La realizzazione di una tettoia va configurata sotto il profilo urbanistico come intervento di nuova costruzione, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti, come nel caso di specie, dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari. Di conseguenza, il rilascio del titolo edilizio necessita della conformità dell’opera non solo alle specifiche disposizioni del testo unico dell’edilizia (d.P.R. n. 380/2001), ma anche alle norme dallo stesso richiamate sulla disciplina urbanistica ed edilizia vigente (cfr. art. 12). Tra queste ultime, vanno ricomprese quelle sulle distanze contenute nel codice civile e dunque anche quelle sulle distanze per le vedute di cui al comma 1 dell’art. 907.
Sentenza 8 gennaio 2018, n. 72
Data udienza 16 novembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4900 del 2009, proposto dal signor
Mu. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato En. Ma. in Roma, via (…);
contro
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ra. Iz., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ra. Iz. in Roma, (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, sede di Milano, sezione seconda, n. 6125 del 23 dicembre 2008, resa tra le parti, concernente un diniego di un permesso di costruire in sanatoria.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per l’appellante, l’avvocato Sa. e, per il Comune di Milano, l’avvocato Iz.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor Ca. Mu., proprietario di un appartamento in un condominio di Milano, ha impugnato il provvedimento del Comune con il quale è stata respinta la domanda di rilascio di un permesso di costruzione in sanatoria per la copertura del suo terrazzo.
In particolare, il signor Mu. ha realizzato sulla originaria struttura del terrazzo, composta anche da pilastri di cemento con piccole travi inserite nella facciata condominiale, una copertura in policarbonato e un grigliato in legno a chiusura dei tre lati.
Il Comune di Milano ha tuttavia respinto la richiesta di sanatoria per violazione della distanza minima di tre metri dall’affaccio dei condomini soprastanti prevista dall’art. 907 del cod. civ..
2. L’adito T.a.r. per la Lombardia, sede di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il suo ricorso.
3. Contro la stessa sentenza il signor Mu. ha quindi proposto appello, prospettando i seguenti motivi di censura.
3.1. Erroneità della sentenza del T.a.r. in ordine alla violazione degli artt. 12 e 36 del d.P.R n. 380/2001 (testo unico dell’edilizia) in relazione al disposto di cui all’art. 907 codice civile.
Il giudice di primo grado avrebbe erroneamente considerato l’art. 907 del codice civile applicabile anche in sede di valutazione della congruità dell’intervento edilizio proposto, in aggiunta alle norme specifiche della disciplina urbanistica. Il T.a.r. invece avrebbe dovuto verificare se la disposizione del codice civile si prefiggesse o meno la sola tutela dei diritti privati. In sostanza, nel caso di specie l’art. 907 del codice civile non avrebbe avuto una valenza pubblicistica, ma solo di tutela del diritto del vicino alla veduta mediante la prescritta distanza dei tre metri. Di conseguenza, non avrebbe dovuto essere richiamato, ai sensi degli artt. 12 e 36 del d.P.R. n. 380/2001, in sede di valutazione della istanza di sanatoria.
3.2. Erroneità della sentenza del T.a.r. in ordine alla portata dell’art. 907 primo comma codice civile.
L’art. 907 primo comma del codice civile non avendo valenza pubblicistica, non avrebbe potuto essere richiamato dall’Amministrazione comunale per negare il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria. Il T.a.r. avrebbe invece richiamato una generica necessità di tutela di un ordinato sviluppo del territorio senza dare conto del motivo per cui l’art. 907 del codice civile andava inserito nel novero delle norme emanate con scopi anche pubblicistici. Peraltro, il diritto di veduta non sarebbe stato acquistato da nessuno in ragione della preesistente travettatura e comunque non vi sarebbe stata prova della sua sussistenza.
La struttura costituente l’intelaiatura della veranda (pilastri di cemento verticali, sui quali insistono piccole travi in ferro che, orizzontalmente, partono dalla sommità dei pilastri di cemento e si inseriscono nella facciata condominiale) era infatti presente fin dalla costruzione dell’edificio condominiale, conseguendone che l’appartamento dell’appellante sarebbe stato dotato “ab origine” dotato della struttura necessaria alla copertura del terrazzo.
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