Corte di Cassazione, sezione sesta tributaria, Ordinanza 30 maggio 2018, n. 13711.
La massima estrapolata:
Inutilizzabile la documentazione acquisita dalla guardia di finanza senza autorizzazione nei locali adibiti a studio-abitazione. E’ influente la consegna spontanea.
Ordinanza 30 maggio 2018, n. 13711
Data udienza 11 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29316-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1983/35/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO, depositata il 20/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/04/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE
La CTR Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ha confermato la pronunzia di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso a carico di (OMISSIS) per l’anno 2009, ritenendo inutilizzabile la documentazione acquisita nei locali adibiti promiscuamente ad abitazione ed a sede dell’attivita’ imprenditoriale in assenza dell’autorizzazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 52.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
La parte intimata si e’ costituita con controricorso, pure depositando memoria.
Il procedimento puo’ essere definito con motivazione semplificata.
La ricorrente prospetta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 52 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 33. Secondo l’Agenzia la spontanea consegna della documentazione da parte del contribuente avrebbe eliso ogni vizio dell’attivita’ di acquisizione della documentazione, in ogni caso potendosi utilizzare il materiale indiziario comunque raccolto dall’autorita’ fiscale.
La parte controricorrente, oltre a dedurre l’inammissibilita’ del ricorso, sotto vari profili, ha insistito per il rigetto dello stesso.
Il ricorso, ammissibile in rito, avendo la ricorrente prospettato il fondamento della censura su una pronunzia di questa Corte concernente l’irrilevanza dell’autorizzazione di cui all’articolo 52 cit. in caso di consegna spontanea della documentazione da parte del contribuente ai verbalizzanti, e’ infondato.
Ed invero, questa Corte ha in effetti ritenuto che non esiste nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilita’ delle prove illegittimamente acquisite, lo stesso valendo all’interno del nuovo codice di procedura penale (v. articolo 191 c.p.p.)”, sicche’ “l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai – fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilita’ degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso” (cfr. Cass. n. 8344 del 2001; conf. Cass. n. 13005 del 2001, n. 1343 e n. 1383 del 2002, n. 1543 e n. 10442 del 2003), anche con riferimento all’attivita’ della guardia di finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, non osservando la disciplina processualpenalistica, avendo carattere amministrativo – con conseguente inapplicabilita’ dell’articolo 24 Cost., in materia di inviolabilita’ del diritto di difesa. Tale affermazione viene tuttavia completata dalla precisazione che non siano violate le dette disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 33 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 52 e 63 – sul potere degli uffici finanziari e del giudice tributario di avvalersene a fini meramente fiscali (cfr. Cass. n. 8990/2007; Cass. n.18077/ 2010).
In definitiva, l’utilizzazione a fini fiscali di dati e documenti acquisiti dalla G.d.F. operante quale polizia giudiziaria e’ subordinata al rispetto delle disposizioni dettate dalle norme tributarie (nella specie, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 33, Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 52 e 63), fatti salvi, in ogni caso, i limiti derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico, come ad esempio la necessita’ di preventiva autorizzazione del procuratore della Repubblica, prevista dalle citate disposizioni tributarie, per procedere a determinate attivita’ quali l’accesso presso locali diversi da quelli di esercizio dell’attivita’ del contribuente – Cass. n. 958/2018-.
Tale principio e’ stato piu’ volte ribadito – Cass. n. 21974/2009 – ed ulteriormente confermato dall’affermazione secondo la quale la mancanza dell’autorizzazione dell’autorita’ giudiziaria, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 33 e Decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1972, n. 633, articolo 63 per la trasmissione di atti, documenti e notizie acquisite nell’ambito di un’indagine o di un processo penali, a parte le conseguenze di ordine penale o disciplinare a carico del trasgressore, non determina la inutilizzabilita’ degli elementi probatori sui quali sia stato fondato l’accertamento tributario, rendendo invalidi gli atti del suo esercizio o la decisione del giudice tributario (cfr., ex multis, Cass. civ. sent, n. 3852 e 8344 del 2001), salvo l’ipotesi di accesso domiciliare, nel qual caso l’illegittimita’ del provvedimento di autorizzazione del procuratore della Repubblica ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 33 e del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 52 importa la “inutilizzabilita’”, a sostegno dell’accertamento tributario, delle prove reperite nel corso della perquisizione illegale atteso che: a) detta inutilizzabilita’ non abbisogna di un’espressa disposizione sanzionatoria, derivando dalla regola generale secondo cui l’assenza del presupposto di un procedimento amministrativo infirma tutti gli atti nei quali si articola; b) il compito del giudice di vagliare le prove offerte in causa e’ circoscritto a quelle di cui abbia preventivamente riscontrato la rituale assunzione; c) l’acquisizione di un documento con violazione di legge non puo’ rifluire a vantaggio del detentore, che sia l’autore di tale violazione, o ne sia comunque direttamente o indirettamente responsabile. Peraltro, a prescindere dalla verifica dell’esistenza o meno, nell’ordinamento tributario, di un principio generale di inutilizzabilita’ delle prove illegittimamente acquisite analogo a quello fissato per il processo penale dall’articolo 191 del vigente cod. proc. pen., l’inutilizzabilita’ in questione discende dal valore stesso dell’inviolabilita’ del domicilio solennemente consacrato nell’articolo 14 Cost. (cfr. sentt. nn. 15230 del 2001, 1344 del 2002 e 19689 del 2004) – Cass. n. 20028/2010).
D’altra parte, i superiori principi non possono essere derogati per effetto della consegna spontanea della documentazione da parte del contribuente, ove si consideri che secondo questa Corte essa non puo’ …rendere legittimo un accesso operato al di fuori delle previsioni legislative e, comunque, perche’ l’eventuale consenso o dissenso dello stesso contribuente alle accesso, legittimo od illegittimo che sia, e’ del tutto privo di rilievo giuridico non essendo richiesto e/o preso in considerazione da nessuna norma di legge – cfr. Cass. n. 19689/2004; Cass. n. 19690/2004-.
Sulla base di tali considerazioni, la censura e’ sfornita di giuridico fondamento, essendosi il giudice di appello conformato ai superiori principi.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio che liquida nei confronti del controricorrente in Euro 3000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 % dei compensi, oltre accessori come per legge.
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