Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 7 novembre 2018, n. 50157
La massima estrapolata:
La confisca può essere adottata anche a fronte dell’impegno a pagare, avendo effetto solo se si verifica l’evento futuro e incerto del mancato pagamento del debito. In presenza di accordi conciliativi il giudice non può non considerare il “patto” sull’ammontare dell’imposta evasa e, se si discosta deve dare un’adeguata motivazione.
Sentenza 7 novembre 2018, n. 50157
Data udienza 27 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza 16/05/2018 del Tribunale di Brindisi;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Presidente;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Dott. FILIPPI Paola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per gli imputati l’avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) e (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Brindisi che aveva respinto l’appello cautelare, ex articolo 322 bis c.p.p., avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Brindisi di rigetto della richiesta di riduzione dell’ammontare dell’importo, pari a Euro 2.337.462,71, corrispondenti alla differenza tra la maggior imposta evasa, come oggetto di contestazione provvisoria, e quella definita a seguito di tre accordi conciliativi con l’Agenzia delle Entrate.
1.1. Il Tribunale cautelare, preso atto che il Giudice aveva respinto l’istanza sul rilievo che la riduzione del sequestro poteva avvenire solo a fronte dell’effettivo pagamento delle imposte evase, ha richiamato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, comma 2, non preclude l’adozione del sequestro ne’ della confisca, dovendo unicamente ritenersi l’eventuale inefficacia della misura cautelare in presenza di versamento delle imposte, salva la riduzione dell’ammontare in relazione alle rate eventualmente gia’ versate, e il principio secondo cui non essendo configurabile nel processo penale una pregiudiziale tributaria, spetta all’autorita’ giudiziaria accertare l’imposta evasa, da cui ha tratto la conclusione che l’accertamento con adesione e gli accordi conciliativi, conclusi dai ricorrenti, non potevano incidere sul processo penale, se non ai limitati fini di cui all’articolo 13, comma 2 bis, ed ha, cosi’, respinto l’impugnazione, fermo restando che il sequestro non poteva essere mantenuto sull’intero ammontare, dovendosi ridurre in misura corrispondente alle somme periodicamente versate, come gia’ verificatosi nel caso in esame.
2. A sostegno dell’impugnazione, i ricorrenti deducono, con un unico e articolato motivo, la violazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 321 e 322 bis, e articolo 12 bis, comma 2, nonche’ il vizio di motivazione mancante e/o apparente.
In sintesi, lamentano i ricorrenti che il Tribunale avrebbe erroneamente escluso la riduzione del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, in relazione al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 3 e 8, reati oggetto di incolpazione provvisoria, in presenza di accordi conciliativi con conseguente ridimensionamento della somma originariamente contestata, a titolo di evasione, per una differenza di Euro 2.337.462,71.
Il Tribunale non avrebbe colto nel segno la censura devoluta con l’impugnazione cautelare e non avrebbe affrontato il tema centrale posto dall’impugnazione che verteva sul diverso profilo secondo cui, a mente dell’articolo 12 bis, non si potrebbe mai confiscare una somma in eccedenza rispetto all’impegno assunto con l’Amministrazione finanziaria, con conseguente riduzione della parte di sequestro in eccedenza rispetto a tale somma. Se e’ pur vero che e’ riconosciuto il potere di autonoma individuazione dell’imposta evasa al giudice penale, nondimeno, per l’esercizio di tale facolta’ occorre una congrua motivazione, che sarebbe stata omessa nel provvedimento impugnato. Errata sarebbe, anche, la motivazione del provvedimento impugnato laddove ha escluso di poter attribuire rilievo agli intervenuti accordi con l’amministrazione finanziaria, avendo argomentato che il sequestro avrebbe dovuto essere ridotto solo dopo l’integrale pagamento delle somme previste dai suddetti accordi, omettendo di considerare il carattere novativo dei predetti accordi. Viceversa, la novazione dell’obbligazione tributaria avrebbe dovuto comportare la conseguente riduzione del sequestro.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che i ricorsi siano rigettati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Va premesso che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di appello contro i provvedimenti di sequestro preventivo e’ proponibile ai sensi del combinato disposto degli articoli 322 bis e 325 c.p.p. – solo per violazione di legge, e che costituisce di “violazione di legge”, legittimante il ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, sia l’omissione assoluta di motivazione sia la motivazione meramente apparente (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, P.M. in proc. Baronio e altro, Rv. 264011; Sez 1, n. 6821 del 31/01/2012 Chiesi, Rv. 252430; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710).
5. Cosi’ delineato l’ambito di valutazione, i ricorsi sono fondati in forza delle considerazioni qui esposte.
Sotto un primo profilo, concernente il rapporto tra confisca (somma confiscabile e previamente sequestrabile) e accordo con l’erario, questa Corte di legittimita’ ha avuto modo di chiarire che in tema di reati tributari, la disposizione di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 12 bis, comma 2, introdotta dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca – cosi’ come il sequestro preventivo ad essa preordinato – puo’ essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi, Rv. 268384; Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsetto, Rv. 266037).
Si e’ specificato, in particolare, che la locuzione “non opera” non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata, ma che la stessa non divenga, piu’ semplicemente, efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno salvo ad essere “disposta”, come recita l’articolo 12 bis cit., comma 2, allorquando l’impegno non venga rispettato e il versamento “promesso” non si verifichi.
Si e’, altrettanto, specificato che solo l’integrale pagamento del debito tributario, in virtu’ della necessita’ di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso, puo’ condurre alla non operativita’ della confisca e, correlativamente, alla obliterazione del sequestro imposto a tal fine, essendo invece insufficiente la mera ammissione ad un piano rateale di pagamento o il parziale pagamento effettuato a tale ultimo titolo (Sez. 3, n. 5681 del 27/11/2013, Crocco, Rv. 258691).
Ed infatti, solo col pagamento del debito viene meno qualsiasi indebito vantaggio da aggredire col provvedimento ablatorio, di tal che’ un successivo provvedimento comporterebbe una inammissibile duplicazione della sanzione.
6. Sotto altro profilo, in relazione alla determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, suscettibile dapprima di sequestro e poi di confisca, e’ altrettanto pacifico, nella giurisprudenza di legittimita’, il principio secondo cui spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa, da intendersi come l’intera imposta dovuta, attraverso una verifica che puo’ venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria (Sez. 3, n. 28710 del 19/04/2017, P.G. in proc. Mantellini, Rv. 270476; Sez. 3, n. 15899 del 02/03/2016, Colletta, Rv. 266817; Sez. 3, n. 38684 del 04/06/2014, Agresti, Rv. 260389; Sez. 3, n. 37335 del 15/07/2014, Buonocore, Rv. 260188; Sez. 3, n. 36396 del 18/05/2011, Mariutti, Rv. 251280; Sez. 3, n. 5490 del 26/11/2008, Crupano, Rv. 243089).
L’autonomia del processo penale da quello amministrativo, sancita dall’articolo 20, d.lgs. n. 74 del 2000 (secondo cui “Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione”), non puo’ non valere anche ai fini, che qui che qui rilevano, dell’individuazione dell’ammontare dell’imposta evasa per l’adozione e il mantenimento del provvedimento cautelare in funzione della confisca, nei casi di raggiunti accordi conciliativi con l’erario.
In altri termini, deve ammettersi che il giudice penale ben possa, sulla scorta di elementi di fatto, discostarsi dalla quantificazione del profitto come risultante dalla conclusione di accordi conciliativi con l’agenzia delle entrate, ma nell’esercizio di tale autonomo potere deve darne congrua argomentazione, diversamente ragionando si perverrebbe alla introduzione di una pregiudiziale tributaria non prevista nell’ordinamento giuridico.
7. Sulla scorta di cio’, ribadito il principio della piena autonomia del processo penale per l’accertamento del reato tributario e per l’accertamento dell’ammontare dell’imposta evasa, in presenza di accordi conciliativi del contribuente con l’erario, il giudice non puo’ non considerare l’intervenuto accordo sull’ammontare dell’imposta evasa e, per discostarsi dall’ammontare come individuato in sede amministrativa, deve darne congrua motivazione.
8. Orbene, sul punto, la motivazione del provvedimento impugnato e’ assente.
Il Tribunale di Brindisi, dopo aver inteso aderire al principio di diritto sopra richiamato dell’autonoma valutazione del giudice penale, ha, tuttavia, errato nel concludere che gli accordi intervenuti tra i ricorrenti e l’agenzia delle entrate (tre accordi conciliativi ed un accertamento con adesione) non avessero incidenza nel processo penale, nel quale manteneva validita’ l’accertamento compiuto che legittimava il mantenimento del sequestro sull’intero ammontare dell’imposta evasa come determinata, quale che fosse il diverso ammontare frutto dell’accordo tra contribuente ed erario, omettendo di argomentare le ragioni per le quali intendeva discostarsi dalla determinazione dell’imposta frutto di accordo.
9. Dunque, deve affermarsi il principio secondo cui, nel caso di accordi conciliativi con l’erario, deve attribuirsi rilevanza alla quantificazione del profitto operata in sede amministrativa, ma che il giudice penale, in forza dell’inesistenza di una pregiudiziale tributaria, ben possa discostarsi dalla determinazione dell’ammontare del profitto come risultante nell’accordo, ma di cio’ deve dare congrua motivazione.
10. Conclusivamente il provvedimento impugnato va annullato con rinvio per un nuovo esame sul punto al Tribunale di Brindisi – Sezione del riesame.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata e rinvio per nuovo esame al Tribunale di Brindisi.
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