Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 8 gennaio 2015, n. 485 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. OLDI Paolo – Presidente Dott. BRUNO Paolo A. – Consigliere Dott. ZAZA Carlo – Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere...
Categoria: Cassazione penale 2015
Corte di Cassazione, sezione III, ordinanza 8 gennaio 2015, n. 274. Il rapporto processuale relativo alla riparazione per l'ingiusta detenzione ha natura civilistica ed il carico delle spese della procedura va regolato secondo il principio di soccombenza di cui all'articolo 91 c.p.c. In tema di liquidazione delle spese, per l'ipotesi di cassazione della sentenza, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimita', deve attenersi al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio e al loro risultato, con la conseguenza che la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione e tuttavia soccombente in rapporto all'esito finale della lite, puo' essere legittimamente condannata al rimborso delle spese in favore dell'altra parte anche per il grado di cassazione
Suprema Corte di Cassazione sezione III ordinanza 8 gennaio 2015, n. 274 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TERESI Alfredo – Presidente Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere Dott. RAMACCI Luca – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere Dott. MENGONI...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 gennaio 2015, n. 295. A seguito della Legge 8 agosto 1995, n. 332, che ha modificato l'articolo 275, comma 1, lettera c), la pericolosita' sociale, che giustifica l'adozione di una misura cautelare, va desunta sia dalle specifiche modalita' e circostanze del fatto sia dalla personalita' dell'indagato, oggettivamente valutata, alla stregua dei precedenti penali e della condotta rilevata. La duplicita' delle fonti indicate dalla legge per la definizione della pericolosita' dell'indagato mostra che con l'espressione "modalita' e circostanze del fatto" il legislatore ha inteso riferirsi al fatto-reato e che con l'espressione "comportamenti e atti concreti" ha inteso riferirsi a condotta diversa dal fatto reato, cioe' alla condotta anteatta e a quella successiva. La pericolosita' rilevante nella soggetta materia va desunta, dunque, sia dal fatto reato, sia dal comportamento e dai precedenti penali che definiscono la persona. Correttamente, nel caso di specie, il Tribunale ha escluso ogni automatismo nella valutazione della custodia sofferta. Infatti, e' illegittimo il provvedimento di revoca della custodia cautelare motivato esclusivamente in riferimento alla sopravvenuta carenza di proporzionalita' della misura in ragione della corrispondenza della durata della stessa ad una percentuale, rigidamente predeterminata ricorrendo ad un criterio aritmetico, della pena irroganda nel giudizio di merito e prescindendo da ogni valutazione della persistenza e della consistenza delle esigenze cautelari che ne avevano originariamente giustificato l'applicazione.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 gennaio 2015, n. 295 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETTI Ciro – Presidente Dott. DAVIGO P. – rel. Consigliere Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere Dott. RECCHIONE...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 gennaio 2015, n. 262. La condotta sanzionata dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1 e' riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attivita' rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 226 del medesimo Decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attivita' primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalita'; la deroga prevista dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5 per l'attivita' di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attivita' commerciale in forma ambulante ai sensi del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e, dall'altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 8 gennaio 2015, n. 262 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere Dott. ACETO Aldo – Consigliere Dott. GENTILI...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 26 gennaio 2015, n. 3557. Non sussiste l'esimente dell'esercizio del qualora l'espressione usata consista non già in un dissenso motivato espresso in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale dell'avversario. Nel caso di specie, la Corte territoriale, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta illogicità, ha sottolineato il carattere generico delle affermazioni contenute nel volantino, che attribuivano al C. di vivere in un clima di diffusa illegalità, peraltro, senza riuscire a controllare l'operato delle donne che lo circondavano e il malizioso riferimento ad una relazione extraconiugale del primo con la G., anch'ella genericamente accusata di azioni in danno delle cose (rectius: casse comunali), prescindendo persino dalla considerazione dell'assenza di poteri decisionali in capo al segretario comunale (quale la G. era).
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 26 gennaio 2015, n. 3557 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5 dicembre 2013, la Corte d’appello di Genova, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha eliminato la pena di € 200,00 di multa inflitta dal Tribunale di Genova ad A. P., e,...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 gennaio 2015, n. 3339. In tema di incendio colposo di cosa propria, il pericolo per la pubblica incolumità può essere costituito non solo dalle fiamme, di vaste dimensioni e tendenti a propagarsi, ma anche dalle loro dirette conseguenze, quali il calore, il fumo, la mancanza di ossigeno, l’eventuale sprigionarsi di gas pericolosi dalle materie incendiate, quando tali effetti discendano dall’incendio e si siano prodotti senza soluzione di continuità
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 gennaio 2015, n. 3339 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 21 giugno 2013 la Corte di Appello di Firenze riformava parzialmente quella del Tribunale di Grosseto del 19 novembre 2010, che, concesse le circostanze attenuanti generiche, aveva condannato l’imputato S.P. alla pena di anni...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza del 22 gennaio 2015, n. 3177. In relazione alla specificità del fatto materiale di coltivazione – non può aversi riguardo allo stadio (iniziale, in corso, avanzato, esaurito) del processo produttivo accertato (ciò che equivarrebbe a dare ingresso ad un improprio criterio di punibilità differenziata), poiché l'offensività della condotta si radica nella sola idoneità della coltivazione a produrre la sostanza per il consumo. Con l'ovvio effetto che "non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza dell'accertamento, ma la conformità delle piante al tipo botanico previsto e la loro attitudine (anche per modalità e cura di coltivazione) a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente utilizzabile per il consumo"
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 22 gennaio 2015, n. 3177 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa il 10.5.211, all’esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Osimo, ha dichiarato C.A. colpevole del reato di illecita coltivazione di tre piante di marijuana, in diverso stato di crescita, delle quali una...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 22 gennaio 2015, n. 2890. Sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio dei patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, perché le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 22 gennaio 2015, n. 2890 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28/2/2014, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza dei Tribunale di Ancona, in data 17/1/2011, qualificato il fatto come appropriazione indebita aggravata anziché furto, riduceva la pena inflitta a B.N., rideterminandola...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 16 gennaio 2015, n.2283. Il delitto di violenza privata non è assorbito in quello di cui all'art. 612-bis cod. pen.: l'art. 610 cod. pen. protegge il processo di formazione e di attuazione della volontà personale, l'art. 612/bis è volto – al pari dell'art. 612 cod. pen. – alla tutela della tranquillità psichica, ritenuta, con pieno fondamento, condizione essenziale per la libera formazione ed estrinsecazione della volontà suddetta
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V SENTENZA 16 gennaio 2015, n.2283 Ritenuto in fatto Il Tribunale di Arezzo, con sentenza riformata, limitatamente alla pena, dalla Corte di appello di Firenze in data 4/10/2013, ha ritenuto C.S. responsabile, nei confronti della ex-convivente D.S. , di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen., capo A),...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 gennaio 2015, n. 2329. Il sostituto processuale (nominato ex art. 102 cod.proc.pen. dal difensore titolare della difesa tecnica) è legittimato alla difesa tecnica ma non alla costituzione di parte civile nel processo, quando la procura speciale che ha attribuito al difensore, insieme con la nomina a difensore tecnico (ex art.100 cod.proc.pen.), pure i poteri dispositivi relativi al diritto in contesa propri della parte (artt. 76 e 122 cod.proc.pen.) non lo preveda espressamente
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 gennaio 2015, n. 2329 Considerato in fatto 1. Avverso la sentenza con cui in data 3-11.4.2014 la Corte d’appello di Campobasso ha confermato l’affermazione della sua responsabilità ai fini penali e civili, deliberata dal Tribunale di Larino il 15.12.10 per reato ex art. 570 cod.pen. in...