazione, essendo l’interesse pubblico all’adozione dell’atto in re ipsa quando ricorra un indebito esborso di danaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato.
Sentenza 18 aprile 2018, n. 2358
Data udienza 12 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4109 del 2014, proposto da
Eu. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato St. Zu., con domicilio eletto presso lo studio Vi. Ce. in Roma, via (…);
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
Un. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Sa., con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Sa. in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA – TRIESTE: SEZIONE I n. 00008/2014, resa tra le parti, concernente revoca contributo
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico e di Un. S.p.A;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati An. Gi. in dichiarata sostituzione dell’avv. St. Zu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame la società odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 8 del 2014 con cui il Tar Friuli Venezia Giulia aveva respinto l’originario gravame, proposto dalla stessa società, in qualità di subentrante nel relativo progetto d’investimento, avverso la revoca del provvedimento di liquidazione delle agevolazioni sul commercio elettronico e sulla “quick-response” di cui alla legge n. 388/00, art. 103, commi 5 e 6, percepite dalle imprese partecipanti al progetto n. 11273/ECi.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello con cui, nel lamentare l’erroneità della decisione, riproponeva i motivi di primo grado:
– erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui reputa legittima la revoca stante la mancanza del decreto di subentro nel progetto originario, stante l’applicabilità dei principi del silenzio assenso, error in iudicando e in procedendo, violazione dell’art. 21 nonies, travisamento, manifesta illogicità della sentenza e riproposizione delle censure non esaminate in merito alle contestazioni formulate;
– erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui reputa inapplicabile la disciplina del legittimo affidamento e la motivazione rafforzata, insussistenza della motivazione di un interesse pubblico ulteriore, violazione dell’art. 21 nonies cit. e diversi profili di eccesso di potere;
– erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui reputa inammissibile il motivo sul mancato rispetto del contraddittorio procedimentale, violazione degli artt. 3, 7 ss. l. 241 cit. e diversi profili di eccesso di potere;
– violazione dell’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 123/1998 e dei principi dell’ordinamento giuridico comunitario previsti in materia di revoca parziale del contributi pubblici, di proporzionalità, ragionevolezza, buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa tutelati dall’art. 97 Cost., difetto di adeguata istruttoria e motivazione.
Le parti appellate si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 12/4/2018 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è destituito di fondamento.
La controversia decisa dalla sentenza appellata, riproposta nella presente sede, ha ad oggetto la domanda di annullamento dell’atto di revoca del contributo di cui alla narrativa in fatto.
Come emerge dalla documentazione versata in atti, la revoca è stata motivata sulla scorta di una serie di contestazioni e di gravi irregolarità, in merito alla prova e sussistenza delle quali il Mise ha richiamato – anche per relationem – tre denunce presentate dal gestore Un. Spa e dai conseguenti atti compiuti dalla polizia giudiziaria (cfr. in specie, le relazioni della Guardia di finanza datate 20/7/2009, 23/10/2009 e 1/3/2011), da cui è scaturito il rinvio a giudizio di parte beneficiaria del contributo oggetto di revoca.
Il provvedimento impugnato, oltre a richiamare compiutamente gli atti presupposti e l’istruttoria svolta, ha altresì specificato la pluralità di violazioni contestate e poste a fondamento della disposta revoca: 1) in violazione degli artt. 5.7 e 5.8 della circolare dell’8 ottobre 2004, alcune imprese facenti parte del progetto risultavano aver del tutto illegittimamente ottenuto agevolazioni fiscali “e-commerce”, non risultando agli atti il decreto (autorizzazione) relativo al loro subentro; 2) in violazione dell’art. 1 del D.M. 3 agosto 2005, la perizia giurata asseverata agli atti risultava incompleta. Non vi era infatti alcun riferimento alle fatture relative ai costi relativi al Progetto; nè risultavano essere state valutate le variazioni avvenute, con particolare riferimento alla coerenza di tali variazioni con l’obiettivo del progetto; 3) in violazione dell’art. 1 del D.M. 3 agosto 2005, dalla documentazione agli atti risultava assente la Dichiarazione di Variazione del Soggetto Promotore, e la relativa Relazione tecnico-economica.
A fronte di un provvedimento così articolato, va condiviso il consolidato principio richiamato dalla sentenza appellata a mente del quale in caso d’impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative di segno negativo – quale all’evidenza è un provvedimento di revoca di un contributo pubblico – fondate su una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare l’adozione del provvedimento sfavorevole per il ricorrente, è sufficiente che una sola di esse resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti indenne dalle censure articolate ed il ricorso venga dichiarato infondato, o meglio inammissibile per carenza di interesse alla coltivazione dell’impugnativa avverso l’ulteriore ragione ostativa, il cui esito resta assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V 11 novembre 2016 n. 4685).
2.1 Passando all’esame dei singoli motivi, in relazione al primo motivo, concernente la contestata assenza dell’autorizzazione al subentro, le considerazioni svolte dal Giudice di prime cure appaiono fondate.
In termini ricostruttivi della disciplina rilevante nel caso di specie, gli artt. 5.7 e 5.8 della circolare in data 8/10/2004, n. 1253707, con cui è stato emanato il (III) bando per le incentivazioni in favore del commercio elettronico di cui all’art. 103 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) e integrazioni di cui all’art. 21, comma 10, della legge 5 marzo 2001, n, 57, stabiliscono espressamente che “previa verifica del Gestore, circa la regolarità formale della dichiarazione-domanda di fruizione, è disposta la liquidazione dell’agevolazione, in unica soluzione, nel limite delle risorse prenotate” e che “nell’ambito del medesimo progetto possono essere autorizzate dal Ministero, a seguito dell’istruttoria svolta dal Gestore (…) variazioni del numero di imprese partecipanti alla realizzazione del progetto ovvero possono essere ammessi subentri al posto delle imprese originarie fra i componenti l’aggregazione, purché le variazioni non diano luogo al superamento degli importi prenotati per l’intero progetto e nel rispetto della regola del de minimis”.
A propria volta il d.m. 3 agosto 2005, recante la disciplina delle modalità di comunicazione al Gestore delle variazioni in corso d’opera del progetto presentato, prevede all’art. 1 che “le variazioni in corso di realizzazione del progetto di commercio elettronico, con riferimento alle imprese partecipanti (…), devono essere comunicate dal promotore a MC. s.p.a., mediante raccomandata ed avviso di ricevimento, con una domanda di variazione al progetto, accompagnata da una relazione tecnico-economica; MC. s.p.a. dovrà esprimere al Ministero l’ammissibilità alle agevolazioni delle variazioni stesse” (comma 1) e che “le variazioni presentate: non debbono modificare l’obiettivo previsto nella domanda del promotore e nel caso di nuove imprese partecipanti al progetto, che eventualmente intervengono in sostituzione di imprese pre-esistenti per espressa rinuncia alla realizzazione del progetto, debbono svolgere un’attività che si configuri facente parte della o delle filiere nelle quali sono inquadrabili le imprese che hanno presentato la domanda d prenotazione delle agevolazioni” (comma 2).
In proposito, costituisce una lettura pienamente razionale della disciplina in esame quella che ricollega gli oneri formali di richiesta ed autorizzazione alla necessità di una attenta verifica circa la sussistenza dei parametri di riferimento, necessari all’ottenimento del beneficio in questione.
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