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32. Del pari è infondato il terzo motivo, che si duole della erronea interpretazione e applicazione del d.m. 24 giugno 2015. Questo – in tesi – non escluderebbe dal genere “stabile e non reattivo” i rifiuti che già dall’origine rispettino i parametri chimico-analitici prescritti dal decreto.
32.1. Senonché la tesi poteva essere condivisibile nella vigenza del d.m. del 2010 ma è insostenibile ora, perché priverebbe di significato proprio la modifica che – in tema di rifiuti pericolosi stabili e non reattivi suscettibili di smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi – il nuovo decreto ha apportato all’art. 6, comma 4, del decreto precedente, sostituendo una indicazione esemplificativa (“ad esempio, sottoposti a processo di solidificazione/stabilizzazione, vetrificati”) con una tassativa (“cioè rifiuti che, sottoposti a trattamento preliminare, ad esempio di solidificazione/stabilizzazione, vetrificazione, presentano un comportamento alla lisciviazione che non subisca alterazioni negative nel lungo periodo nelle condizioni di collocazione in discarica”). Per giungere a diverse conclusioni non può essere richiamata la sentenza del T.A.R. Veneto n. 2873/2010, resa con riguardo all’assetto normativo previgente.
33. Il quarto motivo si duole dell’impatto delle prescrizioni contenute nell’a.i.a. riesaminata sul piano economico-finanziario dell’impresa. In disparte ogni altra considerazione, a fronte di una modifica della normativa di riferimento la Regione non poteva che adeguare il contenuto dell’a.i.a. già rilasciata, ferma restando la possibilità per la Pr. Am. di rimodulare il proprio piano e, occorrendo di sottoporlo alla valutazione dell’ente.
34. Con il quinto e ultimo motivo la società deduce sotto vari profili la violazione di legge e l’eccesso di potere, perché sia la normativa nazionale che quella europea richiederebbero che il rifiuto pericoloso, per essere smaltito in una discarica ordinaria, sia stabile e non reattivo, non che sia reso tale. Ne risulterebbe anche violato il principio di proporzionalità.
34.1. E’ evidente che la censura si rivolge contro la nuova disciplina introdotta dal d.m. del 2015 che, peraltro non impugnato, è l’ultimo anello di una catena normativa che si avvia con la direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, e prosegue con il decreto legislativo n. 36/2003, che alla direttiva dà attuazione demandando a un decreto ministeriale la determinazione dei criteri di ammissione dei rifiuti in discarica (art. 7, comma 5) e non è sospettato di contrasto con la disciplina europea.
34.2. Anche tale censura, dunque, è da respingere.
35. La reiezione nel merito di tutti i motivi dell’appello comporta la reiezione della domanda risarcitoria, peraltro del tutto generica nell’an e nel quantum.
36. (ricorso n. r.g 2017/157). Ancora in via preliminare, il Collegio respinge l’eccezione di inammissibilità mossa dalla Regione Veneto avverso il ricorso di primo grado, motivata sulla mancata impugnazione degli atti presupposti (il decreto regionale n. 15/2016 e il decreto ministeriale 24 settembre 2015).
36.1. Come ha osservato correttamente il Tribunale territoriale, l’affermata legittimità di tali atti presupposti, il primo dei quali è peraltro oggetto di un separato giudizio, non fa venire meno l’interesse della società all’annullamento dell’ordinanza impugnata in questa sede nella parte in cui impone l’obbligo di rimozione dei rifiuti considerati non conferibili nella discarica gestita dall’appellante a far data dall’entrata in vigore del decreto ministeriale e non da quella dell’adozione dell’a.i.a. riesaminata.
37. Una volta dichiarato legittimo il decreto regionale n. 15/2016 all’esito dell’esame del ricorso n. r.g. 2016/8712, si manifesta infondata la prima censura proposta con il presente appello, incentrata sul vizio di invalidità derivata.
38. Il secondo motivo è fondato là dove contesta la declaratoria di inammissibilità, pronunziata dal T.A.R., per mancata impugnazione del decreto n. 15/2016 che già avrebbe indicato nel 26 settembre 2015, data di entrata in vigore del d.m., il termine a quo.
38.1. Sotto il profilo di specie, il decreto regionale è un pura comunicazione di avvio del procedimento, atto tipicamente endoprocedimentale, sprovvisto di autonoma efficacia lesiva e insuscettibile di autonoma impugnazione. Atto lesivo è la sola ordinanza n. 209473/2016, provvedimento conclusivo del procedimento di riesame avviato, che l’appellante ha tempestivamente impugnato.
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