Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 9 maggio 2018, n. 2793.
La causa di esclusione di cui alla lett. f) dell’art. 38, lett. f), D.Lgs. 163/2006, diversamente da quella di cui alla lett. c), prende direttamente in considerazione il comportamento (inadempiente) dell’operatore economico in quanto tale; ma la causa espulsiva in questione non opera automaticamente ed implica una valutazione della stazione appaltante in ordine all’incidenza del comportamento tenuto dal concorrente nell’esecuzione di pregresse prestazioni contrattuali, sulla sua affidabilita’ professionale.
Sentenza 9 maggio 2018, n. 2793
Data udienza 5 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9100 del 2017, proposto da
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Bo. e domiciliata presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
contro
Me. Mi. – MM s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Ra. Pe. e Al. Ro., con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…);
nei confronti
Ec. Se. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del TAR Lombardia – Milano, Sezione IV, n. 2123/2017, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di pulizia delle griglie poste sui corsi d’acqua tombinati nel territorio del Comune di Milano, con carico, trasporto, conferimento e smaltimento dei materiali e dei rifiuti rimossi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di MM s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Bo. e Sb., per delega di Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
-OMISSIS-. (d’ora in poi solo -OMISSIS-) s.r.l. ha partecipato alla procedura aperta indetta da Me. Mi. – MM s.p.a. per “l’affidamento in appalto del servizio di pulizia delle griglie poste sui corsi d’acqua tombinati nel territorio del Comune (di Milano), con carico, trasporto, conferimento e smaltimento dei materiali e dei rifiuti galleggianti rimossi”, classificandosi al primo posto.
Sennonché, prima di procedere all’aggiudicazione definitiva, la MM ha
comunicato alla -OMISSIS- l’avvio del procedimento di esclusione dalla gara rilevando di aver appreso “nel corso dello svolgimento dei procedimenti penali relativi ad appalti eseguiti nel settore dei rifiuti nel territorio lombardo anche dall’-OMISSIS-…. una serie di circostanze – non rappresentate nella documentazione prodotta in sede di gara – connotate da profili di grave malafede nell’esecuzione anche delle prestazioni in precedenza affidate dalla scrivente Stazione Appaltante (contratto d’appalto n. 12/M/174/08 del 25.09.2008, n. 12/M256/11 del 29.03.2011 e n. 12/M/326/12 del 25.06.2013) che non consentono la formalizzazione di ulteriori rapporti contrattuali”.
Acquisite le osservazioni formulate dall’impresa e ritenute le stesse non meritevoli di accoglimento, la stazione appaltante ha ritenuto sussistente la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163, per cui ne ha disposto l’esclusione dalla gara.
Ritenendo il provvedimento espulsivo illegittimo la -OMISSIS- lo ha impugnato con ricorso al TAR Lombardia – Milano, il quale, con sentenza 10/11/2017, n. 2123, lo ha respinto.
Avverso la sentenza la -OMISSIS- ha proposto appello.
Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio la MM.
Con successive memorie le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 5/4/2018 la causa è passata in decisione.
Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di rito sollevata dall’appellata essendo l’appello, comunque, infondato nel merito.
Col primo motivo si critica l’impugnata sentenza nelle parti in cui afferma che:
1) <<…l’obbligo di dichiarare nelle gare pubbliche i gravi episodi di negligenza professionale e mala fede in cui è incorsa l’impresa ricorrente, e per i quali è stata applicata su richiesta la pena dal GIP del Tribunale di Monza, è già stato sancito sia da questa Sezione (sent. n. 969/2017) che dal Consiglio di Stato (sent. n. 4192/2017). Nel caso di specie, i fatti di rilievo penale, sopra decritti e non allegati in sede di dichiarazione resa alla stazione appaltante, costituiscono accertate ipotesi di mala fede, e configurano, come detto, la causa ostativa di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, dal momento che rileva in modo oggettivo, ai fini della qualificazione della “mala fede”, la citata sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciata dal GIP del Tribunale di Monza in data 19 gennaio 2015, passata in giudicato nel gennaio del 2016, con condanna di soggetti appartenenti alla famiglia -OMISSIS- e aventi all’epoca qualifiche dirigenziali e amministrative, per fatti di corruzione, truffa aggravata e turbativa d’asta specificamente riconnessi, tra l’altro, ad ulteriore appalto eseguito per conto dell’odierna resistente>>;
2) <>.
I passaggi della sentenza riportati sub 1) sarebbero censurabili in quanto:
a) contrasterebbero con l’indirizzo giurisprudenziale di questa Sezione secondo cui la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. n. 163/2006 prenderebbe in considerazione unicamente le condotte negligenti tenute nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali restando fuori dall’ambito operativo della norma i fatti, anche illeciti, occorsi nella prodromica fase di gara;
b) gli estremi del grave errore professionale non potrebbero essere ricavati da procedimenti penali a carico di esponenti dell’impresa concorrente, per i rischi di sovrapposizione tra la causa ostativa di cui al citato art. 38 comma 1, lett. f) e quella contemplata nella precedente lett. c) del comma 1 del medesimo art. 38, con conseguente violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione;
c) con riguardo ai gravi errori professionali non sarebbe configurabile in capo al concorrente, alcun onere dichiarativo stante il carattere indeterminato della locuzione;
d) nell’esecuzione dei precedenti appalti menzionati dalla MM l’impresa non avrebbe posto in essere alcun fatto rilevante ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. n. 163/2006, tant’è che in data 16/6/2014 proprio la MM avrebbe emesso un certificato di regolare esecuzione del contratto – atto assistito da fede privilegiata – non considerato dal giudice di prime cure;
e) l’omessa dichiarazione dei fatti rilevanti ai sensi del menzionato art. 38, comma 1, lett. f), non sarebbe sanzionata ex se ma solo ove sia di ostacolo alla valutazione rimessa alla stazione appaltante;
f) gli episodi che secondo il giudice di prime cure configurerebbero un’ipotesi di grave negligenza a danno della MM, non sarebbero menzionati né nella comunicazione di avvio del procedimento, né nell’impugnato provvedimento espulsivo, posto che solo con la memoria depositata in giudizio in vista della pubblica udienza la stazione appaltante avrebbe inammissibilmente invocato la condanna di alcuni soggetti, ormai cessati, titolari di cariche direttive nella -OMISSIS- per i reati di truffa, corruzione e turbata libertà degli incanti;
g) il legale rappresentante dell’impresa concorrente non sarebbe stato in grado di dichiarare circostanze a lui ignote in quanto verificatesi prima che egli entrasse in carica e relative a soggetti ormai estranei alla compagine sociale;
h) la lex specialis della gara non avrebbe previsto un onere di dichiarare, fra le circostanze di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), anche fatti di rilevanza panale, per cui la mancata dichiarazione di questi ultimi non avrebbe potuto giustificare l’esclusione dalla gara, stante la necessità, riconosciuta dal giudice eurounitario, che la disciplina di gara espliciti tutte le condizioni sostanziali e procedurali a cui è subordinata la partecipazione alla procedura.
Le affermazioni sub 2) non sarebbero, invece, condivisibili per l’insanabile contraddizione esistente tra l’asserito venir meno del pactum fiduciae che inibirebbe l’aggiudicazione della gara all’appellante e il contestuale affidamento alla stessa di diverse proroghe del medesimo servizio da aggiudicare con la procedura oggetto del contendere, nelle more della definizione della stessa.
Le doglianze così sinteticamente riassunte, che si prestano ad una trattazione congiunta, non meritano accoglimento.
Occorre premettere che, diversamente da quanto l’appellante afferma, la stazione appaltante ha individuato con sufficiente chiarezza, ancorché succintamente, le circostanze che a suo giudizio integravano la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. n. 163/2006.
Si legge, infatti, nell’impugnato provvedimento espulsivo che all’esito di alcuni procedimenti penali concernenti appalti affidati alla -OMISSIS- nel settore dei rifiuti nel territorio lombardo, erano emersi fatti connotati “da profili di grave malafede nell’esecuzione anche delle prestazioni in precedenza affidate dalla scrivente Stazione Appaltante”.
I procedimenti penali in discorso e conseguentemente le condotte contrarie al dovere di buona fede prese in considerazione, sono inequivocabilmente individuati attraverso il preciso riferimento agli estremi dei contratti d’appalto interessati dalle vicende illecite contestate (contratti d’appalto nn. 12/M/174/08 del 25/9/2008, 12/M256/11 del 29/3/2011 e 12/M/326/12 del 25/6/2013).
Non è controverso che tra i reati addebitati ad alcuni soggetti che all’epoca dei fatti rivestivano ruoli di responsabilità nell’impresa Sangallo (in relazione ai quali, in data 26/1/2015, il Tribunale di Monza ha emesso sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e seg. c.p.p.) vi siano quelli di truffa e corruzione “perché in concorso anche con funzionari di MM e mediante artifici e raggiri – consistenti nella falsificazione della documentazione contabile della commessa (attestante l’esecuzione di lavori in realtà mai effettuati) – inducevano quest’ultima in errore circa la reale consistenza dei lavori eseguiti nell’ambito dell’appalto relativo all’affidamento del medesimo servizio oggetto della gara di cui si discute per i bienni dal 2008 al 2012”.
La descritta condotta, oltre che rilevare sotto il profilo penalistico, costituisce un indubbio sintomo di grave malafede nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell’impresa concorrente, dovendo a quest’ultima imputarsi, sul piano civilistico, l’agire dei propri organi rappresentativi.
Attraverso il riferimento ai sopra descritti fatti criminosi la stazione appaltante ha, quindi, inteso dar rilievo al comportamento tenuto dall’odierna appellante nell’esecuzione dei precedenti contratti ritenendolo ostativo alla definitiva aggiudicazione e alla stipula del contratto.
Ne consegue che nella fattispecie non si è verificata alcuna confusione tra le diverse cause di esclusione di cui alle lettere c) e f) del comma 1 dell’art. 38 più volte richiamato.
Ed invero, uno stesso comportamento può assumere i contorni (come nel caso che occupa) di una “grave… malafede nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali affidate dalla stazione appaltante”, e al contempo, sussistendone i presupposti, di una fattispecie criminosa.
L’esposta conclusione non contrasta, pertanto, con il condivisibile principio, enunciato nei precedenti della Sezione invocati nell’atto d’appello, in base al quale la “causa di esclusione in questione [quella di cui alla lett. f)] è infatti riferita [soltanto] a negligenze ed errori commessi nell’esecuzione di precedenti commesse…” (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 30/10/2017, n. 4973, 15/6/2017, n. 2934 e 21/7/2015, n. 3595).
Né, diversamente da quanto l’appellante ritiene (memoria di replica depositata in data 23/3/2018), vi è contraddizione tra le sentenze di questa Sezione n. 4973/2017 e 14/2/2018, n. 956.
Quest’ultima, infatti, è in linea col consolidato orientamento della di questa stessa Sezione (si veda anche Cons. Stato, Sez. V, 4/12/2017 n. 5704) che circoscrive “l’errore grave nell’esercizio della… attività professionale” di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), alle sole condotte tenute in sede di esecuzione del contratto, escludendo dal campo operativo della citata norma i fatti, anche illeciti, emersi nella prodromica fase della procedura ad evidenza pubblica.
Ed invero, nel caso esaminato con la ricordata sentenza n. 956/2018 la stazione appaltante (Comune di Pioltello) aveva dato rilievo, ai fini dell’esclusione dalla gara della -OMISSIS-, a un precedente inadempimento occorso nell’esecuzione di un contratto stipulato col comune di Monza, correttamente sussumendo la causa espulsiva in quella contemplata nel più volte menzionato art. 38, comma 1, lett. f).
Come più sopra rilevato, nel caso di specie la stazione appaltante ha escluso la -OMISSIS- per aver “commesso grave… malafede nell’esecuzione” dei precedenti contratti che la medesima le aveva affidato.
L’avversata esclusione dalla gara si basa, quindi, sulla concreta valutazione della condotta tenuta dall’impresa nell’adempimento dei pregressi rapporti contrattuali e ciò rende irrilevante ogni profilo di censura connesso all’omessa dichiarazione dei fatti di inadempimento contestati.
L’esistenza della “grave malafede” nell’esecuzione dei pregressi rapporti contrattuali che ha portato all’esclusione dalla gara dell’appellante non è contraddetta dal certificato di regolare esecuzione del contratto 03/M/23/12 del 23/3/2012 emesso dalla MM.
Tale certificato riguarda, infatti, il periodo 21/1/2012 – 20/1/2014, ma nulla dice in merito ai precedenti rapporti negoziali ai quali si riferiscono le vicende considerate dalla stazione appaltante nell’adottare l’avversato provvedimento espulsivo.
Va, inoltre, escluso che le svariate proroghe del pregresso servizio accordate all’appellante nelle more della definizione della procedura di gara qui contestata, siano in contraddizione con il venire meno dell’affidabilità professionale che sta alla base della causa di esclusione in parola (Cons. Stato, Sez. V, 13/7/2017, n. 3444).
Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, nel provvedimento di esclusione impugnato <> oggetto del contendere.
L’impellente necessità di garantire continuità all’esecuzione del pubblico servizio, nelle more della procedura preordinata all’individuazione del nuovo contraente, giustifica le disposte proroghe interinali, anche in presenza di circostanze idonee a mettere in dubbio l’affidabilità professionale del contraente.
Né a fronte delle esposte considerazioni può assumere rilievo il fatto che tale esigenza sia stata enunciata solo in alcuni degli atti di proroga.
Ciò che conta è, infatti, che la detta esigenza esistesse ontologicamente e che così fosse non è, nella fattispecie, contestato.
Va, infine, rilevato che diversamente da quanto dedotto dall’appellante, la causa di esclusione in questione era contemplata dalla lex specialis della gara, come si ricava dal bando, il quale, al punto 8, prevedeva espressamente che ai fini dell’ammissione alla gara i concorrenti dovessero dichiarare “l’insussistenza delle cause di esclusione dalle gare di appalto di cui all’art. 38 del D.Lgs. 163/2006”.
Col secondo motivo si denuncia l’errore commesso dall’adito Tribunale nel ritenere:
a) tempestiva l’adozione del provvedimento di esclusione dalla gara, atteso che questo, sarebbe intervenuto a quasi due anni di distanza da quando la stazione appaltante avrebbe appreso delle condotte poi valutate ostative all’aggiudicazione della commessa, con lesione dei principi che regolano il procedimento amministrativo (tempestività e buon andamento) e del legittimo affidamento acquisito dall’appellante in ragione delle proroghe medio tempore disposte;
b) irrilevanti le misure di self-cleaning poste in essere dalla -OMISSIS- sulla base:
b1) del falso presupposto che le stesse potrebbero operare solo con riguardo alla causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), mentre, invece, gli atti di dissociazione, dovrebbero poter produrre i loro effetti anche in relazione alla fattispecie di cui alla lett. f), del medesimo art. 38, come si ricaverebbe da un’interpretazione della detta norma condotta alla luce dell’art. 57, comma 6, della direttiva 26/2/2014, n. 2014/24/UE;
b2) della ravvisata insufficienza delle stesse misure con riferimento “all’attuale proprietà societaria… e all’esiguità del risarcimento offerto dai responsabili degli illeciti rispetto al danno arrecato alla società”.
Le due sintetizzate doglianze non meritano accoglimento.
Quanto alla prima è sufficiente osservare che ai fini di giudicare la tempestività del contestato provvedimento espulsivo non ha alcun rilievo il momento in cui la stazione appaltante ha acquisito conoscenza delle condotte che l’hanno, poi, portata a valutare la reputazione professionale dell’appellante gravemente compromessa, dovendosi allo scopo prendere in considerazione unicamente il procedimento di gara, posto che solo all’interno di quest’ultimo la detta valutazione poteva essere espressa al fine di decretare l’avversata esclusione dalla competizione.
Con riguardo all’ulteriore profilo di doglianza il TAR ha ritenuto che le c.d. misure di self-cleaning (che l’appellante afferma di aver posto in essere), sono prese in considerazione dal solo art. 38, comma 1, lett. c), mentre è da escludere possano avere una qualche influenza sulla causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f).
Le conclusioni del giudice di prime cure meritano condivisione.
Le misure in parola, rispondono alla finalità di evitare che le condotte penalmente rilevanti poste in essere dai soggetti cessati dalla carica meglio indicati nella norma [art. 38, comma 1 lett. c)] si riflettano sulla possibilità dell’operatore economico di restare sul mercato, mitigando il rigore derivante dall’automatica trasposizione degli effetti della condotta illecita dall’autore del fatto all’operatore economico stesso.
La causa di esclusione di cui alla lett. f) del ricordato art. 38, diversamente da quella di cui alla lett. c), prende, invece, direttamente in considerazione il comportamento (inadempiente) dell’operatore economico in quanto tale, per cui non si pone l’esigenza di cui sopra.
E del resto, la causa espulsiva in questione non opera automaticamente, ma implica una valutazione della stazione appaltante in ordine all’incidenza del comportamento tenuto dal concorrente nell’esecuzione di pregresse prestazioni contrattuali, sulla sua affidabilità professionale.
Nessun argomento contrario alle esposte considerazioni può, infine, trarsi dall’art. 57, comma 6, della direttiva 26/2/2014, n. 2014/24/UE, che secondo l’appellante, pur non essendo direttamente applicabile alla fattispecie, avrebbe dovuto costituire parametro di riferimento ai fini di orientare l’attività interpretativa dell’art. 38, comma 1, lett. f).
Basta sul punto rilevare che la menzionata norma eurounitaria non è stata invocata in primo grado, per cui non può ad essa farsi riferimento in questa sede, stante il divieto di nova in appello (art. 104, comma 1 c.p.a.).
Con il terzo motivo l’appellante ripropone la domanda risarcitoria che risulta, però, infondata in conseguenza della reiezione di quella impugnatoria.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore dell’appellata, liquidandole forfettariamente in complessivi € 7.000/00 (settemila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -OMISSIS-.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente FF
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Valerio Perotti – Consigliere
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