Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 7 novembre 2018, n. 6276.
La massima estrapolata:
Ai sensi degli artt. 31 e ss. della legge n. 47/1985, il parere negativo formulato dalla autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ha valore vincolante e preclusivo nel procedimento di condono edilizio; tale parere può essere sinteticamente motivato nel riferimento alla descrizione delle opere e alle concrete circostanze nelle quali le stesse sono collocate, essendo la difesa del paesaggio valore costituzionale primario.
Sentenza 7 novembre 2018, n. 6276
Data udienza 12 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8694 del 2007, proposto dal signor
Fr. En., rappresentato e difeso dagli avvocati Fl. Po., Mo. Pa. e Pi. D’A., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…);
Ro. Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Sp., con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, viale (…);
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Cl. Vi., An. Sa., Ma. At. Lo., Fr. De Sa. e An. Mi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato At. Lo. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione prima, n. 4228 del 5 ottobre 2006, resa tra le parti, concernente il diniego di una concessione edilizia in sanatoria e la conseguente demolizione di opere abusive.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 giugno 2018 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per gli appellanti, l’avvocato Ma. Sp., anche su delega di dell’avvocato Mo. Pa., e, per il comune di Firenze, l’avvocato Ma. At. Lo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor En. Fr. ha presentato al comune di Firenze una istanza di sanatoria relativa ad una serie di opere edilizie, per un totale di 175 mq, realizzate in assenza di concessione (fabbricato a forma di decagono ad un solo piano in struttura metallica; due box metallici affiancati ad un piano fuori terra; box metallico ad un solo piano in aderenza alla costruzione di un piano di forma irregolare in struttura metallica) in area soggetta al vincolo paesaggistico.
2. La Commissione beni ambientali del comune di Firenze ha espresso parere contrario alla sanatoria rilevando “il grave danno ambientale arrecato” (seduta del 17 novembre 1988).
Il parere è stato poi fatto proprio dalla Giunta comunale con deliberazione n. 1369/359 del 9 febbraio 1989 ed ha determinato l’adozione dell’ordinanza n. 27 del 5 giugno 1989 con la quale il Sindaco ha respinto definitivamente l’istanza di sanatoria ed ha ordinato la riduzione in pristino.
3. Contro il predetto provvedimento, il signor Frungilo ha proposto ricorso al T.a.r. per la Toscana.
4. Con un ulteriori tre ricorsi ha anche impugnato il parere urbanistico negativo della Commissione edilizia, l’ordinanza sindacale di demolizione delle opere abusive (n. 3863/1994), nonché il diniego della concessione edilizia in sanatoria richiesta nuovamente e per le stesse opere ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994 (n. 52814/95).
5. Il T.a.r, riuniti i quattro ricorsi, li ha respinti con la sentenza indicata in epigrafe.
5.1. In particolare, il giudice di primo grado ha ritenuto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che le opere non fossero di modesta entità e che effettivamente la loro realizzazione fosse preclusa per la loro incompatibilità con il vincolo paesaggistico (peraltro, lo stesso Tribunale ha evidenziato che la zona dove sono stati realizzati gli abusi edilizi, oltre ad essere soggetta a vincolo paesaggistico, aveva, secondo la previsione del P.R.G. di Firenze, destinazione in parte a verde pubblico ed in parte a sede stradale).
5.2. Per il T.a.r. di Firenze le ragioni contrarie all’intervento realizzato sono state sufficientemente spiegate anche sotto il profilo della natura dei materiali utilizzati e del disordine costruttivo effettivamente pregiudizievole dei valori paesaggistici protetti, nonché con riferimento al carattere non precario delle opere realizzate.
6. Il signor Fr. ha quindi impugnato la suddetta sentenza, formulando i seguenti motivi di appello.
6.1. Con riferimento al primo ricorso proposto al T.a.r. di Firenze (n. r.g. 2513/1989):
– Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore; difetto dei presupposti; difetto di istruttoria e di motivazione; manifesta ingiustizia ed illogicità .
Il giudizio negativo espresso dalla Commissione beni ambientali del comune di Firenze non ha tenuto conto della concreta situazione di fatto (manufatti realizzati con strutture metalliche), né della circostante “cementificazione” della zona.
– Eccesso di potere per difetto del presupposto e perplessità ; violazione del principio dell’affidamento.
Il T.a.r ha erroneamente respinto la censura con la quale il ricorrente ha evidenziato che in un primo momento il Comune ha accolto l’istanza di condono (nota 5 dicembre 1988), salvo poi affermare il contrario (nota del 6 febbraio 1989).
– Violazione di legge (art. 7 legge n. 47/85 – art. 7 DL n. 9/1982); violazione dei principi generali in tema di rilascio dei titoli edificatori; eccesso di potere per carenza dei presupposti; errore; difetto di istruttoria e di motivazione.
I fabbricati oggetto di giudizio, a parere di parte ricorrente, hanno natura pertinenziale rispetto al terreno sul quel svolge la propria attività commerciale (vendita articoli da campeggio, da spiaggia, roulottes).
6.2. Con riferimento al secondo ricorso di primo grado (n. r.g. 1584/1990):
– Eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Il progetto presentato si è riferito all’accorpamento e alla ristrutturazione dei volumi esistenti, mente il diniego ha fatto riferimento alla richiesta di una concessione edilizia per la costruzione di un nuovo fabbricato.
– Violazione di legge (legge n. 1187/68 – legge n. 10/77 – legge n. 756/73 – DL n. 362/75 – DL n. 781/76 – principi in tema di scadenza dei vincoli di inedificabilità ); eccesso di potere per difetto di motivazione; difetto del presupposto; travisamento dei fatti; errore.
Secondo l’appellante, erroneamente la sua istanza è stata respinta anche per ragioni di contrarietà alle norme urbanistiche vigenti. In ogni caso la destinazione dell’area a verde pubblico non poteva costituire impedimento in conseguenza della scadenza del relativo vincolo.
6.3. Con riferimento al terzo ricorso di primo grado (n. r.g. 3812/1994):
– Illegittimità derivata dalla illegittimità dell’ordinanza n. 27/1989 e del provvedimento di diniego di cui alla lettera del Sindaco del 10 marzo 1990.
L’illegittimità del diniego della sanatoria ex art. 35 della legge n. 47/1985 e del conseguente ordine di rimessione in pristino renderebbe illegittimo il successivo provvedimento n. 3863/1994 di demolizione delle opere.
– Violazione di legge (art. 27 legge n. 47/1985), eccesso di potere per difetto dei presupposti.
A parere del ricorrente sarebbe mancata la valutazione tecnico economica necessaria all’adozione dell’ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 27 della legge n. 47/1985.
6.4. Con riferimento al quarto ricorso di primo grado (n. r.g. 653/1996):
– Violazione di legge (art. 32 legge n. 47/85 – art. 7 legge 1497/39 – art. 39 legge 724/94 – principi in tema di provvedimenti negativi); eccesso di potere per difetto di motivazione; difetto dei presupposti; difetto di istruttoria; travisamento dei fatti).
L’autorizzazione ambientale negativa sarebbe stata adottata in assenza di una puntuale motivazione e non tenendo conto della natura precaria delle opere.
– Violazione di legge (art. 7 legge n. 241/90 – art. 31 legge n. 47/85 – art. 7 legge 1497/39 – art. 39 legge 724/94); eccesso di potere per difetto di istruttoria; difetto di presupposto; sviamento.
Non sarebbe stata data al ricorrente la possibilità di partecipare al procedimento, anche al fine di sostituire i materiali utilizzati con altri ritenuti idonei.
– Violazione di legge (art. 51 legge n. 142/90 e principi in tema di ripartizione delle competenze anche alla luce dell’art. 31 dello Statuto del comune di Firenze); violazione dei principi in tema di delega; incompetenza.
Il provvedimento di diniego è stato firmato dall’Assessore all’urbanistica, in forza della delega del Sindaco, mentre avrebbe dovuto essere assunto in sede amministrativa dal dirigente responsabile.
7. Il comune di Firenze si è costituito in giudizio il 6 febbraio 2013, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato ulteriori scritti difensivi, per ultimo una memoria di replica il 22 maggio 2018.
8. Il 1° maggio 2018 si è costituita in giudizio la signora Ro. Ma., ex coniuge dell’appellante, la quale si è dichiarata proprietaria dei beni oggetto di giudizio a seguito di permuta in esecuzione di obblighi assunti in sede di separazione legale con il coniuge (rep. 83336 22 marzo 2016). La stessa ha richiamato e condiviso le censure avanzate dal signor Fr. ed ha depositato ulteriori memorie, per ultimo una replica il 21 maggio 2018.
9. Anche il signor Fr. ha depositato una memoria l’11 maggio 2018.
10 La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 12 giugno 2018.
11. L’appello non è fondato.
12. Gli appellanti sostengono innanzitutto che la dichiarata incompatibilità ambientale delle opere abusive sia affetta da carenza di istruttoria e di motivazione
12.1. Tale affermazione non può essere condivisa.
12.2. Il riscontro negativo con il vincolo ambientale esistente nell’area interessata dai lavori è stato adeguatamente motivato alla luce delle conclusioni della Commissione beni ambientali del comune di Firenze del 17 novembre 1988. Quest’ultima, infatti, ha rilevato l’incompatibilità paesaggistica del manufatto suscettibile di arrecare “un grave danno” all’ambiente in relazione alla concreta dimensione delle opere abusive realizzate (vari manufatti, realizzati con strutture metalliche, con tre magazzini/box prefabbricati in lamiera ondulata per una superficie complessiva di mq. 175), ai materiali utilizzati ed alle caratteristiche costruttive (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5162/2016).
12.3. Sul punto va anche ricordato che ai sensi degli artt. 31 e ss. della legge n. 47/1985, il parere negativo formulato dalla autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico (nel caso di specie, la Commissione beni ambientali del Comune) ha valore vincolante e preclusivo nel procedimento di condono edilizio. Tale parere può essere sinteticamente motivato nel riferimento alla descrizione delle opere e alle concrete circostanze nelle quali le stesse sono collocate, essendo la difesa del paesaggio valore costituzionale primario.
12.4. La giurisprudenza amministrativa consolidata (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2001 e, più di recente, ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n. 2915/2018) si è infatti espressa in ordine all’estensione e ai termini motivazionali della valutazione della compatibilità delle opere edilizie realizzate, dando sempre prevalenza ai valori paesaggistici tutelati.
13. Gli appellanti lamentano poi che il comportamento del Comune sarebbe stato contraddittorio, avendo prima comunicato l’accoglimento dell’istanza di sanatoria e poi evidenziato il suo rigetto.
13.1. Anche in questo caso la censura non può ritenersi fondata.
13.2. Le due comunicazioni sono intervenute a distanza di pochi giorni (la prima nel dicembre 1988, la seconda agli inizi di febbraio 1989), e dunque nessun profilo di affidamento può essere sorto a favore della parte appellante.
13.3. Come rilevato dal T.a.r., la prima comunicazione è stata frutto di un errore materiale di trascrizione, cui ha fatto seguito la nota comunale di correzione.
14. Gli appellanti sostengono poi che le opere edilizie realizzate costituirebbero pertinenze al servizio dell’attività commerciale esercitata. Pertanto, la loro realizzazione non sarebbe condizionata al previo rilascio di concessione, bensì ad autorizzazione, il cui difetto non potrebbe mai portare all’applicazione del regime sanzionatorio previsto dall’art. 7 della legge n. 47/1985 per le opere realizzate senza concessione.
14.1. Quanto prospettato è con evidenza infondato.
14.2. Le opere oggetto di giudizio erano le uniche costruzioni presenti sul terreno adibito all’esercizio dell’attività commerciale e dunque non potevano essere considerate pertinenze, giacché in materia edilizia, possono essere qualificate come pertinenze solo le opere prive di una autonoma destinazione e che esauriscono la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul complessivo carico urbanistico (cfr. Cass. Pen. Sez. III 24 marzo 2005 n° 15600; Cons. Stato, sez. VI, n. 406/2015).
15. Ulteriore motivo di censura è svolto con riferimento alla lamentata erronea qualificazione dell’intervento come opera contrastante con le norme urbanistiche ed in particolare con il P.R.G. di Firenze.
15.1. Il motivo non è fondato.
15.1. Non può infatti ammettersi, come invece chiedono gli appellanti, di qualificare l’intervento proposto come un accorpamento di volumi ed una ristrutturazione, essendo anche in questo caso evidente che si tratta di una nuova costruzione (nel terreno, come detto, non è presente un altro edificio).
15.2. La tipologia delle opere, peraltro, non può ritenersi, per la funzione svolta, riconducibile alla categorie delle opere precarie. Per qualificare un’opera precaria è infatti necessaria l’agevole rimovibilità delle stesse e la loro funzione tesa a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il breve tempo entro cui si realizza l’interesse finale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5762/2017). Caratteristiche che con evidenza non sono presenti nel caso di specie. 15.3. Quanto alla destinazione della zona nel P.R.G. allora vigente, l’art. 22 delle norme di attuazione prevedeva la classificazione dell’area a verde pubblico e dunque rendeva le opere già realizzate non conformi alle prescrizioni urbanistiche (anche l’eventuale decadenza del vincolo avrebbe determinato una c.d. zona bianca e la necessità di definire un nuovo regime dell’area prima del rilascio di qualunque titolo edilizio).
16. Relativamente all’ordinanza di demolizione n. 3863/1994, con la quale il Sindaco, constatato che dopo il diniego di rilascio della concessione in sanatoria, i manufatti non erano stati demoliti a cura del proprietario, ne ha disposto la demolizione d’ufficio, parte appellante ne contesta l’inadeguata motivazione. L’ordinanza non avrebbe considerato che la zona sarebbe stata interessata da numerose costruzioni che ne avrebbero compromesso comunque il valore paesaggistico e sarebbe stata adottata, in violazione dell’art. 27 della legge n. 47/1985, senza acquisire preventivamente la valutazione tecnico-economica della Giunta comunale.
16.1. In realtà, a prescindere dalla non comprovata identità di situazioni, l’edificazione dell’area non incide sulla tutela del vincolo ambientale il quale può venir meno solo a seguito di una sua espressa abrogazione.
16.2. Il fatto che una zona sia prevalentemente urbanizzata o già paesisticamente degradata non fa venir meno l’esigenza di evitare ulteriori interventi deturpanti, anzi, al contrario, impone un maggior rigore e, comunque, una motivazione dell’eventuale provvedimento favorevole alla sua permanenza rigorosamente ragionato e giustificato, che mai può fondarsi sulla remissiva e mera accettazione di uno stato di fatto illecito illegittimo (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n. 657/2002).
16.3. Inoltre, la disposizione richiamata (art. 27 della legge n. 47/1985) tende a verificare l’entità e la disponibilità dei fondi di bilancio necessari per l’intervento demolitorio, ma non ne costituisce una condizione, potendo la stessa verifica effettuarsi in momento successivo all’adozione della relativa ordinanza, cioè in sede di concreta esecuzione.
16.4. Non va infatti dimenticata la natura di atto dovuto del provvedimento di demolizione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plenaria, n. 9/2017).
17. In ordine alla lamentata carenza di partecipazione al procedimento di diniego della sanatoria, va poi rilevato che l’eventuale apporto di parte appellante non avrebbe potuto determinare un diverso esito del relativo procedimento.
17.1. Non va infatti dimenticato che nel caso di specie non si è trattato di autorizzare in via preventiva le opere, ma di una valutazione in sede di sanatoria di quanto già realizzato.
18. Quanto infine alla prospettata incompetenza dell’Assessore all’urbanistica del Comune ad adottare il provvedimento di diniego della sanatoria, va evidenziato, come anche indicato dal T.a.r., che lo stesso è stato delegato dal Sindaco (cfr. art. 31, lettere l e p dello Statuto) e che le norme sull’attribuzione ai dirigenti della competenza in materia sono entrate in vigore con il d.lgs. n. 80/1998, quindi successivamente all’adozione del diniego impugnato (n. 52814/1995).
19. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
20. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Fr. En. e Ma. Ro. al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Firenze nella misura di euro 5.000,00(cinquemila/00) per ciascuno di essi per un totale di euro 10.000, oltre alle spese di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere