Il reato di falso ideologico in atto pubblico e’ configurabile in relazione a qualsiasi documento che, benche’ non imposto dalla legge, e’ compilato da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per documentare, sia pure nell’ambito interno dell’amministrazione di appartenenza

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 25 settembre 2018, n. 41406.

La massima estrapolata:

Il reato di falso ideologico in atto pubblico e’ configurabile in relazione a qualsiasi documento che, benche’ non imposto dalla legge, e’ compilato da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per documentare, sia pure nell’ambito interno dell’amministrazione di appartenenza, la regolarita’ degli adempimenti ai quali e’ obbligato ovvero circostanze di fatto cadute sotto la sua percezione diretta o, comunque, ricollegabili a tali adempimenti e si inserisce nell’iter procedimentale prodromico all’adozione di un atto finale

Sentenza 25 settembre 2018, n. 41406

Data udienza 5 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Antonio – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta Mari – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa il 19/05/2017 dalla Corte di appello di Genova;
visti gli atti, la sentenza ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MICHELI Paolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa LOY Maria Francesca, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi, per il ricorrente (OMISSIS), l’Avv. (OMISSIS) e, per il ricorrente (OMISSIS), l’Avv. (OMISSIS), i quali hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei rispettivi ricorsi e l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il 19/05/2017, la Corte di appello di Genova riformava parzialmente la sentenza emessa in data 05/03/2016 (dal Tribunale di Massa) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), assolvendo il primo da alcuni degli addebiti a lui contestati e riducendo il trattamento sanzionatorio relativamente ad entrambi. Per quanto di odierno interesse, la conferma della declaratoria di penale responsabilita’ concernente il (OMISSIS) – vice-Questore aggiunto, con funzioni di dirigente dell’ufficio del personale e dell’ufficio tecnologico/logistico presso la Questura di Massa – riguardava:
– al capo A), una ipotesi di falso ideologico relativa all’affidamento di lavori per il rifacimento delle camerate e relativo trasporto dei materiali presso la sede della Questura suddetta, avvenuto con procedura di somma urgenza e conseguente selezione diretta dell’impresa (falsita’ afferente il verbale attestante i presupposti dell’anzidetta urgenza con riguardo alla materiale esecuzione dei lavori, che in realta’ erano gia’ stati integralmente realizzati o quasi);
– ai capi C) e D), due ulteriori ed analoghi addebiti ex articolo 479 cod. pen., rispettivamente concernenti lavori di falegnameria e fornitura di tappezzerie e tendaggi;
– al capo E), ancora una contestazione di falso ideologico in ordine ad una nota di risposta ad un sollecito che il Ministero dell’Interno aveva inoltrato alla Questura di Massa per avere notizie dell’esito di un procedimento disciplinare a carico dell’Ass.te (OMISSIS) (nota che, secondo l’assunto accusatorio, recava la firma contraffatta del Questore);
– al capo F), un reato di abuso d’ufficio relativa al medesimo procedimento nei confronti del (OMISSIS), per omessa trattazione e intenzionale differimento delle comunicazioni di legge agli uffici sovraordinati, “imboscando” la pratica con l’obiettivo della perenzione della procedura e cosi’ consentendo all’incolpato di non essere sottoposto a sanzioni.
Il (OMISSIS), Assistente capo addetto al medesimo ufficio del coimputato, era invece chiamato a rispondere del concorso nel solo delitto sub E).
2. Propone ricorso per cassazione la difesa del (OMISSIS), deducendo:
– la violazione dell’articolo 522 c.p.p., atteso che le condotte di falso rubricate nei primi tre capi di imputazione risultano contestate quanto al difetto delle condizioni per utilizzare la procedura d’urgenza, tuttavia con l’immediata precisazione che il profilo di presunta difformita’ dal vero riguarderebbe il rapporto fra le date di esecuzione dei lavori e quelle indicate nei verbali. Non di meno, sia il Tribunale che la Corte di appello avrebbero ravvisato gli estremi della rilevanza penale di tali fattispecie anche “sulla scorta di ipotizzate violazioni della normativa che legittima, in determinati casi, il ricorso alla somma urgenza”; in ogni caso, uno dei verbali di cui si afferma la falsita’, datato 02/12/2010, venne espressamente escluso da quelli ricompresi in rubrica, come da modifica dei capi d’imputazione avvenuta all’udienza del 16/03/2015;
– l’inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 479 cod. pen., in punto di individuazione della necessaria qualita’ pubblicistica in capo all’imputato. Gli atti che si assumono ideologicamente falsi, in particolare, rientravano nella competenza del vice-Questore vicario, ufficio cui erano stati sottoposti prima dell’invio alla Prefettura: a riguardo, nell’interesse del (OMISSIS) si argomenta che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 147 impone – ai fini della correlata assunzione di responsabilita’ – una precisa investitura, formale o sostanziale, del soggetto cui si addebiti di aver emesso l’atto difforme dal vero. Investitura che non esisteva neppure nei confronti della struttura diretta dal (OMISSIS), mentre sarebbe stato necessario individuare un funzionario nominato responsabile di quello specifico procedimento, o quanto meno che si fosse trovato in un rapporto diretto e peculiare con la dedotta situazione d’urgenza, si’ da potersi ritenere – in via di fatto – demandato ad affrontarla e risolverla;
– carenze motivazionali quanto alla conferma della sentenza di primo grado in ordine ai capi A) e C). L’urgenza del primo gruppo di lavori, infatti, riguardava attivita’ di facchinaggio per la realizzazione di sole cinque camere, dunque nell’ambito di una pianificazione assai piu’ ampia e complessa: ne deriva che, quand’anche le ulteriori incombenze fossero state gia’ eseguite per la quasi totalita’, nulla esclude che le attivita’ concernenti le cinque camere de quibus (certamente esauribili nel giro di pochi giorni) si svolsero davvero in tempi compatibili con quelli risultanti dai verbali. Analogamente e’ a dirsi per i lavori di impiantistica da realizzare presso il corpo di guardia di una determinata caserma: a fronte di un verbale del 19/05/2010, e’ ben possibile che le opere in questione si svolsero a partire da quella data e sino alla fine del mese. In relazione al capo D), la mancanza di disamina da parte della Corte territoriale sarebbe totale, visto che in sede di motivi di gravame si era precisato come l’urgenza fosse, in quel caso, riferita non gia’ alla tempistica dei lavori ma all’acquisto in se’ dei beni oggetto della fornitura;
– relativamente alle contestazioni sub E) ed F), innanzi tutto, l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni svolte nel corso delle indagini preliminari. Il difensore dell’imputato rappresenta che l’attivita’ di captazione era stata compiuta con riferimento alla notitia criminis relativa ai falsi ideologici sopra ricordati, ed aveva consentito di acquisire elementi in ordine alla vicenda della pendenza disciplinare a carico del (OMISSIS): i giudici di merito si sarebbero soffermati solo sul problema della non diversita’ del procedimento penale (dovendosi intendere le indagini sulle condotte che avevano favorito il suddetto Assistente unitarie rispetto a quelle riguardanti le irregolarita’ nei lavori), senza pero’ avvedersi che la questione sollevata nell’interesse del (OMISSIS) era tutt’altra. La difesa aveva infatti argomentato che le intercettazioni in parola erano state disposte per verificare eventuali complicita’ con i pubblici ufficiali da parte dei titolari delle ditte interessate a quelle commesse: trattandosi, pero’, di una ipotesi investigativa del tutto sfornita di concretezza, alla luce delle risultanze degli accertamenti gia’ compiuti, il ricorso al mezzo di ricerca della prova disciplinato dall’articolo 266 c.p.p., e segg. avrebbe dovuto ritenersi non consentito in radice. In ogni caso, l’atto falso che sarebbe stato formato dal (OMISSIS) con il concorso del (OMISSIS) (la risposta ad un presunto sollecito ministeriale) era puramente interno all’amministrazione interessata, senza che al medesimo potessero essere riconosciuti i caratteri dell’atto pubblico in senso penalmente rilevante: ne’ poteva intendersi idoneo a fornire la prova di quanto ivi rappresentato (vale a dire l’avvenuta archiviazione del procedimento disciplinare) poiche’ il Ministero avrebbe comunque richiesto la trasmissione di una copia del relativo atto definitorio. Ancora, quanto all’ipotizzato abuso d’ufficio, la rubrica risulta richiamare – quale profilo di violazione di legge – il Decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981, articolo 4, ma si tratta di un palese errore (si trattava, in vero, della norma che si assumeva essere stata non osservata dal (OMISSIS), fondante quindi l’addebito disciplinare a monte). I giudici di merito avrebbero integrato la contestazione ritenendo ravvisabile nella fattispecie anche la violazione degli articoli 3 e 97 Cost., da considerare pero’ norme di genericita’ tale da non poter assurgere a parametri adeguati ai fini della sufficiente determinatezza di una condotta di rilievo penale ex articolo 323 cod. pen. (ne’ puo’ essere comunque il giudice procedente ad integrare con modalita’ siffatte un difetto ab origine del capo d’imputazione). In punto di ravvisabilita’ dell’ingiusto vantaggio che sarebbe derivato al (OMISSIS), come pure di individuazione del necessario dolo intenzionale in capo al ricorrente, la difesa sottolinea che all’incolpato si ascrivevano relazioni con persone straniere, presenti irregolarmente in Italia: ne deriva il radicale difetto di prova, che il giudizio di merito non avrebbe colmato, sulla effettiva meritevolezza della sanzione disciplinare da parte del (OMISSIS) e/o sulla convinzione del (OMISSIS) a riguardo, atteso che non puo’ certamente esigersi, per un appartenente alla Polizia di Stato, l’obbligo di previa verifica della regolarita’ sul territorio nazionale di ogni soggetto che entri in contatto con lui.
Con il primo, lamenta violazione di legge processuale in ordine alle disposte intercettazioni, sviluppando argomenti in linea con le censure evidenziate nell’interesse del coimputato.
Con il secondo, deduce carenze motivazionali della sentenza impugnata per non avere adeguatamente esaminato il problema, pur dedotto, dell’errore incolpevole del ricorrente, indotto dalle indicazioni ricevute dal (OMISSIS) (suo superiore gerarchico). La tesi difensiva, in proposito, e’ che il (OMISSIS) agi’ nella convinzione di dover eseguire un ordine legittimo, sul presupposto che la Questura di Massa avesse realmente gia’ risposto alla nota pervenuta dal Ministero, e che tale missiva di replica fosse andata smarrita: le risultanze delle intercettazioni, peraltro, confermerebbero la ricostruzione cosi’ offerta.
Infine, la motivazione della Corte territoriale sarebbe viziata in punto di valenza pubblicistica dell’atto, da considerare meramente interno (anche per non essere stata dimostrata l’effettiva trasmissione, almeno via fax, della nota di cui si assume la falsita’).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi non possono trovare accoglimento.
1.1 Iniziando la disamina delle doglianze difensive, come doveroso, dai profili di carattere processuale, si rileva innanzi tutto che e’ lo stesso ricorso presentato nell’interesse del (OMISSIS) a chiarire come la presunta falsita’ ideologica degli atti indicati ai capi A), C) e D) derivasse dalla ritenuta insussistenza dei requisiti di legge per dare corso a procedure di somma urgenza in vista dell’affidamento dei lavori ivi contemplati, tanto da giungere a precisare che la condanna sarebbe intervenuta “anche” in relazione a tale aspetto. In vero, in tutti e tre i capi suddetti si evidenzia proprio che la condotta sarebbe stata realizzata “attestando l’esistenza delle condizioni per decretare il regime di somma urgenza”, con la precisazione che si trattava di attestazioni false perche’ i lavori “erano gia’ stati quasi totalmente eseguiti, e solo ultimati il 09/12/2010” quanto alle camerate della Questura (verbale del 24/11/2010), “erano gia’ iniziati nell’aprile 2010 e terminati il 19/04/2010” in ordine alle opere di falegnameria (verbale del 19/05/2010) ed “erano gia’ stati eseguiti a maggio 2010” quanto alle forniture di tappezzerie e tendaggi (verbale del 26/10/2010).
Ne’ sembra poter avere spessore alcuno l’obiezione secondo cui un conto e’ discutere dei presupposti dettati dal quadro di riferimento normativo per l’adozione di un peculiare iter amministrativo, ma altra cosa sarebbe analizzare la tempistica di esecuzione dei lavori la cui necessita’ abbia occasionato la procedura de qua: non e’ chi non veda, infatti, come indicare indefettibili il giorno x determinate opere presupponga giocoforza che a quella data le opere in questione non esistano ancora. Cio’ al di la’ dell’essersi i giudici di merito soffermati anche su un verbale che in realta’ doveva considerarsi estraneo ai limiti della rubrica, all’esito di modifiche apportate alla stessa nel corso del giudizio di primo grado.
1.2 Una seconda censura in rito, prospettata in entrambi i ricorsi, riguarda l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni, perche’ compiute in difetto dei presupposti di legge.
Le argomentazioni difensive, sul punto, non possono condividersi: da un lato, appare arbitrario l’assunto secondo cui non vi sarebbe stato spazio per ricercare elementi a carico dei titolari delle ditte interessate ai lavori anzidetti, trattandosi di soggetti comunque favoriti (in ipotesi) dalle condotte del (OMISSIS); dall’altro, e in ogni caso, non e’ revocabile in dubbio la circostanza che sussistessero i gravi indizi di reato richiesti dalle previsioni codicistiche. Cio’ a prescindere dal rilievo se le attivita’ di captazione fossero poi state indirizzate verso soggetti a loro volta sospettabili di un coinvolgimento negli illeciti de quibus: per pacifica giurisprudenza di legittimita’, infatti, “in tema di presupposti per l’autorizzazione a disporre intercettazioni telefoniche, i gravi indizi richiesti dall’articolo 267 c.p.p., comma 1, non attengono alla colpevolezza di un determinato soggetto ma all’esistenza di un reato; ne consegue che, per sottoporre l’utenza di una persona ad intercettazione, non e’ necessario che gli stessi riguardino anche la riferibilita’ a questa del reato” (Cass., Sez. 2, n. 42763 del 20/10/2015, Russo, Rv 265127).
1.3 Neppure puo’ convenirsi con la difesa del (OMISSIS) circa il contestato difetto, in capo all’imputato, della qualita’ pubblicistica sottesa alla effettiva configurabilita’ dei reati in rubrica.
A prescindere dall’essere egli preposto o meno all’ufficio cui competeva l’adozione degli atti relativi alle procedure di somma urgenza e/o all’assegnazione in genere dei lavori sopra ricordati, e’ infatti innegabile che fu proprio il ricorrente a perfezionarli, senza che l’amministrazione di appartenenza avesse sollevato, in merito, rilievi di sorta. Ergo, quand’anche il (OMISSIS) non avesse ricevuto investiture formali per potersi dire legittimato in astratto ad attestare i presupposti per un affidamento urgente di lavori di facchinaggio, tappezzeria o quant’altro, egli lo fece comunque in via di fatto, nell’ambito di una prassi organizzativa sostanzialmente consolidata. In altre parole, e’ possibile o puo’ darsi financo per ammesso che quelle attivita’ formali non rientrassero nell’ambito delle competenze funzionali dell’imputato (avuto riguardo alla corretta lettura dell’espressione “esercizio delle sue funzioni” di cui all’articolo 476 cod. pen.: v. Cass., Sez. 5, n. 47508 del 10/06/2016, Azzaro), ma non e’ controverso che i verbali in rubrica costituissero, per l’ente ove il (OMISSIS) operava, la manifestazione delle determinazioni realmente assunte dalla p.a..
1.4 Le doglianze difensive inerenti l’effettiva urgenza dei lavori descritti nei capi A), C) e D), come pure la possibilita’ che tali opere vennero davvero realizzate in tempi ristrettissimi, investono poi, ictu oculi, profili di merito non ulteriormente sindacabili in questa sede. Non si comprende, del resto, quale sarebbe stata l’esigenza di disporre che taluni lavori per il ripristino di alloggi presso la Questura fossero eseguiti in via ordinaria, salvo assumere improvvisamente carattere di urgenza per sole cinque camerate (ne’ gli atti che si ipotizzano ideologicamente falsi offrono, sul punto, motivazioni di sorta). La difesa del (OMISSIS), in ogni caso, ribadisce una propria ricostruzione dei fatti senza confrontarsi con gli elementi che, soprattutto in relazione ai falsi contestati sub C) e D), la Corte territoriale appare aver ribadito circa la completa esecuzione dei lavori o delle forniture in data anteriore alla redazione dei verbali.
1.5 Destituita di fondamento e’ anche la tesi che vorrebbe priva di valenza pubblicistica la nota di risposta (a firma apparente di un Questore) con cui si dia riscontro, sia pure interlocutorio, ad un sollecito del competente Ministero. Nei rapporti fra due articolazioni della p.a. (ben distinte, anche se l’una gerarchicamente sovraordinata all’altra), la richiesta della prima alla seconda per avere notizie sull’esito di un procedimento disciplinare non ha di certo carattere meramente interno, ne’ puo’ averlo la replica, recante la comunicazione sollecitata. La giurisprudenza di questa Corte, del resto, ha piu’ volte chiarito -con riguardo al delitto di cui all’articolo 479 cod. pen., ma sulla base di elementi validi anche per le ipotesi di falso materiale – che “il reato di falso ideologico in atto pubblico e’ configurabile in relazione a qualsiasi documento che, benche’ non imposto dalla legge, e’ compilato da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per documentare, sia pure nell’ambito interno dell’amministrazione di appartenenza, la regolarita’ degli adempimenti ai quali e’ obbligato ovvero circostanze di fatto cadute sotto la sua percezione diretta o, comunque, ricollegabili a tali adempimenti e si inserisce nell’iter procedimentale prodromico all’adozione di un atto finale” (Cass., Sez. 5, n. 9368/2014 del 19/11/2013, Budetta, Rv 258952). La fattispecie concreta di cui al precedente appena richiamato riguardava la presunta falsificazione di una scheda valutativa interna compilata nell’ambito di un procedimento di valutazione di dirigenti medici: il che conferma l’insostenibilita’ delle tesi difensive anche a proposito dell’inidoneita’ della nota del Questore a fornire la prova della avvenuta definizione del procedimento a carico del (OMISSIS). Infatti, l’atto sarebbe rimasto connotato da rilevanza pubblicistica anche se, dopo la sua apparente emanazione, il Ministero avesse comunque richiesto la copia del presupposto provvedimento di archiviazione della pratica disciplinare: cosi’ come rimane atto pubblico la scheda relativa a un dirigente medico ospedaliero, a prescindere dal doverne riportare i risultati in un provvedimento valutativo finale, concernente piu’ soggetti.
Inammissibile, perche’ prospettato per la prima volta dinanzi al giudice di legittimita’, e’ poi il motivo di ricorso del difensore del (OMISSIS), laddove la natura pubblicistica dell’atto in questione viene posta in dubbio con riguardo all’effettivo inoltro della nota al Ministero; dalla sintesi dei motivi di appello sviluppati nell’interesse del (OMISSIS) avverso la decisione di primo grado, operata dalla Corte territoriale e non contestata dalla difesa del ricorrente, emerge infatti che il gravame aveva investito soltanto l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni, la contestata sussistenza dell’elemento soggettivo (su cui v. infra) e “la mancanza di motivazione circa l’individuazione dell’autore della falsificazione della firma del Questore”.
1.6 In ordine all’essere stato indicato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981, articolo 4 quale parametro normativo violato ai fini della ravvisabilita’ dell’abuso di ufficio, gia’ il Tribunale aveva evidenziato trattarsi di un palese refuso della rubrica (trattandosi semmai della norma non osservata da chi era stato, proprio per quella ragione, sottoposto a rilievi disciplinari). Lo stesso giudice di primo grado, pero’, aveva esposto in motivazione come la condotta contestata avesse violato anche l’articolo 97 Cost.: e la Corte territoriale specifica altresi’ che lo stesso riferimento del capo d’imputazione all’essere stato “imboscato” il carteggio concernente il procedimento disciplinare valeva a descrivere il mancato rispetto delle previsioni sui tempi e sulle forme del procedimento medesimo.
Argomentazioni, queste, che meritano senz’altro di essere condivise, atteso che il soggetto che “imbosca” una pratica, ritardandone o condizionandone la trattazione, lede ipso facto il buon andamento della pubblica amministrazione; dovendosi, contrariamente agli assunti della difesa, ribadire il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “in tema di abuso d’ufficio, il requisito della violazione di legge puo’ consistere anche nella inosservanza dell’articolo 97 Cost., la cui parte immediatamente precettiva impone ad ogni pubblico funzionario, nell’esercizio delle sue funzioni, di non usare il potere che la legge gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi, ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti danni” (Cass., Sez. 6, n. 37373 del 24/06/2014, Cocuzza, Rv 261748; v. anche, sempre della Sesta Sezione Penale, le sentenze nn. 38357 del 12/06/2014, Mangione, 12370 del 30/01/2013, Baccherini, e 27453 del 17/02/2011, Acquistucci).
Del tutto inconsistente e’ poi l’osservazione della difesa del (OMISSIS), in base alla quale l’imputato ben avrebbe potuto confidare sull’estraneita’ del (OMISSIS) a qualsivoglia addebito: come risulta dalla lettura di entrambe le sentenze di merito, all’incolpato in sede disciplinare non si ascriveva una generica frequentazione con stranieri, forse privi di valido titolo per la permanenza in Italia, bensi’ di essersi intrattenuto con una giovane rumena che esercitava il meretricio in strada, e di averla addirittura violentata (con il diretto interessato a difendersi semplicemente invocando la natura consensuale del rapporto).
1.7 Da ultimo, ancora afferenti il merito risultano le doglianze della difesa del (OMISSIS) circa il presunto difetto di dolo che ne avrebbe animato la condotta: contrariamente alle denunciate carenze motivazionali della pronuncia, la Corte territoriale si dilunga infatti sulla circostanza che l’imputato, lungi dall’essersi limitato a recepire acriticamente le indicazioni di un superiore circa la necessita’ di formare ex novo una nota di risposta andata smarrita, si interesso’ attivamente alla pratica disciplinare del (OMISSIS), illustro’ egli per primo al (OMISSIS) quali problematiche presentasse e quali solleciti del Ministero fossero rimasti non evasi, ricavo’ da un precedente relativo ad un caso diverso il modello su cui impostare il testo dell’atto falso da predisporre e valuto’ di concerto con il coimputato quale data (fittizia) potesse risultare la piu’ idonea per esservi apposta. Elementi, tutti, ricavati da un congruo e ribadito esame delle conversazioni intercettate, di cui il difensore del (OMISSIS) sollecita inammissibilmente al giudice di legittimita’ una diversa lettura.
2. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna di entrambi gli imputati al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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