Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 19 novembre 2018, n. 29742.
La massima estrapolata:
Il concordato con continuità aziendale disciplinato dall’articolo 186-bis L.F. è configurabile anche quando l’azienda sia già stata affittata o sia destinata ad esserlo, rivelandosi affatto indifferente la circostanza che, al momento dell’ammissione alla suddetta procedura concorsuale o del deposito della relativa domanda, l’azienda sia esercitata dal debitore o, come nell’ipotesi dell’affitto della stessa, da un terzo, in quanto il contratto d’affitto – recante, o meno, l’obbligo dell’affittuario di procedere, poi, all’acquisto dell’azienda (rispettivamente, affitto cd. ponte oppure cd. puro) – può costituire uno strumento per giungere alla cessione o al conferimento dell’azienda senza il rischio della perdita dei suoi valori intrinseci, primo tra tutti l’avviamento, che un suo arresto, anche momentaneo, rischierebbe di produrre in modo irreversibile.
Sentenza 19 novembre 2018, n. 29742
Data udienza 12 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., (p. iva (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona del curatore dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), con il quale elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in liquidazione (p. iva (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona dei liquidatori e legali rappresentanti pro tempore (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), con i quali elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);
– controricorrente –
e nei confronti di:
(OMISSIS) s.p.a., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona della sua Responsabile del Settore Dipartimentale Recupero Crediti di Firenze, dott.ssa (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– controricorrente –
e
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE;
– intimata –
nonche’ sul ricorso incidentale proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., come sopra rappresentata e difesa;
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, come sopra rappresentata e difesa;
– controricorrente al ricorso incidentale –
e nei confronti di:
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., rappresentata e difesa come sopra, e PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE;
– intimate –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE, depositata in data 05/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Zeno Immacolata, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso principale e dichiararsi inammissibile quello incidentale della (OMISSIS) s.p.a.;
udito, per il ricorrente, l’Avv. (OMISSIS), per delega dell’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il proprio ricorso;
udito, per la controricorrente (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto dichiararsi inammissibile o comunque rigettarsi l’avverso ricorso; udito, per la controricorrente (OMISSIS) s.p.a., l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il proprio ricorso incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza dell’11 maggio 2016, n. 135, il Tribunale di Firenze dichiaro’ il fallimento della (OMISSIS) s.r.l., previa dichiarazione di inammissibilita’ della sua istanza di concordato preventivo, ritenendo che: 1) detto concordato doveva qualificarsi come “concordato misto che contiene una componente di continuita’ indiretta nella forma di cessione di azienda in esercizio”, in quanto “l’azienda alberghiera e di ristorazione gestita in affitto dalla (OMISSIS) s.r.l. (con contratto scadente il 31.7.2021) e’ pienamente operante e nel ricorso non si fa il benche’ minimo cenno ad una eventuale cessazione dell’attivita’: la previsione, nel piano, della separata cessione degli immobile destinati ad albergo e ristorante, e dell’insieme dei beni strumentali facenti parte dell’attivita’ commerciale, strettamente funzionale all’esercizio di un’attivita’ alberghiera, realizza, in realta’, un trasferimento di azienda in quanto si tratta di beni potenzialmente idonei ed organizzati per un’attivita’ aziendale che non possono che essere acquistati da un medesimo soggetto che abbia interesse a conseguire la continuita’ aziendale”; 2) conseguentemente, vi era carenza dell’attestazione, ex articolo 186-bis, comma 2, lettera b), L. Fall., che la prosecuzione dell’attivita’ di impresa fosse piu’ conveniente per i creditori; 3) non era previsto il pagamento entro l’anno dei creditori privilegiati in violazione della stessa norma, lettera c); 4) anche a superare tutto cio’, vi erano gravi lacune della relazione dell’attestatore, ivi compiutamente descritte, che la rendevano inidonea alla funzione di fornire un adeguato supporto informativo al tribunale ed ai creditori; 5) la societa’ versava in un irreversibile stato di insolvenza desumibile dall’ingente credito vantato da MPS, dal pignoramento immobiliare eseguito da quest’ultima e dagli altri debiti esistenti nei confronti di istituti bancari e dell’Erario; 6) a parte la considerazione che la messa in liquidazione della societa’ era stata strumentale perche’ successiva alla istanza di fallimento di MPS, anche volendo accertare lo stato insolvenza guardando non alla capacita’ di adempiere ai crediti con la liquidita’ disponibile, ma se gli elementi attivi del patrimonio sociale assicurassero l’integrale soddisfacimento dei creditori, la CTU aveva verificato l’esistenza di un patrimonio di Euro 771.000,00 contro debiti per circa Euro 3.000.000,00.
2. La (OMISSIS) s.r.l. impugno’ detta sentenza, contestando sia la ivi ritenuta inammissibilita’ della propria domanda concordataria, a suo dire erroneamente qualificata come di concordato in continuita’, con conseguente applicabilita’ della disciplina di cui all’articolo 186-bis L. Fall., piuttosto che concordato liquidatorio puro; sia la pronunciata dichiarazione di suo fallimento, per carenza di legittimazione attiva di MPS (unico creditore istante), attesa l’inesigibilita’ del credito di quest’ultima alla data (11 maggio 2016) della sentenza di fallimento per avere la Procura della Repubblica di Pistoia disposto la sospensione dei termini di scadenza degli atti aventi efficacia esecutiva per 300 giorni, con decorrenza dall’1 febbraio 2016, per tasso usurario su mutuo. Evidenzio’, inoltre, che il suddetto credito di MPS costitutiva, da solo, oltre l’86% dell’intero passivo della societa’ in liquidazione e che l’attivo era pari ad Euro 7.834.394,10 (sulla base delle valutazioni riduttive della CTU), sicche’ non poteva in alcun modo ravvisarsi un suo stato di insolvenza, poiche’ gli elementi attivi del patrimonio consentivano l’integrale soddisfacimento delle restanti passivita’. Contesto’, infine, la relazione del CTU, a suo dire pervenuta a conclusioni errate, acriticamente recepite dal tribunale – quanto alla sussistenza di un suo stato di insolvenza, poiche’ non aveva adeguatamente valorizzato l’attivo patrimoniale della societa’.
2.1. L’adita Corte di appello di Firenze, con sentenza del 5 aprile 2017, revoco’ il decreto di inammissibilita’ del concordato preventivo proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, emesso dal Tribunale di Firenze l’11 maggio 2016, e, conseguentemente, dichiaro’ nulla la sentenza di fallimento n. 135/2016 emessa da quest’ultimo in pari data, disponendo trasmettersi gli atti al suddetto Tribunale per i provvedimenti di cui all’articolo 163 L. Fall..
2.1.1. In particolare, ritenne fondato il reclamo sul punto, evidentemente assorbente, della ammissibilita’ del concordato preventivo proposto, assumendo che quest’ultimo non potesse qualificarsi come domandato ai sensi dell’articolo 186-bis L.F. (che lo definisce come quello in cui “il piano di concordato… prevede la prosecuzione dell’attivita’ di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o piu’ societa’, anche di nuova costituzione”) per il fatto che fosse in corso un contratto di affitto di azienda: invero, il concordato con continuita’ aziendale doveva, invece, ravvisarsi solo ove fosse prevista la prosecuzione dell’attivita’ di impresa e, quindi, l’assunzione del relativo rischio (ricadente, in definitiva, sui creditori). Esso, cioe’, doveva qualificarsi tale in base alla modalita’ di adempimento dell’obbligazione di pagamento presupponente la prosecuzione dell’attivita’ di impresa in capo al debitore. Tanto considerando, oltre al dato testuale della mancata previsione dell’affitto di azienda nella norma citata, anche la ratio derivante dal fatto che sarebbe possibile parlare di continuita’ in quanto permanga il rischio di impresa, insussistente, invece, nel caso di affitto di azienda, in cui si tratta della riscossione del canone stabilito.
Nella specie, poi, nemmeno veniva in esame la questione del contratto d’affitto preordinato alla cessione, che, peraltro, non pareva dover avere soluzione diversa. La corte territoriale, inoltre, reputo’ non condivisibile l’argomentazione del tribunale secondo cui la continuita’ era ravvisabile per il fatto che la previsione della separata cessione degli immobili e dell’insieme dei beni strumentali realizzava, in realta’, un trasferimento dell’azienda in quanto solo un soggetto che avesse interesse a conseguire la continuita’ aziendale poteva acquistare immobile e beni organizzati per un’attivita’ aziendale. Sostenne, in proposito, che, in assenza di proposte di acquisto, quell’assunto rappresentava solo una possibile, anche probabile, ma non certa – ipotesi dell’esito delle cessioni, ma, soprattutto, che, quand’anche cio’ si fosse verificato, non si sarebbe trattato comunque di cessione dell’azienda in esercizio nel senso implicito nella norma in questione. Essa, invero, concerneva il caso del concordato preventivo con previsione del soddisfacimento dei creditori attraverso i profitti generati dall’azienda ceduta, in quanto solo in questo senso essa avrebbe rilievo per i creditori: da qui la necessita’ delle indicazioni dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attivita’, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalita’ di copertura e dell’attestazione che la prosecuzione era funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori di cui al suo comma 2. Invece, una cessione dell’azienda in cui la soddisfazione dei creditori fosse basata sul prezzo di vendita non rientrava in tale ratio, posto che non contemplava il permanere del rischio impresa e, dunque, non avrebbe evidentemente tale necessita’. Infine, quanto alle carenze rilevate dal tribunale nella relazione dell’attestatore, la corte fiorentina ritenne che le stesse non costituissero elementi tali da rendere la relazione medesima “inattendibile o comunque tale da non fornire sufficienti informazioni al Tribunale stesso o ai creditori”.
3. Avverso questa decisione, ricorre per cassazione la curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l., affidandosi a cinque motivi, resistiti dalla (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione e dalla (OMISSIS) s.p.a.. Quest’ultima propone anche ricorso incidentale, integralmente adesivo a quello principale della curatela, resistito dalla (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione. La sola parte ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale prospetta:
1) “Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 186-bis L.F. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”. Si ascrive alla corte territoriale di aver ritenuto non esserci continuita’ aziendale, ai sensi dell’articolo 186-bis L. Fall., ove il debitore abbia affittato l’azienda (prima del deposito della domanda di concordato). Cio’ contrasta con la norma suddetta, essendo decisivo soltanto che l’azienda sia in esercizio, e ne sia proposta la vendita come tale, nel qual caso il concordato va considerato con continuita’ aziendale;
2) “Omesso esame circa il fatto relativo alla verifica dei dati aziendali da parte dell’attestatore, decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5)”. Si assume che il provvedimento impugnato abbia omesso di pronunciarsi in merito alla mancata indicazione, nella relazione dell’attestatore, del processo metodologico utilizzato per giungere al giudizio di asseverazione dei dati aziendali;
3) “Omesso esame circa il fatto relativo al mancato utilizzo del criterio reddituale e finanziario nella stima del complesso alberghiero, decisivo per il giudizio e che e’ stato oggetto di discussione fra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5)”. Si lamenta che la corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi in merito al mancato utilizzo, da parte dell’attestatore, dell’ulteriore criterio reddituale e finanziario nella stima del complesso alberghiero;
4) “Violazione della L. Fall., articolo 161, comma 2, e articolo 162: mancato controllo della Corte d’Appello sulla fattibilita’ del concordato proposto da (OMISSIS) s.r.l. alla luce delle diverse stime del complesso alberghiero e della relazione dell’attestatore (articolo 360 c.p.p., n. 3)”. Si imputa alla corte toscana di aver omesso di verificare che la diversa stima del principale cespite immobiliare di (OMISSIS) s.r.l., da parte del CTU nominato dal tribunale, avrebbe condotto ad una manifesta non fattibilita’ del piano di concordato.
5) “Omesso esame circa il fatto che la riduzione di Euro 1.153.000 del valore degli immobili rende non fattibile la proposta di concordato, fatto decisivo per il giudizio e che e’ stato oggetto di discussione fra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5)”. Si sostiene che la corte a quo non avrebbe pronunciato sulla sussistenza di un deficit patrimoniale in conseguenza della stima del CTU, deficit che renderebbe inammissibile la proposta di concordato di (OMISSIS) s.r.l..
1.1. I motivi del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a. sono assolutamente identici a quelli del ricorso principale finora descritti.
2. Rileva, pregiudizialmente, il Collegio che il controricorso ed il contestuale ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a. vanno qualificati unitariamente come ricorso incidentale adesivo, giusta il costante indirizzo di questa Suprema Corte (cfr. Cass. n. 5438 del 2018; Cass. n. 24155 del 2017; Cass. n. 10243 del 2016; Cass. n. 21990 del 2015): cio’ in quanto il controricorso non contesta il ricorso principale, ma vi aderisce integralmente, anche coi motivi formulati a sostegno del ricorso incidentale.
2.1. In questi casi, ha sottolineato la menzionata giurisprudenza di legittimita’, il soccombente ha l’onere di impugnare la sentenza entro i termini di legge, perche’ solo eccezionalmente l’articolo 334 c.p.c. concede alla parte, che non abbia ritenuto di impugnare la sentenza nei termini o vi abbia fatto acquiescenza, la facolta’ di proporre impugnazione tardiva in via incidentale, in quanto l’interesse ad impugnare sia emerso dall’impugnazione principale. La regola dell’articolo 334 c.p.c. – che consente l’impugnazione incidentale tardiva nei confronti di qualsiasi capo della sentenza impugnata ex adverso – e’ applicabile, quindi, solo all’impugnazione incidentale in senso stretto, che e’ quella proveniente dalla parte contro la quale e’ stata proposta l’impugnazione principale o che sia stata chiamata ad integrare il contraddittorio, a norma dell’articolo 331 c.p.c., e non e’, pertanto, applicabile all’impugnazione incidentale diretta a chiedere la cassazione della sentenza per le stesse ragioni gia’ fatte valere con il ricorso principale o anche, ed a maggior ragione, per ragioni diverse, che resta soggetta ai termini ordinari.
2.1.1. Ne discende l’inammissibilita’ per tardivita’ del ricorso incidentale suddetto, in quanto, a fronte della notifica della sentenza impugnata risalente al 5 aprile 2017 (cfr. in atti), esso e’ stato spedito per la notificazione soltanto in data 6 giugno 2017, oltre, quindi, il termine previsto dalla L. Fall., articolo 18, comma 14.
3. L’esame del primo motivo del ricorso principale impone, poi, alcune considerazioni di carattere generale, agevolmente desumibili dalle opinioni dottrinali finora sviluppatesi in relazione alla fattispecie del concordato con continuita’ aziendale.
3.1. E’ noto che il patrimonio del debitore, gia’ dal momento della sua incapienza, e’ virtualmente destinato ai suoi creditori, sicche’ il diritto della crisi d’impresa considera prioritario salvaguardarne l’integrita’. Cio’ puo’ richiedere anche il tentativo di mantenere l’impresa in attivita’, quando essa sia ancora dotata di un valore d’avviamento: valore che verra’, poi, destinato ai creditori nelle forme che concretamente assumera’ la soluzione della crisi.
3.1.1. Non e’ tuttavia scontato che il mantenimento della continuita’ aziendale sia sempre nell’interesse dei creditori. Perche’ cio’ accada, occorre che, nello specifico caso, sussista almeno una delle seguenti condizioni: a) l’impresa e’ capace di generare immediatamente utili (beneficio immediato); b) l’impresa e’ in grado di tornare in prospettiva a produrre utili in un tempo relativamente breve, a seguito di una ristrutturazione (beneficio futuro). Ove, invece, essa produca perdite e l’azienda, anche in prospettiva, non abbia alcun valore, oltre a quello che deriva dalla somma dei suoi beni, continuare l’attivita’ imprenditoriale puo’ solo aggravare il quadro, poiche’ l’impresa assorbe piu’ valore di quello che crea. Da qui la conclusione che la continuita’ aziendale rappresenta un bene che, dal punto di vista dei creditori, merita tutela solo se il complessivo valore del patrimonio del loro debitore possa ridursi qualora l’attivita’ d’impresa venisse interrotta.
3.2. In proposito, al fine di consentire il mantenimento della continuita’ aziendale, la riforma attuata con il Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 33, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, ha dettato importanti novita’, tra le quali, per quanto di specifico interesse in questa sede, va rimarcata la disciplina dettata dall’articolo 186-bis L. Fall., espressamente riferita alla fattispecie del concordato preventivo “con continuita’ aziendale”, al fine di cercare di porre rimedio alle gravi criticita’ fino ad allora emerse nelle ipotesi di procedure di concordato preventivo nelle quali la continuita’ aziendale era stata mantenuta.
3.2.1. L’articolo 186-bis L. Fall., assieme al precedente articolo 182-quinquies, non creano una nuova figura di concordato, limitandosi ad introdurre adattamenti allorche’, in pendenza della procedura di concordato, vi sia esercizio dell’attivita’ d’impresa e tale esercizio divenga parte del piano. Chiara e’, in quest’ottica, la formulazione dell’articolo 186-bis, comma 1 L.F. che dispone: “Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, comma 2, lettera e), prevede la prosecuzione dell’attivita’ di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o piu’ societa’, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo…”. L’applicazione della norma, dunque, non dipende da un’opzione del debitore, ma e’ la conseguenza del fatto che la continuita’ aziendale, in una delle tre forme ivi descritte (prosecuzione, cessione, conferimento), e’ parte della complessiva operazione concordataria che egli si propone di attuare. In altri termini, il debitore puo’ scegliere se mettere, o meno, in atto la fattispecie continuita’ aziendale, ma, se la scelta e’ nel primo senso, la disciplina utilizzabile e’ quella dell’articolo 186-bis L. Fall., che prevede non solo agevolazioni, ma anche cautele: queste ultime palesemente dirette a ridurre il rischio che la continuita’ aziendale si risolva in un danno per i creditori.
3.3. La norma predetta dispone che, quando il piano di concordato prevede la continuita’ aziendale in una delle tre forme ivi descritte, esso deve avere una maggiore analiticita’ e la relazione di attestazione ex articolo 161, comma 3, L.F. deve contenere una specifica certificazione circa la convenienza della prosecuzione dell’attivita’ d’impresa per i creditori.
3.3.1. Con riferimento alla prima di tali due cautele, ai sensi dell’articolo 186-bis, comma 2, lettera a), L. Fall., il piano di concordato, oltre agli altri dati, deve contenere anche “un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attivita’ d’impresa prevista dal piano (…) delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalita’ di copertura”. Il legislatore ha, dunque, imposto al debitore di effettuare una specifica e dettagliata analisi degli effetti e dei costi della continuita’ aziendale, da illustrare nel piano, al fine di consentire agli organi della procedura ed ai creditori di compiere le valutazioni di rispettiva competenza. Il debitore dovra’, cioe’, indicare quali siano i risultati attesi da tale attivita’ e come essa possa essere in concreto finanziata. Cio’ per tutto il periodo in cui la continuazione dell’impresa sia rilevante per i creditori, cosa che dipende dalla struttura assunta dallo specifico piano di concordato.
3.3.2. La seconda cautela e’ prescritta dall’articolo 186-bis, comma 2, lettera b), L.F. che impone che la relazione del professionista di cui all’articolo 161, comma 3, L.F. attesti, oltre alla veridicita’ dei dati aziendali ed alla fattibilita’ del piano, anche che l’attivita’ d’impresa prevista dal piano di concordato e’ “funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori” (e non solo, in ipotesi, al mantenimento dei posti di lavoro). Si chiede, cosi’, al professionista di ridurre l’asimmetria informativa tra il tribunale ed il debitore, validando le affermazioni di quest’ultimo allorche’ espone i suoi creditori alle incertezze ed ai rischi della continuita’ aziendale.
3.3.3. Ad una attenta riflessione, la prima delle due appena descritte cautele appare una specificazione delle regole che presiedono alla corretta predisposizione del piano di concordato. Se redatto correttamente, infatti, quest’ultimo, ove ipotizzi la continuazione dell’attivita’ d’impresa come modalita’ prevista dal concordato, dovrebbe comunque prendere posizione su costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attivita’, cosi’ come sulle risorse finanziarie necessarie e sulla loro fonte, a prescindere dalla sussistenza di una prescrizione ad hoc. La seconda cautela ha, invece, carattere innovativo, e mira ad aggiungere una ulteriore attestazione a quelle che il professionista deve ordinariamente rendere ai sensi dell’articolo 161, comma 3, L. Fall.. Un’attestazione siffatta, resa da un soggetto indipendente, mira ad evitare il rischio che il debitore, magari in buona fede ma immotivatamente convinto di un futuro piu’ roseo, chieda ai suoi creditori un’altra chance. Al professionista, a ben vedere, e’ dunque richiesto di compiere una duplice verifica, rispettivamente sul piano e sulla proposta: che la continuita’ aziendale generi valore rispetto alla liquidazione, e che, secondo la proposta concretamente presentata dal debitore, almeno parte di tale valore venga messo a disposizione dei creditori.
3.4. La continuita’ aziendale e’, poi, facilitata da diverse agevolazioni normative (non tutte contemplate dall’articolo 186-bis L. Fall.), alcune delle quali sono un’esclusiva del concordato con continuita’, mentre le residue sono comuni a tutte le forme di concordato.
3.4.1. Sono state introdotte esclusivamente in funzione del concordato con continuita’ aziendale: a) la “continuita’ contrattuale” (articolo 186-bis, comma 3), consistente, da un lato, nella “sterilizzazione” del deposito della domanda come possibile causa di risoluzione del contratto secondo i principi generali del codice civile, e, dall’altro, nella previsione dell’inefficacia di clausole contrattuali che espressamente prevedano lo scioglimento del contratto come conseguenza della sottoposizione del debitore ad una procedura concorsuale (cfr. articolo 72, comma 6). Cio’ al fine di non compromettere i benefici derivanti dai contratti in corso di esecuzione alla data del deposito della domanda. La norma in questione si applica anche con riferimento ai contratti stipulati con pubbliche amministrazioni, purche’ il debitore presenti una relazione con cui un professionista indipendente attesta che il contratto medesimo e’ coerente con il piano di concordato depositato ai sensi dell’articolo 161, comma 2, lettera e), e che il debitore, alla luce di tale piano e delle eventuali circostanze sopravvenute dopo il suo deposito, e’ ragionevolmente in grado di adempiere le obbligazioni che derivano dal contratto (sempre con riferimento ai contratti pubblici, un’analoga relazione consente al debitore che ha presentato un concordato con continuita’ aziendale – e che abbia gia’ presentato il piano – di partecipare a procedure per la loro assegnazione, cosa che e’ normalmente preclusa ai soggetti sottoposti a procedure concorsuali); b) la possibilita’ di prevedere, nella proposta di concordato, una “moratoria fino ad un anno dall’omologazione” per il pagamento dei creditori prelatizi (articolo 186-bis, comma 2, lettera c1); c) la possibilita’ di pagare i fornitori strategici per la continuazione dell’attivita’ d’impresa per crediti anteriori da essi vantati (articolo 182-quinquies, comma 4, L. Fall.).
3.4.2. Sono, invece, agevolazioni generali, che facilitano il ricorso al concordato con continuita’ aziendale ma non la presuppongono: 1) la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione (articolo 182-sexies L. Fall.) in conseguenza del deposito di una domanda di concordato preventivo (nonche’ di una domanda connessa all’iter di perfezionamento di un accordo di ristrutturazione dei debiti); 2) la possibilita’ di contrarre finanziamenti prededucibili in pendenza di un concordato preventivo (L. Fall., articolo 182-quinquies, commi 1, 2 e 3); 3) la possibilita’ di sciogliere selettivamente i contratti onerosi (articolo 169-bis L. Fall.).
3.5. Posto, allora, che solo alcune delle fin qui descritte agevolazioni sono concesse esclusivamente in caso di concordato “con continuita’ aziendale”, occorre, in via preliminare, chiarire quale sia esattamente, in presenza di casi dubbi, la fattispecie “concordato con continuita’ aziendale”, ed a tal fine e’ necessario muovere dalle finalita’ dell’articolo 186-bis L. Fall..
3.5.1. Come si e’ gia’ detto, le due cautele ivi descritte mirano a responsabilizzare il debitore ed il professionista attestatore a tutela degli interessi dei creditori tutte le volte in cui l’andamento dell’impresa influisce sul loro soddisfacimento. Cio’ puo’ accadere quando: a) la soddisfazione dei creditori dipende, in tutto o in parte, dal futuro andamento dell’impresa, e, quindi, quando essi subiscono un “rischio di perdita” (tanto puo’ verificarsi allorche’: al) i creditori debbano essere soddisfatti direttamente da chi debitore o, ad esempio, assuntore cui l’impresa e’ conferita – esercita l’impresa; a2) i creditori debbano essere soddisfatti mediante il prezzo di vendita dell’azienda o della partecipazione che la rappresenta, come, ad esempio, quando si cerca un acquirente per l’azienda, che paghera’ un prezzo tanto piu’ elevato quanto piu’ l’andamento sia positivo, oppure quando l’azienda viene conferita ad una newco le cui partecipazioni verranno poi vendute, con destinazione del ricavato ai creditori); b) anche a prescindere dalla struttura della proposta e dalla destinazione ai creditori dei flussi di cassa prodotti dall’impresa, questa continua l’attivita’ in pendenza di procedura, facendo cosi’ gravare sui creditori un “rischio di prededuzione”. Cio’ puo’ accadere, in ipotesi, anche per un periodo breve, in attesa della sua cessione ad un acquirente, benche’ gia’ individuato e pronto a pagare un prezzo predeterminato.
3.5.2. L’articolo 186-bis L. Fall., poi, individua come casi di concordato con continuita’ aziendale quelli in cui il piano ex articolo 161, comma 2, lettera e), L.F. prevede: a) la prosecuzione dell’attivita’ d’impresa da parte del debitore; b) la cessione dell’azienda in esercizio; c) il conferimento dell’azienda in esercizio in una o piu’ societa’, anche di nuova costituzione. Il primo, senz’altro quello meno problematico, postula l’esercizio diretto dell’impresa da parte del debitore. Il secondo comporta che i creditori sono destinati ad essere soddisfatti (anche) con i proventi della cessione dell’azienda in esercizio. Tramite il terzo, che richiama la “liquidazione mediante conferimento” di cui all’articolo 105, comma 8, L.F. il debitore conferisce l’azienda, priva di debiti se non quelli che le si intendano espressamente trasferire, in una o piu’ societa’ (almeno di regola di nuova costituzione), ed i creditori vengono soddisfatti direttamente dalla societa’ conferitaria (che si ponga come assuntore), o dal debitore con il corrispettivo della cessione della partecipazione. In tutte le ipotesi descritte i creditori sono normalmente esposti, in misura e per tempi dipendenti dalla struttura del piano di concordato, ad entrambi i rischi sopra evidenziati: riduzione dei valori e maturare della prededuzione.
3.5.3. Secondo la stessa definizione dell’articolo 186-bis L. Fall., dunque, la continuita’ puo’ esplicarsi nelle due forme della “continuita’ diretta”, in cui non vi e’ una separazione tra proprieta’ ed impresa in quanto l’esercizio di questa viene proseguito dallo stesso imprenditore che da quell’attivita’ trae i flussi per la soddisfazione dei creditori, e della “continuita’ indiretta”, in cui la continuita’ e’ finalizzata al mantenimento in funzione dell’impresa per consentire di tenere insieme i componenti aziendali ai fini della vendita o del conferimento. Sebbene accomunate nella medesima previsione legislativa, esiste, peraltro, una netta differenza tra la prosecuzione dell’attivita’ di impresa da parte dell’imprenditore e la circolazione del going concern a terzi, che si traduce in una diversificazione in ordine alla continuita’, o meglio alle finalita’ cui la continuita’ tende.
3.5.3.1. La prosecuzione dell’attivita’ nel concordato con continuita’ diretta ha una funzione di risanamento, in quanto il ripristino della redditivita’ dell’impresa entra nelle finalita’ della procedura come mezzo unico diretto al fine del recupero della solvibilita’ dell’imprenditore, che, quindi, attraverso il tentativo di ricondurre l’impresa nell’area della redditivita’, tende al ripristino della propria capacita’ di far fronte alle proprie obbligazioni ristrutturate, e, cioe’, al suo ritorno in bonis.
Pertanto, la realizzazione di tale tentativo diventa, a sua volta, il metro formale per valutare il successo del programma attuato.
3.5.3.2. Anche nella continuita’ indiretta vi e’ la prosecuzione della gestione aziendale da parte dell’imprenditore, ma, a differenza del caso esaminato ove essa e’ di carattere duraturo, qui si ha una gestione meramente interinale, volta principalmente a conservare il valore del complesso aziendale nell’ottica di una migliore cessione e realizzo del complesso aziendale, per cui l’interesse dei creditori ritorna piu’ prepotentemente. Qui, infatti, la procedura non tende a realizzare il recupero dell’equilibrio economico delle attivita’ imprenditoriali con la riconduzione dell’impresa nell’area della redditivita’, ma ha la funzione (piu’ modesta) di garantire il mantenimento dell’unita’ operativa dei complessi aziendali in vista della loro cessione o del conferimento, da cui ricavare le liquidita’ necessarie per la soddisfazione dei creditori. Tale ipotesi non postula necessariamente una finalita’ risanatoria da parte dell’imprenditore concordatario oppure del cessionario o conferitario. Il legislatore ha, infatti, creato una separazione tra l’attivita’ d’impresa prima della cessione o del conferimento e quella successiva: la continuazione prima della cessione e’ ampiamente favorita dalle agevolazioni descritte in precedenza proprio nell’ottica di trasferire una azienda in esercizio (come ribadisce due volte l’articolo 186-bis L. Fall.) allo scopo della migliore liquidazione. Della continuita’ successiva alla cessione o al conferimento il legislatore si disinteressa completamente (manca, invero, nella disciplina concordataria, come si e’ opportunamente rilevato in dottrina, una regola sulla valutazione dell’azienda che tenga conto del badwill, manca un riferimento all’affidabilita’ del cessionario e del piano di prosecuzione dell’attivita’ imprenditoriale, non vi e’ alcun accenno al mantenimento dei livelli occupazionali ne’ la previsione di un obbligo legale dell’acquirente dell’azienda di continuare l’attivita’, neanche per un tempo ridotto, che sono le caratteristiche richieste dal Decreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 63 per la vendita dell’azienda in esercizio nell’amministrazione straordinaria). Questo vuol dire che, nel concordato in esame, la continuazione dell’attivita’ avviene si’ nell’ottica della ricollocazione sul mercato dell’azienda, ma non necessariamente affinche’ un nuovo imprenditore possa risanare l’impresa o possa proseguire l’attivita’ imprenditoriale utilizzando il complesso aziendale acquistato, dopo averlo opportunamente riorganizzato, bensi’, essenzialmente, quale strumento di mantenimento dei valori aziendali nell’ottica di un miglior realizzo nell’interesse dei creditori, nel mentre rimane sullo sfondo l’augurabile prospettiva che si realizzi anche il risanamento dell’attivita’ produttiva attraverso il mutamento della titolarita’ dell’impresa.
3.6. L’elencazione dell’articolo 186-bis L. Fall., peraltro, puo’ ricomprendere le ipotesi – non sempre agevolmente individuabili – di concordato in cui l’esercizio dell’azienda sia comunque rilevante, come beneficio potenziale o come rischio, per i creditori, ed inoltre, per dar luogo all’applicazione delle norme (facilitative e di cautela) connesse alla continuita’ aziendale, occorre che si verifichi la fattispecie, anche se in modo parziale: cosi’, ad esempio, se la continuita’ si ha solo per un ramo aziendale, e’ in relazione a questo che si verifichera’ la conservazione dei contratti ai sensi del comma 3 della citata disposizione, destinata a preservarne il valore, ed e’ sempre in relazione a questo che, ferma la necessita’ di una valutazione globale, il piano e la relazione del professionista dovranno fornire le specifiche informazioni richieste dall’articolo 186-bis, comma 2, lettera a) e b). Lo stesso, infine, quando l’esercizio sia temporaneo, se l’attivita’ non cessi (la qual cosa farebbe venir meno la fattispecie: cfr. articolo 186-bis, u.c.), ma sia destinata a proseguire in mani diverse.
3.7. Proprio questa ultima conclusione impone di esaminare il problema concernente il se il concordato possa dirsi con continuita’ aziendale anche quando l’azienda e’ stata affittata o e’ destinata ad esserlo. Sul punto si registrano, nella dottrina e nella giurisprudenza di merito, opinioni molto diverse.
3.7.1. Nei mesi successivi alla pubblicazione della legge n. 134 del 2012, un primo orientamento dottrinale e giurisprudenziale di merito ha negato l’assorbimento dell’affitto nel perimetro della continuita’ per motivi riconducibili principalmente all’interpretazione letterale dell’articolo 186-bis L. Fall., in quanto il legislatore, nel definire i confini dell’istituto della continuita’ aziendale, ha considerato due differenti ipotesi attraverso cui e’ possibile esprimere la continuita’ “indiretta” dell’attivita’ di impresa: la cessione ed il conferimento, mentre non ha previsto l’affitto. A questi argomenti letterali se ne aggiungono altri legati al rischio imprenditoriale che sarebbe connaturato alla continuita’ aziendale come disegnata dal legislatore del 2012, ritenuto, invece, assente nella disciplina dell’affitto d’azienda. Il concordato con continuita’ e’, infatti, caratterizzato da una intrinseca maggior rischiosita’ insita nella prosecuzione dell’attivita’ di impresa in capo all’imprenditore a fronte della quale si ricollega e giustifica la necessita’ di una produzione documentale sussidiaria tesa a fornire un’indicazione analitica di costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attivita’, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalita’ di copertura. Nell’affitto d’azienda il rischio d’impresa viene, invece, trasferito sull’affittuario salvo per quanto concerne la riscossione dei canoni: pertanto, si e’ sostenuto, l’articolo 186-bis L.F. non trova applicazione in presenza di aziende affittate a terzi ove il rischio incombe direttamente sull’affittuario e non sul debitore.
3.7.1.1. Un distinguo puo’, al piu’, essere operato – secondo questo orientamento – nel caso in cui l’affitto d’azienda abbia inizio dopo l’apertura della domanda di concordato, in quanto, in tale ipotesi, il rischio d’impresa gravera’ temporaneamente sui creditori giustificando la produzione di un business plan che sappia dare una descrizione previsionale dell’andamento dell’azienda dai cui risultati dipende il “miglior soddisfacimento” dei creditori, mentre l’affitto d’azienda stipulato anteriormente all’apertura del procedimento concordatario potrebbe essere compatibile solo con uno schema concordatario meramente liquidatorio in quanto l’affittante si limita sostanzialmente a percepire i canoni di affitto.
3.7.1.2. Un ulteriore ostacolo interpretativo e’ costituito dal fatto che, in presenza dell’affitto, non si giustificherebbero le agevolazioni previste dalla normativa rappresentate, come si e’ gia’ visto: 1) dalla continuita’ contrattuale (articolo 186-bis, comma 3, L. Fall.), 2) dalla moratoria di un anno per il pagamento dei creditori privilegiati (articolo 186-bis, comma 2, lettera c), L. Fall.) e 3) dalla possibilita’ di pagamento anticipato di creditori essenziali e strategici per la continuita’ aziendale ex articolo 182-quinquies L. Fall.. Facilitazioni che sono state previste dal legislatore per favorire la conservazione dell’azienda e non dirette all’incentivazione dell’investimento di parti terze.
3.7.2. La tesi opposta e’ stata, invece, propugnata da altra dottrina e giurisprudenza di merito facendo principalmente leva sull’elemento oggettivo della prosecuzione dell’attivita’ di impresa: in questi casi, l’interpretazione letterale della norma viene scavalcata a favore dell’aspetto oggettivo della continuazione, indipendentemente dal soggetto che la prosegue. Secondo questa corrente di pensiero, la disciplina del concordato con continuita’ troverebbe applicazione ogni qualvolta il soddisfacimento dei creditori sia in qualche modo riconducibile alla prosecuzione dell’attivita’ di impresa: conclusione, quest’ultima, abbracciata da diversi tribunali che hanno dato risalto al requisito che l’azienda sia in esercizio, tanto al momento dell’ammissione quanto all’atto del successivo trasferimento, e cio’ indipendentemente dal soggetto che la conduce. La compatibilita’ del concordato con continuita’ aziendale al contratto di affitto d’azienda, con possibilita’ di applicazione analogica dell’articolo 186-bis L. Fall., e’ rafforzata dalla convergenza verso le medesime esigenze di tutela e di ratio perseguite dal legislatore, rappresentate dal favorire il risanamento (diretto od indiretto) dell’azienda, funzionale al miglior soddisfacimento del ceto creditorio attraverso l’esercizio dell’attivita’ d’impresa, in contrapposizione al risultato ottenibile attraverso lo schema liquidatorio che non pone attenzione alla prosecuzione aziendale.
3.7.2.1. Anche il tema del rischio d’impresa trasferito sull’affittuario viene ridimensionato dagli autori favorevoli all’affitto in quanto l’affittante, a seguito della concessione in godimento dell’impresa a soggetti terzi, rimane comunque esposto a svariati rischi, apparendo incontestabile che il rischio d’impresa continui a gravare, seppur indirettamente, sul soggetto in concordato e che l’andamento dell’attivita’ incida, in ultima analisi, sulla fattibilita’ del piano.
3.7.3. Le discussioni che hanno interessato la materia hanno riguardato innanzitutto le figure dell’affitto d’azienda “puro” o “fine a se’ stesso”, contrapposto alla espressione “ponte”, finalizzato, cioe’, al trasferimento aziendale, risultando altresi’ molto importante, per il successo dell’operazione, il momento in cui l’affitto diviene efficace in rapporto alla domanda di concordato. Fatte poche eccezioni, l’ipotesi dell’affitto fine a se’ stesso non ha raccolto i favori della giurisprudenza di merito, incontrando, invece, successo la forma di “affitto-ponte” stipulato nella prospettiva di trasferire l’attivita’ in esercizio. Con questo schema, l’affittuario assume irrevocabilmente un obbligo all’acquisto sotto la condizione dell’omologazione e garantisce la continuita’ aziendale durante la procedura (ed eventualmente anche antecedentemente ad essa), conferendo solidita’ alla proposta che trova nel vincolo all’acquisto un elemento di forte rassicurazione per il ceto creditorio. Un siffatto schema, peraltro, e’ utilizzato tanto nel caso in cui il potenziale acquirente sia un soggetto terzo, sia in quello che si tratti di una societa’ newco costituta dall’imprenditore in crisi.
3.7.3.1. Per consentire la piena compatibilita’ dell’affitto nella versione “ponte” all’articolo 186-bis L.F. sono stati individuati tre requisiti prioritari: 1) la sopravvivenza dell’azienda in esercizio in capo all’imprenditore al momento della domanda: circostanza che consente la piena applicazione della norma ex articolo 186-bis L.F. anche con riferimento alla produzione del business plan almeno sino al momento del trasferimento dell’azienda all’affittuario; 2) la previsione dell’affitto e della successiva cessione nel piano concordatario e non in un contratto stipulato anteriormente ad esso: cio’ permette di rispettare il dettato normativo di cui all’articolo 186-bis L.F. secondo cui “quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, comma 2, lettera e), L.F. prevede la prosecuzione dell’attivita’ di impresa da parte del debitore, la cessazione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o piu’ societa’, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo”; 3) la conservazione in capo al debitore della qualita’ di imprenditore, requisito da alcuni ritenuto incompatibile con l’affitto ma la cui sopravvivenza e’ stata ritenuta da altri pienamente compatibile con l’attivita’, ad esempio, di liquidazione dei cespiti aziendali; senza dire che, in ogni caso, l’imprenditore in crisi e’ chiamato alla gestione del contratto, avra’ dei ricavi e dovra’ sopportare dei costi dovuti ad esempio a riparazioni straordinarie poste a suo carico.
3.7.3.2. Per un numero minore di pronunce, invece, risulterebbe del tutto indifferente la circostanza che, al momento della ammissione del concordato o del deposito della domanda, l’azienda sia esercitata dal debitore o da un terzo, in quanto, in ogni caso, il contratto d’affitto costituisce un semplice strumento per giungere alla cessione o al conferimento dell’azienda senza il rischio della perdita dei valori intrinseci, primo tra tutti l’avviamento, che un suo arresto, anche momentaneo, produrrebbe in modo irreversibile. L’orientamento teste’ citato, pero’, non affronta le questioni legate alla continuita’ contrattuale, alla moratoria nel pagamento dei creditori privilegiati ed alla sovversione dell’ordine dei privilegi consentita dall’applicazione dell’articolo 182-quinquies, comma 4, L. Fall..
3.7.3.3. La soluzione concordataria, attraverso l’applicazione del contratto d’affitto-ponte con le caratteristiche appena descritte, ha dato luogo ad uno schema frequentemente ripetuto e noto con la formula di concordato “preconfezionato” o “chiuso”, secondo cui le condizioni economiche vengono concordate tra il terzo affittuario/promittente cessionario e l’imprenditore in crisi prima dell’apertura della procedura del concordato con la conseguenza che il valore target attribuito all’asset aziendale, sara’ dettato non gia’ dal valore obiettivo dell’azienda ma dal grado di soddisfacimento che si vuole dare ai creditori, con possibilita’ di porre in essere condotte abusive in frode ai creditori stessi.
L’ordinamento ha reagito a questi frequenti schemi di concordati, introducendo l’articolo 163-bis L.F. che impone l’avvio di procedure competitive prima dell’adunanza dei creditori, esponendo cosi’ il bene o il ramo aziendale, oggetto della proposta, ad una valutazione di mercato che sappia alzare i profili di corrispettivo rispetto a quelli pattuiti tra debitore e affittuario. L’ipotesi di procedure competitive trova applicazione sia nel caso (previsto dall’articolo 163-bis, comma 1, L. Fall.) in cui “il piano di concordato comprende una offerta da parte di un soggetto gia’ individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore” (in cui il riferimento alle proposte “chiuse” e’ palese), sia nel caso (previsto dall’articolo 163-bis, u.c. L. Fall.) in cui, pendente la fase prenotativa, il debitore chieda l’autorizzazione alla stipulazione di un contratto di affitto d’azienda.
3.8. Quanto fin qui esposto rappresenta, dunque, uno scenario di evidente contrapposizione, in dottrina e nella giurisprudenza di merito, quanto alla compatibilita’ dell’affitto di azienda con le ipotesi di concordato con continuita’ aziendale, mentre non risultano, allo stato, specifiche pronunce di legittimita’ sul tema.
3.9. Ad avviso di questo Collegio, la lettura della L. n. 134 induce a ritenere che il legislatore del 2012 abbia non solo inteso favorire la prosecuzione dell’attivita’ d’impresa in senso tanto soggettivo quanto oggettivo (basti soltanto pensare alla compiuta disciplina sui contratti in corso di esecuzione o alla puntuale regolamentazione dei finanziamenti) – e gia’ per questo, dunque, l’odierna pronuncia della corte fiorentina, secondo cui il concordato con continuita’ aziendale e’ tale “…in base alla modalita’ di adempimento dell’obbligazione di pagamento presupponente la prosecuzione dell’attivita’ di impresa in capo al debitore…” (cfr. pag. 5 dell’impugnato decreto), non puo’ essere qui confermata – ma si sia dimostrato anche particolarmente preoccupato degli effetti di tale scelta, cosi’ temendo una espansione incontrollabile della prededuzione a danno della concorsualita’. A tal fine, e’ sufficiente ricordare il prescritto controllo del tribunale sui finanziamenti interinali, la disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, il contenuto delle attestazioni cui sono oggi riconducibili significative sanzioni penali. In altri termini, e’ evidente che, come condivisibilmente osservatosi in dottrina, quella della “continuita’ aziendale” e’ stipulazione definitoria “contemporaneamente opaca e duttile”, che va intimamente collegata al rapporto materiale e giuridico che il debitore intende mantenere con la propria azienda durante, in vista ed ai fini del risanamento. Si potra’, allora, fare riferimento ad una continuita’ in senso piu’ marcato (“forte”), ove il piano concordatario preveda il pagamento dei creditori attraverso la prosecuzione dell’attivita’ d’impresa da parte del debitore, oppure in senso meno evidente (“debole”), ove il risanamento venga attuato attraverso una serie di attivita’ strumentali alla cessione dell’azienda in esercizio, come l’affitto d’azienda (eventualmente, ma non necessariamente, accompagnato da una proposta irrevocabile d’acquisto ad un prezzo garantito); tanto piu’ “debole” sara’ la continuita’ quanto piu’ probabile e prossima sara’ la perdita di contatto dell’imprenditore con la propria azienda. D’altro canto, il contenuto stesso del piano concordatario di cui all’articolo 186-bis, comma 2, lettera a), L.F. e le attestazioni di cui alla lettera b) del medesimo articolo dovranno essere tanto piu’ puntuali e penetranti quanto piu’ la continuita’ possa dirsi “forte”: in quest’ultima ipotesi, infatti, ancora maggiore dovra’ essere la possibilita’, per il tribunale, di controllare in modo puntuale, non solo la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 186-bis, comma 2, lettera a), L. Fall., e cosi’ la formazione di crediti prededucibili, ma anche la permanenza del vantaggio per i creditori nella continuita’ rispetto alla liquidazione di cui alla lettera b) del medesimo disposto legislativo; e cio’ soprattutto con riferimento al periodo successivo al passaggio in giudicato del decreto di omologa, quando il controllo del tribunale scompare definitivamente, salvo eventualmente ricostituirsi a seguito del procedimento per la risoluzione del concordato ai sensi del novellato articolo 186 L. Fall., che ha previsto che la risoluzione del concordato non possa essere richiesta dal commissario giudiziale.
3.9.1. Nell’ambito, poi, della valorizzazione in termini oggettivi della prosecuzione dell’attivita’ di impresa, sembra potersi ritenere affatto indifferente la circostanza che, al momento della ammissione al concordato o del deposito della domanda, l’azienda sia esercitata dal debitore o, come nel caso dell’affitto della stessa, da un terzo, in quanto, in ogni caso, il contratto d’affitto costituisce un semplice strumento per giungere alla cessione o al conferimento dell’azienda senza il rischio della perdita dei valori intrinseci, primo tra tutti l’avviamento, che un suo arresto, anche momentaneo, produrrebbe in modo irreversibile.
3.9.1.1. In altri termini – e fatte salve le peculiarita’ di ciascuna fattispecie, che imporra’ di verificare, caso per caso, i termini e le condizioni del piano di concordato – ogni qualvolta la prosecuzione dell’attivita’ di impresa da parte dell’affittuario (a prescindere dal momento della stipulazione del contratto di affitto) sia rilevante ai fini del piano, e cioe’ influenzi la soddisfazione dei creditori concorsuali, il concordato preventivo dovra’ essere qualificato come un concordato con continuita’ aziendale e sara’ quindi soggetto alle disposizioni di cui all’articolo 186-bis L. Fall..
3.9.1.2. Del resto, la formulazione di quest’ultimo rende sufficientemente chiaro che cio’ su cui l’attenzione del legislatore ha mostrato di appuntarsi e’ la “azienda in esercizio”, indipendentemente dalla circostanza che essa sia condotta dal debitore, o da soggetti diversi (cessionari o conferitari, come appunto esemplifica la norma). Di qui, fra l’altro, la riconducibilita’ dell’affitto di azienda stipulato anteriormente al deposito della domanda nel perimetro applicativo dell’articolo 186-bis (fattispecie che va sotto il nome di continuita’ indiretta).
3.9.1.3. Inoltre, se si muove dall’idea, qui condivisa, che il legislatore del 2012 abbia inteso favorire il risanamento “diretto” o “indiretto” dell’azienda, ed attraverso il suo mantenimento in esercizio il pagamento dei creditori concorsuali, ogni negozio giuridico prodromico e funzionale al risanamento medesimo, come anche l’affitto d’azienda, deve essere assoggettato alla disciplina della continuita’ aziendale. A cio’ si aggiunga, anche se certo l’argomento non puo’ essere decisivo, che l’imprenditore che affitta la sua azienda conserva ancora una serie di obblighi giuridici, come il divieto di concorrenza ex articolo 2557 c.c. e la tutela dei segni distintivi, i quali non fanno venire meno la sua natura di imprenditore commerciale a prescindere dal venir meno del suo rapporto materiale con l’azienda.
3.9.2. Va poi rimarcato che la disciplina (esclusivamente) propria del concordato con continuita’, per la parte che riguarda la continuita’ contrattuale (articolo 186-bis, comma 3, prima parte), i contratti pubblici (commi 3 e 4) e la possibilita’ di moratoria fino ad un anno per i crediti privilegiati (comma 2, lettera c), non sembra porre particolari problemi di compatibilita’ con l’affitto d’azienda.
Si tratta, infatti, di disposizioni di favore dell’esercizio dell’attivita’ d’impresa, che lo supportano merce’ la naturale prosecuzione dei rapporti davvero funzionali ad un’economicita’ di gestione nell’interesse del miglior soddisfacimento dei creditori: e cio’ anche attraverso un congruo differimento dei pagamenti piu’ impegnativi (ai creditori privilegiati).
3.9.2.1. Piu’ delicata e’, invece, l’estensibilita’ della facolta’, debitamente autorizzata, di pagamento dei crediti anteriori ai sensi dell’articolo 182-quinquies, comma 5, L. Fall..
3.9.2.2. Come noto, la disposizione realizza, nella sostanza, una conversione di crediti concorsuali in crediti prededuttivi, con una rottura indubbia del principio di concorsualita’ e, quindi, del divieto posto dall’articolo 168 L. Fall., sia pure per le finalita’ e con le cautele indicate. Ora, se questo effetto rende problematica la giustificazione del pagamento dal debitore concordatario, affittante l’azienda, di debiti anteriori nei confronti di propri fornitori strategici, sostanzialmente in favore dell’affittuario temporaneamente garante della continuita’ di impresa ed evidentemente strategici anche per esso, non pare che, per cio’ solo, se ne debba escludere la possibilita’. Proprio il segnalato impiego dell’affitto d’azienda quale tappa di un percorso in funzione di una ricollocazione dell’impresa competitiva sul mercato, nella prospettiva di affidabilita’ soggettiva dell’affittuario in relazione al piano di prosecuzione delle attivita’ imprenditoriali, puo’ ben giustificare il pagamento di crediti anteriori per prestazioni di beni o di servizi anche nell’ipotesi di continuita’ con affitto d’azienda. Evidentemente, non ad opera diretta del terzo affittuario in bonis, siccome soggetto estraneo al concordato, ma del debitore richiedente una specifica autorizzazione.
3.9.3. Per mera completezza, inoltre, va segnalato che la legge delega per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza (L. 19 ottobre 2017, n. 155) sancisce, all’articolo 2, comma 1, lettera g), che la continuita’ aziendale puo’ essere assicurata “anche tramite un diverso imprenditore”, precisando, al successivo articolo 6, comma 1, lettera i), n. 3), che le norme sul concordato in continuita’ si applicano “anche nei casi in cui l’azienda sia oggetto di contratto di affitto, anche se stipulato anteriormente alla domanda di concordato”.
3.9.4. Discorso analogo vale, mutatis mutandis, per il cd. affitto puro, quello, cioe’, che non risulti prodromico alla cessione dell’azienda, ma alla sua semplice dislocazione in capo all’affittuario, con successiva retrocessione, durante la fase esecutiva del piano o al termine di essa, al debitore. Non ha infatti senso annettere natura liquidatoria a tale fattispecie, nella quale il piano consente il ritorno in bonis dell’imprenditore addossando temporaneamente a terzi gli oneri ed i rischi connessi alla conduzione diretta dell’attivita’, senza che vi sia, tendenzialmente, alcuna dismissione di cespiti aziendali (salva l’ipotesi di alienazione di beni non funzionali alla “riperimetrata” continuita’, espressamente contemplata dall’articolo 186-bis L. Fall.).
3.10. Puo’, dunque, affermarsi il seguente principio di diritto:
“Il concordato con continuita’ aziendale disciplinato dall’articolo 186-bis L.F. e’ configurabile anche quando l’azienda sia gia’ stata affittata o sia destinata ad esserlo, rivelandosi affatto indifferente la circostanza che, al momento dell’ammissione alla suddetta procedura concorsuale o del deposito della relativa domanda, l’azienda sia esercitata dal debitore o, come nell’ipotesi dell’affitto della stessa, da un terzo, in quanto il contratto d’affitto – recante, o meno, l’obbligo dell’affittuario di procedere, poi, all’acquisto dell’azienda (rispettivamente, affitto cd. ponte oppure cd. puro) – puo’ costituire uno strumento per giungere alla cessione o al conferimento dell’azienda senza il rischio della perdita dei suoi valori intrinseci, primo tra tutti l’avviamento, che un suo arresto, anche momentaneo, rischierebbe di produrre in modo irreversibile”.
3.11. Alla stregua di tale principio, il primo motivo del ricorso della curatela fallimentare della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione deve ritenersi meritevole di accoglimento, con conseguente assorbimento di ogni altra sua censura.
3.11.1. Invero, l’argomentazione decisiva utilizzata dalla corte distrettuale per riformare la precedente decisione del tribunale fiorentino (secondo cui quello proposto dalla menzionata societa’ doveva qualificarsi come “concordato misto che contiene una componente di continuita’ indiretta nella forma di cessione di azienda in esercizio”, in quanto “l’azienda alberghiera e di ristorazione gestita in affitto dalla (OMISSIS) s.r.l. con contratto scadente il 31.7.2021 – e’ pienamente operante e nel ricorso non si fa il benche’ minimo cenno ad una eventuale cessazione dell’attivita’) e’ nei sensi che “il concordato preventivo non possa qualificarsi come proposto ai sensi dell’articolo 186-bis L.F. …. per il fatto che sia in corso un contratto di affitto di azienda: invero, il concordato con continuita’ aziendale deve, invece, ravvisarsi solo se esso preveda la prosecuzione dell’attivita’ di impresa e, quindi, l’assunzione del relativo rischio (ricadente, in definitiva, sui creditori); esso, deve ritenersi qualificato dalla modalita’ di adempimento dell’obbligazione di pagamento che presuppone la prosecuzione dell’attivita’ di impresa in capo al debitore. E cio’ anche considerando, oltre al dato testuale della mancata previsione dell’affitto di azienda nella norma citata, anche la ratio derivante dal fatto che sarebbe possibile parlare di continuita’ in quanto permanga il rischio di impresa, che non sussiste, invece, nel caso di affitto di azienda, in cui si tratta della riscossione del canone stabilito” (cfr. pag. 5 del decreto impugnato).
3.11.2. Trattasi, come e’ evidente, di affermazione non in linea con il principio enunciato al precedente § 3.10.
3.11.3. Deve, altresi’, rimarcarsi che, come si e’ ampiamente gia’ riferito, la continuita’ aziendale, giusta l’articolo 186-bis L. Fall., e’ configurabile allorquando vi sia un’azienda in esercizio ed il debitore preveda di continuare a gestirla e/o di cederla a terzi o conferirla in societa’. Anche nel caso di cessione (come nel caso in esame) o conferimento, dunque, e’ anzitutto necessario che oggetto dell’una e dell’altra sia un’azienda (ossia il complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’impresa), e non i beni separatamente considerati.
3.11.3.1. Il decreto impugnato, invece, nemmeno chiarisce, se oggetto della proposta fosse la cessione atomistica dei beni o la cessione dell’azienda, ed il punto e’ vivamente discusso tra le parti con riguardo proprio al contenuto fattuale della proposta, prima ancora che alla qualificazione giuridica dello stesso.
4. Concludendo, dunque, il ricorso della curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione deve essere accolto quanto al primo motivo, con conseguente assorbimento degli altri, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a.. Il decreto impugnato deve, quindi, essere cassato in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, per il nuovo esame dei motivi di reclamo della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione alla stregua del principio di diritto di cui al precedente § 3.10, previa individuazione del se la proposta concordataria della societa’ da ultimo indicata preveda la cessione dell’azienda ovvero dei singoli cespiti che la compongono. Il menzionato giudice di rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
4.1. Va dato atto, infine, – in assenza di ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione, a carico della (OMISSIS) s.p.a. del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (applicabile ratione temporis, essendo stato il suo ricorso incidentale proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione e’ vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso della curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, con assorbimento degli altri, e dichiara inammissibile il ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a.. Cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale (OMISSIS) s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta lo stesso articolo 13, comma 1 bis.
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