Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 3 febbraio 2020, n. 4433
Massima estrapolata:
Se la condotta integrante il reato di cui all’art. 8 d.lgs. 74/ 2000 consiste nell’emissione e rilascio delle fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, per la nozione di fatture o altri documenti occorre far rirerimento alla disposizione di cui all’art. 1 lett. a) del d.lgs. 74 cit., che fornisce la definizione di tali elementi, in proposito intendendosi le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte e che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.
Sentenza 3 febbraio 2020, n. 4433
Data udienza 17 dicembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo M. – Consigliere
Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 02/08/2019 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GAETA Pietro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 2 agosto 2019 il Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice del riesame delle misure cautelarsi reali, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS), indagato per il reato di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 8, nei confronti dell’ordinanza dell’8 luglio 2019 di sequestro preventivo di nove container, emessa a suo carico dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli.
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione con due motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha osservato che la condotta censurata aveva comunque come destinatario il prestatore del servizio e quindi chi emetteva le fatture.
Cio’ posto, e’ stato ricordato che la norma incriminatrice si riferisce a tutti i documenti che assolvono comunque a funzione probatoria ai fini fiscali. In specie, le richieste di uscita dagli spazi doganali, con allegati polizza di carico e documento di transito, non potevano rivestire rilevanza fiscale in quanto prive di supporto probatorio di evidenza di una spesa ovvero di un costo. Ne’ poteva ricorrere l’ipotesi del tentativo, ontologicamente estranea alla fattispecie.
2.2. Col secondo motivo e’ stata altresi’ censurata l’assenza di motivazione del provvedimento impugnato, tale da impedire di individuare l’itinerario argomentativo seguito e cosi’ integrando violazione di legge.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ infondato.
4.1. In relazione alla censura azionata col primo motivo di impugnazione, questa Corte ha gia’ osservato che, in tema di reati fiscali, la nozione di “altri documenti” contenuta nel Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 8, va intesa come riferita a tutti i documenti cui le norme tributarie attribuiscono valore probatorio di fatture destinati ad attestare fatti aventi rilevanza fiscale (in specie e’ stata cosi’ attribuita rilevanza fiscale al documento di trasporto internazionale, CMR o lettera di vettura internazionale, previsto dalla “Convention de Merchandise par route”, perche’ assolve ad una funzione integrativa della fattura ed e’ documento idoneo a comprovare il trasferimento intracomunitario di merci a fini IVA)(Sez. 3, n. 9453 del 11/10/2017, dep. 2018, Samogin, Rv. 272296).
In particolare, e’ stato cosi’ ricordato che, se la condotta integrante il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, consiste nell’emissione e rilascio delle fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, per la nozione di “fatture o altri documenti” occorre far riferimento alla disposizione di cui all’articolo 1, lettera a), del Decreto Legislativo n. 74 cit., che fornisce la definizione di tali elementi, in proposito intendendosi “le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte e che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.
4.1.1. In specie, quanto alla documentazione utilizzata ed a quanto si puo’ desumere dal ricorso e dal provvedimento impugnato, e’ stato fatto riferimento a “richieste di uscita dagli spazi doganali, con allegati polizza di carico e documento di transito doganale”.
Ai fini di cui al ricorso, nell’assenza di altre contestazioni, va cosi’ stabilito se i documenti in questione rientrino o meno nella nozione di “altri documenti” richiamata dalla disposizione dell’articolo 8 cit., laddove invero il legislatore ha circoscritto tale nozione a quelli cui le norme tributarie assegnino una funzione probatoria pari a quella delle fatture, e cioe’, a quei documenti che, in base a norme tributarie ne stabiliscono un regime probatorio privilegiato, analogo a quello della fattura, tanto da essere destinati ad attestare fatti aventi rilevanza fiscale.
Gli “altri documenti” che vengono in rilievo sono, dunque, quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture, documenti tipici fiscali previsti espressamente dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 21.
Al riguardo, questa Corte ha gia’ avuto altresi’ modo di osservare che il criterio di equiparazione degli “altri documenti” alla fattura e’ stato cosi’ individuato nella natura “funzionale” di tali documenti, che, in base a disposizioni tributarie, consente di equipararli alla fattura laddove possano sostituirla, integrarla, o ampliarne la funzione (cosi’, in motivazione e amplius, Sez. 3, n. 9453 cit.).
Se pertanto e’ stato a suo tempo rilevato che il documento di trasporto internazionale, o lettera di vettura internazionale (CMR), ha anch’esso rilevanza fiscale perche’ assolve ad una funzione integrativa della fattura ed e’ documento idoneo a comprovare il trasferimento delle merci intracomunitarie ai fini del loro trattamento IVA, in specie il documento di transito doganale – che risulta essere stato utilizzato – consente la circolazione di merci, sotto controllo doganale, tra due punti del territorio doganale della Unione Europea ovvero tra la UE ed alcuni altri Paesi nell’ambito del cd. transito comune. In tal modo e’ cosi’ assicurata la circolazione di merci che, altrimenti, avrebbero dovuto assolvere agli oneri normalmente previsti per il loro inoltro da un punto all’altro della Comunita’ (dazi doganali, iva, accise ed altri oneri).
4.1.2. Appare pertanto ben difficilmente contestabile la funzione del documento di transito, tant’e’ che il ricorrente si e’ riferito tout court alla richiesta di uscita dagli spazi doganali, omettendo il rilievo in ordine ai documenti ivi allegati (tra i quali il predetto documento sicuramente assolve una funzione cd. tributaria, essendo destinato a provare fatti di rilievo fiscale nei termini che precedono, cosi’ integrando le funzioni della stessa fattura).
4.2. In relazione poi al secondo motivo di censura, non e’ dato comprendere la fondatezza del preteso vizio di difetto di motivazione, atteso che in ogni caso l’ordinanza impugnata risulta avere delineato il proprio iter argomentativo, naturalmente in relazione al fumus idoneo a sostenere la legittimita’ della misura cautelare (e fatta salva naturalmente ogni successiva verifica riservata al Giudice del merito).
4.3. I motivi di censura non appaiono quindi condivisibili.
5. All’infondatezza dell’impugnazione consegue il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente altresi’ al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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