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Giova sottolineare come l’art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 300 del 1992 (regolamento concernente le attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge n. 241 del 1990) stabilisca che in caso di domanda del privato irregolare od incompleta, l’Amministrazione ne dà comunicazione al richiedente entro dieci giorni, ed in tale caso il termine per la conclusione del procedimento decorre dal ricevimento della domanda regolare.
Nel caso di specie, come già rilevato, con la comunicazione di avvio del procedimento in data 11 gennaio 2016 alcuna irregolarità contenutistica e/o documentale è stata evidenziata (l’unico rilievo mosso è stato quello della mancata produzione della marca da bollo pari ad euro 16,00, adempimento effettuato il successivo 18 gennaio 2016), con il logico corollario che il dies a quo deve intendersi effettivamente decorso a fare tempo dal 23 dicembre 2015.
3. – Come premesso, merita invece accoglimento il terzo motivo di appello, che critica la sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabile (e formato) il silenzio assenso ai sensi dell’art. 20 della legge sul procedimento amministrativo, senza tenere in considerazione la natura concessoria dei provvedimenti con i quali è consentito l’uso esclusivo dei beni pubblici demaniali.
Non può infatti prescindersi dal considerare come, nonostante l’ampliamento della portata del silenzio assenso conseguente alla novella, intervenuta nel 2005, dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990, l’ambito suo proprio sia quello dei provvedimenti autorizzatori (non vincolati, in quanto altrimenti si verterebbe piuttosto nel campo della S.C.I.A.), come risulta confermato dall’elenco dei casi di silenzio assenso ora previsti dal d.lgs. n. 222 del 2016, testo legislativo peraltro ricognitivo dell’assetto preesistente.
Emerge, a titolo esemplificativo, dall’allegato al d.lgs. n. 222 del 2016, per quanto rileva in questa sede, che, con riguardo agli stabilimenti balneari, l’avvio è sottoposto a S.C.I.A. unica previa concessione demaniale, ciò confermando che la concessione demaniale non rientra nell’ambito di operatività del silenzio assenso.
E’ dunque questo il profilo da approfondire, in quanto la fattispecie controversa è caratterizzata dal subingresso nella concessione demaniale, nel caso particolare della vendita od esecuzione forzata, ipotesi per la quale l’art. 46, comma 2, Cod. nav. prevede che “l’acquirente o aggiudicatario di opere o impianti costruiti dal concessionario su beni demaniali non può subentrare nella concessione senza l’autorizzazione dell’autorità concedente”.
Ritiene il Collegio che, al di là del nomen iuris utilizzato dalla norma (autorizzazione), la disciplina relativa al subingresso nella concessione demaniale marittima delinei un istituto sui generis, contemporaneamente diverso dal rilascio della concessione (artt. 36 e ss. Cod. nav.), ma anche dalla mera autorizzazione. Si tratta infatti della sostituzione di un soggetto nell’ambito di un rapporto concessorio preesistente (del quale permangono le condizioni e scadenze), e dunque di una novazione soggettiva, che necessariamente partecipa della natura della concessione demaniale, configurando una sorta di fenomeno derivativo, rispetto al quale non opera il silenzio assenso, occorrendo invece un provvedimento espresso. Tale soluzione trova poi indiretta conferma, sul piano sistematico, nella disposizione dell’art. 30 del reg. nav. mar., il cui terzo comma stabilisce che “qualora l’amministrazione, in caso di vendita o di esecuzione forzata, non intenda autorizzare il subingresso dell’acquirente o dell’aggiudicatario nella concessione, si applicano in caso di vendita le disposizioni sulla decadenza e in caso di esecuzione forzata le disposizioni sulla revoca”; in particolare, la previsione di una revoca (dell’originaria concessione) sembra escludere che il subingresso si fondi su di un mero provvedimento di rimozione di un limite ad un diritto preesistente.
Un non dissimile ordine di argomenti è stato seguito da questa Sezione nel precedente di cui alla sentenza 16 febbraio 2017, n. 688, che ha posto in evidenza come “il potere autorizzatorio previsto dall’art. 46 in esame va[da] poi correlato con l’immanente potestà dell’autorità concedente di verificare la conformità dell’uso privato riservato rispetto al preminente interesse pubblico correlato al bene demaniale ex art. 36 del medesimo codice e, in caso di domande concorrenti ai sensi del successivo art. 37, di comparare le proposte alternative di uso del bene al fine di verificare quale sia quella in grado di offrire “maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione””.
4. – Nei termini esposti, l’appello principale va dunque accolto, dovendosi per l’effetto, in riforma della sentenza di prime cure, respingere la domanda intesa all’accertamento dell’intervenuta formazione del silenzio assenso.
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