Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 9 gennaio 2017, n. 25

In tema di revisione prezzi, la posizione dell’appaltatore di fronte alla facoltà dell’amministrazione di concederla ricorrendone i presupposti giuridici, ha natura di mero interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo. Di conseguenza la lex specialis del capitolato di appalto che si conformi a queste norme non può costituire ex sé un diritto soggettivo dell’appaltatore nella fase precedente il riconoscimento della revisione prezzi da parte dell’organo amministrativo competente, ed in tal modo derogare alla disciplina normativa sul relativo potere autoritativo e sulla conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, anche sulla mancata risposta dell’amministrazione alla relativa richiesta dell’appaltatore poiché la sua posizione si colloca in un’area di rapporti in cui la P.A. che non è su base paritetica, pur essendo stato il contratto di appalto già stipulato

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 9 gennaio 2017, n. 25

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 373 del 2016, proposto dall’Azienda Ospedaliera Sa. Pa. di Milano – Polo Universitario, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati Ma. Sa. Mo. (C.F. (omissis)) e Do. Vi. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Ma. Sa. Mo. sito in Roma, (…);

contro

la Si. Spa in proprio e quale capogruppo mandataria dell’Ati costituita con Ma. Fa. Ma. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati Br. Be. (C.F. (omissis)) e Lo. Gr. (C.F. (omisssis), con domicilio eletto presso l’Avv. Gi. Gr. in Roma, via (…);

Ma. Fa. Ma. Spa in proprio e quale Mandante dell’Ati costituita con la Si. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati Lo. Gr. (C.F. (omissis)) e Br. Be. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso l’Avv. Gi. Gr. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia, sede di Milano, Sezione Terza, n. 2202 del 2015, resa tra le parti, concernente la revisione e l’adeguamento del corrispettivo per il servizio di gestione, manutenzione e riqualificazione degli impianti termici.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Si. Spa in proprio e quale capogruppo mandataria dell’Ati costituita con la Ma. Fa. Ma. Spa, e di quest’ultima in in proprio e quale mandante dell’Ati costituita con la Si. Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli Avvocati Ma. Sa. Mo. e Lo. Gr.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Il raggruppamento costituito dalle società ricorrenti in primo grado, nell’anno 2005, si è aggiudicato la gara per il servizio di gestione, manutenzione e riqualificazione degli impianti termici di condizionamento e tecnologici dell’Azienda Ospedaliera Sa. Pa. di Milano, per un periodo di sei anni e per un importo complessivo pari a € 21.000.383,21, I.V.A. inclusa.

1.1 – Poiché l’art. 7 del contratto di servizio prevedeva la revisione periodica dei prezzi, le società hanno avanzato tale richiesta per i primi tre anni di contratto.

1.2 – Con la nota in data 26 marzo 2009, l’Azienda Ospedaliera ha comunicato alla Si. – in seguito all’incontro-colloquio del 24 marzo – “l’impegno (…) a riconoscere la revisione prezzi unicamente per le annualità e nella misura sotto indicata”, ovvero nessuna somma per l’annualità 2005/2006, la somma di € 296.178,50 per il periodo 2006/2007 e l’importo di € 373.719,90 per il periodo 2007/2008.

Nella stessa nota l’Azienda ha precisato che laddove la proposta fosse stata condivisa e accolta, si sarebbe proceduto a formulare un programma di corresponsione rateizzata delle predette somme. 1.3 – Ottenuta l’accettazione di Si. in data 9 aprile 2009, l’Azienda Ospedaliera, con la comunicazione del 5 maggio 2009, ha confermato l’intenzione di pagare, stabilendo altresì i relativi termini e importi della rateizzazione. In seguito all’accettazione della ricorrente, gli importi previsti sono stati regolarmente corrisposti.

2. – In data 26 settembre 2011, quando il contratto era già scaduto e l’A.T.I. ricorrente continuava a svolgere il servizio in regime di proroga, l’Amministrazione ospedaliera ha riscontrato la sua richiesta di procedere alla revisione prezzi per le annualità non ancora oggetto di liquidazione (ossia 2008/2009, 2009/2010 e 2010/2011) trasmettendo il documento istruttorio contenente la metodologia di calcolo sulla base del quale intendeva riconoscere la revisione.

Nella predetta relazione, nella quale erano stati utilizzati diversi criteri di calcolo rispetto a quelli usati in precedenza per le prime due annualità, ha chiarito che le somme già versate con riferimento a tali annualità avrebbero dovuto considerarsi alla stregua di acconti anche per quelle successive, che quindi avrebbero dovuto essere detratte dall’importo totale (pag. 5 della Relazione).

2.1 – Successivamente, con nota prot. n. 3640 del 27 febbraio 2012, l’Azienda ospedaliera ha comunicato di voler riconoscere a titolo di revisione prezzi un importo complessivo di € 231.476,40 oltre IVA (di cui € 132.321,64 oltre IVA per la quota combustibile, ed € 99.164,76 oltre IVA per la quota manodopera), specificando il metodo di revisione utilizzato.

Nella stessa nota l’Azienda Ospedaliera ha precisato, altresì, che per la stagione 2005/2006 – primo anno di esecuzione del contratto – la revisione non era dovuta e che l’Azienda aveva anticipato un acconto sulla revisione prezzi per l’anno 2009, pari agli importi proposti dal gestore per le stagioni 2006/2007 e 2007/2008 e che, pertanto, tali importi sarebbero stati detratti dall’importo totale dovuto da essa.

3. – Nel frattempo, con atto del 31 maggio 2011, è stata comunicata al RTI Si. l’adozione della deliberazione di proroga del contratto per il periodo 1/6/2011 – 30/9/2011 alla quale ha fatto seguito la sottoscrizione del contratto, intervenuta in data 18 ottobre 2011, con validità dal 1/6/2011 al 31/5/2012.

3.1 – Quanto alla revisione prezzi, l’art. 3.2 di tale contratto prevedeva che l’adeguamento dei prezzi era dovuto solo sulla quota combustibile soggetta a revisione “sulla base del prezzo dell’effettivo acquisto con riferimento di partenza al 01/06/2011”.

3.2 – Con successiva deliberazione n. 712 del 29/8/2012, l’Azienda Ospedaliera -, nelle more dell’effettiva adesione alla convenzione Consip S.p.A. “Servizio Energia Integrato 2- Lotto” -, ha fatto applicazione della previsione recata dall’art. 4.2 del contratto del 18.10.2011, ed ha prorogato il contratto per il periodo 1/6/2012 – 30/9/2012, data nella quale il rapporto contrattuale è definitivamente cessato.

3.3 – Con note in data 12.11.2012, 23.11.2012 e 30.1.2013 l’Azienda Ospedaliera ha rifiutato di pagare le fatture relative alla revisione sulla quota combustibile anche con riferimento al periodo di proroga del contratto, adducendo quale unica ragione ostativa alla liquidazione, il mancato previo accordo circa l’importo relativo alla revisione prezzi.

4. – Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Lombardia, sede di Milano, le società ricorrenti, in qualità di appartenenti a un Raggruppamento temporaneo di imprese (in seguito RTI Si.), hanno chiesto l’accertamento del proprio diritto alla revisione e adeguamento del corrispettivo per lo svolgimento delle prestazioni di cui al “Contratto per il servizio di gestione, manutenzione e riqualificazione degli impianti termici di condizionamento e tecnologici dell’Azienda Ospedaliera Sa. Pa.” del 22 dicembre 2005, a decorrere dal quarto anno di contratto e quindi per le annualità 2008/2009, 2009/2010 e 2010/2011, nonché al contratto in proroga del 18 ottobre 2011 e successiva proroga tecnica disposta con deliberazione n. 712 del 29 agosto 2012, e quindi per il periodo 1 giugno 2011-30 settembre 2012, e la conseguente condanna dell’Azienda Ospedaliera resistente al pagamento in loro favore di una somma pari a complessivi € 1.788.206,84 + I.V.A. (€ 2.155.376,67, I.V.A. compresa).

4.1 – Si è costituita in resistenza l’Azienda Ospedaliera che ha chiesto il rigetto del ricorso.

5. – Con la sentenza impugnata il TAR ha accolto il ricorso.

6. – Avverso tale sentenza ha proposto appello principale l’Azienda Ospedaliera, mentre il RTI si è costituito in giudizio depositando memoria e proponendo anche appello incidentale.

7. – All’udienza pubblica del 6 ottobre 2016 l’appello è stato trattenuto in decisione.

8. – L’appello principale è fondato e va dunque accolto.

8.1 – E’ necessario riportare – in estrema sintesi – il contenuto della sentenza impugnata.

8.2 – Con riferimento alla richiesta di revisione prezzi per il triennio 2008-2009, 2009-2010, 2010-2011, il TAR, con il primo capo di sentenza, ha accolto il ricorso rilevando che:

– la controversia non riguardava il diritto ad ottenere la revisione prezzi, ma solo la misura della revisione;

– la questione rientrava nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e) n. 2 c.p.a.

– l’aspetto controverso riguardava l’interpretazione dell’art. 7 del contratto di appalto stipulato il 22 dicembre 2005, che, a sua volta, rimandava alla norma recata dall’art. 6 della L. n. 537 del 1993, oggi trasfusa nell’art. 115 del codice dei contratti;

– era contrario a buona fede il comportamento dell’Azienda ospedaliera che aveva modificato unilateralmente i criteri per determinare l’importo da corrispondere a titolo di revisione prezzi per le ultime tre annualità, pretendendo di applicare tali nuovi criteri con efficacia retroattiva anche alle due annualità per le quali il pagamento era già avvenuto, sostenendo che tali pagamenti non sarebbero stati definitivi, trattandosi di meri acconti anche per le annualità successive;

– non erano stati rispettati neppure i principi che regolano l’autotutela amministrativa (ove fosse stata qualificata la posizione del contraente privato come portatore di interesse legittimo) poiché l’Azienda Ospedaliera non aveva spiegato perché avrebbe aspettato la completa esecuzione del contratto per procedere a porre nel nulla il precedente accordo, senza avere neppure la certezza del conseguimento di un risparmio certo.

8.3 – Con riferimento, invece, alla mancata revisione dei prezzi per il contratto in proroga del 18 ottobre 2011, e alla successiva proroga tecnica, il TAR, con il secondo capo di sentenza, ha rilevato che:

– il mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti non poteva consentire il rinvio sine die del pagamento della somma a titolo di revisione prezzi, tenuto conto anche del tenore alquanto puntuale della clausola;

– l’ulteriore ragione addotta in sede processuale – e cioè l’inapplicabilità della revisione in ragione della durata annuale del contratto – costituiva un’inammissibile integrazione postuma della motivazione.

8.4 – Pertanto, il TAR ha così disposto: “vanno annullati gli atti che hanno imputato a titolo di acconto le somme già versate a titolo di revisione prezzi per le annualità 2006/2007 e 2007/2008, che devono invece essere considerate versate a titolo definitivo; per le annualità 2008/2009, 2009/2010 e 2010/2011, va fatto obbligo all’Azienda resistente di dare avvio a un procedimento istruttorio ex art. 6, comma 4, della legge n. 537 del 1993 (trasfuso nell’art. 115, del D. Lgs. n. 163 del 2006; cfr. anche T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 5 febbraio 2015, n. 887), da svolgere in contraddittorio con le parti ricorrenti, per addivenire alla definitiva quantificazione del compenso revisionale, risultando illegittima la determinazione in via unilaterale del richiamato compenso a contratto completamente eseguito”.

8.4 – In relazione al secondo capo di domanda, il primo giudice ha riconosciuto la revisione prezzi nei termini previsti nel contratto per il periodo di proroga.

9. – Con il secondo e terzo motivo dell’appello principale, da esaminarsi prioritariamente per ragioni logiche, l’Azienda Ospedaliera ha dedotto che:

– la posizione dell’appaltatore in relazione alle modalità ed ai risultati della revisione è di interesse legittimo in ragione della discrezionalità dell’amministrazione sull’an debeatur;

– ciò comporta l’obbligo di impugnare nel termine decadenziale ordinario gli atti con i quali la stazione appaltante non solo definisce l’an della pretesa, ma individua – previa istruttoria ai sensi dell’art. 6 comma 4 della L. n. 537 del 1993 -, anche i criteri di calcolo del compenso revisionale;

la giurisprudenza amministrativa più recente ha precisato che i risultati del procedimento di revisione prezzi sono espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo che deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge;

– l’eccezione di tardività dell’impugnazione è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;

– l’omessa tempestiva impugnazione degli atti con i quali la stazione appaltante ha quantificato il compenso revisionale per le annualità contrattuali dal 2006 al 2011, rende inoppugnabile la quantificazione della somma operata dalla stazione appaltante, e pari ad € 231.476,40 contenuta nel provvedimento del 27 febbraio 2012, non tempestivamente impugnato;

– la ratio dell’istituto della revisione prezzi, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, è quella di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere l’equilibrio finanziario sulla base del quale è intervenuta la stipulazione del contratto; solo in via mediata tutela l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto;

– l’esigenza di contenimento della spesa ha indotto l’Azienda Ospedaliera a rivedere in autotutela il compenso revisionale già assegnato per le due prime annualità, provvedendo a rideterminare il compenso revisionale per l’intera durata del contratto.

9.2 – Le censure sono fondate.

– l’art. 6, comma 4, della L. n. 537 del 1993, come novellato dall’art. 44 della L. n. 724 del 1994, prevede che tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito;

– tale disposizione, ora recepita nell’art. 115 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006) per quanto riguarda gli appalti di servizi o forniture, costituisce norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, ed è integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell’inserzione automatica;

– la finalità dell’istituto è da un lato quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052; Sez. III 4 marzo 2015 n. 1074; Sez. V 19 giugno 2009 n. 4079);

– l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti;

– in tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), rilevando che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato;

– in ordine alla fissazione dell’adeguamento spettante, è da escludere che la pretesa vantata dal privato fornitore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all’esito di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi;

– l’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, modello che sottende l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale dell’amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest’ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l’amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa;

– di conseguenza, la posizione del privato contraente si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum, ma solo una volta che sarà intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale; peraltro tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell’amministrazione proprio per effetto dell’art. 133, lett. e), punto 2), c.p.a., che assoggetta l’intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

– la qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, comporta che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo. Ne deriva che sarà sempre necessaria l’attivazione – su istanza di parte – di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all’amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013 n. 465);

– i principi espressi in precedenza trovano conferma anche nelle costanti decisioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ex multis S.U. 14090 del 2004, 4463/2009, 6016 e 19567/2011, 7176 e 12063/del 2014) secondo cui, in tema di revisione prezzi, la posizione dell’appaltatore di fronte alla facoltà dell’amministrazione di concederla ricorrendone i presupposti giuridici, ha natura di mero interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo. Di conseguenza la lex specialis del capitolato di appalto che si conformi a queste norme non può costituire ex sé un diritto soggettivo dell’appaltatore nella fase precedente il riconoscimento della revisione prezzi da parte dell’organo amministrativo competente, ed in tal modo derogare alla disciplina normativa sul relativo potere autoritativo e sulla conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, anche sulla mancata risposta dell’amministrazione alla relativa richiesta dell’appaltatore poiché la sua posizione si colloca in un’area di rapporti in cui la P.A. che non è su base paritetica, pur essendo stato il contratto di appalto già stipulato (cfr. Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 30/10/2014, n. 23067);

– ne consegue che i risultati del procedimento di revisione prezzi sono dunque espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375; 24 gennaio 2013 n. 465).

9.3 – Venendo al caso di specie deve ritenersi inammissibile l’azione di accertamento del diritto al compenso revisionale proposta in primo grado dal RTI Si., atteso che il provvedimento che dispone la revisione prezzi e ne fissa i termini ha natura autoritativa: nei suoi confronti l’appaltatore è titolare della posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.

Il ricorrente in primo grado non poteva chiedere in via diretta l’accertamento del suo “diritto” ed il giudice non poteva statuire direttamente sul punto.

Del resto la sentenza del primo giudice è contraddittoria poiché da un lato ha considerato il giudizio come di mero accertamento, ma ha poi disposto l’annullamento degli atti di riconoscimento e quantificazione del compenso revisionale, senza avvedersi della loro omessa o tardiva impugnazione.

9.3.1 – Secondo l’appellato, invece, ciò sarebbe stato possibile perché – nel caso di specie – vi sarebbe già stato il riconoscimento del “diritto” al compenso revisionale, in quanto la stazione appaltante nel 2009 aveva ritenuto corretto il criterio di computo proposto dall’appaltatore, ed aveva liquidato l’importo da esso richiesto operando una rateizzazione delle somme riconosciute come spettanti.

9.3.2 – Secondo l’appellato, infatti, detto riconoscimento avrebbe avuto l’effetto di costituire in capo all’appaltatore il diritto soggettivo alla corresponsione del compenso revisionale non solo per le annualità 2006-2007 e 2007-2008, ma anche per quelle relative al successivo triennio, ora in contestazione.

10. – La tesi del RTI Si. non è condivisibile.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’appellato, infatti, il diritto e la misura del compenso revisionale era stata concordata solo con riferimento al biennio precedente e non con riferimento all’intera durata del contratto, come può evincersi in modo chiaro dalla disamina della nota del 26 marzo 2009 (cfr. doc. n. 17) nella quale si dichiara espressamente che il riconoscimento della revisione prezzi riguarda unicamente le annualità 2006/2007 e 2007/2008 nella misura ivi indicata.

Sicchè la posizione giuridica soggettiva del RTI appellato non ha conseguito la natura di diritto soggettivo con riferimento alle annualità 2008/2009, 2009/2010 e 2010/2011, mantenendo quella di interesse legittimo.

10.1 – Dalla disamina degli atti adottati dall’Azienda Ospedaliera appellante in merito alla vicenda si evince che:

– il provvedimento del 26 settembre 2011 costituisce il documento istruttorio di cui all’art. 6 comma 4 della L. n. 537/1993, come può agevolmente evincersi dalla disamina della relazione allegata alla nota (pag. 3), nella quale si precisa che si tratta dell’istruttoria per la revisione prezzi condotta dai dirigenti responsabili dell’U.O. Approvvigionamenti dell’A.O. S. Paolo di Milano in relazione al contratto in questione; la relazione, inoltre, fa espresso riferimento all’art. 7 del contratto di appalto e richiama la stessa disposizione normativa sopra citata;

– il successivo provvedimento del 27 febbraio 2012 prot. n. 3640 costituisce l’atto autoritativo che, nel recepire i risultati dell’istruttoria svolta in precedenza, ha riconosciuto l’an ed in quantum spettante a titolo di revisione prezzi per l’intera durata del contratto di appalto;

– tale atto – per quanto concerne il periodo 2006/2007 e 2007/2008 – costituisce atto di autotutela, avendo l’Amministrazione accertato che le somme riconosciute in precedenza non erano state correttamente computate;

– l’esercizio del potere di autotutela è giustificato dall’esigenza di recupero del denaro pubblico erroneamente erogato, atteso che – a seguito dell’istruttoria svolta dall’esperto esterno -, l’Azienda Ospedaliera ha accertato che il compenso revisionale spettante all’appaltatore era di gran lunga inferiore a quello riconosciuto con atto del 26 marzo 2009.

10.2 – Ne consegue che il ricorrente in primo grado, per poter validamente azionare la propria pretesa, avrebbe dovuto provvedere alla tempestiva impugnazione del provvedimento dell’Azienda Ospedaliera del 27 febbraio 2012 (e del precedente atto istruttorio del 26 settembre 2011) che nel riconoscere il compenso revisionale ne aveva stabilito anche l’entità, disponendo nel contempo – nell’esercizio del potere di autotutela – anche il ricalcolo del compenso per le annualità precedenti (2006/2007 e 2007/2008) considerando le somme già erogate come semplici acconti.

10.3 – La mancata tempestiva impugnazione di detto atto autoritativo (e del precedente atto istruttorio) ha comportato l’inoppugnabilità delle determinazioni assunte dall’Amministrazione nell’esercizio della potestà discrezionale di definire l’an ed il quantum del compenso revisionale e di disporre in sede di autotutela, ai sensi dell’art. 21 nonies della L. 241/90, l’annullamento della precedente determinazione datata 26 marzo 2009 di riconoscimento del compenso revisionale con riferimento al biennio 2006-2007 e 2007/2008.

Essa, infatti, aveva comportato – come accertato dall’esperto nella propria relazione – un indebito esborso di pubblico denaro, attesa l’errata commisurazione del compenso revisionale riconosciuto.

Nella relazione si evince, infatti, che per il contratto originario avente durata quinquennale la richiesta complessiva di compenso revisionale avanzata dall’ex appaltatore è stata pari ad € 2.282.266,55 a fronte di un compenso revisionale determinato dalla stazione appaltante in € 826.244,26 (cfr. p. 23 appello principale e pp. 4 e 7 della relazione dell’esperto).

10.4 – Quanto ai presunti vizi di legittimità del provvedimento di autotutela, e alla sua contraddittorietà alla disposizione recata dall’art. 21 nonies della L. 241/90 per il decorso del termine ragionevole di 18 mesi ivi previsto (p. 10-11 della memoria del 2 settembre 2016 di parte appellata), si tratta di questioni che avrebbero dovuto essere dedotte in sede di impugnazione del provvedimento autoritativo del 27 febbraio 2012, che non è stato però impugnato nei termini e che è divenuto, ormai, inoppugnabile.

10.5 – L’accoglimento dei suddetti motivi dell’appello principale comporta l’assorbimento delle ulteriori doglianze proposte avverso il primo capo di sentenza, relativo al compenso revisionale per le annualità 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011 e all’esercizio del potere di annullamento in autotutela con riferimento al biennio 2006/2007, 2007/2008.

10.6 – In particolare, può essere assorbita anche la quarta doglianza, con la quale l’appellante ha dedotto la prevalenza del principio di causalità negoziale rispetto al principio di buona fede sulla base del quale il primo giudice ha fondato la propria decisione.

11. – L’esercizio del potere di autotutela amministrativa che consente alla pubblica amministrazione di disporre l’annullamento di propri atti illegittimi, specie quando comportano un indebito esborso di denaro pubblico, rende superflua la disamina dell’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dell’appellato in ordine alla “domanda riconvenzionale” proposta dall’Azienda Ospedaliera nel quarto motivo di appello, in relazione alla dedotta inapplicabilità al caso di specie dell’art. 2041 c.c. e alla conseguente eccezione di difetto di giurisdizione (pag. 6 memoria dell’appellato del 2/9/2016).

L’inoppugnabilità del provvedimento del 27 febbraio 2012 che dispone e quantifica il compenso revisionale, facendo applicazione del potere di autotutela, è infatti idoneo di per sé a disciplinare i rapporti economici tra le parti, sicchè non occorre l’espressa pronuncia del giudice in merito all’applicabilità al caso di specie dell’art. 2041 c.c.

11.1 – Del resto, nelle conclusioni dell’appello principale non si fa cenno alcuno ad una pronuncia in tema di arricchimento senza causa, essendosi limitata l’Azienda Ospedaliera ha chiedere in via principale di riformare la sentenza di primo grado “previo accertamento e riconoscimento in favore del RTI ricorrente in primo grado, per il periodo 1/6/2006 – 31/5/2011, unicamente della somma proposta dall’Azienda con nota provvedimentale del 27/2/2012, consolidatasi a seguito della mancata impugnazione nel termine decadenziale di legge (…) pari ad € 231.476,40 oltre I.V.A.”

12. – L’accoglimento della domanda principale che comporta la perdurante efficacia della determinazione della stazione appaltante del 27 febbraio 2012 (e del precedente documento istruttorio), consente, inoltre, di dichiarare inammissibili le eccezioni di inammissibilità sollevate nella memoria di costituzione dell’appellato (pag. 2 e 3), che tendono a paralizzare la domanda subordinata proposta dall’appellante.

13. – Deve essere invece respinto il primo motivo di appello incidentale proposto dal RTI Si. [(in via principale) (pag. 4-6)] con il quale l’appellante incidentale intende conseguire il pagamento del compenso revisionale negli importi ivi indicati, tenuto conto che l’inoppugnabilità del provvedimento autoritativo del 27 febbraio 2012 che ha stabilito l’an ed il quantum del compenso revisionale, e che ha disposto nel contempo l’esercizio del potere di annullamento in autotutela del provvedimento del 2009, costituisce – in considerazione dell’accoglimento della domanda principale proposta con l’appello principale – l’unico parametro di determinazione possibile del compenso revisionale.

14. – Per le medesime ragioni deve essere respinto anche il successivo motivo dell’appello incidentale, proposto in via subordinata, diretto a sostenere l’inapplicabilità dell’indice FOI nella determinazione del compenso revisionale.

Ciò vale, ovviamente, per la parte relativa al compenso revisionale relativo al contratto del 2005, e dunque limitatamente al primo capo di sentenza, non essendo stato ancora esaminato l’appello principale relativo al successivo capo di sentenza.

15. – Devono essere ora esaminate le doglianze relative al secondo capo di sentenza, relativo al riconoscimento del diritto alla revisione prezzi con riferimento al successivo contratto del 18 ottobre 2011 (relativo al periodo 1/6/2011- 31/5/2012) e alla successiva proroga di tale contratto fino al 30/9/2012.

15.1 – Come già rilevato in precedenza, il primo giudice ha accolto il capo di domanda diretto al riconoscimento del diritto alla revisione prezzi nei termini indicata nel contratto (art. 3.2 del contratto del 18 ottobre 2011).

Ha fondato la propria decisione rilevando che l’Azienda Ospedaliera aveva respinto la richiesta di revisione – relativa al solo combustibile – formulata dal RTI Si. con tre note, datate rispettivamente 12 e 23 novembre 2012 e 30 gennaio 2013, giustificandola con il solo mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti, ritenendo detta motivazione del tutto inadeguata in quanto la stazione appaltante avrebbe dovuto avviare un tavolo di trattative e non rinviare sine die il pagamento della somma, tenuto anche conto del tenore puntuale della clausola contrattuale.

Ha poi ritenuto inammissibile – in quanto integrativa della motivazione – la ragione addotta dalla difesa dell’Azienda Ospedaliera in corso di causa, e cioè l’inapplicabilità della clausola revisionale nell’ambito di un contratto di durata annuale, rilevando – altresì – che trattandosi di clausola inserita nell’ambito di un contratto avente durata annuale, avrebbe necessariamente dovuto avere immediata applicazione.

16. – Con il sesto motivo di appello principale, l’Azienda Ospedaliera ha censurato tale capo di sentenza rilevando che:

– le parti avrebbero stipulato un nuovo di contratto di durata annuale avente un oggetto parzialmente diverso, essendo differenti le prestazioni richieste e il compenso spettante (cfr., nel dettaglio, p. n. 32 appello principale) e non un contratto in proroga come invece ritenuto nella sentenza di primo grado (p. 12);

– la legge non richiederebbe l’accordo delle parti per il riconoscimento del compenso revisionale e per la determinazione del quantum spettante (art. 115 D.Lgs. 163/06 che riprende quanto stabilito dall’art. 6, comma 4, della L. n. 537/93);

– il mancato accordo non avrebbe comportato l’obbligo di aprire un tavolo di trattative tra le parti, come sostenuto (erroneamente) dal primo giudice;

– nonostante la clausola contrattuale, il compenso revisionale non sarebbe dovuto, trattandosi di contratto di durata annuale.

17. – Ritiene innanzitutto il Collegio di dover precisare che le note dell’Azienda Ospedaliera, con le quali sono state restituite al mittente le fatture relative alle somme richieste a titolo di compenso revisionale, non hanno natura provvedimentale. Esse, infatti, si limitano a rappresentare all’appaltatore l’impossibilità di procedere al pagamento delle fatture in mancanza di un formale provvedimento di riconoscimento del diritto, e conseguente quantificazione del compenso revisionale da parte della stazione appaltante: non sussisteva, dunque, per il RTI Si. l’onere della loro impugnazione.

17.1 – Ne consegue che l’appaltatore, per conseguire il compenso revisionale, avrebbe dovuto attivarsi nel rispetto delle modalità utilizzabili in caso di inerzia di una pubblica amministrazione, e cioè ricorrendo alla procedura sul silenzio, come già rilevato in precedenza richiamando la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

17.2 – Nel caso di specie, però, la questione dell’inammissibilità della domanda di accertamento del diritto al compenso revisionale relativa al biennio in questione, non è stata dedotta come motivo di appello, sicchè il Collegio deve pronunciarsi sulla debenza o meno del compenso revisionale per il periodo 1/6/2011 – 31/5/2012 tenendo conto esclusivamente di quanto dedotto dalle parti e ritenuto nella sentenza di primo grado.

18. – Preliminarmente occorre distinguere la situazione relativa al periodo 1/6/2011 – 31/5/2012 (disciplinata dal contratto del 18 ottobre 2011) da quella relativa al periodo 1/6/2012 – 30/9/2012 (di cui alla delibera n. 712 del 29 agosto 2012, che a sua volta rinvia alle “medesime condizioni contrattuali di cui al contratto scaduto in data 31.5.2012”) (c.d. proroga tecnica), essendo applicabili alle due situazioni discipline differenti.

18.1 – Va preventivamente esaminata la questione relativa alla debenza del compenso revisionale con riferimento al contratto annuale stipulato il 18 ottobre 2011.

E’ necessario accertare preliminarmente la natura di tale contratto al fine di verificare se costituisce una proroga (come ritenuto dal RTI appellato) ovvero un rinnovo del precedente contratto stipulato nel 2005 (come invece dedotto dall’Azienda Ospedaliera): infatti, “mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale, che rende incompatibile l’immediata applicazione imperativa della clausola di revisione prezzi” (Cons. Stato, V, 22 giugno 2010 n. 3892; id. n. 3019 del 14 maggio 2010).

18.2 – Inoltre, in caso di proroga, vi sarebbe lo spostamento del termine di durata del precedente vincolo contrattuale già pluriennale, mentre nel caso di rinnovo, la durata del vincolo sarebbe soltanto annuale, così come pattuito dalle parti.

18.3 – Ritiene il Collegio condivisibile la tesi dell’appellante principale.

Dalla disamina del contratto stipulato il 18 ottobre 2011 emerge in modo chiaro che non può trattarsi di una proroga del vecchio contratto risalente al 2005, tenuto conto delle modifiche apportate alle prestazioni fornite dell’appaltatore e al corrispettivo dovuto per lo svolgimento del servizio da parte della stazione appaltante.

Si tratta, dunque, di un “rinnovo” e non di una “proroga” del precedente contratto.

18.4 – Ciò assume rilievo dirimente ai fini della questione controversa, in quanto la durata annuale del contratto è di per sé impeditiva al riconoscimento del compenso revisionale che si applica esclusivamente ai contratti di durata pluriennale, e ciò a prescindere dalle difforme clausola inserita dalle parti all’art. 3.2 del contratto.

18.5 – L’istituto della revisione prezzi nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi e forniture è soggetta al rispetto dei principi di ordine pubblico, tanto è vero che in caso di mancata previsione della clausola revisionale, ovvero di inserimento di una clausola difforme da quanto previsto dalla legge, opera il meccanismo dell’inserzione automatica della previsione normativa e della prevalenza con sostituzione automatica della clausola difforme ai sensi degli artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c.

18.6 – Il riferimento normativo alla clausola revisionale non attribuisce, infatti, alle parti ampi margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l’obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo (Cons. Stato, Sezione V, 2/11/2009 n. 6709)

18.7 – La ratio e lo spirito della legge – che prevede la revisione del prezzo su base periodica – dimostra, infatti, che il legislatore ha inteso munire i contratti di forniture e servizi di un meccanismo di aggiornamento del corrispettivo alla dinamica dei prezzi registrata in un determinato intervallo temporale, secondo cadenze predeterminate, legando dunque l’adeguamento del prezzo al trascorrere di un significativo periodo di tempo (cfr. l’art. 33 della L. 28 febbraio 1986, n. 41, che escludeva la revisione per il primo anno; l’art. 6 della L. 24 dicembre 1993, n. 537, che rinviava a dati rilevati, elaborati e pubblicati con cadenza periodica; l’art. 115 del D.Lgs. n. 163 del 2006, che prevede una revisione periodica sulla base di costi standardizzati determinati “annualmente”: art. 7, co. 4, lett. c) del D.Lgs. 163/06.

18.8 – E’ stato quindi ritenuto in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 9 maggio 2012, n. 2123; T.A.R. Puglia, Sezione di Lecce, sez. II, 29.11.2007, n. 4111), e dalla stessa A.V.C.P. (parere del 4/8/2008 rif. AG20-08 d.lgs. 163/06 articoli 114 – Codici 115.1 e parere n. 82 del 30/5/2012 rif. PREC 7/12/S d.lgs 163/06 articoli 115-Codici 115.1) che il compenso revisionale non è dovuto per il primo anno di contratto, in quanto, pur in assenza di un’espressa indicazione al riguardo ex art. 6 della legge 537 citata, i contratti pubblici ad esecuzione continuata o periodica vengono stipulati per più annualità per la cui la revisione va calcolata al termine di ogni anno.

19. – Ne consegue la fondatezza del sesto motivo di appello principale nella parte in cui ha censurato il capo di sentenza con la quale il primo giudice ha accolto la domanda del RTI diretta ad ottenere il compenso revisionale per il periodo 1/6/2011 – 31/5/2012.

19.1 – Nel caso di specie, infatti, non assume alcuna rilevanza la tesi del TAR secondo cui il riferimento alla durata annuale del contratto costituirebbe una inammissibile integrazione postuma della motivazione, poiché sussiste la preclusione normativa a prescindere da quanto rappresentato dall’Amministrazione.

19.2 – L’accoglimento del sesto motivo dell’appello principale comporta il rigetto dell’appello incidentale relativo allo specifico capo di domanda in questione (p. 6 e 8), tenuto conto dell’inapplicabilità del criterio revisionale previsto dall’art. 3.2 del contratto stipulato il 18 ottobre 2011.

20. – Resta da esaminare la questione relativa all’applicazione del compenso revisionale con riferimento al periodo di proroga del contratto del 18 ottobre 2011, e cioè dal 1/6/2012 al 30/9/2012.

In questo caso non opera la precedente preclusione relativa alla durata solo annuale del contratto e ricorre pacificamente l’ipotesi della proroga del precedente contratto.

20.1 – La questione controversa riguarda, dunque, la commisurazione del compenso revisionale, oggetto dell’ultimo punto del sesto motivo di appello principale (p. 35, 36) e correlativamente oggetto dell’appello incidentale, nella parte in cui contesta l’applicabilità dell’indice FOI in presenza di una specifica clausola che dispone in modo specifico sul criterio di calcolo della revisione del prezzo del combustibile (art. 3.2 del contratto), secondo cui la quota combustibile “potrà essere revisionata sulla base del prezzo dell’effettivo acquisto con riferimento di partenza al 01/06/2011”.

20.2 – Con l’appello principale l’Azienda Ospedaliera ha rilevato che il raggruppamento Si. non avrebbe dimostrato l’intervenuta variazione del prezzo del combustibile calcolato secondo l’indice FOI cui fa rinvio anche l’art. 115 del D.Lgs. 163/06: ha dunque concluso sostenendo che neppure detto compenso revisionale sarebbe dovuto.

20.3 – La doglianza va accolta sebbene nei termini in seguito precisati.

E’ opportuno richiamare i principi affermati dalla giurisprudenza in merito all’istituto della revisione prezzi, con la precisazione che i principi affermati con riferimento al vecchia normativa risultano applicabili anche dopo l’introduzione dell’art. 115 del d.lgs. 163/06, che ha recepito il vecchio testo dell’art. 6 c. 4 della L. n. 537/93.

“… i due periodi del comma 4 dell’art. 6 della L. n. 537/1993 enunciano altrettanti principi di estrema chiarezza: il primo impone la revisione periodica del prezzo di tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica e continuativa, il secondo stabilisce che l’entità di tale revisione deve scaturire dagli esiti di un’apposita istruttoria condotta dall’amministrazione.

Orbene, è vero che il successivo comma 6 individua all’uopo alcuni parametri statistici ai quali ancorare le valutazioni amministrative in materia, ma emerge con altrettanta evidenza che siffatto “modello istruttorio” è stato disciplinato dal Legislatore soltanto al fine di “orientare” (così è l’incipit del comma) l’operato della parte pubblica. Ne consegue che la carenza delle rilevazioni statistiche semestrali contemplate dal comma 6 non impedisce l’applicazione del precedente comma 4, rimanendo inalterato il potere-dovere dell’amministrazione di svolgere comunque un’istruttoria che – anche in assenza dei criteri predeterminati dall’art. 6 – deve comunque svolgersi nel rispetto del generale limite interno di ragionevolezza.” (Sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461)

“Poiché la disciplina legale dettata dall’art. 6, commi 4 e 6, cit. non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l’elaborazione, da parte dell’ISTAT, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna, per giurisprudenza costante, è stata colmata mediante il ricorso al cosiddetto “indice F.O.I.” (…).

Secondo tale indirizzo giurisprudenziale, l’utilizzo di quest’ultimo parametro non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale.

In tal modo, si rispetta la ratio dell’art. 6 cit. consistente nel coniugare l’esigenza di interesse generale di contenere la spesa pubblica, con quella, parimenti generale, di garantire nel tempo la corretta e puntuale erogazione delle prestazioni dedotte nel programma obbligatorio.

L’istituto della revisione è infatti preordinato, nell’attuale disciplina, alla tutela dell’esigenza dell’amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto.

Solo in via mediata l’istituto tutela l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni.

Laddove, pertanto, l’impresa dimostri, durante l’istruttoria, l’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all’indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici” (Cons. Stato Sez. V, 23 aprile 2012, n. 2052; Sez. V, 17 febbraio 2010, n. 935; 1° ottobre 2010, n. 7254; 19 giugno 2009, n. 4079; 20 agosto 2008, n. 3994; 9 giugno 2008, n. 2786; 14 dicembre 2006, n. 7461; 16 giugno 2003, n. 3373; 8 maggio 2002 n. 2461; 13 dicembre 2002 n. 4801).

20.4 – Pertanto, ritiene il Collegio, che sussista l’obbligo per la stazione appaltante di avviare l’istruttoria al fine di accertare se competa al RTI Si. il compenso revisionale per la quota carburante con riferimento al periodo di proroga tecnica (e cioè 1/6/2012 – 30/9/2012) facendo applicazione dell’indice FOI, criterio oggettivo che permette di conferire un principio di salvaguardia al sinallagma contrattuale e, nello stesso tempo, preservare gli equilibri della finanza pubblica, ma “laddove… l’impresa dimostri, durante l’istruttoria, l’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all’indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici” (come ritenuto in giurisprudenza), ovvero sulla base dello stesso criterio individuato nell’art. 3.2 del contratto.

21. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello principale va accolto, e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va dichiarato in parte inammissibile ed in parte va respinto il ricorso di primo grado. Va respinto, inoltre, l’appello incidentale.

22. – Tenuto conto della complessità della questione controversa sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese relative al doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

così dispone:

– accoglie l’appello principale, e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara in parte inammissibile ed in parte respinge il ricorso di primo grado;

– respinge l’appello incidentale;

– compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Giulio Veltri – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore

Raffaello Sestini –

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