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5. Preliminarmente il Collegio ritiene irrilevante, ai fini del presente giudizio, l’accordo concluso tra il Comune di (omissis) e i signori Li. Ot. e Or. It. ex art. 6 L.R. Veneto n. 117/2004, approvato con deliberazione di Consiglio comunale n. 74 del 28 novembre 2016, sottoscritto in data 6 settembre 2017 e recepito nella terza variante al Piano degli Interventi approvata con delibera di C.C. n. 51 del 30 ottobre 2017.
Sebbene non sia stata avanzata esplicitamente richiesta in tal senso, si esclude che l’intervenuto accordo possa condurre alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. E’ infatti possibile configurare astrattamente un interesse degli appellanti a vedersi riconoscere il cambio di destinazione d’uso dell’immobile al fine di esercitare all’interno di esso l’attività produttiva, a prescindere dalla permanenza dell’edificio ubicato in Via (omissis) dall’altro lato rispetto a dove è collocato il capannone ad uso agricolo.
6. Con un unico complesso motivo di appello viene censurata la sentenza appellata in quanto, oltre a non essere sufficientemente motivata e ad aver del tutto omesso la motivazione in ordine ai motivi aggiunti, avrebbe travisato la ricostruzione fattuale della vicenda ed erroneamente valutato la documentazione prodotta, non ravvisando che il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile di cui si chiede il condono sarebbe avvenuto in data antecedente la scadenza del termine normativo utile a tal fine (31 marzo 2003).
6.1. Il motivo è infondato.
6.2. Al riguardo occorre premettere che, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modificazioni dalla legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326), art. 32, comma 25 (rubricato “Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali”), “le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi”.
Risulta pertanto indubbio (e, del resto, non vi è contestazione al riguardo) che, in relazione alla domanda di condono edilizio per cambio di destinazione d’uso di un annesso rustico (agricolo) in capannone ad uso artigianale presentata in data 10 dicembre 2004 da Li. Ot., il termine ultimo da prendere a riferimento per la sanatoria è quello del 31 marzo 2003.
6.3. Ciò premesso, ai fini della valutazione della tempestività del cambio di destinazione d’uso in esame, occorre considerare la seguente cronologia di eventi:
I) in data 6 giugno 2003 il Comune accertava nell’edificio oggetto dell’istanza l’esercizio di attività di tipo fabbrile da parte della ditta Li. Ti., figlio dei proprietari;
II) con ordinanza n. 148 del 13 agosto 2003 il Comune ordinava agli interessati la sospensione delle attività inerenti al manufatto e non riconducibili alla destinazione agricola;
III) in data 9 settembre 2003 il Comune riscontrava l’ottemperanza all’ordinanza di sospensione (cfr. rapporto del 12 settembre 2003);
IV) con dichiarazione di conformità del 10 settembre 2003, a firma di Or. It. e arch. En. Ma., si dichiarava, ai sensi e per gli effetti dell’art. 25 d.P.R. 6 giungo 2001, n. 380, “che i lavori eseguiti sono conformi ai permessi di costruire”;
V) con certificato di agibilità ad uso agricolo del 4 novembre 2003 veniva accertata la conformità dell’opera eseguita ai progetti approvati.
6.4. Da quanto considerato, non può dirsi pertanto che sia stata raggiunta una sufficiente dimostrazione della circostanza che il cambio di destinazione d’uso dell’edificio da annesso rustico (agricolo) in capannone ad uso artigianale sia avvenuto in data anteriore al 31 marzo 2003.
Del resto, costituisce principio consolidato della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, quello secondo il quale l’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato e non sull’Amministrazione la quale, in presenza di un’opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge e di adottare, ove ricorrano i presupposti, il provvedimento di demolizione. Invero, ai sensi dell’art. 63, comma 1, e dell’art. 64, comma 1, c.p.a. spetta al ricorrente, l’onere della prova in relazione a circostanze che rientrano nella sua piena disponibilità. Nello specifico, la prova circa il tempo di ultimazione delle opere edilizie è stata sempre posta sul privato, e non sull’Amministrazione, dato che solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto. In tali casi, il privato dispone, ed è normalmente in grado di esibire, la documentazione idonea a fornire utili elementi di valutazione quali fotografie con data certa dell’immobile, estratti delle planimetrie catastali, il progetto originario e i suoi allegati, ecc. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 2012, n. 703).
6.5. Peraltro, nel caso in esame, l’onere probatorio ricadente sul privato subisce un ulteriore aggravamento in ragione della presenza sia della dichiarazione di conformità delle opere edili al titolo edilizio, il quale per l’appunto consentiva la realizzazione di un annesso rustico, che del successivo certificato di agibilità ad uso agricolo.
Del resto, come correttamente affermato dal Comune, la dichiarazione di conformità dell’opera “al permesso di costruire n. 227/01 del 12.12.2001” non può che avere anche un valore dichiarativo sulla conformità dell’immobile rispetto alla destinazione d’uso espressamente autorizzata, ovvero quella ad annesso rustico, dal momento che detto permesso aveva espressamente ad oggetto la “concessione per l’esecuzione di opere comportanti trasformazione urbanistica ed edilizia ai fini agricoli”.
6.6. Ebbene, nonostante il cambio di destinazione richiesto fosse “in assenza di opere”, occorre riscontrare che gli appellanti non hanno fornito sufficiente dimostrazione del fatto che il cambio di destinazione nell’uso artigianale fosse già avvenuto alla data del 31 marzo 2003.
In questo senso, in primo luogo, va rilevato che non può deporre né il verbale di accertamento della Polizia Municipale del giugno 2003, né la successiva dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, in quanto entrambi intervenuti in un momento posteriore alla scadenza del detto termine.
Peraltro, in relazione al secondo documento, la giurisprudenza è solita affermare che “la semplice produzione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non può in alcun modo assurgere al rango di prova seppur presuntiva sull’epoca dell’abuso” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 8 gennaio 2013, n. 39).
Invero, seppure in ipotesi la dichiarazione sostitutiva può rappresentare un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere, la stessa non fa ricadere sull’Amministrazione pubblica l’onere di fornire la prova dell’ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall’interessato. Peraltro, a fronte di elementi di prova a disposizione dell’Amministrazione che attestino il contrario, come è nel caso di specie, il responsabile dell’abuso, come già detto, è gravato dall’onere di provare, attraverso elementi certi, l’effettiva realizzazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per poter usufruire del beneficio.
6.7. A tali fini non può essere ritenuta sufficiente la dimostrazione documentale da parte dei ricorrenti dell’avvenuta installazione del carro ponte in data 10 aprile 2002 e del successivo collaudo in data 14 aprile 2002. A differenza di quanto sostenuto dagli istanti, invero, tali elementi, non suffragati da ulteriori riscontri, ad avviso del Collegio non costituiscono di per sé sufficiente prova contraria e non forniscono idonea dimostrazione che il cambio di destinazione dell’edificio in uso artigianale fosse intervenuto già a far data dall’aprile 2002.
6.8. Conclusivamente, in ragione del quadro probatorio esposto, attesa la mancata dimostrazione della tempestività ai fini del condono del mutamento di destinazione d’uso, deve essere rilevata la legittimità del provvedimento di diniego impugnato.
7. Il rigetto del ricorso determina la conseguente reiezione della connessa impugnazione dell’ordinanza ingiuntiva disposta nel primo grado con motivi aggiunti.
8. Alla luce di tali considerazioni, l’appello risulta infondato e deve essere respinto. Da ciò consegue la conferma della sentenza impugnata sia pure con diversa motivazione.
9. Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e conferma con diversa motivazione la sentenza impugnata.
Condanna parte appellante al pagamento in favore del Comune appellato delle spese del grado che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Carlo Schilardi – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
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