Consiglio di Stato
sezione III
sentenza n. 155 del 14 gennaio 2013
FATTO e DIRITTO
1.- Il signor A. L., già dipendente di ruolo della ex U.S.L. BA/9 (poi confluita nell’Azienda U.S.L. BA/4), in servizio presso il reparto di anestesiologia e rianimazione del Policlinico di Bari, aveva chiesto al T.A.R. per la Puglia il riconoscimento del suo diritto all’indennità di rischio radiologico prevista dai D.P.R. n. 270 del 1987 e n. 384 del 1990 in favore del personale solo occasionalmente esposto al rischio radiologico, e la condanna delle Amministrazioni intimate al pagamento, in suo favore, della complessiva somma di £ 3.000.000 (£ 50.000 x 60 mesi), oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria.
2.- Il T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, con sentenza della Sezione I, n. 2684 del 5 giugno 2002, ha respinto il ricorso.
Dopo aver ricordato che, ai fini del riconoscimento dell’indennità di rischio radiologico «la professionalità del rischio e la prestazione del lavoro in zona controllata è accertabile solo attraverso una verifica completa da parte della apposita Commissione… per ciascun anno cui si riferisce la pretesa del dipendente» il T.A.R. ha ritenuto non condivisibile l’assunto del ricorrente «secondo cui il diritto all’indennità competerebbe a prescindere dall’accertamento compiuto dalla Commissione, allorché sussistano le condizioni di esposizione al rischio», ed ha affermato che, «in assenza del predetto accertamento, espressione di un’attività valutativa tecnico – discrezionale, e non già meramente ricognitiva o dichiarativa, lo svolgimento di mansioni potenzialmente rischiose non è sufficiente a fondare la pretesa patrimoniale del personale non addetto al servizio di radiologia», con la conseguenza che «il parere espresso dalla Commissione di cui all’art. 58, IV comma, del D.P.R. n. 270/87 assume valore condizionante ai fini dell’attribuzione dell’indennità».
3.- Il signor A. L. ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea.
Dopo aver ricordato che l’amministrazione, con nota del 9 ottobre 1995, aveva comunicato l’avvenuto inserimento nell’elenco dei soggetti appartenenti al Gruppo Particolare 1 della popolazione (ai sensi dell’art. 9 lett. h, n. 1 del D.P.R. 185/64), l’interessato ha sostenuto che le condizioni di esposizione riscontrate dalla Commissione non erano diverse rispetto a quelle sussistenti sin dall’epoca in cui aveva cominciato a prestare attività lavorativa nel reparto di rianimazione, con la conseguenza che l’accertamento compiuto dalla apposita Commissione non poteva considerarsi produttiva di effetti solo per il futuro.
L’appellante ha aggiunto che il T.A.R. per la Puglia non ha nemmeno adeguatamente considerato il colpevole ritardo con il quale l’USL ha provveduto a dare incarico alla Commissione di effettuare gli accertamenti in parola. Inoltre la sentenza appellata, secondo l’istante, è illogica per non aver dato rilievo al fatto che alcuni lavoratori occupati nello stesso periodo, nel reparto di rianimazione del Policlinico, avevano percepito l’indennità di rischio radiologico.
L’appellante ha quindi concluso chiedendo l’accoglimento dell’appello e, in subordine, la rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità della disposizione qualora intesa nel senso di condizionare la realizzazione del diritto alla indennità, e quindi del diritto alla salute, alla mera iniziativa dell’amministrazione debitrice.
3.1.- All’appello si è opposta la Gestione Liquidatoria della ex USL BA/9 che ha anche eccepito l’intervenuta prescrizione quinquennale delle somme richieste (con ricorso notificato solo il 4 maggio 2000), tenuto conto che nel 1995 l’appellante già fruiva dell’emolumento in questione assorbito in altra voce prevista dal CCNL di categoria.
4.- L’appello non è fondato.
Si deve in primo luogo osservare che, come di recente più volte affermato da questa Sezione (da ultimo con la sentenza n. 6471 del 17 dicembre 2012), il diritto degli interessati alla liquidazione delle differenze retributive a titolo di indennità per il rischio radiologico poteva essere riconosciuto per il solo periodo quinquennale antecedente la notifica degli atti interruttivi del decorso della prescrizione breve.
Infatti, dopo l’entrata in vigore dell’art. 2 della legge 7.8.1985, n. 428, che ha elevato da due a cinque anni il termine prescrizionale delle rate di stipendio e delle differenze arretrate dei dipendenti pubblici, ed ha quindi equiparato il regime dei crediti degli stessi alla disciplina generale sui crediti di lavoro di cui all’art. 3048, n. 4, c.c., per giurisprudenza oramai costante, tutti gli emolumenti corrisposti ai pubblici dipendenti in funzione dell’esercizio dell’attività lavorativa sono soggetti alla prescrizione quinquennale (Consiglio di Stato, sez. III, n. 5246 dell’8 ottobre 2012; sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4553), senza alcuna distinzione per l’ipotesi che il credito retributivo sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. V, n. 4251 dell’8 settembre 2008), non assumendo più alcun valore la distinzione giurisprudenziale fondata sul presupposto (legislativo, normativo o provvedimentale) che aveva costituito in precedenza il discrimine tra l’applicazione del termine quinquennale e quello decennale.
4.1.- Né per le indicate ragioni, può darsi rilievo al momento dell’esame (da parte della apposita Commissione) dei presupposti per la liquidazione dell’indennità, tenuto conto che il diritto degli interessati a percepire l’indennità in questione (nelle sue diverse misure) discende direttamente dalla legge, sebbene l’esame della apposita Commissione sia comunque necessario per la verifica della presenza dei presupposti richiesti e quindi per la concreta liquidazione della somme spettanti al titolo in parola (e per stabilire la relativa decorrenza).
5.- L’appello non è comunque fondato nemmeno nel merito.
Si deve infatti ricordare che, ai fini della percezione dell’indennità per rischio radiologico, di cui all’art. 1, comma 2, della legge 7 ottobre 1988 n. 460, i lavoratori soggetti a rischio – ad eccezione dei medici e i tecnici di radiologia per i quali la qualifica rivestita legittima di per sé la presunzione dell’esistenza del rischio – dovevano essere individuati non in relazione alla qualifica rivestita ma all’effettiva sottoposizione, per l’attività esercitata, ad una determinata esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Per il personale sanitario diverso dai medici e dai tecnici di radiologia era quindi necessario (ed imprescindibile) un accertamento sulle singole situazioni concrete (modalità e orario di lavoro, intensità dell’esposizione) a cura della apposita Commissione prevista dall’art. 1 comma 3 della legge 27 ottobre 1988 n. 460, che doveva procedere all’accertamento basandosi su dati formali certi, quanto alla rilevazione e all’interpretazione, e idonei a rappresentare con continuità il concreto svolgimento dell’attività degli interessati comportante una esposizione (anche non continuativa) alle radiazioni ionizzanti, gravando su di essa la responsabilità degli esborsi conseguenti all’eventuale riconoscimento dei presupposti per l’attribuzione dell’indennità.
5.1.- Pertanto il riconoscimento del diritto alla relativa indennità non può che conseguire all’accertamento operato dalla predetta Commissione incaricata di verificare se il dipendente risultava, in via di fatto, esposto al rischio radiologico e in che misura (Consiglio di Stato,Sez. III, 8 ottobre 2012, n. 5246, 29 maggio 2012 n. 3232).
Si è quindi affermato che la percezione della detta indennità, per il personale diverso dai medici e tecnici di radiologia, è mediata da un accertamento tecnico devoluto alla apposita Commissione, al cui giudizio l’amministrazione è tenuta a sottoporre le richieste degli interessati (Consiglio di Stato, Sez. III, 8 ottobre 2012, n. 5246 cit.), e si è sottolineato che l’accertamento tecnico della Commissione assume valenza condizionante dell’attribuzione dell’indennità.
5.2.- Con la conseguenza che fino al momento in cui l’interessato non è stato inserito, da parte della apposita Commissione, fra i soggetti esposti al rischio (e quindi fra i possibili beneficiari della relativa indennità), l’Amministrazione non ha la possibilità di riconoscergli il beneficio in questione.
6.- Sulla base delle esposte considerazioni l’appello non può essere quindi accolto.
Risultava infatti preclusa all’amministrazione la possibilità di concedere all’appellante l’indennità per il rischio radiologico per i periodi di tempo antecedenti il riconoscimento effettuato dalla predetta Commissione (e per periodi ulteriori rispetto a quelli dalla stessa Commissione presi in considerazione).
7.- Né l’interessato può dolersi, in questa sede, dell’affermato ritardo con il quale la Commissione ha provveduto ad esaminare la sua posizione o della circostanza che l’indennità è stata riconosciuta (in precedenza) ad altri dipendenti, operanti nello stesso reparto.
Considerata anche la mancata impugnazione dei relativi atti, il ricorso infatti non può investire anche i criteri (temporali) sulla base dei quali la predetta Commissione ha provveduto ai necessari accertamenti.
7.1.- Questa Sezione ha peraltro già affermato che la Commissione poteva essere sollecitata al riguardo sia dall’Amministrazione che dal personale interessato (Consiglio di Stato, Sez. III, 7 dicembre 2011 n. 6452).
8.- Risulta infine manifestamente infondata la dedotta illegittimità costituzionale delle disposizioni in questione.
Si è infatti già osservato che deve ritenersi imprescindibile, per le ragioni suindicate, il previo accertamento da parte della predetta Commissione delle condizioni che danno diritto alla erogazione della indennità di rischio radiologico per i soggetti diversi dai medici e i tecnici di radiologia (per i quali il possesso dei requisiti è attestato dalla qualifica rivestita che legittima la presunzione dell’esistenza del rischio). In conseguenza le relative norme devono ritenersi esenti da ogni possibile rilievo di illegittimità costituzionale.
9.- In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese e competenze di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone la compensazione fra le parti delle spese e competenze di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012
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