Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 luglio 2022| n. 21315.

Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

I ricorsi per cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima vanno riuniti in caso di contemporanea pendenza in sede di legittimità nonostante si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti, atteso che la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c., potendo risultare determinante sul ricorso per cassazione contro la sentenza di appello l’esito di quello riguardante la sentenza di revocazione.

Ordinanza|6 luglio 2022| n. 21315. Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

Data udienza 13 gennaio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Rapporto di agenzia – Indennità di cessazione ex art. 1751 c.c. – Applicabilità anche ai rapporti di subagenzia – Necessità che l’agente generale ottenga la restituzione del portafoglio clienti – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 6189-2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
sul ricorso 27756-2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 517/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/05/2017 R.G.N. 37/2017;
avverso la sentenza n. 983/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/11/2013 R.G.N. 345/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/01/2022 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

RILEVATO

CHE:
1. (OMISSIS), subagente assicurativo di (OMISSIS) s.p.a. per la zona di Noceto convenne in giudizio l’agente generale di Fidenza, (OMISSIS), chiedendone la condanna al pagamento di differenze dell’indennita’ di fine rapporto e delle provvigioni a lui ancora spettanti.
2. Il Tribunale di Parma, all’esito di una consulenza contabile, condanno’ l’Agente generale (OMISSIS) a corrispondere al (OMISSIS) la somma di Euro 44.204,17 oltre interessi legali imputabili per Euro 9.693,12 ad indennita’ di fine rapporto e per Euro 34.511,05 ad integrazione provvigioni in relazione alla riparametrazione dell’importo fisso ai sensi dell’allegato 1 del 19.3.2003.
3. La Corte di appello di Bologna, investita del gravame da parte del (OMISSIS), lo ha rigettato osservando che nella lettera di incarico a sub agente – in particolare alla clausola n. 8 del contratto – era stato espressamente previsto che l’interruzione del contratto tra l’Agente e la (OMISSIS) era “causa di scioglimento del rapporto di subagenzia”.
3.1. Ha evidenziato che di tale clausola si era avvalso il (OMISSIS) in occasione del recesso da parte dell’Agente generale dal rapporto di agenzia ed osservo’ che nessun rilievo poteva essere attribuito alla circostanza che fosse subentrato nel rapporto un altro Agente generale.
3.2. Ha sottolineato che l’indennita’ di fine rapporto, a norma della clausola n. 9 del contratto intercorso tra le parti invocata dal sub agente, era quantificata nella misura del 3% delle provvigioni liquidate in corso di rapporto.
3.3. Ha ritenuto che il conteggio degli importi chiesti, confermato anche dal consulente contabile, era conforme a quanto previsto dall’Allegato 1 alla lettera di nomina e sottolineo’ che la base di calcolo adottata era omogenea rispetto a quella originariamente convenuta e non vi erano elementi per ritenere corretto, alla luce del tenore dell’accordo intercorso tra le parti, il calcolo composto degli incrementi di portafoglio sollecitato nel gravame.
3.4. Ha rigettato tutte le eccezioni procedurali formulate con riguardo alle modalita’ di svolgimento degli accertamenti contabili disposti dall’ufficio, anche con riguardo alle spese liquidate.

Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

3.5. Ha escluso che la sentenza di primo grado fosse incorsa in un vizio di ultrapetizione nel riconoscere l’incidenza sull’indennita’ di fine rapporto della riparametrazione del compenso forfettario, sottolineando che l’incidenza del maggiore compenso provvigionale accertato era mero sviluppo contabile della domanda originaria con la quale era stato chiesto, in relazione ai titoli dedotti, la condanna al pagamento delle somme specificate “o di quelle diverse somme che verranno rispettivamente ritenute di giustizia”.
4. Avverso la sentenza della Corte territoriale (OMISSIS) ha proposto sia ricorso per revocazione che ricorso per cassazione cui ha resistito con tempestivo controricorso (OMISSIS).
4.1. Il ricorso per revocazione della sentenza di appello e’ stato rigettato avendo la Corte di merito escluso che fosse ravvisabile l’errore di fatto denunciato, individuato nel fatto che dall’allegato 1 alla lettera di nomina risultava che il compenso forfetario considerava solo il fatturato del (OMISSIS) e non anche quello del fratello e/o del padre e che senza quei compensi non sarebbe stata superata la soglia del 16% contrattualmente stabilita.
4.2. Avverso la sentenza ha quindi proposto ricorso per cassazione il Dott. (OMISSIS) e (OMISSIS) ne ha chiesto la reiezione con tempestivo controricorso.
4.3. Entrambe le cause sono state fissate per la decisione e, ritenutane l’opportunita’, sono state poi rimesse sul ruolo per essere trattate congiuntamente nella medesima adunanza.
4.4. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c..

Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

CONSIDERATO

CHE:
5. Preliminarmente va dato atto della necessita’ di procedere alla riunione delle due cause.
5.1. Ritiene infatti il Collegio che qualora due ricorsi per cassazione risultino proposti, rispettivamente, contro la sentenza d’appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima, ove le due controversie siano contemporaneamente pendenti in sede di legittimita’, essi debbano essere riuniti in applicazione (analogica, trattandosi di gravami avverso distinti provvedimenti) dell’articolo 335 c.p.c., che impone la trattazione in un unico giudizio di tutte le impugnazioni proposte contro la stessa sentenza. La riunione dei ricorsi, pur non espressamente prevista dalla norma del codice di rito, discende dalla connessione esistente tra le due pronunce. Sul ricorso per cassazione proposto contro la sentenza revocanda puo’ risultare determinante infatti la pronuncia di cassazione riguardante la sentenza resa in sede di revocazione (cfr. al riguardo Cass. n. 10534 del 2015).
5.2. Tanto premesso va, conseguentemente, esaminato con precedenza il ricorso avverso la sentenza della Corte di merito che ha respinto il ricorso per revocazione affidato ad un unico motivo con il quale e’ denunciata la violazione dell’articolo 395 c.p.c., n. 4 per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la sentenza oggetto di revocazione non era incorsa in un errore materiale di percezione dei documenti allegati in giudizio.
5.3. Nel rammentare che sulla base degli accordi prodotti in giudizio il fatturato da prendere in considerazione era solo quello di (OMISSIS) e non anche quello degli altri subagenti il ricorrente evidenzia che l’errore in cui era incorsa la sentenza della Corte di appello, della quale era stata chiesta la revocazione, investiva proprio la percezione del contenuto dei documenti richiamati (il contratto di subagenzia e l’accordo di riparametrazione dei compensi, l’allegato 1) che erano riferiti al solo sub agente e non anche alla sub agenzia con gli altri componenti.
6. Tanto premesso va rammentato che l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali. Detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettivita’ senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (cfr. per tutte Cass. 10/06/2021 n. 16439 e 14/02/2006 n. 3190).

Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

6.1. Nel caso in esame la Corte territoriale ha verificato che nessuna svista materiale o errore di percezione era evidenziabile nel processo interpretativo svolto dalla Corte di merito sugli atti allegati a sostegno delle opposte posizioni delle parti. Si tratta di ricostruzione ed interpretazione di atti e documenti che e’ percio’ estranea al rimedio della revocazione.
7. Venendo all’esame delle censure formulate con il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello con la quale era stato rigettato il gravame dell’agente (OMISSIS) si osserva quanto segue.
7.1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1750, 1751, 2118 e 2558 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Sostiene il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale avrebbe trascurato di considerare, come pure era stato ritualmente dedotto, che la richiesta stragiudiziale di liquidazione dell’indennita’ di fine rapporto – in occasione della cessazione dell’attivita’ da parte dell’agente preponente collocato in pensione – equivalesse a recesso dal contratto sebbene il rapporto non fosse affatto cessato ed anzi era proseguito con la subentrante SOGEINT.
7.2. Con il secondo motivo, poi, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1750, 1751, 2118 e 2558 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Deduce il ricorrente che il sub agente non aveva mai esercitato il recesso (mai comunicato e neppure azionato come pure era dovuto) ma si era limitato ad azionare l’indennita’ ancorando il suo diritto al venir meno del contratto di agenzia tra la societa’ e l’agente generale (OMISSIS). Erroneamente percio’ la Corte di merito avrebbe dato atto della necessita’ di una comunicazione del recesso e poi l’avrebbe rinvenuta nella richiesta stragiudiziale dell’indennita’, che non era stata prodotta e che comunque era incompatibile con la condotta tenuta di prosecuzione del rapporto con la subentrante (OMISSIS).
8. Le censure vanno trattate congiuntamente in ragione della loro connessione e sono infondate.
8.1. Nella disciplina dell’indennita’ di cessazione del rapporto di agenzia dettata dall’articolo 1751 c.c., nel testo introdotto dal Decreto Legislativo n. 303 del 1991, articolo 4 ed applicabile anche ai rapporti di subagenzia, fatto costitutivo del diritto all’indennita’ e’ dato dalla cessazione del rapporto di agenzia, prevista nel comma 1 oltre che dalle altre condizioni previste dalle successive due articolazioni dello stesso comma (in via alternativa, originariamente, e in via cumulativa, a seguito della modifica attuata dal Decreto Legislativo n. 65 del 1999, articolo 5). Ne consegue che l’indennita’ non solo sorge al momento dell’effettiva cessazione del contratto, ma presuppone anche che l’agente generale ottenga la restituzione del portafoglio clienti possibilmente, incrementato rispetto al momento della consegna (cfr. Cass. 22/08/2019 n. 21602 che ha confermato la decisione di merito, che, in caso di subentro di un nuovo agente all’originario, aveva escluso il diritto del subagente all’indennita’ in questione, stante la prosecuzione del rapporto di subagenzia con il nuovo agente, senza che il portafoglio clienti fosse restituito al precedente, sul quale pertanto, non poteva farsi gravare alcun onere, neppure in via di regresso o manleva. V. anche Cass. n. 4708 del 2011 e n. 3196 del 2006).
8.2. Tuttavia, nel caso in esame il sub agente ha azionato la clausola contrattuale che lo autorizzava a recedere dal rapporto nel caso di cessazione dell’agente preponente. Ed infatti le parti avevano stabilito condizioni di miglior favore per il caso particolare della cessazione del rapporto tra agente generale e societa’ prevedendo che “costituisce causa di scioglimento del rapporto…. L’interruzione del contratto di agenzia….” e correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che la richiesta formulata costituisse esercizio della facolta’ di recesso convenzionalmente stabilita restando estranea alla controversia, in ragione di tale deroga, l’applicazione dell’articolo 2558 c.c. che prevede che “l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale” a condizione tuttavia che non vi sia una diversa pattuizione.
9. Il terzo motivo di ricorso con il quale e’ denunciata con riguardo all’accordo di riparametrazione delle provvigioni per violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, omessa osservanza dei criteri di cui agli articoli 1362 e ss. c.p.c. e insufficienza o contraddittorieta’ della motivazione e’ inammissibile.
9.1. Sostiene il ricorrente che l’interpretazione dell’accordo data dalla Corte di merito non rientra tra quelle plausibili stante che una sola sarebbe l’interpretazione possibile in base al tenore letterale e logico dell’accordo, tenuto conto del prioritario criterio della comune intenzione, vale a dire che il calcolo andava effettuato con riguardo alla fatturazione dell’anno in corso con riguardo a quella dell’anno precedente. Sostiene che, sulla base di tali dati, non vi era stato il reclamato aumento superiore al 16% tra un anno e l’altro.
9.2. Rileva al riguardo il Collegio che la censura, pur formulata come violazione dei criteri di interpretazione dell’accordo intercorso tra le parti, si sostanzia piuttosto in una diversa valutazione dei fatti connessi e collegati all’applicazione di tale accordo inammissibile in questa sede.

Cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione

10. Con il quarto motivo di ricorso e’ denunciata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 414 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
10.1. Sostiene il ricorrente che la Corte di merito non avrebbe motivato sull’eccezione formulata con riguardo alla scelta del consulente di prendere in esame il fatturato dell’agenzia di Noceto, comprensivo di quello di altri sub agenti, laddove invece quello da considerare era solo il fatturato del ricorrente. Deduce inoltre che era stata eccepita la decadenza dal diritto di produrre la documentazione relativa agli incassi del ricorrente e che, infine, si sarebbe dovuto avere riguardo solo al portafoglio del ricorrente.
10.2. Con il quinto motivo di ricorso, poi, deduce che la Corte sarebbe incorsa anche nella violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. c.c. e nell’erronea valutazione delle prove documentali e omessa pronuncia sul motivo di gravame con il quale si era denunciato che il giudice di primo grado aveva considerato come base di calcolo per la riparametrazione del compenso un fatturato diverso e maggiore rispetto a quello prodotto da (OMISSIS).
11. Entrambe le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
11.1. Non e’ ravvisabile l’omessa motivazione denunciata atteso che la sentenza, seppur in maniera sintetica, da’ puntualmente atto del fatto che i dati presi in esame per verificare il calcolo delle provvigioni da parte del consulente erano omogenei rispetto a quelli utilizzati come parametro nell’accordo. Peraltro, con riguardo al denunciato vizio di violazione delle regole dell’interpretazione, va evidenziato che la censura e’ generica poiche’ non trascrive l’accordo che assume essere stato erroneamente interpretato dal giudice di appello, restando cosi’ preclusa ogni ulteriore verifica anche con riguardo alla correttezza dell’interpretazione data dal giudice del merito, e comunque e’ sviluppata nel suo argomentare come una omessa motivazione sempre con riguardo alla questione del cumulo dei fatturati rispetto al quale la Corte di merito ha motivato sicche’ il vizio non puo’ essere ravvisato.
11.2. Anche nella parte in cui si duole dell’interpretazione data all’allegato 1 del contratto il ricorrente trascura di riprodurne il contenuto e si limita ad asserire che non vi erano elementi per ritenere che il riferimento fosse a tre sub agenti e non al singolo e non indica neppure dove tale documento sia rinvenibile nel fascicolo di parte con conseguente ulteriore profilo di inammissibilita’ del ricorso.
12. Con il sesto motivo di ricorso e’ denunciata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 101 e 194 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Deduce il ricorrente che il consulente tecnico d’ufficio, esplicitamente sollecitato in proposito dal legale del (OMISSIS) il quale intendeva partecipare alle operazioni peritali personalmente senza nominare un consulente di parte, aveva trascurato di comunicare direttamente alla parte ora data e luogo di inizio delle operazioni peritali che erano state indicate solo all’atto del conferimento dell’incarico, e percio’ sarebbe incorso nella violazione di legge denunciata.
13. Il motivo e’ infondato.
13.1. Va rammentato che il consulente tecnico che sia stato autorizzato, a norma dell’articolo 194 c.p.c., a compiere l’indagine senza la presenza del giudice, e’ tenuto a dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo dell’inizio delle operazioni peritali, con dichiarazione inserita nel processo verbale di udienza e con biglietto di cancelleria da comunicarsi a norma dell’articolo 170 c.p.c.. Si tratta di incombente adempiuto nel caso di specie non essendo contestato che il consulente all’atto del conferimento dell’incarico aveva a verbale indicato data ora e luogo di inizio delle operazioni peritali cosi’ come neppure e’ contestato che di questo abbia ricevuto comunicazione il legale dell’odierno ricorrente. Peraltro la nullita’ sarebbe comunque sanata, oltre che nel caso in cui non venga tempestivamente eccepita, qualora risulti in concreto – secondo una valutazione riservata al giudice del merito – che non siano stati violati i diritti della difesa per il fatto che le parti abbiano ricevuto egualmente notizia (anche oralmente) dell’inizio delle operazioni peritali ovvero abbiano comunque effettivamente presenziato a tali operazioni (cfr. Cass. 26/07/1988 n. 4758 e recentemente 10/02/2020 n. 3047).
14. In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Inoltre,
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’articolo 13, comma 1 bis, citato D.P.R., se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, riunito al ricorso r.g. n. 6189 del 2017 il ricorso r.g. n. 27756 del 2017, li rigetta entrambi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che si liquidano in Euro 6.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’articolo 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *