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6. Il ricorso per revocazione è fondato laddove lamenta che la sentenza revocanda non abbia esplicitamente statuito sul motivo – riproposto con l’atto di appello – relativo alla carenza di motivazione della nota regionale.
Invero la Ag. nell’appello aveva:
1. argomentato avverso la pronuncia di rito del giudice di primo grado (la quale aveva giudicato inammissibile il ricorso nella sua totalità) e,
2. conseguentemente, chiamato il giudice d’appello a pronunciarsi sui motivi di merito non esaminati in primo grado, puntualmente riproposti (sub I il tema della incompatibilità del Presidente della Commissione e sub II quello della mancata motivazione della nota regionale).
La sentenza revocanda, nel respingere quello che ha definito “principale ed unico motivo di impugnazione”, ha ritenuto di non statuire in ordine all’esito dei motivi riproposti, considerando evidentemente assorbita la pronuncia su questi ultimi da quella sul “principale motivo”.
Pertanto, può essere riconosciuto, quanto alla fase rescindente, il vizio di “omissione di pronunzia” nei termini di cui alla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (ex multis, questa Sezione, sentenza n. 5347 del 29 ottobre 2014), non potendo ragionevolmente negarsi l’assoluta autonomia dei due motivi di appello (quello esaminato dalla sentenza revocanda, concernente il capo della sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di notifica al Presidente della commissione, evidentemente relativo al primo motivo di censura, e quello concernente il difetto di motivazione della nota dell’amministrazione circa l’insussistenza dei requisiti per procedere in autotutela).
7. Passando quindi alla fase rescissoria, l’appello è nel merito infondato.
7.1. Invero, quanto al lamentato vizio di carenza di motivazione della nota regionale, può convenirsi con la argomentazione della controinteressata Co. secondo cui la richiesta di provvedere in autotutela nella sostanza configurava una informativa ex art. 243-bis del “vecchio” codice appalti, applicabile alla fattispecie (depone inequivocabilmente in tal senso il comma 4 del medesimo articolo, laddove qualifica espressamente come autotutela l’eventuale intervento dell’Amministrazione in esito alla comunicazione effettuata dall’interessato).
Orbene, secondo un prevalente indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è motivo di discostarsi, il c.d. preavviso di ricorso, ex art. 243 bis del D. Lgs. n. 163 del 2006, non comporta alcun obbligo di riesame da parte della stazione appaltante, né tanto meno di sospensione della procedura e neppure un obbligo di risposta, avendo esso lo scopo di sollecitare il riesame, non obbligatorio: il suo esito negativo ha natura meramente confermativa del provvedimento contestato ed è privo di autonoma lesività, dovendo le doglianze dell’interessato essere in questo caso dirette nei confronti dell’atto finale della procedura di gara (in termini, sez. V, 13 giugno 2016, n. 2522; 25 febbraio 2016, n. 771; 3 febbraio 2016, n. 402).
Pertanto il motivo che la società aveva affidato al riesame doveva essere fatto valere nei confronti del provvedimento di aggiudicazione, come in realtà è accaduto, a nulla rilevando per contro che la relativa impugnazione sia stata ritenuta inammissibile per difetto di notifica, come sopra ricordato.
7.2. Per completezza non può peraltro sottacersi che, anche a voler considerare la sollevata censura di difetto di motivazione che inficerebbe secondo la società ricorrente la nota in questione sotto il più generale profilo della motivazione del diniego di autotutela, non può che ribadirsi, per un verso, che non sussiste alcun obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi su di una richiesta di autotutela (ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2016, n. 4642; 4 maggio 2015, n. 2237) e, per altro verso, che la motivazione esternata dall’amministrazione nel caso di specie ed incentrata sulla insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela può considerarsi sufficiente motivazione se posta, com’è necessario, in correlazione con la domanda, a sua volta imperniata sulla sussistenza una pretesa situazione di incompatibilità del Presidente della Commissione (che gli avrebbe imposto l’obbligo di astensione).
8. Dall’accoglimento del ricorso quanto alla fase rescindente e dal rigetto nel merito quanto alla fase rescissoria discende che le spese della presenta fase di giudizio possono essere compensate fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla in parte la sentenza di questa Sezione n. 4793 del 2016; pronunciando poi sull’appello in sede rescissoria respinge il secondo motivo, come da motivazione.
Dispone la compensazione fra le parti delle spese della spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Daniele Ravenna – Consigliere, Estensore
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