Nel caso procedimento di condono edilizio è il richiedente che versa in una situazione di illecito e che, se intende riportare alla “liceità” quanto abusivamente realizzato per il tramite dell’adozione da parte della pubblica amministrazione di una concessione edilizia in sanatoria, ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti e requisiti normativamente previsti.
Sentenza 19 marzo 2018, n. 1711
Data udienza 25 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3612 del 2008, proposto dal signor Gi. Ca., rappresentato e difeso dagli avvocati Mi. Di Do. e Bi. Ma. Ca., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, viale (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, sezione terza, n. 94 del 30 gennaio 2008, resa tra le parti, concernente il diniego di condono edilizio e il conseguente ordine di ripristino dello stato dei luoghi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il consigliere Nicola D’Angelo e udito per l’appellante l’avvocato Di Do.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor Gi. Ca. ha presentato il 30 gennaio 2004 al comune di (omissis) una dichiarazione di interesse, ai sensi dell’art. 1 della legge regionale della Puglia n. 28 del 2003, per la definizione di alcuni illeciti edilizi realizzati su un fabbricato rurale di sua proprietà.
Il comune con determinazione prot. 3832/04 del 14 luglio 2004 ha respinto l’istanza e, con ordinanza del 20 luglio 2004, ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi.
2. Il signor Ca. ha proposto ricorso al T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, contro i suddetti provvedimenti.
3. Successivamente alla concessione della sospensiva da parte del T.a.r., il signor Ca. il 10 dicembre 2004 ha presentato domanda di condono, ai sensi dell’art. 32, comma 32, della legge n. 326 del 2003, per un piazzale in pietrisco della superficie di 600 mq e per il cambio di destinazione d’uso del fabbricato rurale in officina meccanica.
Il comune di (omissis), con provvedimento del 22 dicembre 2004 prot.31673/04, ha respinto l’istanza in quanto le predette opere non sarebbero state ultimate entro il termine del 31 marzo 2003 e non sarebbe stata provata, alla stessa data, la modifica della destinazione d’uso del fabbricato.
4. Anche quest’ultimo provvedimento è stato impugnato dal signor Ca. con motivi aggiunti.
5. Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. per la Puglia ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo ed ha respinto i motivi aggiunti, confermando i rilievi dell’Amministrazione in ordine alla istanza di condono.
6. Contro la predetta sentenza il signor Ca. ha, infine, proposto appello, formulando i seguenti motivi di gravame.
6.1. Violazione dell’art. 32 della legge n. 326/2003. Violazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 241/1990 per difetto di motivazione. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Illogicità manifesta. Sviamento e malgoverno.
Il provvedimento del 22 dicembre 2004, che ha respinto la domanda di condono dell’appellante, si fonderebbe sull’erroneo presupposto che le opere relative alla realizzazione di un piazzale di pietrisco di 600 mq non sarebbero state ultimate entro il 31 marzo 2003, termine prescritto dalla legge n. 326/2003.
In particolare, il Comune avrebbe giustificato il diniego sulla base del contrasto tra la documentazione a supporto della domanda di condono e le risultanze di una precedente DIA depositata dal ricorrente il 7 aprile 2004 relativa ad opere diverse rispetto a quelle oggetto della sanatoria.
Secondo l’appellante, l’erronea prospettazione del Comune, condivisa dal T.a.r., sarebbe inoltre smentita dal verbale della polizia municipale di (omissis) del 20 gennaio 2013 nel quale si riporta che in sede di sopralluoghi precedenti, effettuati il 31 ottobre 2002 ed il 15 gennaio 2003, sarebbero state riscontrate opere di spianamento e livellamento del suolo su una porzione di mq. 50, con pietre presenti in sito e riporto di terreno vegetale, nonché una rampa di accesso in calcestruzzo. In sostanza, quantomeno alla data del 15 gennaio 2003, sarebbe già esistita la conformazione dei luoghi indicata nella domanda in sanatoria.
6.2. Violazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria. Illogicità manifesta e malgoverno.
Il cambio di destinazione d’uso del fabbricato rurale ad officina meccanica, che il Comune ed il T.a.r. hanno ritenuto non sussistente alla data del 31 marzo 2003 sulla base del materiale fotografico allegato alla DIA del 7 aprile 2003, è al contrario avvenuto seppure in modo funzionale.
L’immobile, infatti, sarebbe già stato, alla stessa data, pertinenza della vicina officina meccanica, essendo dotato di un impianto elettrico per consentire l’uso dell’attrezzatura necessaria alle riparazioni dei veicoli nello stabile principale.
In ogni caso, prima del diniego il Comune avrebbe dovuto svolgere d’ufficio un accertamento sulle circostanze di fatto ed un’istruttoria sull’interpretazione di atti ritenuti poco chiari senza trincerarsi dietro una motivazione apodittica.
7. Il comune di (omissis) non si è costituito in giudizio.
8. L’appellante ha depositato documentazione il 14 dicembre 2017 ed un ultima memoria il 21 dicembre 2017.
9. Con ordinanza cautelare n. 2520 del 13 maggio 2008 questa Sezione ha respinto l’istanza incidentale di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, con la seguente motivazione: “Rilevato che lo stesso appellante nella dichiarazione preliminare relativa alla volontà di avvalersi del condono ha dichiarato in data 30.1.2004 che i lavori erano ancora in corso”.
10. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 25 gennaio 2018.
11. Preliminarmente, il Collegio rileva che la documentazione depositata il 14 dicembre 2017 consiste in una denuncia presentata dal signor Ma. Pa. Ce. il 15 gennaio 2003 al comando della polizia municipale di (omissis) contro l’appellante per la realizzazione di interventi edilizi abusivi sul fondo di sua proprietà.
In sostanza, come meglio specificato dall’appellante nella ulteriore memoria del 21 dicembre 2017, ciò concorrerebbe a dimostrare che la realizzazione delle opere di cui è causa è avvenuta prima del termine del 31 marzo 2003 previsto dalla legge sul condono.
11.1. La documentazione prodotta il 14 dicembre 2017 e la collegata integrazione del primo motivo di gravame di cui alla successiva memoria conclusionale del 21 dicembre, non possono, tuttavia, essere ritenuti ammissibili.
Il thema decidendum è, infatti, delimitato dai motivi ritualmente introdotti in primo grado e pertanto non può tenersi conto di tale documentazione e del relativo richiamo nella memoria dell’appellante in quanto emersi per la prima volta in grado di appello e dunque in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a. (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5868).
12. Ciò premesso, l’appello è manifestamente infondato.
13. Il T.a.r. nella sentenza impugnata ha, in primo luogo, dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.
La determinazione n. 3282/04 del 14 luglio 2004, il cui scopo è stato quello di provocare l’immediato arresto dell’iter amministrativo inerente la definizione degli illeciti edilizi realizzati dall’appellante, è risultata infatti completamente superata dalla successiva determinazione sull’istanza di condono presentata ai sensi dell’art. 32 della legge 326 del 2003.
Quanto all’ordine di demolizione del 20 luglio 2004, il T.a.r. ha poi rilevato la carenza di interesse del ricorrente in conseguenza della presentazione dell’istanza di sanatoria che ha reso lo stesso inefficace.
13.1. Gli aspetti relativi alla rilevata improcedibilità del ricorso introduttivo non sono stati oggetto di appello.
14. I motivi di gravame contenuti nel presente ricorso riguardano quindi solo la parte della sentenza che ha respinto i successivi motivi aggiunti.
14.1. Con gli stessi il signor Ca. ha impugnato la determinazione del 22 dicembre 2004, con la quale il dirigente dell’U.T.C. del comune di (omissis) ha respinto l’istanza di condono presentata il 10 dicembre 2004.
14.2. In particolare, il T.a.r. ha rilevato che il diniego opposto alla sanatoria si è fondato, con riferimento alle opere di spianamento, sull’incertezza della loro individuazione e del termine entro cui sono state realizzate, soprattutto in relazione all’esistenza di un altro piazzale la cui realizzazione è stata oggetto di una DIA presentata il 7 aprile 2003.
14.3. Per il cambiamento di destinazione d’uso del fabbricato, il T.a.r. ha poi evidenziato la correttezza dei rilievi dell’Amministrazione che non ha ritenuto tale cambiamento percepibile dalle fotografie allegate alla predetta DIA del 7 aprile 2003, sottolineando la contraddizione della stessa descrizione dell’abuso contenuta nella documentazione relativa alla sanatoria, che da una parte ha affermato che l’immobile sarebbe stato da tempo utilizzato quale pertinenza di una vicina officina meccanica e, d’altra, si è riferita ad esso come “esistente fabbricato rurale”.
15. Con il primo motivo di appello, il signor Ca. contesta le conclusioni del T.a.r. e della stessa Amministrazione in ordine alla data di effettuazione delle opere di spianamento e alla loro non coincidenza con quelle oggetto della DIA del 7 aprile 2003.
15.1. Il motivo non è fondato.
Il ricorrente sostiene la diversità tra le “opere di spianamento” oggetto della istanza di condono (piazzale di 600 mq) dal piazzale oggetto della DIA del 7 aprile 2003.
Ma, come ha correttamente ritenuto il T.a.r., la descrizione delle stesse opere nella sanatoria “è generica e non è corredata da una planimetria che consenta di individuare la parte del fondo interessata” (sotto quest’ultimo profilo la sentenza non si pronuncia, come affermato dall’appellante, su aspetti di merito o in eccesso rispetto a quanto dedotto, giacché constata la persistente difficoltà di individuare la differenza dell’opera da quella di cui alla citata DIA).
Inoltre, anche nel verbale della polizia municipale del 20 gennaio 2003, richiamato dall’appellante a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’opera entro il 31 marzo 2003, risulta che sul terreno erano in corso, alla data del 31 ottobre 2002, lavori di spianamento e livellamento su una porzione di suolo di soli 50 mq, porzione sulla quale al successivo accesso degli stessi agenti del 15 gennaio 2003 risultava essere stata riportato del pietrisco.
Nessun elemento ulteriore è stato fornito in ordine alla conclusione nei mesi immediatamente successivi dell’opera per l’ampiezza indicata di 600 mq.
D’altra parte, come ha già rilevato da questa Sezione nella citata ordinanza cautelare n. 2520/2008, nella stessa dichiarazione di interesse alla sanatoria, presentata il 30 gennaio 2004 (cfr. descrizione degli illeciti edilizi asseverata dall’ing. Pi. Be.), si evidenzia che “La dimensione dello spiazzo allo stato attuale è difficile da determinare in quanto i lavori sono in corso d’opera, si aggira comunque in alcune centinaia di metri quadri”.
In definitiva, a prescindere dal contrasto tra la documentazione relativa alla DIA del 7 aprile 2003 e quella della domanda di sanatoria, non è possibile stabilire con certezza la data di ultimazione delle opere relative al piazzale in pietrisco di 600 mq.
Sul punto, invece, è pacifico (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 24 agosto 2017, n. 4060; 3 febbraio 2017 n. 463; 10 giugno 2014 n. 2960) che l’onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono, grava sul richiedente la sanatoria, dal momento che solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto e, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell’Amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso.
16. Con il secondo motivo di appello si contesta la sentenza del T.a.r. in ordine al diniego della sanatoria anche per il cambio di destinazione d’uso del fabbricato.
16.1. Anche tale censura è infondata.
L’appellante sostiene di aver adibito l’immobile a pertinenza di un vicina officina meccanica, mentre il comune di (omissis) ha negato la sanatoria per il cambiamento di destinazione d’uso, rilevando che tale cambiamento non era percepibile dalle fotografie allegate alla DIA presentata il 7 aprile 2003 ed evidenziando la contraddittorietà della descrizione dell’abuso (nell’istanza di sanatoria l’immobile è indicato come da tempo utilizzato quale pertinenza di una vicina officina meccanica, ma al tempo stesso come fabbricato rurale).
Ciò detto, va innanzitutto evidenziato come il cambio di destinazione d’uso, seppure funzionale, non elimina la necessità di comprovare in sede di sanatoria, mediante l’allegazione di elementi univoci, la diversa utilizzazione.
Nel caso di specie, non risulta essere stato fornito dal ricorrente alcun elemento di prova univoco a sostegno della natura “meramente funzionale” che connoterebbe il cambio di destinazione d’uso, non potendosi ritenere, come correttamente rilevato dal T.a.r., che l’esistenza di un impianto elettrico nello stesso fabbricato possa assumere rilievo determinante circa un suo utilizzo diverso da quello agricolo. Né è stata fornita una documentazione attestante l’idoneità dei locali all’esercizio dell’attività di riparazione che potesse far desumere, almeno in astratto, tale utilizzazione.
In sostanza, doveva quantomeno dimostrarsi che l’immobile poteva essere utilizzato per una diversa funzione (nel senso della sussistenza delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile l’uso incompatibile con l’originaria destinazione d’uso – cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2017, n. 5875; sez. V, 3 giugno 2013, n. 3034).
Sul punto, peraltro, non può essere invocata la mancata istruttoria da parte dell’Amministrazione che, secondo l’appellante, avrebbe dovuto svolgere approfondimenti sul diverso utilizzo dell’immobile.
Come detto non è onere dell’Amministrazione comprovare le circostanze richieste dalla legge per il condono, spettando all’interessato la rigorosa prova delle stesse.
Nel caso procedimento di condono edilizio, infatti, è il richiedente che versa in una situazione di illecito e che, se intende riportare alla “liceità” quanto abusivamente realizzato per il tramite dell’adozione da parte della pubblica amministrazione di una concessione edilizia in sanatoria, ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti e requisiti normativamente previsti (cfr. cit. Cons. Stato, sez. IV, 24 agosto 2017, n. 4060).
17. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
18. In ragione della mancata costituzione del comune di (omissis), nulla è disposto per le spese di giudizio.
19. Il Collegio evidenzia, infine, che la reiezione dell’appello si fonda, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste e ciò rileva anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies, della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
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