Nei concorsi pubblici la lex specialis vincola non solo i concorrenti, ma in primis la stessa P.A., che non dispone di alcuna discrezionalità nella sua concreta attuazione.

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 27 giugno 2018, n. 3952.

La massima estrapolata:

Nei concorsi pubblici la lex specialis vincola non solo i concorrenti, ma in primis la stessa P.A., che non dispone di alcuna discrezionalità nella sua concreta attuazione. Le regole stabilite nel bando vincolano quindi rigidamente l’operato dell’Amministrazione, nel senso che essa deve limitarsi alla loro applicazione senza che residui in capo all’organo competente alcun margine di discrezionalità nella loro interpretazione ed attuazione e ciò in forza sia del principio di tutela della par condicio dei concorrenti, che sarebbe pregiudicata ove si consentisse la modifica delle regole di selezione delle offerte cristallizzate nella lex specialis, sia del principio generale che vieta la disapplicazione del bando quale atto cui l’Amministrazione si è originariamente autovincolata nell’esercizio di potestà connesse alla conduzione della procedura di selezione.

Sentenza 27 giugno 2018, n. 3961

Data udienza 17 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3352 del 2018, proposto da:
Co. It. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Be. Za., Do. M. Fe., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Be. Za. in Giustizia, Pec Registri;
contro
Bo. Me. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Ol., Ma. Be. Br., con domicilio eletto presso lo studio An. Co. in Roma, via (…);
nei confronti
– Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Ba., St. Po., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Ba. in Cagliari, via (…);
– Responsabile Unico del Procedimento, Commissione di Gara Nominata con Deliberazione 22.10.2015 n. 1035, non costituiti in giudizio;
per la revocazione
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. III, n. 00978/2018, resa tra le parti, concernente gara d’appalto indetta dalla A.O.U. di Cagliari per la fornitura biennale di dispositivi medici destinata alle esigenze della struttura di Chirurgia vascolare (lotto 15), resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Bo. Me. S.r.l. e di Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2018 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Ma. Be. Za., Sa. Mu. su delega di Fr. Ol. e Ma. Ba.;
Visto l’art. 60, cod. proc. amm., ed avvisate in camera di consiglio le parti della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia trae origine dalla gara, indetta dalla A.O.U. di Cagliari, per la fornitura biennale di dispositivi medici, destinata alle esigenze della struttura di Chirurgia vascolare, il cui lotto 15 (endoprotesi vascolare rimodulare espandibile per il trattamento degli aneurismi dell’aorta addominale sottorenale) era stato aggiudicato, con delibera n. 555 in data 26 luglio 2016, alla Co. It. S.r.l.
2. Con sentenza n. 900/2016, il TAR Sardegna ha respinto il ricorso della Bo. Me. S.r.l., seconda classificata, affermando che, poiché la descrizione dei prodotti contenuta negli atti di gara non era certo vincolante, doveva concludersi che l’offerta di Co. It. per il lotto 15 era pienamente rispondente ai requisiti previsti dalla legge di gara.
3. Questa Sezione, con sentenza n. 978/2018, ha però accolto l’appello della Bo. Me. ed ha annullato l’aggiudicazione del lotto 15. La sentenza ha affermato, tra l’altro (con questo passo, il Collegio ritiene siano sintetizzabili i principi affermati dalla pronuncia, corredata di una motivazione assai articolata e complessa), che “… in mancanza di qualsiasi rilievo specifico della commissione nel corso della valutazione delle offerte tecniche, non appare sufficientemente provato il postulato che le specifiche tecniche definite dalla stazione appaltante per le endoprotesi in questione corrispondessero ad un dispositivo commercializzato di fatto in esclusiva dalla Bo.. 2.5. Peraltro, anche a prescindere da tali osservazioni, comunque, nel caso di specie, non sussistono i presupposti né per valutare come standard di riferimento non vincolante le caratteristiche tecniche delle endoprotesi vascolari (definite nel capitolato tecnico) né per ritenere correttamente seguita la procedura della c.d. equivalenza, di cui all’art 68 Codice Contratti 2006.”
4. Agisce in revocazione Co. It., prospettando, in sede c.d. rescindente, che:
– la sentenza del TAR ha ritenuto corretta la non esclusione di Co. It. sottolineando che la descrizione dei prodotti contenuta negli atti di gara non era certo vincolante nel senso inteso dalla ricorrente, e che non c’era alcun elemento escludente negli atti di gara;
– in appello, con memoria depositata in vista della c.c. del 23 febbraio 2017, Co. It. ha osservato che la sentenza era incentrata non sull’applicabilità del principio di equivalenza, bensì sul carattere non escludente (natura indicativa e non prescrittiva) delle prescrizioni della lex specialis relative alle caratteristiche dei prodotti; ed ha eccepito la mancata contestazione da parte di Bo. Me. delle vere ragioni poste dal TAR a base del rigetto del ricorso, con conseguente inammissibilità dell’appello (sottolineando che, quando la sentenza si regge su una pluralità di motivi autonomi ognuno dei quali sia da solo in grado di sostenerla, spetta all’appellante contrastarli tutti, sicchè l’omessa contestazione di uno di essi implica, ex art. 329, comma 2, c.p.c., acquiescenza al capo e il formarsi del giudicato – cfr., fra le tante, Cons. Stato, VI, n. 6370/2012);
– nell’ambito del vizio revocatorio di errore di fatto, ex art. 395, n. 4, c.p.c., richiamato dall’art. 106, comma 1, cod. proc. amm., rientra anche l’omessa pronuncia qualora dipesa da mancata percezione di atti e documenti di causa nei quali la domanda o l’eccezione (come nel caso in esame) erano state formulate; la sentenza impugnata ha completamente omesso di esaminare la suddetta eccezione di inammissibilità dell’appello per omessa contestazione della sentenza nella parte concernente il carattere non escludente delle prescrizioni della lex specialis relative alla descrizione dei prodotti;
– si tratta di errore essenziale e decisivo, oltre che agevolmente rilevabile, posto che la stessa sentenza impugnata riconosce che il capo della sentenza relativo al carattere non vincolante della descrizione dei prodotti costituisse il nucleo centrale della motivazione (mentre la questione relativa alla valutazione di equivalenza fosse stata indicata dal TAR tra gli argomenti a sostegno della insussistenza dei presupposti per l’esclusione dell’offerta di Co. It.).
5. Ribadisce poi, nel merito del giudizio rescissorio, che:
– l’art. 2 del disciplinare definisce le “caratteristiche tecniche” dei prodotti riportate nel capitolato come “lo standard cui ci si deve riferire”; qualora la stazione appaltante avesse inteso dette caratteristiche come requisiti minimi avrebbe dovuto qualificarle come tali e prevedere l’esclusione per le offerte prive di detti elementi, mentre l’art. 17, nell’elencare le cause di esclusione, non fa riferimento ad esse;
– coerentemente con tali previsioni, la Commissione di gara ha attribuito i punteggi, penalizzando quello offerto da Co. It., rispetto a quello della concorrente, in quanto (voce “qualità e valore tecnico del materiale”) presenta un “angolo di colletto inferiore a 60” e dispone di “uncini di ancoraggio solo soprarenale”, nonché (“maneggevolezza e facilità d’uso del materiale”) in quanto “stent poco maneggevole con sistema di rilascio non micrometrico”.
6. Si sono costituiti in giudizio e controdeducono puntualmente la A.O. di Cagliari e Bo. Me., sottolineando la mancanza dei presupposti per la revocazione e, comunque, la correttezza della soluzione adottata dal giudice d’appello.
7. Ad avviso del Collegio, non sussiste l’errore di fatto revocatorio, sotto il profilo dell’omessa pronuncia, dedotto dalla società ricorrente.
Deve infatti ritenersi che – sia pur nel contesto di un gravame che dedica buona parte delle argomentazioni di censura a contestare l’applicazione del principio di equivalenza da parte della Commissione di gara e del TAR – anche l’argomentazione della sentenza appellata (ovvero, il capo della sentenza) sulla non vincolatività delle caratteristiche dei prodotti indicate nel disciplinare, e quindi sulla portata non escludente di dette prescrizioni, risulti oggetto di motivate censure, e che esse siano state disattese dalla sentenza d’appello, in modo espresso (sinteticamente) e, con diffuse argomentazioni, in modo implicito, allorché questa Sezione ha accolto nel merito il gravame nella parte incentrata proprio sulla portata cogente dei requisiti.
7.1. Al riguardo, dagli atti di causa si evince in particolare che:
– la contestazione della conformità dell’offerta di Co. It. e della sua mancata esclusione costituiva il primo ordine di censure dedotto in primo grado da Bo. Me.;
– l’appello era stato anzitutto rivolto nei confronti dell’applicazione della clausola di equivalenza affermata dal TAR (nella dichiarata convinzione che fosse stata introdotta per la prima volta in sede giurisdizionale e per iniziativa dei difensori delle parti, sotto forma quindi di etero-integrazione, postuma e processuale, della motivazione del provvedimento impugnato);
– tuttavia, dopo aver evidenziato nelle premesse che la sentenza del TAR aveva affermato “La descrizione dei prodotti contenuta negli atti di gara non era certo vincolante nel senso inteso dalla ricorrente. Se così fosse, nella sostanza, solo la ricorrente poteva offrire quei prodotti e così, ovviamente, non è. Siccome quindi non c’era alcun elemento escludente negli atti di gara la Commissione non ha fatto altro che darne applicazione attribuendo i punteggi che peraltro non sono stati nemmeno contestati dalla ricorrente. Insomma, l’offerta della controinteressata era pienamente rispondente ai requisiti previsti dalla legge di gara e, di conseguenza, nessuna delle censure proposte dalla ricorrente è idonea ad individuare un vizio invalidante gli atti impugnati”, vale a dire dopo aver così precisato il contenuto centrale della sentenza in modo conforme alla prospettazione dell’odierna ricorrente, l’appellante l’ha poi sottoposto ad articolate argomentazioni di censura;
– in detta prospettiva, nell’appello risulta, tra l’altro, affermato che ” … non si può condividere il capo della pronuncia impugnata nella parte in cui afferma che “l’amministrazione ha correttamente agito ammettendo l’offerta di Co. s.r.l.” e, soprattutto che, “La descrizione dei prodotti contenuta negli atti di gara non era certo vincolante nel senso inteso dalla ricorrente. Se così fosse, nella sostanza, solo la ricorrente poteva offrire quei prodotti e così, ovviamente, non è”. Sul punto, se è vero che l’applicazione del principio del favor participationis deve favorire l’allargamento della platea dei concorrenti, è altrettanto vero che per far ciò occorre sottoporsi al rispetto di una serie di regole che non possono essere limitate a quella parte del bando di gara che, genericamente, ammette il ricorso all’equivalenza, e ciò perché, come già visto, esiste tutta una serie di prescrizioni inderogabili e fissate dalla legge che devono essere osservate ai fini dell’ammissione dell’offerta”. [pag. 23] e che ” … secondo quanto sostenuto da cospicua ed ormai consolidata giurisprudenza amministrativa, una volta che l’Amministrazione si è vincolata a ritenere di carattere escludente alcuni vizi relativi alle domande di partecipazione, non può poi essa stessa in sede applicativa dequotare la rilevanza dei medesimi, se non violando in via tendenziale le regole della par condicio fra i partecipanti e della corretta gestione della procedura competitiva. Va in tal caso applicato il principio giurisprudenziale secondo cui, in sede di procedure ad evidenza pubblica, l’inosservanza delle prescrizioni del bando circa il contenuto delle offerte implica l’esclusione dalla gara, quando si tratti di prescrizioni rispondenti ad un particolare interesse dell’Amministrazione appaltante o poste a garanzia della par condicio dei concorrenti, con effetto recessivo del metodo esegetico favorevole alla più ampia partecipazione alla gara sul punto C. d. S., Sez. V, 15 novembre 2001, n. 5843; TAR Puglia-Lecce, Sezione I, 22 febbraio 2007 n. 618). Si aggiunga altresì che “le caratteristiche tecniche previste nel capitolato di gara per i beni oggetto di fornitura da affidare ad esito di gara, costituiscono una condizione di partecipazione alla selezione, non essendo ammissibile che la stazione appaltante possa aggiudicare l’appalto ad un concorrente che non garantisca il livello qualitativo minimo prestabilito; non depone in senso contrario la circostanza che il bando non sanzioni espressamente con l’esclusione l’offerta di beni difformi dalle caratteristiche indicate nel capitolato, giacché tale difformità si risolve in un “aliud pro alio” comportante di per sé l’esclusione dalla gara, anche in mancanza di apposita comminatoria, e al tempo stesso impedisce una regolarizzazione postuma, consentita soltanto quando i vizi rilevati nell’offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale” (T.A.R. Firenze, Sez. I, 17 luglio 2014, n. 1309). 3.Un ultimo cenno merita di essere svolto nei riguardi dell’inciso finale dell’impugnata sentenza, secondo cui “la descrizione dei prodotti contenuta negli atti di gara non era certo vincolante nel senso inteso dalla ricorrente. Se così fosse, nella sostanza, solo la ricorrente poteva offrire quei prodotti e così, ovviamente, non è”. Sotto detto profilo, il T.A.R. Sardegna: ignora quanto affermato dalla Stazione Appaltante e dalla Società controinteressata nei rispettivi atti difensivi, ove dichiaratamente si afferma che la “Bo. Me.” è effettivamente l’unico operatore economico in possesso dello specifico prodotto messo a gara; non coglie il senso precipuo dell’iniziativa giurisdizionale della Società Bo. Me., nel caso di specie paradossalmente “discriminata al contrario”, atteso che l’impiego alla stregua di “valore assoluto” del principio di massima partecipazione dei concorrenti alla gara finisce per pregiudicare (giacché non in grado di competere con le concorrenti sotto il profilo dell’offerta economica) direttamente ed esclusivamente il solo operatore economico effettivamente in possesso di quel particolare e specifico prodotto ricercato dalla Stazione Appaltante. Si rammenta, sul punto, che nei concorsi pubblici la lex specialis vincola non solo i concorrenti, ma in primis la stessa P.A., che non dispone di alcuna discrezionalità nella sua concreta attuazione. Le regole stabilite nel bando vincolano quindi rigidamente l’operato dell’Amministrazione, nel senso che essa deve limitarsi alla loro applicazione senza che residui in capo all’organo competente alcun margine di discrezionalità nella loro interpretazione ed attuazione e ciò in forza sia del principio di tutela della par condicio dei concorrenti, che sarebbe pregiudicata ove si consentisse la modifica delle regole di selezione delle offerte cristallizzate nella lex specialis, sia del principio generale che vieta la disapplicazione del bando quale atto cui l’Amministrazione si è originariamente autovincolata nell’esercizio di potestà connesse alla conduzione della procedura di selezione (sul punto, ex multis, Cons. St., sez. IV, 29 novembre 2002, n. 6530).” [pagg. 25-27].
7.2. D’altro canto, la sentenza d’appello ha dato conto delle eccezioni sollevate dalla società odierna ricorrente: “1.4. Si è costituita in giudizio anche la contro interessata Co. It. srl, che ha chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza TAR, rilevando, comunque, preliminarmente, che l’appellante avrebbe omesso di contestare la motivazione della sentenza impugnata nella parte concernente “il carattere non escludente delle prescrizioni della lex specialis relative alle caratteristiche dei prodotti” e non avrebbe contestato neanche i punteggi assegnati dalla commissione alla offerta tecnica Co., limitando le censure alla applicabilità nella fattispecie del principio di equivalenza.”.
E le ha disattese: “Inoltre, ad avviso dell’aggiudicataria (attuale contro interessata), l’appellante avrebbe omesso di contestare la motivazione della sentenza impugnata nella parte concernente “il carattere non escludente delle prescrizioni della lex specialis relative alle caratteristiche dei prodotti” e non avrebbe contestato neanche i punteggi assegnati dalla commissione alla offerta tecnica Co., limitando le censure alla applicabilità nella fattispecie del principio di equivalenza. 2.2.Entrambe le eccezioni sono inattendibili. Infatti, in primo luogo, i motivi di appello della Bo. non sono generici, facendo espresso riferimento a tre specifiche difformità delle caratteristiche dell’offerta tecnica rispetto ai requisiti fissati nel capitolato, mentre, in secondo luogo, Bo. non aveva l’onere di censurare il punteggio attribuito alla offerta Co. It., ove si consideri che, secondo la prospettazione della ricorrente/appellante, la stazione appaltante avrebbe dovuto disporre l’esclusione dell’offerta della Co. sia a causa della dedotta mancanza dei requisiti prescritti dalla lex specialis per l’offerta tecnica sia a causa della mancata attivazione della specifica procedura di equivalenza ad opera sia della ditta partecipante alla gara sia della stazione appaltante nel corso dell’esame delle offerte.”.
7.3. Da quanto riportato ed esposto, discende che non vi è stata l’omissione lamentata, in quanto la sentenza ha esaminato l’eccezione rispetto alla quale si invoca il vizio di omessa pronuncia (peraltro, giungendo a disattenderla con una valutazione che trova riscontro testuale nel contenuto dell’appello).
8. Pertanto, il ricorso per revocazione può senz’altro ritenersi inammissibile.
9. Le spese del grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle due parti appellate, della somma di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge, per spese del grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere

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