Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 13 luglio 2018, n. 32337.
La massima estrapolata
Il delitto previsto dalla L. n. 356 del 1992, articolo 12-quinquies richiede che i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo “specifico” di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, non essendo sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarita’ o disponibilita’ di denaro, beni o altre utilita’.
In altri termini, ai fini della sua punibilita’, e’ dunque necessario che il terzo intestatario, cui sia stato richiesto di svolgere la funzione di “testa di paglia”, sia a conoscenza del fine specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, risultando la mera creazione di una situazione di apparenza un dato neutrale, in quanto funzionale alle piu’ diverse finalita’, quant’anche illecite.
Al fine di dimostrare l’intestazione fittizia, di cui al Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-quinquies, comma 1, occorre la prova, sia pur indiziaria, della provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto da parte del soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione, essendo insufficiente l’accertamento della mera disponibilita’ del bene da parte di chi non ne risulta essere formalmente titolare
Sentenza 13 luglio 2018, n. 32337
Data udienza 19 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersili – rel. Consigliere
Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere
Dott. VIGNA Maria Sabin – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 30/01/2018 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Viola Alfredo Pompeo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, quale giudice del riesame, confermava il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 28 dicembre 2017, che aveva applicato a (OMISSIS) la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione alle ipotesi di reato provvisoriamente contestate ai capi 74 e 75) (segnatamente i reati di cui agli articoli 81 e 110 cod. pen., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies conv. con modif. nella L. n. 356 del 1992; Decreto Legge n. 151 del 1991, articolo 7).
Secondo il provvedimento genetico, la (OMISSIS), in concorso con altri, aveva posto in essere una serie di operazioni societarie e/o commerciali volte ad attribuire fittiziamente la titolarita’ di quote societarie, denaro, beni ed altre utilita’, riconducibili a (OMISSIS) e a suo marito (OMISSIS), indiziati di appartenere ad una associazione di tipo ‘ndraghetistico, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, nonche’ in materia di sequestro e confisca di proventi riconducibili ad associazioni di tipo mafioso.
In particolare, le era stato provvisoriamente addebitato di aver costituito in data 26 ottobre 2010 le societa’ ” (OMISSIS) s.p.a.” e ” (OMISSIS)”, attribuendone fittiziamente le quote della prima a se’ stessa (l’80%) e alla cognata (OMISSIS) (20%), nonche’ a se’ stessa la qualita’ di socio accomandatario della seconda.
Secondo il Giudice per le indagini preliminari, dalle evidenze investigative era emerso che (OMISSIS) avesse il controllo di fatto dei plessi aziendali, grazie al patto occulto stretto con (OMISSIS), e che il coinvolgimento della (OMISSIS) si giustificasse, in quanto moglie di quest’ultimo, che ne conosceva bene quindi la intraneita’ nel sodalizio criminale mafioso.
Il Tribunale del riesame – dopo aver esaminato la figura di (OMISSIS), la cui caratura criminale era stata descritta dalle propalazioni di vari collaboratori di giustizia, quale nuovo reggente della ‘ndrina di (OMISSIS), riscontrate da intercettazioni telefoniche ed ambientali circa il suo coinvolgimento nelle strategie criminali della cosca (OMISSIS)- (OMISSIS) – riteneva verificata la partecipazione del predetto alla gestione di varie imprese, apparentemente intestate a terze persone, ma che le indagini avevano dimostrato la piena riferibilita’ alla sua persona.
Il Tribunale precisava, rispetto alla originaria provvisoria contestazione, che l’attivita’ di intestazione fittizia provvisoriamente contestata alla (OMISSIS) dovesse ritenersi riferita alla sola figura del (OMISSIS), non essendo emersi gravi indizi della intraneita’ alla cosca di (OMISSIS) (dovendo soltanto quest’ultimo essere ritenuto tra coloro che avevano consentito l’intestazione fittizia).
Cio’ premesso, il Tribunale condivideva quanto affermato dal primo giudice in ordine al coinvolgimento del (OMISSIS) nell’amministrazione delle societa’ in questione, delle quali si era occupato degli aspetti decisionali piu’ rilevanti, impartendo ordini ai dipendenti, acquisendo e gestendo ordini importanti di carburante e intervenendo direttamente nella gestione dei rapporti con i debitori (come dimostravano le intercettazioni riportate nel corpo della motivazione).
Il Tribunale riteneva che gli elementi addotti dalla difesa (le circostanze che alcuni clienti non avessero avuto rapporti con il (OMISSIS); che il padre di quest’ultimo avesse pagato il carburante acquistato dalle suddette societa’; che le stesse societa’ fossero state vittime di estorsione da parte della cosca (OMISSIS)) non venissero ad incidere sulla suddetta ricostruzione, trattandosi di fatti non inconciliabili con l’ipotesi accusatoria.
Quanto alla posizione della (OMISSIS), il Tribunale evidenziava come la stessa, unitamente agli altri indagati, risultasse unita da rapporti di parentela con il (OMISSIS) (quest’ultimo era sposato con la cugina di (OMISSIS), marito della indagata) e che il (OMISSIS), come avevano rivelato le evidenze indiziarie, era un imprenditore “particolarmente vicino” al (OMISSIS) (in tal senso si era espresso il collaboratore (OMISSIS)).
Era quindi evidente, secondo il Tribunale, che la (OMISSIS), prestandosi per la fittizia intestazione di attivita’ di fatto riconducibili al (OMISSIS), soggetto appartenente all’omonima cosca familiare e legato al proprio marito (OMISSIS), avesse consentito allo stesso (OMISSIS) di gestire occultamente l’attivita’ imprenditoriale al riparo dal rischio di applicazione di misure di prevenzione cui quest’ultimo risultava evidentemente sottoposto in quanto soggetto di rinomata appartenenza mafiosa.
Il Tribunale riteneva sussistente in termini di gravita’ indiziaria anche la aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 sotto il profilo della finalita’ di agevolazione dell’attivita’ di un’associazione di tipo mafioso, in ragione proprio della disponibilita’ della (OMISSIS) di rendere possibile l’affermazione commerciale di uno dei soggetti piu’ attivi nell’opera di espansione.
Il Tribunale valutava infine sussistente il pericolo concreto ed attuale di recidiva, in conformita’ con la presunzione derivante dalla contestata aggravante L. n. 203 del 1991, ex articolo 7 non risultando rilevante il disposto sequestro delle societa’ in questione, posto che la indagata poteva attuare una medesima condotta attraverso altri beni o societa’.
2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione, a mezzo dei suoi difensori, (OMISSIS), deducendo i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in relazione all’articolo 273 cod. proc. pen., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies conv. con modif. nella L. n. 356 del 1992; Decreto Legge n. 151 del 1991, articolo 7; mancanza di motivazione in relazione a specifici motivi di riesame.
Il Tribunale avrebbe stravolto l’originaria provvisoria incolpazione (dando vita ad una nuova imputazione) e la motivazione dell’ordinanza genetica, che aveva costruito la gravita’ indiziaria a carico dell’indagata sui rapporti tra quest’ultima ed il marito, la cui intraneita’ alla cosca mafiosa non poteva non essere conosciuta dalla stessa.
Diversamente l’ordinanza impugnata, nell’escludere l’intraneita’ del (OMISSIS) ritenendolo soltanto soggetto che aveva consentito l’intestazione fittizia al (OMISSIS), unico gestore occulto della compagine sociale – non si sarebbe soffermata in alcun modo sui rapporti con quest’ultimo, ma avrebbe fatto ricorso ad un vero e proprio sillogismo, basando sui rapporti di parentela esistenti tra i soggetti implicati nella vicenda la dimostrazione della gravita’ indiziaria della necessaria consapevolezza da parte dell’indagata della gestione occulta della societa’ e della intraneita’ del (OMISSIS) nel clan mafioso: in quanto parente di (OMISSIS) non poteva non essere a conoscenza della figura criminale del predetto.
Alle suddette carenze motivazionali deve aggiungersi, secondo la ricorrente, il travisamento del dato della ritenuta parentela esistente tra l’indagata e (OMISSIS). In nessun atto a disposizione del Tribunale emergerebbe infatti che la moglie del (OMISSIS), (OMISSIS), sia la cugina del (OMISSIS) e in ogni caso tale dato risulterebbe erroneo (come dimostrerebbe la certificazione anagrafica prodotta). Ne’ le due (OMISSIS) sono tra loro cugine o parenti (che (OMISSIS) e (OMISSIS) non siano legati da vincoli di parentela risulterebbe tra l’altro attestato dall’informativa di p.g. allegata).
Anche ammettendo che tra (OMISSIS) e (OMISSIS) vi fosse un rapporto di “vicinanza” (peraltro scarsamente dimostrato), resterebbe del tutto priva di spiegazione come la ricorrente abbia potuto avere contezza di tale rapporto e consapevolezza del ruolo criminale rivestito dal (OMISSIS).
A tal riguardo, la ricorrente fa presente di aver documentato in sede di riesame la separazione in atto con il coniuge da tre anni.
L’ordinanza impugnata sarebbe affetta dai denunciati vizi anche con riferimento alla dimostrazione del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice e della circostanza aggravante speciale.
Quanto al primo profilo, il Tribunale si sarebbe limitato ad affermare che la ricorrente avrebbe consentito al (OMISSIS) di gestire in modo occulto le societa’ in questione al riparo dal rischio di applicazione di misure di prevenzione patrimoniale, alle quali quest’ultimo evidentemente risultava sottoposto in quanto soggetto di rinomata appartenenza mafiosa.
Peraltro, in nessun atto del procedimento il (OMISSIS) risulterebbe sottoposto a misure di prevenzione o a procedimenti per mafia o reati ad essa connessi.
Quindi, la ricorrente non avrebbe potuto neppure lontanamente ipotizzare un’eventuale mafiosita’ di (OMISSIS) e quindi la sua possibile sottoposizione a misure di prevenzione.
Quanto all’aggravante, non vi sarebbe alcun elemento che leghi le condotte del (OMISSIS) al contesto mafioso e comunque risulterebbe viepiu’ indimostrata la consapevolezza della ricorrente di agevolare la consorteria mafiosa.
Il Tribunale avrebbe omesso poi di motivare sugli argomenti avanzati dalla difesa, corroborati anche da produzione documentale, in ordine alla genesi delle due societa’ (entrambe nascevano come societa’ della famiglia (OMISSIS), che operavano nel settore dal 1974), alle ragioni che avevano giustificato il passaggio di quote alla ricorrente (esposizione debitoria del (OMISSIS) verso il fisco) e alla vicenda della fuoriuscita nel 2017 della (OMISSIS) (che dimostrava la totale autonomia dell’operato della stessa all’interno della (OMISSIS)).
Illogica e apparente risulterebbe poi la risposta fornita dal Tribunale in ordine al dato distonico ed inconciliabile della estorsione subita dalla (OMISSIS) nel 2014 ad opera della cosca (OMISSIS) (episodio contestato al capo 65 a (OMISSIS)).
Parimenti viziata risulterebbe la ricostruzione della ritenuta gestione di fatto da parte del (OMISSIS) delle 2 societa’ in questione: si tratterebbe infatti non di gestione delle aziende ma di “imposizioni” poste in atto dal (OMISSIS) al pari di quelle del (OMISSIS).
Il Tribunale avrebbe del tutto sottovalutato illogicamente sia le dichiarazioni rese dai maggiori clienti delle societa’ in questione, che avevano escluso ogni rapporto sia con il (OMISSIS) sia con il (OMISSIS), sia la produzione difensiva relativa al padre del (OMISSIS) (che aveva effettuato rifornimenti di carburante pagando regolarmente).
2.2. Vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’articolo 274 c.p.p., lettera c).
In modo apodittico, il Tribunale avrebbe ritenuto sussistente il pericolo di recidiva pur in presenza del sequestro delle societa’ in questione, uniche riferibili alla famiglia (OMISSIS), non motivando ne’ in ordine alla concretezza ne’ all’attualita’ del pericolo stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.
2. Va escluso preliminarmente che il Tribunale abbia modificato il fatto storico oggetto dell’imputazione, avendo soltanto ritenuto, in termini di gravita’ indiziaria, che il (OMISSIS) non avesse partecipato alle operazioni di fittizia intestazione in veste di intraneo alla cosca “ndranghetistica. Pertanto si e’ in presenza di un ridimensionamento della sua posizione, avendo comunque il Tribunale confermato la sua partecipazione concorsuale quale soggetto che aveva svolto un ruolo di tramite con il (OMISSIS) nella gestione delle societa’ in questione.
Piuttosto, la ricostruzione del Tribunale, come esattamente rilevato dalla difesa, nel rivedere la posizione del (OMISSIS), presta il fianco a gravi carenze motivazionali, posto che l’ordinanza genetica aveva basato sull’intraneita’ di quest’ultimo alla cosca criminale la dimostrazione del dolo specifico in capo alla ricorrente (in quanto stretta congiunta del (OMISSIS) ne doveva conoscere bene l’intraneita’ nel sodalizio mafioso).
Va ribadito invero che il delitto previsto dalla L. n. 356 del 1992, articolo 12-quinquies richiede che i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo “specifico” di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, non essendo sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarita’ o disponibilita’ di denaro, beni o altre utilita’ (tra tante, Sez. 6, n. 34667 del 05/05/2016, Arduino e altri, Rv. 267705).
In altri termini, ai fini della sua punibilita’, e’ dunque necessario che il terzo intestatario, cui sia stato richiesto di svolgere la funzione di “testa di paglia”, sia a conoscenza del fine specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, risultando la mera creazione di una situazione di apparenza un dato neutrale, in quanto funzionale alle piu’ diverse finalita’, quant’anche illecite.
Il Tribunale, pur avendo fornito, in termini di gravita’ indiziaria, la rappresentazione di elementi in ordine alla ingerenza del (OMISSIS) nella gestione delle due societa’ e quindi della fittizieta’ della loro intestazione in capo alla ricorrente, ha affidato la dimostrazione del dolo specifico ai meri rapporti di parentela tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) (quest’ultimo avrebbe sposato la cugina del (OMISSIS)) e sullo stretto collegamento esistente tra i due (quale imprenditore “vicino” al (OMISSIS)), per inferirne (ritenendo il dato “evidente”) che la ricorrente abbia consapevolmente consentito al (OMISSIS) di gestire in modo occulto le sua attivita’ di impresa, al riparo da misure ablatìve di prevenzione.
Si tratta di un ragionamento che riposa su dati privi di spessore indiziario, posto che viene sostanzialmente presunta in capo alla ricorrente la consapevolezza sia della gestione di fatto affidata al (OMISSIS) (quando era lo stesso (OMISSIS) a spacciarsi per il marito con i clienti, cosi’ dimostrando che era questi ad interessarsi delle imprese) sia della stessa intraneita’ alla cosca del (OMISSIS) e della finalita’ elusiva della intestazione fittizia.
A tali rilievi si deve poi aggiungere anche l’ulteriore elemento offerto dalla difesa del travisamento del dato del rapporto di parentela.
Nell’ordinanza genetica, il (OMISSIS) e’ definito piu’ volte come “cognato” del (OMISSIS) (pag. 944, 1008, 1010 e 1334).
Il Tribunale diversamente definisce il (OMISSIS) come “cugino” della moglie del (OMISSIS), non indicando peraltro da dove abbia tratto tale elemento.
Come ha dimostrato la difesa, con esaustiva documentazione, (OMISSIS) e (OMISSIS) non sono legati da rapporti di parentela ed affinita’ (cfr. nota dei C.C. del 29 novembre 2017; documentazione anagrafica).
Le medesime carenze argomentative investono anche la motivazione relativa all’aggravante speciale, posto che la sua esistenza, nella forma della finalita’ agevolativa, viene ricollegata dal Tribunale alla disponibilita’ della ricorrente, dimostrata nei termini che precedono, in favore delle attivita’ imprenditoriali del (OMISSIS), uno degli apicali della cosca (OMISSIS)- (OMISSIS).
Val la pena rammentare che, secondo un orientamento che il Collegio condivide e che fa leva sull’articolo 118 cod. pen., la circostanza aggravante prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7 convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203, sotto il profilo della finalita’ di agevolazione dell’attivita’ di un’associazione di tipo mafioso, ha natura soggettiva, essendo incentrata su una particolare motivazione a delinquere e sulla specifica direzione finalistica del dolo e della condotta, con la conseguenza che, nel caso di concorso di persone nel reato, non e’ applicabile ai concorrenti che non abbiano agito in base a tale finalita’ (Sez. 6, n. 8891 del 19/12/2017, dep. 2018, Castiglione, Rv. 272335).
3. Appare fondato anche l’altro rilievo sollevato dalla difesa in ordine alla valutazione degli argomenti rappresentati in sede di riesame.
Il contraddittorio del giudizio di riesame e’ funzionale a consentire alla difesa di allegare elementi al fine di porre in crisi, nei limiti propri della procedura stessa, la gravita’ degli indizi, purche’ non si tratti in ogni caso di astratte e congetturali soluzioni alternative.
Va, invero, certamente riaffermata la perdurante validita’ della giurisprudenza sulla completezza della valutazione giudiziale in sede di riesame, che passa attraverso la dovuta considerazione e l’approfondita valutazione di quei specifici elementi di critica e confutazione del quadro indiziario provenienti dalla difesa dell’indagato, oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori, e non anche delle deduzioni dirette solo a confutare il potere selettivo degli elementi di indagine posti a fondamento della decisione cautelari o delle generiche deduzioni o indicazioni di elementi ritenuti favorevoli dalla difesa (per tutte, Sez. 6, n. 3742 del 09/01/2013, Ioio, Rv. 254216), evenienza, che sembra non verificatasi nella fattispecie.
La difesa aveva documentato in sede di riesame aspetti tutt’altro che secondari sia in ordine alla stessa fittizieta’ dell’operazione sia in ordine alla analisi dei motivi della “ingerenza” del (OMISSIS) nelle vicende societarie.
Argomenti che il Tribunale ha liquidato ritenendoli irrilevanti.
Questa Corte ha invero affermato che, al fine di dimostrare l’intestazione fittizia, di cui al Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-quinquies, comma 1, occorre la prova, sia pur indiziaria, della provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto da parte del soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione, essendo insufficiente l’accertamento della mera disponibilita’ del bene da parte di chi non ne risulta essere formalmente titolare (Sez. 6, n. 5231 del 12/01/2018, Polverino, Rv. 272128).
Nella specie, la ricorrente aveva documentato la genesi delle due societa’, che trovavano nella storia della famiglia (OMISSIS) una lunga tradizione nel settore del commercio del carburante, e anche i motivi della intestazione alla ricorrente (divisione di quote della storica attivita’ imprenditoriale).
Inoltre, quanto alla gestione del (OMISSIS), la difesa aveva allegato elementi distonici rispetto alla tesi della ingerenza pacifica di costui nella vita delle due societa’ e indicativi piuttosto di una sua ingerenza “imposta” da logiche mafiose (in particolare, l’estorsione subita da una di queste societa’ ad opera della cosca (OMISSIS), il comportamento tenuto dal padre del (OMISSIS)), offrendo in tal modo una chiave di lettura plausibile e non congetturale delle captazioni.
4. Alla luce delle gravi carenze e illogicita’ motivazionali fin qui evidenziate, che assorbono le restanti censure, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuova deliberazione allo stesso Tribunale del riesame, che provvedera’, uniformandosi ai principi enunciati nella presente decisione.
P.Q.M.
Annulla l’impugnata ordinanza e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.
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