Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 31 marzo 2015, n. 1672
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8592 del 2014, proposto da:
Comune di Domus de Maria, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gi.Co., Ma.Mu., con domicilio eletto presso il primo, in Roma, Via (…);
contro
Ch. Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Be.Ba., con domicilio eletto presso An.De. in Roma, Via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Sardegna – Cagliari: Sezione II n. 00607/2014, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall’amministrazione su istanza di approvazione del planivolumetrico ricognitivo dello stato attuale del piano di lottizzazione denominato “ch. srl, sa. e piu”;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ch. Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 il Cons. Andrea Migliozzi e udito per la parte appellata l’avv Ba.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Comune di Domus de Maria con nota n.3147 del 24/472006 relativamente al Piano di lottizzazione denominato “Ch. , Sa. e più” richiedeva alla Ch. srl, lottizzante, la presentazione di due elaborati planovolumetrici riguardanti rispettivamente le volumetrie realizzate e gli insediamenti di prossima realizzazione.
La Società negli anni 2007, 2008 e 2010 presentava la documentazione richiesta, senza avere al riguardo riscontro alcuno; quindi, in data 13 agosto 2013, presentava nuovamente al predetto Ente locale gli elaborati planovolumetrici relativi agli insediamenti del Piano de quo, anche in tale circostanza senza ottenere alcuna risposta.
Di qui il ricorso instaurato innanzi al Tar della Sardegna avverso il silenzio serbato dal Comune di Domus de Maria, con richiesta di accertamento dell’obbligo per l’Amministrazione di definire con provvedimento espresso il procedimento in relazione al quale era stata presentata la detta documentazione.
L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n. 607/2014 accoglieva il proposto gravame e sanciva l’obbligo dell’intimato Comune di provvedere nei termini descritti in motivazione, con la previsione in caso di persistenza dell’inadempienza della nomina di un Commissario ad acta.
Il primo giudice definiva, in particolare. la consistenza dell’obbligo dell’Amministrazione a provvedere con l’indicazione puntuale delle modalità procedimentali da compiersi al fine di soddisfare la richiesta della parte istante.
Il Comune di Domus de Maria ha impugnato tale decisum ritenendolo errato.
Con un unico motivo di gravame l’appellante sostiene che il Tar ha travalicato i limiti imposti dal codice in tema di giudizio sul silenzio, laddove ha valutato il fondamento sostanziale dell’istanza con l’indicazione per l’Amministrazione delle opzioni procedimentali e le soluzioni tecniche che avrebbe dovuto adottare.
Al contrario, secondo l’appellante l’originaria ricorrente aveva chiesto unicamente di far dichiarare l’illegittimità dell’inerzia mantenuta dal Comune ed entro questi limiti si sarebbero dovute “muovere” le statuizioni del primo giudice.
Si è costituita in giudizio per resistere la Società appellata.
Tanto premesso, l’appello è infondato, meritando piena conferma le statuizioni rese dal Tar con l’impugnata sentenza.
Dunque, come rilevasi dalla lettura della parte narrativa della decisione impugnata, il Tar dopo aver rilevato l’avvenuta inosservanza da parte del Comune dell’obbligo a provvedere di cui all’art.2 della legge n.241/90, ha proceduto ad impartire al Comune le direttive da assumere in ordine alla definizione del procedimento conseguente alla presentazione della documentazione tecnica sopra descritta, con l’indicazione dell’attività istruttoria e delle determinazioni in concreto a porsi in essere.
Ritiene il Collegio che le statuizioni assunte dal Tar siano corrette e si muovano esattamente nell’alveo del giudizio instaurato ex art.117 c.p.a..
Con il ricorso proposto ai sensi del citato articolo del codice del processo amministrativo, in linea generale si intende stigmatizzare l’inerzia della P.A. che non provvede in ordine ad una istanza presentata da un soggetto qualificato, in quanto titolare di uno specifico e rilevante interesse, laddove l’Amministrazione è invece tenuta a corrispondere a quanto richiestole anche al solo scopo di esplicitare l’erronea valutazione dei presupposti da parte dell’interessato, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione (cfr Cons. Stato Sez. IV 4/12/2012 n.6183).
In questi casi, il rimedio giustiziale in questione è volto a far constare una inadempienza dell’Amministrazione e il relativo decisum sarà emanato, ove favorevole, allo scopo di “sanzionare” l’arresto procedimentale e nella direzione del superamento dell’inerzia (Cons. Stato Sez. IV 8/3/2013 n. 2511).
Può anche accadere, però, in via di deroga alle regulae iuris testé ricordate che in alcune fattispecie (come quella qui ricorrente) la pretesa azionata si “protenda” al di là del normale ambito di operatività del giudizio di che trattasi nel senso che l’accertamento della illegittimità del silenzio ricomprende anche l’accertamento dell’obbligo di porre in essere da parte della P.A. un’attività procedimentale da configurarsi come conseguenza logica e cronologica del comportamento omissivo in sé posto in essere.
Questo avviene, in altri termini, allorché il giudizio sul silenzio si innesta su un sottostante rapporto di azioni e relazioni tra il privato e la P.A. che risulta sino ad allora essere stato definito nei suoi aspetti costitutivi e in riferimento a tale assetto di interessi l’istanza rimasta ingiustificatamente inevasa finisce col tipizzare quale sia l’attività che l’Amministrazione deve porre in essere al fine di far cessare un comportamento illegittimamente omissivo.
Nel caso che ci occupa è stata la stessa Amministrazione comunale a richiedere alla Immobiliare Ch. gli elaborati planovolumetrici, orientando così sin dal momento della chiesta integrazione documentale lo sviluppo delle successive fasi procedimentali all’esito positivo (come avvenuto) del deposito di detta documentazione presso gli Uffici comunali da parte della destinataria della richiesta.
Il primo giudice nell’indicare le “modalità procedimentali” e le “possibili soluzioni” non ha fatto altro che dare consistenza all’obbligo di provvedere come originato dalla richiesta comunale di integrazione documentale, richiesta puntualmente soddisfatta dalla Società appellata. E, se così è, il giudicante non è andato ultra petita e neppure ha “sforato” l’ambito oggettivo del giudizio sul silenzio, giacché, come detto, le indicazioni rivolte al Comune costituiscono l’essenza del rimedio a fronte del suo comportamento omissivo.
In forza delle suestese considerazioni le statuizioni contenute nella sentenza impugnata devono ritenersi non scalfite dai rilievi mossi dalla parte appellante il cui gravame è da considerarsi, perciò, infondato.
Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 (tremila/00) oltre Iva e CPA
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio – Presidente
Raffaele Potenza – Consigliere
Andrea Migliozzi – Consigliere, Estensore
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Depositata in Segreteria il 31 marzo 2015
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