Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 22 dicembre 2014, n. 6337
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3611 del 2014, proposto da:
RI.GI. in proprio e quale Legale rappresentante dell’omonima Impresa Edile, rappresentato e difeso dall’avv. Gi.Pe., con domicilio eletto presso Gi.Pe. in (…);
contro
CA.GI., rappresentata e difesa dall’avv. Er.Da., con domicilio eletto presso Er.Da. in (…); Comune di Ginosa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall’avv. An.Se., con domicilio eletto presso Gi.Pe. in (…);
Regione Puglia;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della PUGLIA – Sezione Staccata di Lecce – SEZIONE III n. 00983/2014, resa tra le parti, concernente permesso di costruire
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ca.Gi. e di Comune di Ginosa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2014 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Pe., St. e Le., per delega dell’Avv. Se.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe appellata, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia – Sede di Lecce – ha deciso, accogliendolo, il ricorso di primo grado proposto dalla odierna parte appellata, Ca.Gi., volto ad ottenere l’annullamento – del permesso di costruire n. (…) del (…), rilasciato all’odierno appellante dal responsabile del VII settore del Comune di Ginosa e di ogni altro atto presupposto, connesso e /o consequenziale e, in particolare, della delibera del C.C. di Ginosa n. 113 del 12 dicembre 2000- della tavola n. (…) allegata alla delibera appena citata, della delibera di G.R. n. 1606 del 5 novembre 2001,della relazione dell’Ufficio Tecnico del Comune di Ginosa del 19 ottobre 2011.
In punto di fatto l’odierna appellata aveva esposto di essere proprietaria di un suolo sul quale insisteva la casa di civile abitazione nella quale risiedeva ed era insorta –prospettando articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere-avverso il permesso di costruire n. (…) del (…), rilasciato al confinante per la realizzazione di un fabbricato sul presupposto che l’area sulla quale lo stesso doveva essere insediato avesse destinazione di zona “B3 – esistente di completamento” e, quindi, fosse edificabile.
Il Tar ha in primo luogo scrutinato l’eccezione articolata da parte appellata e volta a sostenere l’irricevibilità per tardività del mezzo: essa è stata respinta richiamando il principio per cui la conoscenza del permesso di costruire rilasciato al contro interessato si verifica (non con il mero inizio dei lavori, bensì) con la loro ultimazione, (solo in quel momento si possono apprezzare le dimensioni e le caratteristiche dell’opera).
Posto che nel caso di specie erano stati solo avviati i lavori per la realizzazione del fabbricato, il mezzo doveva essere considerato tempestivo.
Parimenti è stata disattesa una ulteriore eccezione di inammissibilità del mezzo di primo grado.
Il Tar ha sul punto osservato che quanto all’eccezione di inammissibilità, il ricorso era stato notificato, oltre che all’originario proprietario, anche ai successivi aventi causa -a nome dei quali era stato definitivamente rilasciato il permesso gravato-, ed uno dei coniugi si era costituito nel giudizio, presentando documentate memorie difensive.
Irrilevante appariva la circostanza che in analogo ricorso, presentato dal figlio convivente dell’attuale ricorrente nonché comproprietario dell’immobile, fosse stata dichiarata l’irricevibilità della opposizione al decreto di perenzione, essendo tale giudizio privo di ogni effetto conformativo.
Nel merito, il Tar ha accolto il mezzo (con ciò rivedendo l’orientamento reiettivo espresso in sede cautelare) condividendo le censure dedotte in ordine alla non edificabilità dell’area interessata dal permesso di costruire gravato .
Ha in proposito ricostruito la normativa pianificatoria succedutasi, facendo presente che prima dell’entrata in vigore del vigente P.R.G., tale area risultava inclusa nel perimetro del Piano Quadro che, approvato in variante al previgente P. di F., la destinava a parcheggio pubblico, come si evinceva dalla planimetria illustrativa del ridetto piano (all. 5 del ricorso introduttivo);
con delibera n. 110 del 24.11.1994 il Consiglio comunale di Ginosa adottava il nuovo P.R.G. nel quale la suddetta area, benché graficizzata quale zona “B3 – esistente di completamento” (tavola n. (…)), conservava la destinazione a parcheggio pubblico che le era stata attribuita dal suddetto Piano Quadro. Invero, a margine della tavola n. (…) del P.R.G. adottato (all. 7 del ricorso introduttivo) era precisato quanto segue: “ per le zone … B3 valgono le previsioni di viabilità e parcheggi contenuti nello “studio esecutivo delle maglie a 2/1, a2/2, a/1, a3/1, a3/3, a3/4 del P. di F.” “, ovvero del citato Piano Quadro, – “nonché í piani di lottizzazione già approvati dal P. di F. e le opere urbanizzative già programmate dall’A.c.”;
con delibera n. 1389 del 30.10.2000, la Giunta regionale approvava il P.R.G. del Comune di Ginosa “per le motivazioni e condizioni esplicitate nella relazione-parere del Comitato urbanistico ristretto espresso nella seduta del 20.12.1999 e con l’introduzione negli atti delle condizioni, prescrizioni e modifiche contenute nella stessa relazione-parere, parte integrante del presente provvedimento”.
Con riferimento alla zona “B3 – esistente di completamento” graficizzata nella citata tavola (…) del P.R.G., in detta relazione-parere si era precisato che:
A) “Per le zone … B3 è vigente uno “Studio Esecutivo delle maglie A 2-1, A2-2, A/1, A3-1, A3-4 del P. di F.” “, (citato Piano Quadro) – “nonché i vari Piani Attuativi (P.d.L.). Alla tav. (…) del P.R.G. viene prescritto che le previsioni di viabilità e parcheggi dello “Studio Esecutivo” nonché dei Piani di Lottizzazione vigenti continuano ad avere efficacia, realizzando quindi una sovrapposizione del loro regime alle previsioni pianificatorie del P.R.G..” (all. 8 del ricorso introduttivo, pag. 8).
Ad avviso del Tar, era pertanto evidente che la volontà dell’Amministrazione regionale fosse quella di mantenere, quanto a viabilità e parcheggi, le prescrizioni sia del Piano Quadro (approvato in variante al previgente P. di F) che dei Piani Attuativi, di Lottizzazione.
Nella medesima relazione-parere era stato altresì stabilito che “è invece necessario che tali previsioni risultino evidenti e palesi negli elaborati scritto-grafici costituenti il P.R.G. stesso facendo rilevare la congruità di tali previsioni con l’intero corpo normativo-previsionale del P.R.G.”. (medesimo all. 8 del ricorso introduttivo, pag. 8).
Era altresì rimarchevole sottolineare che con delibera n. 113 del 12.12.2000 il Consiglio comunale di Ginosa, sanciva che “per le zone “B” del punto 4.2 della relazione-parere del C.U.R., al fine di evitare difficoltà interpretative potenzialmente rilevabili a seguito della sovrapposizione del regime previsionale dello studio esecutivo del P.Q. rispetto alla pianificazione del P.R.G., hanno validità le indicazioni di viabilità e parcheggi dei P. di L. vigenti e al di fuori di essi quelle del P.R.G.”. (punto 3).
Conseguentemente, a margine della nuova tavola n. (…) la precedente annotazione veniva sostituita con quella di cui al sopraesposto punto 3 della delibera C.C. n. 113 del 12.12.2000, con la precisazione “hanno validità le indicazioni di viabilità e parcheggi dei P.P. di L.L. vigenti (già riportate in tavola) e al di fuori di essi quelle del P.R.G.” (all. 10 del ricorso introduttivo).
Ad avviso del Tar, benché nella annotazione da ultimo inserita a margine della nuova tavola n. (…) -sulla scorta di quanto previsto dalla delibera dell’organo consiliare n. 113 del 12.12.2000- si fosse fatto riferimento alla validità delle indicazioni di viabilità e parcheggi dei soli P.P. di L.L. vigenti, doveva ritenersi confermata anche l’operatività delle analoghe previsioni contenute nel P.Q..
Infatti, contrariamente a quanto indicato nella stessa nota a margine (le indicazioni dei PP. di L.L. dovrebbero essere “già riportate in tavola”) nella nuova tavola n. (…) (all. 10 del ricorso introduttivo), non risultavano graficizzate né le previsioni, contestate, relative alla viabilità e ai parcheggi proprie del Piano Quadro né quelle rivenienti la propria disciplina nei P.P di L.L. vigenti, espressamente convalidate.
Il primo giudice ha quindi espresso il convincimento per cui sarebbe stato illogico che per posizioni sostanzialmente analoghe, ovvero con medesima graficizzazione (zona B3), vi fosse stata una interpretazione e, dunque, un trattamento differenziato (edilizia di completamento/viabilità e parcheggi) tra le zone destinate a viabilità e parcheggio in base al Piano Quadro (variante dell’originario P. di F.) e quelle con identica destinazione in base ai P.P. di L.L. attuativi.
Tale discrasia sarebbe stata tanto più grave ove si fosse considerato che nelle medesime previsioni di piano era espressamente evidenziata la necessità che tutte le prescrizioni risultassero palesi negli elaborati scrittografici e che quelle presuntivamente valide dovessero essere “già riportate in tavola” (tav. (…) nuova formulazione).
Il Tar si è quindi fatti carico del partito esame delle contrarie argomentazioni sostenute dalla odierna parte appellante (e ne ha escluso la favorevole delibazione).
Parte odierna appellante, infatti, aveva osservato che per i P.P. di L.L., da ritenersi vigenti, non vi era alcuna necessità di modificazione cartografica in quanto le aree erano destinate ad essere acquisite in proprietà dall’Amministrazione comunale per effetto delle convenzioni urbanistiche; inoltre, con la delibera di approvazione definitiva del P.R.G. della Giunta regionale, la Regione, sul punto, “prende atto di quanto operato dall’Amm.ne com.le” facendone proprie le controdeduzioni: quest’ultima era una dizione generica, di stile, che non valeva a convalidare variazioni urbanistiche unilateralmente adottate dall’Ente locale.
In contrario senso, il Tar ha osservato che il primo caposaldo argomentativo era privo di fondamento giuridico, e, per altro verso, l’approvazione regionale della delibera comunale (n. 113/2000) avvenne “con l’introduzione delle prescrizioni e modifiche di cui alla delibera di G.R. n. 1389 del 30.10.2000”, che mantenevano la validità delle prescrizioni sia del Piano Quadro che dei P.P. di L.L..
Il Tar ha in ogni caso osservato (in accoglimento della seconda censura di ricorso), che l’eventuale esclusione, in seguito all’adozione dell’ultima delibera del Consiglio comunale, n. 113 del 12 dicembre 2000, della operatività delle previsioni relative alla viabilità e ai parcheggi contenute nel Piano Quadro (e, in via derivata, della delibera di Giunta regionale di approvazione del P.R.G. che l’avesse recepita), sarebbe stata, comunque, illegittima in quanto in violazione dell’art. 16, comma 11, della l.r. n. 56/1980 e come tale sarebbe stata meritevole di annullamento.
A seguito dell’approvazione con prescrizioni e modifiche del P.R.G. adottato (delibera della Giunta regionale n. 1389 del 30.10.2000), infatti, l’Amministrazione comunale competente poteva soltanto recepire le stesse prescrizioni e modifiche ovvero controdedurre, ma avrebbe potuto unilateralmente modificare le determinazioni già assunte (delibera del Consiglio comunale n. 110 del 24.11.1994), salvo riavvio del procedimento.
A conclusione di questo complesso excursus, il primo giudice ha sostenuto che dall’illogicità e contraddittorietà delle prescrizioni contenute nello strumento urbanistico generale in punto di viabilità e parcheggi, come interpretate dall’Amministrazione, e dalla violazione della normativa regionale derivava che il permesso di costruire gravato era illegittimo in quanto assentito sull’erroneo presupposto della sicura edificabilità dell’area che, invece, conservava (per inidoneità della nuova disciplina a variarne la destinazione, in quanto in violazione di legge) la vocazione a parcheggio pubblico che le era stata attribuita dal Piano Quadro approvato in variante al previgente P. di F..
Il mezzo di primo grado è stato, conclusivamente, accolto.
Avverso la detta decisione il controinteressato latore del permesso di costruire rimasto integralmente soccombente ha proposto un articolato appello avverso la detta decisione.
Ha ripercorso analiticamente l’andamento anche infraprocedimentale della vicenda ed ha radicalmente contestato l’approdo cui era giunto il Tar.
In particolare, ha ribadito la eccezione di irricevibilità del mezzo di primo grado, facendo presente che dal cartello di cantiere risultava il rilascio del permesso di costruire n. 99/11 e la tipologia di edificio assentito.
Ne discendeva che da quel momento (5.3.2012, data di inizio dei lavori e di apposizione del cartello) decorreva il termine di impugnazione (l’appellata contestava che nell’are potessero sorgere immobili residenziali, essendo destinata a parcheggio).
Il mezzo, passato per notifica il 30.5.2012, era pertanto tardivo.
Esso, ad avviso dell’appellante –che ha ribadito vibratamente detto profilo di censura nella propria memoria conclusionale – era altresì inammissibile posto che la casa di abitazione che costituiva il presupposto legittimante la proposizione del mezzo da parte dell’appellata era posseduta a titolo di comproprietà dai figli di questa, ed uno di essi aveva proposto al Tar il ricorso n. 463/2002 gravando il PRG (dichiarato perento con opposizione a decreto di perenzione respinta con sentenza n. 1563/2010): tale effetto doveva estendersi alla comproprietaria, con conseguente inammissibilità del ricorso di primo grado dalla stessa proposto.
Nel merito (terza censura) ha contestato l’approdo cui era giunto il Tar evidenziando il contrasto della sentenza con l’ordinanza cautelare reiettiva della domanda di sospensiva.
Era errato ritenere che il PRG approvato definitivamente con delibera della Giunta Regionale 1606/2001 destinasse l’area a parcheggi recependo le indicazioni del Piano Quadro.
Tale “prevalenza” del Piano Quadro sulla tipizzazione B3 non esisteva né era stata adottata dalla precedente delibera della Giunta Regionale n. 1389/2000: ivi era stato soltanto affermato che le previsioni del Piano Quadro potessero ritenersi prevalenti sulla tipizzazione B3 risultante dalle planimetrie del PRG adottato soltanto qualora con essa congrue.
Posto che numerose destinazioni a parcheggio contenute nel Piano Quadro avevano perduto attualità, era legittima la scelta modificativa di cui alla delibera n. 113/2000.
Peraltro (quarta censura) la destinazione a parcheggio pubblico, in quanto vincolo ablatorio, aveva già perso efficacia alla data in cui venne resa la citata delibera n. 113/2000, intervenuta dopo oltre 5 anni dalla delibera n. 110 del 24/11/1994 di adozione del nuovo PRG.
Quanto (V motivo d’appello) alla tesi sostenuta dal Tar in via subordinata incentrata sulla supposta violazione dell’art. 16 comma 11 della l.R. Puglia n. 56/1980, essa era infondata in quanto era errato il presupposto di partenza, secondo il quale la “prevalenza” del Piano Quadro sulla tipizzazione B3 era stata adottata dalla precedente delibera della Giunta Regionale n. 1389/2000.
Detta censura comunque, era stata proposta tardivamente in primo grado, per cui avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile (“risentendo” del pregresso gravame dichiarato perento proposto dal comproprietario).
L’amministrazione comunale ha depositato una memoria chiedendo l’accoglimento del mezzo proposto dal Ri. in quanto fondato, sostanzialmente per le stesse ragioni esposte nell’appello e cui si è fatto riferimento dianzi.
Ha in particolare sostenuto che la “scelta “dell’Amministrazione comunale era stata quella di mantenere- quanto a viabilità e parcheggi- non anche le prescrizioni contenute nel risalente Piano Quadro (approvato in variante al previgente P. di F) ma soltanto quelle contenute nei Piani Attuativi, di Lottizzazione.
Parte appellata, già ricorrente vittoriosa in primo grado, ha depositato una memoria chiedendo la reiezione del mezzo proposto dal Ri. in quanto infondato e facendo presente che il ricorso proposto era tempestivo posto che essa non contestava che l’area fosse inedificabile in assoluto (ma soltanto che ivi non si potessero edificare edifici, ma soltanto parcheggi) non v’era prova della avvenuta apposizione del cartello di cantiere, ed essa soltanto in occasione dell’accesso avvenuto in data 11.4.2012 aveva avuto contezza della tipologia delle opere in itinere.
All’ adunanza camerale del 5 giugno 2014, giugno 2014 fissata per la delibazione della domanda cautelare, la Sezione, con la ordinanza n. 02420/2014 ha accolto parzialmente la domanda di sospensione della provvisoria esecutività della gravata decisione, sulla scorta della considerazione per cui “Rilevato che l’appello cautelare, mentre sotto il profilo del fumus prospetta problematiche che meritano sollecita delibazione nella competente sede del merito (il che comunque depone per la necessità di mantenere integra, allo stato, la res litigiosa,non legittimando alcuna prosecuzione dei lavori) sotto il profilo del periculum in mora prospetta una evenienza (prosecuzione dell’attività di autotutela da parte del Comune) effettivamente idonea ad arrecare un danno grave ed irreparabile; rilevato pertanto che la provvisoria esecutività della gravata decisione va sospesa, al limitato fine di inibire la prosecuzione del procedimento di autotutela; “.
In vista della odierna pubblica udienza del 4 novembre 2014 l’appellante ha depositato una memoria puntualizzando le proprie conclusioni.
Alla odierna pubblica udienza del 4 novembre 2014 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.L’ appello è infondato e va disatteso nei termini di cui alla motivazione che segue.
1.1.Assume rilievo prioritario,rispetto alle censure di merito,la disamina della riproposta eccezione di tardività dell’ originario mezzo di primo grado.
1.2.Essa si fonda sul consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “nel caso di contestazione dell’altezza o volumetria dell’edificio , decorre dalla piena ed effettiva conoscenza, cioè dalla data di completamento dei lavori, il termine per l’impugnazione di una concessione edilizia, in sede giurisdizionale, invece, qualora si contesti l’edificabilità dell’area o la violazione di norme paesaggistiche, la data di inizio dei lavori e/o l’apposizione del cartello di cantiere deve ritenersi sufficiente alla decorrenza di detto termine”.
1.3.Nel caso di specie,posto che l’appellata contestava radicalmente la edificabilità “residenziale” dell’area (sostenendo che ivi potessero unicamente edificarsi parcheggi), parte appellante deduce che sin dal momento dell’inizio dei lavori la stessa fosse in grado di percepire che ivi stava per edificarsi un edificio (come sarebbe risultato dalla coeva apposizione del c.d. cartello di cantiere) e pertanto da quel momento sarebbe decorso il termine per gravare gli atti.
1.4.Ritiene in contrario senso il Collegio che la censura vada disattesa per difetto di prova.
Invero è certamente esatta la deduzione dell’appellata secondo cui,nel momento iniziale ed embrionale dell’inizio dei lavori si svolgano attività prodromiche e preliminari (sistemazione dell’area, spianamento, etc) che non consentono di desumere la tipologia del futuro manufatto.
Parte appellante per fornire piena prova della fondatezza della eccezione (onus incumbit ei qui dicit) avrebbe dovuto,alternativamente,provare:
a)la certa apposizione,al 5.3.2012, del cartello di cantiere –oltrechè la certa indicazione, ivi contenuta, che la concessione riguardava la erezione di un edificio per civile abitazione-;
b)ovvero,quantomeno, a tutto concedere,che in una data antecedente di almeno 61 giorni rispetto a quella in cui il mezzo di primo grado venne passato per notifica (il 30.5.2012) i lavori erano progrediti in misura tale da rendere inequivocabile che ivi si stesse realizzando un edificio residenziale.
Tale prova non è stata fornita né in primo grado né in appello; dall’inizio dei lavori era trascorso pochissimo tempo; l’eccezione va pertanto disattesa.
1.5.Quanto alla riproposta eccezione di inammissibilità, incentrata sulla circostanza che, in passato, un ricorso analogo a quello per cui è causa venne presentato dal figlio convivente dell’attuale ricorrente nonché comproprietario dell’immobile, e di esso sia stata dichiarata l’irricevibilità della opposizione al decreto di perenzione, il Collegio evidenzia quanto di seguito.
Se si può convenire con la critica appellatoria secondo cui la motivazione reiettiva della censura sia stata poco perspicua, (così si espresse il Tar: “ essendo tale giudizio privo di ogni effetto conformativo”), appare di converso certamente esatto l’approdo reiettivo (e ciò, a prescindere dalle peculiarità ascrivibili alla “natura” della estinzione del rapporto processuale per perenzione).
Nell’ipotesi di comproprietà di diritto reale, e sempre che nel corso del giudizio “pregiudicante” non sia stata processualmente creata una situazione litisconsortile,ciascun comproprietario conserva integra la propria situazione di indipendenza.
Ciò implica che ciascuno di essi possa decidere, indipendentemente dall’altro, se –o meno -attivare gli strumenti di tutela e come modularli.
Ove non si raggiunga la prova che il comproprietario fosse certamente a conoscenza della iniziativa intrapresa dall’altro, (il che può eventualmente riverberarsi sul dies a quo di proposizione del ricorso) esso non può essere in alcun modo inciso dall’azione attivata dal proprio sodale, e/o dal relativo esito.
E’ ben vero che vi possono essere delle eccezioni (il c.d. “giudicato oggettivo” cui fa riferimento l’appellante).
Ma questo non è certo il caso in cui potrebbe validamente essere evocata una simile evenienza: gli atti gravati in quel giudizio erano quelli sottesi al rilascio del permesso di costruire,ma in detto giudizio non venne mai definitivamente accertata, con portata oggettiva,la immunità da censure (rectius: dalle stesse censure oggetto dell’odierno giudizio) di detti atti in quanto, appunto, il processo si estinse per perenzione. .
Ne discende che: la comproprietaria poteva validamente attivarsi, non risentendo di alcuna preclusione; nessun incontrovertibile accertamento oggettivo di legittimità degli atti le è opponibile:la eccezione/doglianza va disattesa,con integrazione della motivazione della sentenza di primo grado nei termini suindicati (si veda sul principio generale della autonoma legittimazione ad agire: Cass. civ. Sez. II Sent., 18-11-2008, n. 27412 e, in passato, Cass. civ. Sez. III, 03-07-1989, n. 3175).
1.6.Rilevato altresì che la “doglianza” fondata sulla circostanza che il Tar in sede di decisione di merito abbia mutato divisamento rispetto all’orientamento espresso in sede cautelare (evenienza resa trasparente dall’affermazione “re melius perpensa” contenuta nella motivazione della citata decisione) non può considerarsi vera e propria censura – trattandosi di evenienza del tutto fisiologica quella relativa ad un più approfondito scrutinio che,nel merito,si discosti dall’approdo raggiunto in sede di sommaria cognitio cautelare- e che comunque essa non può condurre all’annullamento della impugnata decisione, può adesso essere esaminato il merito della causa.
2. Rammenta in proposito il Collegio, che, per costante e condivisa giurisprudenza, che costituisce jus receptum, “ove l’atto impugnato (provvedimento o sentenza) sia legittimamente fondato su una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo, diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dall’autorità emanante a rigetto della sua istanza.”(ex aliis Consiglio Stato , sez. VI, 31 marzo 2011 , n. 1981);
“laddove una determinazione amministrativa di segno negativo si fondi su una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento.”(Consiglio Stato , sez. VI, 29 marzo 2011 , n. 1897).
Il principio è pacificamente predicabile anche alle impugnazioni delle sentenze che si fondino su più capi reiettivi.
Ne consegue che l’ordine di esame del Collegio sarà il seguente: verranno scrutinati gli argomenti di critica al decisum di primo grado (che,come sommariamente esposto nella parte in fatto e come riconosciuto da parte appellante si fonda,in realtà,su due autonomi capisaldi motivazionali), e ci si arresterà allorchè anche uno solo degli stessi risulti infondato.
2.1. Ciò premesso,ritiene il Collegio di esaminare,in prima battuta, le critiche mosse da parte appellante al capo VI.3 della citata decisione nella parte in cui essa ha accolto un motivo formulato dall’ odierna appellata Gi. in via subordinata.
Il Collegio ritiene di esaminare la detta doglianza perché di essa più marcatamente ne emerge la infondatezza: peraltro trattasi di motivo che l’appellata aveva proposto in via subordinata in primo grado perché ritenuto meno “eclatante”: non certo perché il suo accoglimento non sia, per la stessa,analogamente satisfattorio rispetto all’ipotetico accoglimento del mezzo per primo esaminato dal Tar.
Non v’è alcun impedimento quindi a che il Collegio esamini per prima detta problematica.
2.1.1. Si rammenta in proposito che in detto capo di decisione il primo giudice prese in esame la questione della supposta illegittimità della delibera del Consiglio comunale, n. 113 del 12 dicembre 2000, per violazione dell’art. 16, comma 11, della l.r. n. 56/1980.
Ciò in quanto, anche ad accedere alla tesi per cui in detta delibera alcune previsioni (quelle relative alla viabilità e ai parcheggi contenute nel Piano Quadro) fossero state stralciate ciò sarebbe stato illegittimo, posto che a seguito dell’approvazione con prescrizioni e modifiche del P.R.G. adottato (delibera della Giunta regionale n. 1389 del 30.10.2000), l’Amministrazione comunale competente avrebbe soltanto potuto recepire le stesse prescrizioni e modifiche ovvero controdedurre, ma non unilateralmente modificare le determinazioni già assunte (delibera del Consiglio comunale n. 110 del 24.11.1994), salvo riavvio del procedimento.
2.2. Le censure opposte a tale iter motivazionale da parte appellante non persuadono (e, si badi, v’è un significativo inciso nella memoria dell’amministrazione comunale, che assume portata latamente confessoria).
2.3. Invero, ancora di recente la Sezione (decisione n. 1740/2013) si è pronunciata su una fattispecie che presenta significative analogie con quella per cui è causa, pervenendo all’approdo per cui “la immanenza del potere pianificatorio comunale non può giustificare lo stravolgimento della regola procedimentale secondo la quale la sequenza “ordinata” della approvazione del piano è scandita da una serie di passaggi -adozione, pubblicazione, presentazione delle osservazioni, controdeduzioni, approvazione- che non consente di “inserire” nuove determinazioni modificative del testo sul quale si era instaurato il contraddittorio, ben potendo invece, successivamente, l’amministrazione comunale intervenire con variante nel modificare il testo originario ove non rispondente (o non più rispondente) al pubblico interesse.”.
Nella fattispecie esaminata dalla citata pronuncia, il Comune aveva modificato le prescrizioni originarie del piano pur dopo che i privati avevano presentato osservazioni (e non in senso accoglitivo delle predette osservazioni, ovviamente, ma mutandone quello che era stato il contenuto originario delle medesime9 di fatto stravolgendo l’”oggetto” prescrittivo sul quale si era svolto il contraddittorio con i privati, e di fatto adottando una prescrizione sulla quale nessun contraddittorio v’era stato.
In detta occasione è stato ribadito che –come già affermato in passato – questa Sezione del Consiglio di Stato considerava illegittimo che “passaggi intermedi” della fase di approvazione venissero utilizzati dai Comuni per inserire prescrizioni “innovative” rispetto al testo oggetto di adozione (si veda la decisione n. 742/2004).
Nel caso di specie ci si trova al cospetto, a parere del Collegio, di una deviazione procedimentale ancor più grave di quella stigmatizzata nella decisione che è stata citata.
Invero (si veda la ricostruzione contenuta nell’appello, alle pagg. 13-15) non v’è dubbio che la delibera di CC n. 113/2000 abbia modificato il contenuto originario di quanto trasmesso alla Regione e da questa valutato con la delibera n. 1389/2000.
E’ ben vero che era stata prescritta la graficizzazione sulle tavole di PRG delle previsioni di viabilità e parcheggi; ma è pur vero però che, una volta che il Comune, ponendo in essere tale attività, si era avveduto che si perveniva ad un risultato prescrittivo nella sostanza difforme rispetto a quello (pur dubbio) evincibile in origine, e sul quale si era “concentrata” la detta delibera Regionale, avrebbe dovuto controdedurre, stimolando l’Amministrazione a pronunciarsi sul testo del piano “corretto” modificando la postilla apposta alla tavola n. (…).
La circostanza che poi sia intervenuta la delibera della Giunta Regionale n. 1606/2001 e che la stessa si sia limitata ad approvare definitivamente il PRG non avvedendosi della modifica postuma alla propria prescrizione (modifica, lo si ripete, di natura sostanziale) non “sana” la irregolarità.
Irregolarità rappresentata, lo si ripete, dall’avere introdotto una modifica sostanziale rispetto al testo approvato con prescrizioni, in prima battuta, dalla Giunta, e senza che con quest’ultima fosse stata avviata alcuna interlocuzione.
Né dicasi che la censura di parte appellata sarebbe inammissibile: si è già chiarito che la stessa non “risente” della pregressa impugnazione proposta dal controinteressato, né essa avrebbe potuto conoscere prima tale modalità di approvazione del PRG.
2.4. La riscontrata violazione presenta natura assorbente: la sentenza resiste quindi alle critiche appellatorie, in quanto anche ove le altre doglianze fossero accolte, ciò non renderebbe possibile la riforma della statuizione demolitoria, il che ne implica la improcedibilità per carenza di interesse.
3. In conclusione, la sentenza di primo grado deve essere confermata e l’appello deve essere dichiarato in parte infondato ed in parte improcedibile.
4. Quanto alle spese del procedimento, esse possono essere compensate a cagione della particolarità e novità delle questioni giuridiche e fattuali sottese alla controversia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei termini di cui alla motivazione che precede.
Spese processuali compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi – Presidente
Sandro Aureli – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Diego Sabatino – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Depositata in Segreteria il 22 dicembre 2014.
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