Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 12 luglio 2018, n. 31831.
La massima estrapolata:
In linea generale che l’inevitabilità dell’errore sulla legge penale non si configura quando l’agente svolge una attività in uno specifico settore rispetto alla quale ha il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente. Più in particolare, in tema di rifiuti, chi opera nel settore è gravato dell’obbligo di acquisire informazioni circa la specifica normativa applicabile, sicché, qualora deduca la propria buona fede, non può limitarsi ad affermare di ignorare le previsioni di detta normativa, ma deve dimostrare di aver compiuto tutto quanto poteva per osservare la disposizione violata. Infatti l’ignoranza da parte dell’agente sulla normativa di settore e sull’illiceità della propria condotta è idonea ad escludere la sussistenza della colpa, se indotta da un fattore positivo esterno ricollegabile ad un comportamento della pubblica amministrazione.
Sentenza 12 luglio 2018, n. 31831
Data udienza 7 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CERRONI Claudio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI NARDO Marilia, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla sospensione condizionale della pena.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 20 luglio 2016 il Tribunale di Bologna, previa concessione delle attenuanti generiche, ha condannato (OMISSIS), gia’ legale rappresentante della s.r.l. (OMISSIS), alla pena di Euro 4000 di ammenda per il reato di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 1, lettera a).
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione con tre motivi di impugnazione.
2.1. In particolare, col primo motivo la ricorrente ha osservato che la sentenza impugnata aveva tratto spunto per la condanna dal che l’imputata era stata legale rappresentante della societa’ dal mese di (OMISSIS), e che la stessa (OMISSIS) era priva dell’autorizzazione ambientale per lo svolgimento dell’attivita’ di recupero di rifiuti non pericolosi.
In tal modo, secondo la ricorrente, era stata sancita una responsabilita’ di natura oggettiva, atteso che non vi era alcuna risultanza probatoria riferibile alla ricorrente stessa, e che non era comprensibile il fondamento della pronuncia di condanna, solamente perche’ per un breve periodo la (OMISSIS) aveva ricoperto la carica di amministratore della compagine sociale.
2.2. Col secondo motivo e’ stata allegata manifesta illogicita’ della motivazione, tanto per l’intervenuta condanna in assenza di prova quanto per l’intervenuto travisamento di prova e realta’ processuale. In ogni caso la (OMISSIS) aveva stipulato un contratto di affitto di azienda con (OMISSIS) s.r.l., titolare di regolare autorizzazione per la gestione dei rifiuti, per cui l’amministratore della societa’ subentrante ben poteva fare legittimo affidamento sul possesso dei requisiti per la gestione di rifiuti non pericolosi, si’ che al momento del contratto l’autorizzazione sussisteva, in capo alla societa’ cedente.
2.3. Col terzo motivo la ricorrente ha censurato la mancata concessione della sospensione condizionale della pena ancorche’ richiesta, benche’ ci fossero tutti i presupposti al riguardo. Ne’ il provvedimento aveva recato motivazione alcuna in proposito.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento con rinvio limitatamente alla sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.
4.1. In relazione ai primi due motivi di impugnazione, che possono essere esaminati congiuntamente stante la reciproca connessione va rilevato che, a ricorrente ha ricoperto il ruolo di amministratore e legale rappresentante della s.r.l. (OMISSIS). In tale veste risulta altresi’ sanzionata nei termini che precedono, stante l’assenza di autorizzazione ambientale per lo svolgimento dell’attivita’ di recupero di rifiuti non pericolosi.
Non e’ contestata la veste assunta nell’ambito della societa’, non e’ eventualmente allegata la mera apparenza del ruolo, non e’ in discussione la carenza di autorizzazione ambientale quantomeno per parte del periodo in cui l’odierna ricorrente ricopriva la carica.
D’altronde non vi e’ certamente questione in ordine alla natura personale dell’autorizzazione (cfr. Sez. 3, n. 19208 del 16/03/2017, Grasso e altri, Rv. 269691; Sez. 3, n. 24723 del 15/05/2007, Campolmi e altro, Rv. 236886; Sez. 3, n. 1562 del 15/11/2002, dep. 2003, Toraldo, Rv. 224737), si’ che a nulla rileva il titolo in forza del quale la societa’ subentrante si era trovata a svolgere la contestata attivita’ di recupero e comunque di movimentazione di rifiuti.
Non e’ neppure stata invocata una causa di esonero da responsabilita’ (Sez. 3, n. 39949 del 26/06/2003, Copetti, Rv. 226577).
4.1.1. Al riguardo, la ricorrente ha inteso comunque allegare che, in forza del titolo traslativo (cessione di contratto ovvero affitto di azienda), ben poteva fare affidamento sul possesso dei requisiti per la gestione dei rifiuti da parte del suo dante causa.
Cio’ posto, e richiamata la personalita’ dell’autorizzazione (v. supra), va ricordato in linea generale che l’inevitabilita’ dell’errore sulla legge penale non si configura quando l’agente svolge una attivita’ in uno specifico settore rispetto alla quale ha il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente (Sez. 5, n. 22205 del 26/02/2008, Ciccone, Rv. 240440). Piu’ in particolare, in tema di rifiuti, chi opera nel settore e’ gravato appunto dell’obbligo di acquisire informazioni circa la specifica normativa applicabile, sicche’, qualora deduca la propria buona fede, non puo’ limitarsi ad affermare di ignorare le previsioni di detta normativa, ma deve dimostrare di aver compiuto tutto quanto poteva per osservare la disposizione violata (cfr. Sez. 3, n. 18928 del 15/03/2017, Valenti, Rv. 269911).
Infatti l’ignoranza da parte dell’agente sulla normativa di settore e sull’illiceita’ della propria condotta e’ idonea ad escludere la sussistenza della colpa, se indotta da un fattore positivo esterno ricollegabile ad un comportamento della pubblica amministrazione (in specie era stato escluso che ricorressero gli estremi dell’errore scusabile, atteso che l’imputato, cui era stato contestata la commercializzazione di kg. 430 di rifiuti metallici, avrebbe dovuto quanto meno informarsi presso l’autorita’ competente se la propria condotta necessitasse di autorizzazione, come in effetti previsto dalla normativa di settore)(cfr. Sez. 3, n. 35314 del 20/05/2016, Oggero, Rv. 268000).
In definitiva, quindi, dal momento che il ricorso non revoca in dubbio l’effettivita’ del ruolo svolto dalla ricorrente quale amministratore unico della societa’ (OMISSIS) nel periodo (OMISSIS), e che la societa’ svolgeva un’attivita’ per la quale vi era necessita’ di specifica autorizzazione, va semplicemente ribadito che, a seguito della sentenza 23 marzo 1988 n. 364 della Corte Costituzionale, la scusabilita’ dell’ignoranza della legge penale e’ sussistente, per il comune cittadino, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al cosiddetto “dovere di informazione”, attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia.
Mentre tale obbligo e’ particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attivita’, i quali rispondono dell’illecito anche in virtu’ di una culpa levis nello svolgimento dell’indagine giuridica. Per l’affermazione della scusabilita’ dell’ignoranza, occorre, cioe’, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l’agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell’interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceita’ del comportamento tenuto (Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994, Calzetta, Rv. 197885; cfr. ad es., ex plurimis, Sez. 4, n. 9165 del 05/02/2015, Felli, Rv. 262443; Sei. 1, n. 47712 del 15/07/2015, Basile, Rv. 265424).
Alcunche’ in proposito e’ stato dedotto, ne’ in ordine ad eventuali indagini svolte in sede amministrativa, ne’ in relazione ad eventuali rassicurazioni ottenute dai competenti organi. Laddove, appunto, la ricorrente era nella pienezza delle proprie reali attribuzioni.
4.1.2. In specie, quindi, il ricorso non puo’ essere accolto sul punto.
4.2. Per quanto invece riguarda il terzo motivo di impugnazione, vero e’ che la mancata concessione ex officio della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna non e’ deducibile con il ricorso per cassazione da parte dell’imputato che non abbia richiesto tali benefici nel corso del giudizio di merito (Sez. 3, n. 28690 del 09/02/2017, Rochira, Rv. 270587).
In specie sussiste specifica allegazione circa l’avvenuta richiesta ed in ordine alla ricorrenza di tutti i presupposti per ottenere il beneficio. D’altronde e’ stata concessa la non menzione della condanna nel certificato penale.
4.2.1. Il punto andra’ quindi ulteriormente esaminato in sede di merito per le opportune valutazioni del caso.
5. Cio’ posto, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione del Tribunale di Bologna. Nel resto il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione del Tribunale di Bologna.
Rigetta nel resto il ricorso.
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