Gli atti di danneggiamento realizzati in danno della persona offesa possano essere qualificati come atti persecutori

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 20 giugno 2018, n. 28573.

La massima estrapolata:

Gli atti di danneggiamento realizzati in danno della persona offesa possano essere qualificati come atti persecutori, ritenendoli idonei a configurare sia la molestia, sia la minaccia, tali da generare uno stato d’ansia e un mutamento delle proprie abitudini di vita

Sentenza 20 giugno 2018, n. 28573

Data udienza 28 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. DE GREGORIO Eduard – rel. Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 04/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DE GREGORIO EDUARDO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. PINELLI MARIO MARIA STEFANO;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Roma ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere a carico del ricorrente (OMISSIS), per il delitto di cui all’articolo 612 bis c.p., nei confronti della moglie, dalla quale era separato, e di danneggiamento della sua auto e di quella di suo padre; epoca del fatto da (OMISSIS).
1. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso la difesa dell’indagato, che ha contestato l’esistenza dei gravi indizi di reato in relazione al delitto di danneggiamento, episodio che avrebbe giustificato il ritenuto pericolo di recidiva. In proposito la difesa aveva eccepito l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni dello stesso autore del delitto, in quanto rese in violazione dell’articolo 63 c.p.p., comma 2, poiche’ nei suoi confronti emergevano chiari indizi del reato di danneggiamento; il Tribunale non avrebbe assunto posizione, limitandosi ad osservare che in ogni caso potevano essere valide le dichiarazioni riferite dal condomino Inglese, dimenticando pero’ che anche costui aveva appreso le notizie che aveva riferito dallo stesso (OMISSIS). Per altro verso la motivazione e’ stata denunciata di illogicita’, poiche’ non avrebbe spiegato come il riferimento operato da (OMISSIS) al fatto di aver agito su mandato di altri aveva portato all’individuazione di (OMISSIS).
1.1 Tramite il secondo motivo e’ stata dedotta la manifesta illogicita’ della motivazione per travisamento della prova, in quanto i Giudici della cautela avevano considerato solo le informazioni di (OMISSIS) a conferma di quelle della figlia circa l’epoca in cui l’indagato avrebbe iniziato le sue condotte persecutorie.
Secondo il ricorrente anche le dichiarazioni fornite in sede di investigazione difensiva dalla fidanzata del ricorrente sarebbero state travisate, poiche’ definite vaghe e generiche mentre erano state precise, circostanziate ed idonee a confutare la tesi di accusa riguardo alla volonta’ della persona offesa di riprendere la relazione matrimoniale con l’indagato.
All’odierna udienza il PG, Dr. PINELLI, ha concluso per l’inammissibilita’.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e’ infondato.
1. La censura volta a contestare l’esistenza di gravi indizi di reato in capo al ricorrente in relazione al delitto di danneggiamento non merita accoglimento. Occorre osservare, in primis, che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che gli atti di danneggiamento realizzati in danno della persona offesa possano essere qualificati come atti persecutori, ritenendoli idonei a configurare sia la molestia, sia la minaccia, tali da generare uno stato d’ansia e un mutamento delle proprie abitudini di vita. Sez. 5 n.52616 del 23/09/2016 dep. 13/12/2016 RV. 268821.
1.1 Nel caso di specie, l’episodio di danneggiamento delle autovetture di proprieta’ della persona offesa e di suo padre e’ stato valutato dai giudici del merito, unitamente ad altri elementi, come grave indizio di reita’ a carico dell’odierno indagato per il reato di atti persecutori. La persona offesa, infatti, ha raccontato, tra le tante condotte moleste e petulanti, anche quella di danneggiamento della sua autovettura, avvenuto a seguito della denuncia sporta nei confronti dell’indagato (OMISSIS) per i suoi comportamenti persecutori. Tali dichiarazioni sono state ritenute attendibili in quanto coerenti, logiche e non apparentemente nutrite da sentimenti di astio nei confronti del ricorrente ed in proposito vi e’ stata adeguata motivazione.
1.2 D’altra parte quanto affermato da (OMISSIS) figlia ha trovato riscontro nelle dichiarazioni di suo padre, in annotazioni della polizia giudiziaria e nelle dichiarazioni della persona informata Inglese, condomino dei (OMISSIS). Lo stesso, intervenendo in sostanza nella flagranza della condotta illecita di danneggiamento realizzata da (OMISSIS), lo ha individuato quale autore del reato, apprendendo da questi, inoltre, dell’esistenza di un mandante per l’azione illecita, individuato ed identificato in seguito nell’attuale ricorrente.
1.3. L’argomento incentrato sull’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS),in quanto rese in violazione dell’articolo 63 c.p.p., comma 2, poiche’ nei suoi confronti emergevano chiari indizi del reato di danneggiamento, e’ frutto di un palese errore di diritto. E’ evidente, infatti, che il divieto ex articolo 63 c.p.p., comma 2, e’ posto, in ossequio al tradizionale principio del nemo tenetur se detegere, a tutela del soggetto che sia sentito davanti alla polizia giudiziaria o all’Autorita’ Giudiziaria, per tale intendendosi il Magistrato Inquirente o il Giudice penale ma non certo per dichiarazioni che siano state rese – come nella fattispecie in esame – ad un privato cittadino, che a sua volta le abbia riferite agli organi investigativi. Sul punto e’ sufficiente ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha piu’ volte affermato il principio che il divieto di inutilizzabilita’ ex articolo 63 c.p.p., comma 2, non e’ operativo finanche per dichiarazioni rese davanti al Giudice civile. Cosi’ Sez 6 sent.24653/2014, Rv 259548; Sez 5 sent. 46422/2013, Rv 257584.
2. Gli elementi suindicati sono stati razionalmente giudicati congrui a ricostruire il grave quadro indiziario a carico dell’indagato che, oltre ad assumere comportamenti ossessivi telefonando insistentemente, presentandosi sotto l’abitazione, stazionando sul pianerottolo di casa, e’ giunto, quindi, a commissionare un danneggiamento dell’autovettura della persona offesa.
2.1 Il profilo di ricorso relativo alla contraddittorieta’ della motivazione derivante dal travisamento di elementi indiziari non merita accoglimento. Infatti, come affermato dai Giudici del merito in aderenza ai risultati dell’indagine, le dichiarazioni di (OMISSIS) hanno confermato la versione dei fatti fornita della figlia, persona offesa, non sussistendo la pretesa divergenza nella descrizione degli eventi raccontati dai due dichiaranti.
Invero,il riferimento all’arco temporale di quattro mesi nelle dichiarazioni di (OMISSIS) e’ stato fatto per indicare una intensificazione delle condotte moleste di (OMISSIS) in quel periodo e non ha voluto individuare l’origine delle stesse, come, invece, sostenuto dal ricorrente.
2.2 La censura circa il travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni di (OMISSIS), fidanzata dell’indagato, nasconde una critica alla valutazione di merito operata dai Giudici del riesame, richiedendo a questa Corte un’inammissibile rivisitazione degli elementi gia’ valutati. Invero, il ricorrente si e’ limitato a riproporre la sua interpretazione dei fatti riguardanti dati di indagine che sono stati ricostruiti per l’intero ricorso in modo alternativo a come ritenuto dal Tribunale.
2.3 La motivazione dell’ordinanza – diversamente a quanto sostenuto dal ricorrente – ha enunciato analiticamente le ragioni poste a fondamento della ritenuta genericita’ delle dichiarazioni della donna, che, infatti, hanno fatto riferimento a circostanze vaghe, quali telefonate o vacanze del figlio avuto con l’odierno ricorrente, elementi che plausibilmente sono stati giudicati inidonei ad incidere sulla gia’ valutata consistenza del quadro indiziario gravante sul ricorrente.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. Va disposto l’oscuramento delle generalita’ e degli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti ex articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *