Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 28 giugno 2018, n. 3968.
La massima estrapolata:
La potestà pianificatoria, il cui concreto esercizio è rimesso al Comune, e che si esprime ed attualizza attraverso l’adozione dello strumento generale di governo del territorio, ovvero attraverso le varianti “generali” a quest’ultimo, è assistita da latissima discrezionalità.
Sentenza 28 giugno 2018, n. 3968
Data udienza 31 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 600 del 2013, proposto da
Consorzio Sm. RS. – BN., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Sa., con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, via (…);
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Ufficio della Regione Campania in Roma, via (…);
nei confronti
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
Provincia di Benevento, Comune di Benevento, Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Ni. Co. non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 3913 del 2012;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 31 maggio 2018 il Cons. Silvia Martino e uditi per le parti rispettivamente rappresentate gli avvocati Sartorio, Panariello e l’avvocato dello Stato Pisano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Consorzio odierno appellante riassumeva innanzi al Ta.r. per la Campania l’impugnativa, già proposta innanzi al T.a.r. per il Lazio (che si era dichiarato incompetente) del decreto n. 28/2011 della Regione Campania, con il quale era stato annullato d’ufficio il decreto dirigenziale n. 201/2010 che aveva attribuito al Consorzio medesimo il beneficio dell’ammissione alla Cassa integrazione guadagni straordinaria in favore di 62 lavoratori in esubero del Consorzio medesimo con decorrenza 26.7.2010.
Esponeva il Consorzio di essere stato posto in liquidazione ex lege ai sensi del d.l. n. 195/09, convertito in l. n. 26/2010 (art. 12).
Ai sensi dell’art. 13 del medesimo decreto, era previsto che “in relazione alle specifiche finalità di cui all’art. 11” il Consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta, sentite le organizzazioni sindacali, definisse, entro e non oltre 20 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, la propria dotazione organica, in relazione alle attività di competenza, definite anche in base al piano industriale. Era poi previsto che tale dotazione organica fosse approvata dal Capo del Dipartimento della Protezione civile.
Il Consorzio avrebbe dovuto provvedere alla copertura dei posti ivi previsti mediante assunzioni “anche in sovrannumero con riassorbimento, del personale in servizio ed assunto presso gli stessi consorzi fino alla data del 31.12.2008 e, fermi i profili professionali acquisiti alla stessa data, dando priorità al personale già risultante in servizio alla data del 31 dicembre 2001 negli ambiti territoriali provinciali di competenza, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative relativamente alla definizione dei criteri di assunzione […]”.
Il comma 2 della medesima disposizione, nella versione originaria precisava poi che “Al personale dei consorzi di cui al presente articolo che risulta in esubero rispetto alla dotazione organica si applicano le disposizioni in materia di ammortizzatori sociali in deroga all’articolo 2, comma 36, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, e successive modificazioni, proroghe e integrazioni, ferma restando l’attivazione di misure di politica attiva, anche in applicazione dell’accordo fra Governo, regioni e province autonome del 12 febbraio 2009. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano non oltre il termine del 12 febbraio 2009” (il termine è stato successivamente prorogato al 31.12.2011 per effetto dell’art. 2, comma 1, d.l. 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 gennaio 2011, n. 1).
Secondo il comma 3 “Per le medesime finalità di cui al comma 1, i consorzi delle province di Avellino, Benevento e Salerno, nei limiti delle rispettive risorse disponibili allo scopo finalizzate, procedono all’assunzione del personale occorrente a copertura dei posti della propria dotazione organica, ove esistente, ovvero definita con le modalità di cui al comma 1, dando priorità all’assunzione del personale già in servizio alla data del 31 dicembre 2001 negli ambiti territoriali provinciali di competenza, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative relativamente alla definizione dei criteri di assunzione”.
Il Commissario liquidatore, nominato dal Presidente della Provincia di Benevento ai sensi dell’art. 12, comma 1, del cit. d.l. n. 195/2009, con nota del 2 luglio 2010, indirizzata oltre che alla Protezione civile, al Presidente della Provincia di Benevento e all’Assessore regionale all’ambiente, rappresentava la situazione occupazionale del Consorzio nonché il fatto che la maggior parte dei Comuni consorziati si fosse organizzata mediante la gestione diretta del servizio di raccolta integrata dei rifiuti ovvero facendo ricorso ad appalti esterni.
Lamentava quindi l’assenza di domanda di servizi e l’impossibilità di formulare qualsiasi proposta di piano industriale, proponendo l’immediata attivazione degli ammortizzatori sociali di cui all’art. 13, comma 2, del d.l. n. 195/2009.
All’invito dell’allora Capo della Protezione civile di definire comunque la dotazione organica del Consorzio, il commissario liquidatore rispondeva con ulteriore nota del 9 luglio 2010, con cui riferiva che il personale in carico al Consorzio assommava a 62 unità, che tutto il personale era “inoperoso” essendo cessate le ridotte e residue attività svolte in favore dei consorziati, che le unità in carico avrebbero potuto trovare collocazione solo in conseguenza della riorganizzazione e attivazione del ciclo integrato dei rifiuti da parte della Provincia e che la dotazione organica doveva quindi intendersi come pari a 0 unità.
Dopo numerose riunioni, presso la Prefettura di Benevento veniva concluso un accordo con le OO.SS. più rappresentative volto al collocamento in CIGS in deroga del personale dei Consorzi in liquidazione.
Perveniva poi la nota della P.C.M. del 5.11.2010, con cui si esprimevano perplessità in ordine alla sussistenza di elementi idonei a determinare la carenza assoluta di presupposti per l’impiego di tutto il personale consortile. La nota veniva riscontrata il 15.11.2010 con una nota congiunta dei tre commissari liquidatori dei consorzi beneventani i quali evidenziavano come “nessuna unità risultava impegnata nel ciclo dei gestione dei rifiuti, stante la completa cessazione di attività in favore dei Comuni consorziati”.
In assenza di commesse, l’attività di accertamento delle piante organiche poteva avvenire solo sulla base di una analisi “prognostica” delle future esigenze industriali del soggetto gestore del ciclo integrale dei rifiuti, amministrazione provinciale di Benevento, intervenuto ex d.l. 195/09.
Con nota del 25.11.2010, la Protezione civile, pur evidenziando come l’impossibilità, da parte dei commissari liquidatori di definire un piano industriale, escludesse la sussistenza delle condizioni previste dalla vigente normativa per adottare un provvedimento di approvazione, riteneva “non in contrasto con il definitivo quadro delle regole in materia la determinazione di codesti commissari di avviare per i lavoratori interessati le procedure per l’attivazione degli ammortizzatori sociali in deroga […]”.
La procedura di CIGS si concludeva con d.d. n. 201/201, della Regione Campania, che procedeva ad ammettere i 3 Consorzi provinciali ai benefici della CIGS in deroga dal 26 luglio 2010 al 31 dicembre 2010.
Avverso tale nota perveniva l’opposizione delle organizzazioni sindacali che non avevano aderito all’accorso presso l’UTG.
La Regione sospendeva l’esecuzione del d.d. n. 201/2011 e, in data 13.1.2011, richiedeva chiarimenti ai commissari liquidatori.
In data 8.2.2011, sollecitava ulteriori deduzioni, in particolare chiedendo loro di ottenere la “conferma”, da parte della Protezione civile e dell’amministrazione provinciale di Benevento, “che possano ritenersi rispettate le procedure di accesso agli ammortizzatori sociali in deroga previsti dall’art. 13 del d.l. n. 19572009)”.
La mancanza di tali conferme non avrebbe potuto “non riverberarsi sui provvedimenti giù adottati […] ivi compresa la possibilità di riesaminare, in via di autotutela, il decreto dirigenziale n. 201/2010”.
I commissari facevano pervenire le loro osservazioni tra il 17 e il 18 febbraio 2011.
Nel frattempo, il Tribunale di Benevento, su ricorso di alcuni dei lavoratori del Consorzio BN., accertava, in sede cautelare, l’insussistenza dei presupposti per procedere all’attribuzione del beneficio in questione, non essendo intervenuta l’approvazione della pianta organica ex art. 13 d.l. n. 195/09.
Dal complesso di tali eventi scaturiva il ritiro in autotutela, da parte della Regione, del provvedimento n. 201/2010.
Innanzi al T.a.r. per la Campania, il Consorzio lamentava anzitutto la violazione degli artt. 7, 8 e 10 della l. 7.8.1990, n. 241 dolendosi che il provvedimento di autotutela non fosse stato preceduto dalle necessarie garanzie partecipative.
In tal senso non avrebbe potuto valere la richiamata nota regionale dell’8.2.2011, sia perché la stessa non era stata espressamente qualificata come comunicazione di avvio del procedimento di revoca sia perché con essa la Regione si era limitata a paventare “la possibilità di riesaminare in sede di autotutela il decreto dirigenziale n. 201/2010”.
In ogni caso con il provvedimento finale la Regione aveva anche violato l’art. 10 della l. n. 241 del 1990 non avendo espresso le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dal commissario liquidatore, il quale aveva assicurato che l’accesso ai benefici di integrazione salariale in deroga era avvenuto “nel rispetto delle procedure relative alle dotazioni organiche previste” dall’art. 13 del d.l. n. 195/2009
Con il terzo motivo, il Consorzio sosteneva poi l’infondatezza, nel merito, dei rilievi addotti dalla Regione a sostegno dell’atto di annullamento.
Il primo era stato ricondotto al fatto che “dalle note della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile non risulta confermata la legittimità della sospensione dell’attività lavorativa dei dipendenti dei Consorzi”.
Al contrario, era invece accaduto, che, nelle more dell’adozione del provvedimento regionale di ammissione alla CIGS, fosse pervenuta la nota in data 25.11.2010 del Dipartimento della Protezione civile, con la quale era stata espressa “una positiva valutazione della quantificata dotazione organica rispetto al quadro esigenziale”, considerazione ulteriormente ribadita nella nota del medesimo Dipartimento del 28.2.2011 con cui pur confermando “l’insussistenza delle condizioni atte ad integrare, sulla base della normativa vigente, la titolarità del Dipartimento della Protezione civile all’emanazione di un provvedimento di approvazione delle piante organiche”, era stata comunque nuovamente espressa la “positiva valutazione della quantificata dotazione organica rispetto al quadro esigenziale ancorché non cristallizzato nel Piano industriale ancora da adottarsi”.
Tali note integrerebbero, a dire del Consorzio, la formale approvazione della dotazione organica consortile e sarebbero state confermate anche da quella successiva del 3.5.2011 inviata dalla Protezione civile in risposta alla richiesta (secondo il Consorzio odierno appellante, “improvvida”) avanzata dai commissari liquidatori dei Consorzi BN. e BN. di approvare formalmente le rispettive piante organiche.
Con essa il Dipartimento, “alla stregua delle odierne previsioni di legge che incardinano proprio in capo alle amministrazioni territorialmente competenti l’esercizio del corretto ciclo gestorio dei rifiuti secondo le disposizioni dei Piani di gestione adottati in ambito regionale e provinciale” declinava espressamente “l’invito di codesti Commissari liquidatori all’adozione degli atti di approvazione delle piante organiche dei lavoratori consortili, sì come privo degli indispensabili presupposti normativi”.
Non pertinente né determinante sarebbe poi stato, nel contesto del provvedimento di revoca, il richiamo al provvedimento cautelare reso dal Tribunale di Benevento sul ricorso di alcuni lavoratori del Consorzio BN., sussistendo comunque una decisione opposta dello stesso Tribunale sull’ana ricorso proposto da un dipendente del Consorzio BN.
Con il quarto motivo il Consorzio deduceva che, in ogni caso, la CIGS in deroga era applicabile al caso de quo anche a prescindere dall’art. 13 del d.l. n. 195/2009 il quale avrebbe avuto una funzione meramente ricognitiva circa l’applicabilità dell’istituto al personale in esubero dei Consorzi.
Il quinto motivo era incentrato sulla circostanza che la Regione non aveva palesato quale interesse pubblico concreto sorreggesse il provvedimento di revoca a fronte dell’affidamento maturato dai lavoratori.
Con il sesto e ultimo motivo veniva infine dedotta la violazione del principio del contrarius actus poiché non era stato seguito lo stesso iter procedimentale per l’adozione dell’atto di ammissione alla CIGS, non essendosi proceduto a consultare né il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, né l’amministrazione provinciale di Benevento né il Sipartimento della protezione civile.
2. Nella resistenza della Regione Campania e di uno dei lavoratori già dipendenti del Consorzio, il sig. Co. Ni., il T.a.r. respingeva il ricorso.
3. Il Consorzio Be. 1, rimasto soccombente, ha impugnato la sentenza riproponendo, criticamente, tutti i motivi dell’originario ricorso.
In particolare ha dedotto:
1. Violazione di legge – Violazione dell’art. 21-octies e 21 novies della l. 7.8.1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dell’art. 7 della l. 7.8.1990, n. 241 – Violazione del d.l. n. 195 del 30.12.2009, come convertito in legge 26 febbraio 201, n. 26 – Eccesso di potere – Travisamento dei fatti – Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – Difetto di istruttoria – Carenza assoluta dei presupposti in fatto e in diritto.
Il Consorzio torna a sostenere che l’approvazione della propria pianta organica debba ravvisarsi nella nota del 25.11.2010 con cui il Dipartimento della Protezione civile ebbe a ritenere “non in contrasto con il definitivo quadro delle regole in materia, la determinazione di avviare per i lavoratori interessati le procedure per l’attivazione degli ammortizzatori sociali in deroga” esprimendo altresì una “positiva valutazione della quantificata dotazione organica e delle relative modalità gestionali allo scopo individuate”.
Ana significato avrebbe poi avuto anche la nota del 28.2.2011.
Nessun rilievo potrebbe essere attribuito invece alla successiva nota richiamata nella sentenza appellata (quella del 16.6.2011), in quanto priva di connotato provvedimentale (per essere stata redatta a fini di difesa) e per essere comunque riferita ai Consorzi Be. 1 e Be. 2.
Il Consorzio stigmatizza altresì il fatto che il Ta.r. non abbia tento in debito conto le censure di carattere procedimentale, sia in ordine alla violazione del principio del contrarius actus, sia perché non sarebbero stato palesate le ragioni di interesse pubblico che legittimerebbero l’annullamento dell’atto.
Irrilevante sarebbe il richiamo alla circostanza che, secondo il Dipartimento della Protezione civile, la sospensione dell’attività lavorativa dei dipendenti dei Consorzi non fosse legittima, laddove il Consorzio ritiene, come detto, che in realtà l’amministrazione centrale avesse già approvato la dotazione organica proposta dal commissario liquidatore (pari, nel caso di specie, a 0 unità).
Il Consorzio torna poi a sottolineare l’inconferenza del provvedimento di urgenza reso dal Tribunale di Benevento su ricorso di alcuni lavoratori dello stesso Consorzio odierno appellante (contraddetto peraltro da altra decisione interinale dello stesso Tribunale sull’ana ricorso di dipendenti del Consorzio BN.).
2. Violazione di legge – Violazione e mancata applicazione degli articoli 7, 8, e 10 della l. n. 241/90 – Mancata comunicazione di avvio del procedimento – Violazione del giusto procedimento – Violazione dell’art. 41 Cost. – Incompetenza – Eccesso di potere – Mancanza dei presupposti – Difetto assoluto di motivazione.
Il Consorzio ripropone poi tutte le censure di carattere procedimentale, non potendo, a suo dire, trovare applicazione l’art. 21- octies, della l. n. 241/90 perché l’annullamento non era un atto dovuto e poiché, comunque, l’adempimento richiesto dall’art. 13 del d.l. n. 195/09 era stato puntualmente osservato.
3. Violazione di legge – Violazione dell’art. 7 della l. n. 241/90 – Violazione dell’art. 21-octies della l. n. 241/90 – Violazione dell’art. 107, comma 2, del d.lgs. 18.8.2000, n. 267- Violazione dell’art. 10 – bis della l. n. 241/90 – Eccesso di potere – Sviamento – Difetto di istruttoria – Carenza dei presupposti di fatto e di diritto.
Ribadisce che la nota regionale dell’8.2.2011 non aveva i caratteri propri della comunicazione di avvio del procedimento e che, in data 16.2.2011 il Commissario liquidatore aveva confermato l’avvenuto rispetto delle procedure previste per l’approvazione della dotazione organica. Di tali osservazioni, peraltro, la Regione non ha tenuto alcun conto.
4. Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. n. 195 del 30.12.2009, come convertito in l. 26 febbraio 2001, n. 26 – Violazione e mancata applicazione dell’art. 2, comma 138 della l. n. 191/2009, dell’art. 1, comma 30 della l. n. 22/2010 e dell’art. 29 della l. n. 2/2009 – Eccesso di potere – Erronea valutazione ed applicazione dei presupposti di fatto e di diritto – Sviamento di potere.
Il Consorzio ripropone anche il motivo secondo cui la CIGS era applicabile alla fattispecie anche a prescindere dall’osservanza delle formalità di cui all’art. 13 del d.l. n. 195/09.
5. Segue: Violazione di legge – Violazione degli artt. 21 octies e nonies della l. 7.8.1990, n. 241 e s.m.i. – Violazione dell’art. 7 l. 7.8.1990, n. 241 e s.m.i. – Violazione del d.l. n. 195 del 30.12.2009 come convertito in l. 26 febbraio 201, n. 26 – Eccesso di potere – Sviamento – Travisamento dei fatti – Difetto assoluto di motivazione – Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria – Carenza assoluta dei presupposti in fatto e in diritto.
Una volta accertato che nessuna funzione i lavoratori potevano ormai svolgere in favore di un datore di lavoro che aveva visto cessare ex lege le sue funzioni, l’annullamento del provvedimento di CIGS ha generato, da un lato, l’insorgere di pretese retributive (che andranno anch’esse a gravare sul pubblico bilancio), dall’altro, stante l’incapienza delle esauste casse del Consorzio, la privazione di qualunque forma di sostegno economico per i lavoratori, perlomeno fino alla ricostruzione dell’iter delle loro competenze, tutt’altro che pacifico e lineare. Non vi sarebbe stata quindi alcuna ragione di pubblico interesse idonea a sostenere il provvedimento. Né tale sarebbe quella relativa alla corretta gestione delle risorse pubbliche considerato che i dipendenti del Consorzio appellante, non riuscendo ad ottenere alcuna retribuzione dalle disastrate Casse consortili, si sono già attivati nei confronti degli altri soggetti coinvolti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti; sicché tali pretese saranno comunque soddisfatte, alla fine, con denaro pubblico, a fronte, peraltro, di prestazioni lavorative mai prestate per oggettiva impossibilità.
6. Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies della l. n. 241/90 – Violazione dell’art. 13 del d.l. n. 195 del 30.12.2009, come convertito in l. 26 febbraio 201, n. 26 – Violazione del principio del contrarius actus – Eccesso di potere per violazione dei principii di buon andamento della pubblica amministrazione, del giusto procedimento e della conservazione degli atti giuridici.
Viene infine riproposto anche il sesto motivo di ricorso, non essendo stato interpellato alcuno degli enti che, a suo tempo, si era espresso per la legittimità della procedura seguita.
4. Si sono costituite, per resistere, la P.C.M. e la Regione Campania.
Quest’ultima ha depositato una memoria difensiva in data 6.4.2018, sintetizzando alcuni dei rilievi già svolti in prime cure.
5. Il Consorzio ha depositato una memoria, in vista della pubblica udienza del 31.5.2018, alla quale l’appello è stato trattenuto per la decisione.
6. L’appello è infondato e deve essere respinto.
7. Giova premettere il quadro normativo di riferimento.
Per effetto della disciplina normativa statale e regionale recata dagli artt. 11 e 12 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, convertito – con modificazioni – con l. 26 febbraio 2010, n. 26 nonché dall’art. 32 bis della l. della Regione Campania 28 marzo 2007, n. 4, venne realizzata l’immediata cessazione dello svolgimento delle funzioni dei Consorzi obbligatori per lo smaltimento rifiuti (istituiti ai sensi dell’art. 6, comma 4, della l. regionale campana n. 10/93), con trasferimento delle stesse alle Province e l’instaurazione di una fase transitoria volta alla definizione delle situazioni debitorie e creditorie pregresse al fine del subentro delle società provinciali nella gestione della relativa attività.
In particolare, l’art. 12 del cit. d.l. n. 195/2009, come modificato dalla legge di conversione, stabiliva che “Sulla base delle previsioni di cui all’articolo 32-bis della legge della regione Campania 28 marzo 2007, n. 4, e successive modificazioni, i Presidenti delle province della regione Campania, con i poteri di cui all’articolo 11, comma 1, nominano, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, un soggetto liquidatore per l’accertamento delle situazioni creditorie e debitorie pregresse, facenti capo ai Consorzi, ed alle relative articolazioni societarie, ricadenti negli ambiti territoriali di competenza e per la successiva definizione di un apposito piano di liquidazione […]”.
Ai commissari liquidatori vennero conferiti “compiti di gestione in via ordinaria dei Consorzi e di amministrazione dei relativi beni, da svolgere in termini funzionali al subentro da parte delle province, anche per il tramite delle società provinciali, nelle attribuzioni di legge, con conseguente cessazione degli organi di indirizzo amministrativo e gestionale dei Consorzi stessi”.
Sotto tale profilo, è opportuno ricordare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 69 del 3 marzo 2011, ebbe a dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 69, della legge della Reginone Campania 21 gennaio 2010, n. 2 nella parte in cui modificava il cit. art. 32- bis della l.r. n. 4/2007.
La disposizione assoggettata al vaglio di costituzionalità aveva, infatti, inciso sulla disciplina transitoria di applicazione del nuovo sistema di gestione del servizio dei rifiuti, prevedendo la cessazione dello svolgimento delle funzioni dei consorzi obbligatori non più al momento dell’entrata in vigore della medesima legge regionale, ma all’atto del trasferimento dei servizi afferenti ai rifiuti al nuovo soggetto gestore.
La Corte Costituzionale rilevò il contrasto della normativa regionale con quella statale nel punto in cui disponeva un tale differimento.
Secondo la Corte la legislazione statale aveva statuito “l’immediato trasferimento delle funzioni e dei rapporti alle Province ed alle società da loro partecipate, autorizzando la protrazione della gestione consortile per le sole attività di raccolta, spazzamento e trasporto dei rifiuti, e, quanto a quelle di smaltimento o recupero, esclusivamente per la raccolta differenziata”, con la conseguenza che la norma regionale censurata aveva determinato “uno slittamento temporale dell’effettivo passaggio delle funzioni amministrative in tema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania”, individuando in modo eccentrico rispetto alla legge statale, l’ente pubblico responsabile dell’intera attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti (Corte Cost, sentenza n. 69/2011, punto 4.2).
L’art. 12 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195 ha dunque previsto l’immediato passaggio delle funzioni amministrative dei Consorzi in capo ad un soggetto liquidatore nominato dal Presidente della Provincia.
In tale quadro normativo, va poi richiamato anche il disposto di cui all’art. 11, comma 2 ter, del medesimo decreto (così come modificato, da ultimo, dall’art. 13, comma 5, lett. a), d.l. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14), secondo cui “In fase transitoria, fino e non oltre il 31 dicembre 2012, le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai comuni”.
Siffatta disposizione, pur non incidendo sulla cessazione delle funzioni svolte dai Consorzi in materia di rifiuti e sulla relativa messa in liquidazione, ha tuttavia comportato la creazione di una gestione stralcio finalizzata non solo all’attività di liquidazione, ma anche, nella fase transitoria, alla gestione del ciclo dei rifiuti nei limiti individuati (così, Ta.r. Lazio, sez. II, sentenza n. 8543/2012 del 17.10.2012).
Questa impostazione è stata avallata dalla Corte Costituzionale che, nella cit. sentenza n. 69/2011, ha espressamente sottolineato l’immediato passaggio delle funzioni amministrative unitamente alla individuazione dell’Ente responsabile della attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti, precisando che il differimento di cui all’art. 11, comma 2 ter, d.l.. n. 195/2009 è quello afferente alla mera “gestione consortile per le sole attività di raccolta, spazzamento e trasporto rifiuti e, quanto a quelle di smaltimento o recupero, esclusivamente per la raccolta differenziata” (così ancora T.a.r. Lazio, sent. ult. cit.).
Infine, l’art. 13 del d.l. n. 195/2009, ha previsto che “In relazione alle specifiche finalità di cui all’articolo 11, il consorzio unico di bacino delle province di Napoli e di Caserta, sentite le organizzazioni sindacali, definisce, entro e non oltre venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la propria dotazione organica in relazione alle attività di competenza, definite anche in base al piano industriale. La dotazione organica è approvata dal Capo del Dipartimento della protezione civile. Il consorzio provvede alla copertura dei posti previsti dalla dotazione organica, mediante assunzioni, anche in sovrannumero con riassorbimento, del personale in servizio ed assunto presso gli stessi consorzi fino alla data del 31 dicembre 2008, e, fermi i profili professionali acquisiti alla stessa data, dando priorità al personale già risultante in servizio alla data del 31 dicembre 2001 negli ambiti territoriali provinciali di competenza, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative relativamente alla definizione dei criteri di assunzione […]” (comma 1)
Disposizioni analoghe sono state dettate per i Consorzi delle Province di Avellino, Benevento e Salerno che “per le medesime finalità di cui al comma 1” e “nei limiti delle rispettive risorse disponibili allo scopo finalizzate, procedono all’assunzione del personale occorrente a copertura dei posti della propria dotazione organica, ove esistente, ovvero definita con le modalità di cui al comma 1, dando priorità all’assunzione del personale già in servizio alla data del 31 dicembre 2001 negli ambiti territoriali provinciali di competenza, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative relativamente alla definizione dei criteri di assunzione”.
Il comma 2 della medesima disposizione ha poi stabilito che “Al personale dei consorzi di cui al presente articolo che risulta in esubero rispetto alla dotazione organica si applicano le disposizioni in materia di ammortizzatori sociali in deroga all’articolo 2, comma 36, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, e successive modificazioni, proroghe e integrazioni, ferma restando l’attivazione di misure di politica attiva, anche in applicazione dell’accordo fra Governo, regioni e province autonome del 12 febbraio 2009. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano non oltre il termine del 31 dicembre 2011”.
7.1. Ciò, posto, dalla piana lettura delle disposizioni testé sintetizzate è agevole rilevare che, sebbene la gestione dei Consorzi da parte dei Commissari liquidatori fosse stata concepita in funzione del subentro da parte delle Province nella gestione del ciclo dei rifiuti, non vi è tuttavia alcuna disposizione dalla quale si ricavi che, a tal fine, la dotazione organica dei Consorzi, nella fase transitoria, avrebbe dovuto essere individuata dai commissari mediante una valutazione “prognostica”, avente cioè riguardo al futuro assetto del servizio in ambito provinciale ovvero che per converso fosse possibile ipotizzare, così come avvenuto nel caso di specie, una pianta organica dei Consorzi in liquidazione pari a 0 unità.
E’ infatti ragionevole ritenere che l’esigenza di definire una specifica dotazione organica dei Consorzi in liquidazione fosse collegata, da un lato, alla stessa necessità di provvedere alle operazioni di liquidazione, e, dall’altro, alle residue attività gestionali loro assegnate nella fase transitoria.
Ed è in ragione di tali compiti che si spiega agevolmente anche la previsione di un piano industriale, sebbene solo eventuale.
Per quanto poi concerne l’attribuzione della funzione di approvazione della dotazione organica al Capo del Dipartimento della Protezione civile, essa è dovuta al fatto che si tratta dell’Organo che aveva gestito, fino al 31.12.2009, lo stato di emergenza rifiuti nella Regione Campania ed aveva quindi sia le competenze che le conoscenze utili a valutare la congruità della pianta organica in rapporto alle residue attività consortili.
E’ pertanto in funzione di tali esigenze che i Commissari liquidatori avrebbero dovuto definire il piano industriale (eventuale) e la dotazione organica nel periodo transitorio, non essendo attributari di alcuna specifica competenza in ordine alla complessiva gestione del ciclo dei rifiuti e alla connesse esigenze assunzionali, ormai di pertinenza delle Provincia.
Il diniego della Presidenza del Consiglio si appalesa quindi legittimo poiché i Commissari liquidatori, da un lato, pur in presenza dei compiti loro attribuiti dalla legge nella fase transitoria, ritennero di non avere più attività da svolgere sulla base di una mera situazione di fatto, determinata dagli inadempimenti dei Comuni consorziati; dall’altro, prospettarono come esigenza assunzionale dei Consorzi quella inerente alla gestione del ciclo dei rifiuti da parte della Provincia.
Pertanto, come osservato dalla P.C.M. nel provvedimento del 3 maggio 2011, reso su specifica sollecitazione dei Consorzi BN. e BN., mancavano “gli indispensabili presupposti normativi” per l’approvazione della pianta organica da parte delle medesima P.C.M.
A non diverse conclusioni deve pervenirsi anche per quanto concerne il Consorzio BN., non essendo possibile ravvisare l’approvazione della pianta organica, così come prescritta dalle disposizioni in precedenza divisate, in nessuno dei pareri resi dal Dipartimento della Protezione civile intervenuti nel corso della vicenda di cui trattasi.
In particolare, nella nota del 5.11.2010, specificamente indirizzata al Commissario Liquidatore del Consorzio BN., pur prendendo atto di quanto da questi comunicato il 9.7.2010 circa il fatto che “la dotazione organica del Consorzio, attualmente, in relazione alle attività di competenza è da intendersi pari a 0 unità”, il Dipartimento rilevava che “il quadro esigenziale, come delineato nella stessa nota cui si risponde, sembra apparire carente di elementi atti a determinare la assoluta carenza di presupposti di impiego per il personale consortile”.
Successivamente, il 15.11.2010, tutti e tre i commissari liquidatori dei Consorzi beneventani comunicavano alla P.C.M. che la “forzata inoperosità” del personale presso gli stessi impiegato, dovuta alla “completa cessazione di ogni attività in favore dei Comuni consorziati” sarebbe cessata solo quando le 127 unità impiegate “troveranno idonea e diversa collocazione in conseguenza della riorganizzazione e attivazione del ciclo integrato dei rifiuti da parte della Provincia”, secondo il protocollo firmato il 7 agosto 2010 presso la Prefettura di Benevento.
Nella successiva nota del 25.11.2010, indirizzata a tutti e tre i commissari liquidatori, nonché al Presidente della Provincia a al Prefetto – nota in cui il Consorzio odierno appellante pretende di ravvisare l’approvazione della p.o. proposta (pari a 0 unita) – la P.C.M. ribadiva che “non sussistono nella specie le condizioni che integrano sulla base della vigente normativa la titolarità da parte del Dipartimento di emanare un provvedimento di approvazione nel senso richiesto”, pur contestualmente ritenendo “non in contrasto con il definito quadro delle regole in materia la determinazione di codesti Commissari di avviare per i lavoratori interessati le procedure per l’attivazione degli ammortizzatori sociali in deroga” e pur valutando “positivamente l’impegno del pieno impiego del personale consortile recepito nel protocollo d’intesa firmato il 7 agosto 2010 da parte del Prefetto di Benevento, dei rappresentanti della Provincia di Benevento e della società provinciale SA. s.r.l., delle OO.SS. e dei soggetti liquidatori dei tre consorzi di bacino”.
La “positiva valutazione delle quantificata dotazione organica e delle relative modalità gestionali allo scopo individuate”, rappresenta poi una mera opinione del Dipartimento della Protezione civile ed è evidentemente riferita al citato protocollo di intesa e alla gestione del ciclo dei rifiuti in ambito provinciale.
Per contro, l’amministrazione centrale, per quanto di sua pertinenza, manterrà anche successivamente una posizione contraria alla possibilità di approvare la pianta organica proposta dai Consorzi (cfr., in particolare, la nota del 28.2.2011, indirizzata alla Regione Campania e alla Provincia di Benevento e quella già citata del 3.5.2011, resa sulla specifica richiesta dei Consorzi BN. e BN.).
In ogni caso, non è chiaro cosa il Dipartimento della Protezione civile avrebbe dovuto approvare visto che il Consorzio odierno appellante, al pari degli altri Consorzi beneventani, non aveva elaborato un piano industriale ed aveva previsto una pianta organica pari a 0 unita, in tal modo negando la sua stessa ragione d’essere quale configurata dal legislatore nella fase transitoria.
8. I rilievi che precedono destituiscono di fondamento anche le censure procedimentali essendo evidente che il provvedimento adottato in autotutela dalla Regione non avrebbe potuto essere diverso.
In ogni caso, appare opportuno sottolineare che la Regione, per ben due volte (dapprima in data 13 gennaio 2011 e successivamente l’8 febbraio 2011), a seguito della proposizione di alcuni ricorsi innanzi al giudice del lavoro da parte di singoli lavoratori e organizzazioni sindacali, informò i commissari liquidatori della necessità di verificare la sussistenza dei presupposti di legge per l’ammissione alla CIGS e che la mancanza di tali presupposti (in particolare, l’approvazione della pianta organica da parte del Dipartimento della Protezione civile) avrebbe potuto comportare la “possibilità di riesaminare in autotutela il decreto dirigenziale n. 201/2010”.
Non si vede come l’amministrazione regionale avrebbe potuto essere più chiara.
Per quanto poi riguarda l’applicazione dei principi in materia di annullamento d’ufficio – ed in disparte il fatto che il procedimento di autotutela è stato avviato dalla Regione a brevissima distanza di tempo dall’adozione del provvedimento di ammissione sicché nessun affidamento poteva essersi consolidato in capo al Consorzio – pare al Collegio che correttamente il Tribunale amministrativo campano abbia richiamato l’interesse alla corretta gestione e allocazione delle risorse pubbliche.
Per quanto poi concerne la violazione del principio del “contrarius actus” essa non appare predicabile rispetto all’acquisizione di pareri non aventi natura obbligatoria ai fini dell’ammissione ai benefici di cui trattasi.
Pure insostenibile, infine, è l’argomentazione secondo cui l’approvazione della pianta organica non fosse comunque necessaria, atteso che, semplicemente, la stessa elide quanto specificamente disposto dall’art. 13 del d.l. n. 195/2009, secondo cui “La dotazione organica è approvata dal Capo del Dipartimento della protezione civile” (comma 1, secondo periodo) e “Al personale dei consorzi di cui al presente articolo che risulta in esubero rispetto alla dotazione organica si applicano le disposizioni in materia di ammortizzatori sociali in deroga all’articolo 2, comma 36, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, e successive modificazioni, proroghe e integrazioni […]”. (comma 2).
9. In definitiva, per quanto appena argomentato, l’appello deve essere respinto, essendo il caso di precisare che analoghe conclusioni erano state di recente raggiunte dalla Sezione, in vicende analoghe (sentenze nn. 1651 ed 1652 del 15 marzo 2018).
10. Sembra tuttavia equo, in ragione del carattere sensibile degli interessi coinvolti dalla vicenda di cui trattasi, compensare integralmente le spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello di cui in premessa, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente FF
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere, Estensore
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